 TAR Toscana Sez. II n. 6862 del 23 dicembre 2010
TAR Toscana Sez. II n. 6862 del 23 dicembre 2010
Rifiuti. Abbandono e concordato preventivo
La liquidazione giudiziale, non avendo la proprietà del bene, non è legittimata passivamente a ricevere l’ordine impartito con l’ordinanza, secondo quanto stabilito dall’art. 192 del Codice dell’ambiente; non potendo i commissari liquidatori compiere atti diversi da quelli funzionalmente indirizzati alla liquidazione del patrimonio, neppure per tale profilo potrebbe supporsi una responsabilità.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 06862/2010 REG.SEN.
 N. 01770/2008 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
 
 (Sezione Seconda)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
sul ricorso numero di registro  generale 1770 del 2008, proposto da:
 Liquidazione giudiziale dei beni ceduti ai creditori della Ing. Nino Ferrari  Impresa Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.,  rappresentata e difesa dall'avv. Roberto Colagrande, con domicilio eletto presso  Andrea Fantappie' in Firenze, piazza Santo Spirito, 10;
 contro
 Comune di Pontremoli in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso  dall'avv. Giovanni Montana, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in  Firenze, via Ricasoli n. 40;
 
 nei confronti di
 
 Calabria Lavoro S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.;
 
 per l'annullamento
 
 - dell'ordinanza n. 53 del 20-06-2008, (erroneamente) notificata alla "Ditta  Ing. Nino Ferrari Impresa Costruzioni Generali con sede in Via E. Petrolini 36  00197 Roma, in qualità di proprietaria dei terreni identificati ai mappali n.  437 e 440 del Foglio 171, nella persona dell'ing. Fabrizio Ferrari in qualità di  Commissario liquidatore", in data 25-07-2008, nella parte in cui il Sindaco di  Pontremoli "Ordina" alla suddetta "Ditta(...)" e "nella persona" di provvedere  "in solido" a proprie cure e spese, quale "proprietaria", entro 30 giorni dalla  notifica: "alla rimozione e successivo recupero e/o smaltimento dei rifiuti  speciali pericolosi e non e dei materiali (elencati nella nota ARPAT prot. 42882  del 16-05-2008) abbandonati sui terreni in località S. Giustina di Sopra e  identificati catastalmente al Foglio 171 mappali 437(...) e 440; alla rimozione  del terreno contaminato dagli sversi di sostanze oleose tramite decorticazione  effettuando sui fondi degli scavi opportuni accertamenti atti a dimostrare la  conformità dei suoli alla specifica destinazione d'uso; al ripristino dello  stato originario dei luoghi; all'esecuzione di quanto ordinato secondo le  modalità previste dagli accertamenti tecnici eseguiti dall'ARPAT e riportate  nella nota 42882 del 16-05-2008 allegata come parte integrante al presente  provvedimento e secondo le procedure previste dalla normativa in materia"; e  "Avverte" che "in caso di non ottemperanza al disposto della presente Ordinanza  troveranno applicazione le sanzioni previste dall'art. 255 c. 3 del D.lgs. n.  152/06";
 
 - di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso (anche se  ancora non conosciuto), e in particolare:
 
 - della nota prot. n. 42882 del 16-05-2008. (asseritamente) allegata  all'Ordinanza di cui sopra, con cui il Responsabile del Dipartimento Provinciale  di Massa e Carrara dell'ARPAT - Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale  della Toscana, ha trasmesso al Sindaco del Comune di Pontremoli, al Dirigente  dell'Ufficio Ambiente dell'Amministrazione Provinciale di Massa Carrara, al  Comandante della Polizia Municipale del Comune di Pontremoli, alla Regione  Toscana - Settore Tributi, allegandola alla nota in parola, la "relazione  tecnica della U.O. Prevenzione e Controlli Ambientali integrati con le  valutazioni di merito, relativa a: Accertamenti tecnici effettuati in loc. S.  Giustina a Pontremoli (MS), a seguito di richiesta della Polizia Municipale del  Comune di Pontremoli; (prot. 39540 dell' 8-05-2008, codice Arpat 01.25.15./10)".
 
 
 Visti il ricorso e i relativi allegati;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pontremoli;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2010 il dott. Bernardo  Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
 Con provvedimento del 21 giugno 2007, il Tribunale di Roma omologava il  concordato preventivo con cessione di beni, proposto il 13 giugno antecedente,  dalla società Nino Ferrari – Impresa Costruzioni Generali.
 
 In precedenza, la predetta società, con atto pubblico del 6 ottobre 2006, aveva  incorporato per fusione la società ILCA s.r.l., da essa controllata che, a sua  volta, con atto del 3 novembre 2000, aveva acquistato alcuni terreni oggetto di  una convenzione di lottizzazione con il Comune di Pontremoli e successivamente  stipulato un contratto d’appalto per la realizzazione delle opere ivi previste  con la cooperativa Calabria Lavoro.
 
