TRGA Trentino A.A. (TN) n. 164 del 9 luglio 2008
Rifiuti. Legittimazione ad agire di comitati
La circostanza che un comitato si sia proposto come contraddittore e sia stato accreditato, in quanto tale, nel procedimento amministrativo conclusosi con l’approvazione del ridetto stralcio, non è sufficiente a fargli acquisire la legittimazione attiva nel giudizio, che deve, infatti, preesistere al visto coinvolgimento nel procedimento, che non può integrare di per sé la fonte di una legittimazione per un soggetto, che non consta integrare alcun autonomo centro d’imputazione d’interessi.
La legittimazione dei singoli ricorrenti può esere invece positivamente riconosciuta in ragione della vista vicinitas con un sito individuato per il deposito ed il trattamento di veicoli fuori uso e per il trattamento di rifiuti inerti da demolizione e ciò è sufficiente ai fini dell’ammissibilità del ricorso, essendo essi titolari dell'interesse alla conservazione dell'integrità ambientale della zona stessa. Devono, infatti, ritenersi legittimati ad insorgere avverso atti incidenti sulla salvaguardia ambientale i soggetti residenti o proprietari di immobili nella stessa zona, non potendo negarsi a chi abbia uno stabile collegamento con questa, e che è destinato a ricevere un potenziale danno da un’attività inquinante, la titolarità di una posizione giuridica differenziata e qualificata
Rifiuti. Legittimazione ad agire di comitati
La circostanza che un comitato si sia proposto come contraddittore e sia stato accreditato, in quanto tale, nel procedimento amministrativo conclusosi con l’approvazione del ridetto stralcio, non è sufficiente a fargli acquisire la legittimazione attiva nel giudizio, che deve, infatti, preesistere al visto coinvolgimento nel procedimento, che non può integrare di per sé la fonte di una legittimazione per un soggetto, che non consta integrare alcun autonomo centro d’imputazione d’interessi.
La legittimazione dei singoli ricorrenti può esere invece positivamente riconosciuta in ragione della vista vicinitas con un sito individuato per il deposito ed il trattamento di veicoli fuori uso e per il trattamento di rifiuti inerti da demolizione e ciò è sufficiente ai fini dell’ammissibilità del ricorso, essendo essi titolari dell'interesse alla conservazione dell'integrità ambientale della zona stessa. Devono, infatti, ritenersi legittimati ad insorgere avverso atti incidenti sulla salvaguardia ambientale i soggetti residenti o proprietari di immobili nella stessa zona, non potendo negarsi a chi abbia uno stabile collegamento con questa, e che è destinato a ricevere un potenziale danno da un’attività inquinante, la titolarità di una posizione giuridica differenziata e qualificata
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
DEL TRENTINO-ALTO ADIGE - SEDE DI TRENTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, n. 199 del 2007 proposto da Pedrotti Gianbortolo, Trentini Massimo, Raab Daniela, Condini Fabiano e Coser Rinaldo, quest’ultimo anche in qualità di Presidente del Comitato pro Vela, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Silvia Zancanella ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Trento, via Calepina, n. 45
CONTRO
la PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Franco Mastragostino, Nicolò Pedrazzoli e Alessio Falferi con domicilio eletto presso il Servizio legale per gli Affari Contenziosi della Provincia Autonoma di Trento, Piazza Dante, n. 15
e nei confronti di
- COMUNE di TRENTO, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
- Rigotti F.lli S.r.l. e Trentino Ricicla Inerti S.r.l., rappresentate e difese dall’avv. Flavio Maria Bonazza ed elettivamente domiciliate presso il suo studio in Trento, Piazza Mosna, n. 8
per l’annullamento
a) quanto al ricorso introduttivo, della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 1225 dell’8.6.2007, avente ad oggetto l’approvazione definitiva dello stralcio al Piano provinciale di smaltimento dei rifiuti, relativo all’individuazione di un’area, in Comune di Trento, per il deposito ed il trattamento di veicoli fuori uso e per il trattamento di rifiuti inerti da demolizione, nonché degli atti presupposti;
b) quanto ai motivi aggiunti, della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 200 del 1.2.2008, avente ad oggetto l’approvazione, con modifiche, della variante 2004 al P.R.G. di Trento, nella parte di interesse per i ricorrenti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione provinciale intimata e delle società controinteressate;
Visti i motivi aggiunti successivamente proposti dai ricorrenti;
Viste le memorie e visti i documenti prodotti;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 19.6.2008 - relatore il consigliere Lorenzo Stevanato - i difensori delle parti come specificato nel verbale d’udienza.