 Stante l’inadempimento di quest’ultima, il contratto veniva consensualmente  risolto con scrittura privata del 14 marzo 2003 recante l’obbligo per la ditta  appaltatrice di rimuovere il materiale e i rifiuti abbandonati in cantiere.
 
 Tuttavia, nonostante le numerose sollecitazioni rivolte in tale senso dalla  ricorrente, Calabria Lavoro non provvedeva all’adempimento.
 
 A seguito di richiesta della Polizia municipale del Comune di Pontremoli, l’ARPAT  provinciale, in data 13 maggio 2008, eseguiva accertamenti nell’area utilizzata  da Calabria Lavoro come cantiere, riscontrando la presenza di rifiuti  abbandonati e lo sversamento di sostanze oleose.
 
 Conseguentemente, con il provvedimento indicato in epigrafe il Sindaco ordinava  alla società Nino Ferrari e alla Liquidazione giudiziale dei beni della medesima  la rimozione e il successivo recupero e/o smaltimento dei suddetti rifiuti,  oltre al ripristino dei luoghi, avvertendo che, in difetto, avrebbero trovato  applicazione le sanzioni di cui all’art. 255, comma 3, d.lgs. n. 152/2006.
 
 Contro tale atto si grava la ricorrente chiedendone l’annullamento, previa  sospensione, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:
 
 1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n.  152/2006 anche in combinato disposto con le disposizioni e i principi sottesi  alla sottoposizione di società a concordato preventivo. Invalidità  dell’ordinanza per erronea individuazione dei destinatari e conseguente  incertezza applicativa anche sintomatica di eccesso di potere per travisamento
 
 dei fatti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione.
 
 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n.  152/2006 anche in relazione all’art. 23 Cost., all’art. 40 cpv. c.p. ed agli  artt. 3, 7 e 10 della l. n. 241/1990 per: a9 mancata ricognizione dei fatti e  dei comportamenti che hanno cagionato il fatto antigiuridico; b) mancata  effettuazione degli accertamenti in contraddittorio. Con gli interessati.  Eccesso di potere per omessa e/o carente istruttoria in relazione  all’imputabilità a titolo di dolo o di colpa al proprietario del terreno  inquinato.
 
 3. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di  istruttoria e di ragionevolezza e sproporzionalità dei termini assegnati con  l’ordinanza impugnata.
 
 Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi  all’accoglimento del gravame.
 
 Con ordinanza n. 1064 depositata il 14 novembre 2008 veniva accolta la domanda  incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.
 
 Alla pubblica udienza del 10 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la  decisione.
 DIRITTO
 Con il ricorso in esame viene impugnato l’atto in epigrafe con cui il Comune di  Pontremoli ha ordinato alla società ricorrente di provvedere “alla rimozione e  successivo recupero e/o smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non e di  materiali abbandonati sui terreni siti in Comune di Pontremoli, Loc. S. Giustina  di Sopra….alla rimozione del terreno contaminato dagli sversi di sostanze …al  ripristino dello stato originario dei luoghi, all’esecuzione di quanto ordinato  secondo le modalità previste dagli accertamenti tecnici eseguiti dall’ARPAT...  avvertendo che, in difetto, troveranno applicazioni le sanzioni di cui all’art.  255, comma 3, D. lgs. 152/2006”.
 
 Il ricorso è fondato.
 
 Come rilevato dalla ricorrente con il primo motivo l’ordinanza è stata  notificata anche ai commissari liquidatori dell’impresa Nino Ferrari, posta,  come riferito in narrativa, in liquidazione giudiziale in quanto ammessa a  concordato preventivo, ex artt. 160 e segg. della l. fallimentare e, quindi,  nell’erroneo presupposto che la medesima sia giuridicamente in grado di darvi  ottemperanza.
 
 L’assunto merita condivisione.
 
 Come è noto, il debitore ammesso al concordato preventivo subisce uno  «spossessamento attenuato», in quanto conserva, come nel fallimento, oltre  ovviamente alla proprietà, l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni,  salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale  impone che ogni atto sia comunque funzionale all'esecuzione del concordato  (Cass. civ., sez. trib., 25 febbraio 2008, n. 4728).
 
 In particolare, nel concordato con cessione dei beni, come nella fattispecie, la  legittimazione a disporne viene attribuita dalla legge (art. 167 r.d. n.  267/1942) al commissario liquidatore, che agisce non in nome o per conto dei  creditori concordatari, bensì nel rispetto delle direttive impartite dal  tribunale al fine di provvedere alla liquidazione del patrimonio e alla  distribuzione dell’attivo ai creditori (Cass. civ., sez. lav., 10 febbraio 2009,  n. 3270).
 
 Ne discende, da un lato, che la Liquidazione giudiziale non avendo la proprietà  del bene in questione non è legittimata passivamente a ricevere l’ordine  impartito con l’ordinanza, secondo quanto stabilito dall’art. 192 del Codice  dell’ambiente; dall’altro, che non potendo i commissari liquidatori compiere  atti diversi da quelli funzionalmente indirizzati alla liquidazione del  patrimonio, neppure per tale profilo potrebbe supporsi una responsabilità nel  senso divisato dall’Amministrazione.
 
 Tanto sarebbe sufficiente a ritenere l’illegittimità dell’atto impugnato.  Tuttavia, per completezza d’argomentazione, può rilevarsi che l’ordinanza si  palesa viziata anche per i profili di seguito esposti.
 
 Osserva il Collegio che l'art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006, richiamato dalla  stessa amministrazione nel provvedimento impugnato, dispone che l'obbligo di  procedere alla rimozione dei rifiuti può gravare, in solido con il responsabile,  anche a carico del proprietario e del titolare di diritti reali o personali di  godimento solo se tale violazione sia anche a loro imputabile a titolo di dolo o  colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti  interessati, da coloro che sono preposti al controllo.
 
 Tale disposizione ha sostanzialmente recepito, in sede di codificazione, lo  stesso principio contenuto nel previgente art. 9 del D.P.R. 10/9/1982, n. 915,  nonché nell'art. 14 del decreto legislativo 5/2/1997, n. 22.
 
 La fattispecie normativa introduce una sanzione amministrativa di tipo  reintegratorio, avente a contenuto l'obbligo di rimozione, di recupero o di  smaltimento e di ripristino a carico del responsabile del fatto di discarica o  immissione abusiva cioè di "chiunque viola i divieti di abbandono e di deposito  incontrollato di rifiuti sul suolo", in solido con il proprietario e con i  titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area ai quali tale  violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa.
 
 La norma, dunque, ai fini dell'imputabilità della condotta (divieto di abbandono  e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo), richiede, a carico  dell'autore materiale un comportamento titolato (dolo o colpa), (c.f.r. tra le  tante Cons. Stato, sez. VI, 20 gennaio 2003, n. 168; TAR Puglia, Bari, sez. I,  27 febbraio 2003, n. 872; TAR Sardegna, 19 settembre 2004, n. 1076; T.A.R.  Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 22 gennaio 2008, n. 78).
 
 È peraltro evidente che prima ancora del profilo soggettivo attinente alla  qualificazione del comportamento del presunto autore materiale dell'illecito è  necessario che sia verificata e provata la riconducibilità dell'evento al  soggetto che viene dall'amministrazione indicato come responsabile in capo al  quale gravano gli obblighi stabiliti dalla legge.
 
 Or bene, nel caso di specie, non pare che il Comune intimato abbia fornito, se  non in termini presuntivi, la prova che il deposito di rifiuti di cui trattasi  sia riferibile alla condotta della società ricorrente o della Liquidazione.
 
 Anzi, la condotta che, implicitamente, l'amministrazione comunale ascrive alla  società ricorrente e alla Liquidazione è piuttosto quella di non aver vigilato  affinché nell'area in questione non fosse consentito il libero accesso a terzi.
 
 L'assunto l'amministrazione si rivela però, a ben vedere, privo di fondamento.
 
 Come riferito nella stessa ordinanza di rimozione l’area di cui trattasi era  originariamente circondata da una recinzione metallica e munita il suo ingresso,  come dimostrato dalla documentazione fotografica depositato in atti, da una  robusta cancellata. Inoltre il terreno in questione confina la linea ferroviaria  Parma - La Spezia, frapposta alla quale si sviluppa una fitta vegetazione.
 
 Da tali dettagli è possibile, evidentemente, dedurre che l’accesso alla zona era  idoneamente interdetto agli estranei, né può essere addossato al proprietario  del bene un onere di vigilanza ulteriore al di là di quello che scaturisce  dall’esercizio dell’ordinaria diligenza.
 
 Invero, a differenza di quanto previsto per la bonifica dei siti inquinati, per  la rimozione dei rifiuti non è stato previsto dal legislatore, a carico del  proprietario, alcun onere reale che possa giustificare l’emanazione  dell’ordinanza anche nei suoi confronti.
 
 Per altro verso, il requisito della colpa postulato dall’art. 192 citato può ben  consistere nell’omissione delle cautele e degli accorgimenti che l’ordinaria  diligenza suggerisce ai fini di un’efficace custodia, ma non può essere spinto,  ordinariamente al di là di tale confine, fermo restando che, a tal fine, non è  sufficiente una generica "culpa in vigilando" (Cons. Stato sez. V, 8 marzo 2005,  n. 935; id., 25 agosto 2008, n. 4061, TAR Campania, Napoli, sez. V, 1 giugno  2010, n. 11437).
 
 Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere accolto  conseguendone l’annullamento dell’atto impugnato.
 
 Le spese di giudizio seguono la soccombenza come da liquidazione fattane in  dispositivo.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda)  definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie  e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
 
 Condanna il Comune di Pontremoli al pagamento delle spese di giudizio che si  liquidano forfettariamente in € 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA e CPA.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2010 con  l'intervento dei magistrati:
 
 Maurizio Nicolosi, Presidente
 Bernardo Massari, Primo Referendario, Estensore
 Pietro De Berardinis, Primo Referendario
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 23/12/2010
 
                    