FATTO E DIRITTO
I ricorrenti in epigrafe espongono di essere abitanti nella frazione di Vela del Comune di Trento e, per quanto riguarda il “Comitato pro Vela”, di essere un organismo associativo esponenziale degli interessi della relativa comunità. Essi agiscono per l’annullamento della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 1225 dell’8.6.2007, avente ad oggetto l’approvazione definitiva dello stralcio al Piano provinciale di smaltimento dei rifiuti, relativo all’individuazione di un’area, in Comune di Trento, per il deposito ed il trattamento di veicoli fuori uso e per il trattamento di rifiuti inerti da demolizione.
L’area scelta dalla Provincia autonoma di Trento (di seguito: PAT) ha l’estensione di 25.000 mq., è in località Laghetti, vicina alla frazione di Vela, tra il fiume Adige e le pendici del monte Sorasass, e precedentemente era destinata dal P.R.G. ad “area agricola primaria”. Peraltro il piano approvato dal Comprensorio Valle dell’Adige con deliberazione dell’assemblea n. 3 del 20.5.2002 già destinava l’area in controversia a centro di rottamazione.
Il presente piano stralcio è stato approvato all’esito di una complessa istruttoria, a monte della quale vi è un accordo di programma (approvato con deliberazione della Giunta provinciale 16.12.2005, n. 2748: doc. n. 2 prodotto dall’Amministrazione), che prevede il trasferimento del centro di rottamazione dell’impresa Rigotti, dall’attuale localizzazione (in via Doss in Trento) non più idonea alla stregua delle previsione di cui al D.lgs. 24.6.2003, n. 209, al nuovo sito di cui si controverte.
A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi:
1) violazione di legge (direttiva 2000/53/CE, art. 6 del D.lgs. 24.6.2003, n. 209 e relativo allegato I,1) ed eccesso di potere sotto vari profili, essendo state violate sotto plurimi aspetti le prescrizioni relative alla localizzazione di questo tipo di impianto, recate dal richiamato D.lgs., che ha introdotto una disciplina di derivazione comunitaria;
2) violazione di legge (allegato A del D.p.p. 9.6.2005 n. 14-44/Leg.) ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto anche la localizzazione dell’impianto di stoccaggio e smaltimento di inerti contrasterebbe con la normativa provinciale in materia di discariche;
3) violazione di legge (PGUAP approvato con D.P.R. 15.2.2006, art. 34 delle norme di attuazione e parte VI.3) ed eccesso di potere sotto vari profili, nel rilievo che l’area insisterebbe in ambito fluviale tutelato, ostativo alla localizzazione di tale impianto;
4) violazione di legge (artt. 14 e 93 della L.p. 5.9.1991, n. 22; contrasto col piano urbanistico provinciale) ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto il piano urbanistico provinciale prevede che la zona sia sottoposta a tutela ambientale ed adibita ad uso agricolo ed il P.R.G. recherebbe la destinazione agricola primaria;
5) violazione di legge (art. 15 del D.lgs. 24.6.2003, n. 209 e art. 65 del TULP in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti) e carenza o sviamento di potere, in quanto lo strumento della pianificazione per stralcio sarebbe inadeguato e comunque inappropriato ai fini considerati; inoltre, il piano comprensoriale del 2002 sarebbe stato superato dalla nuova disciplina recata dal D.lgs. 209/03;
6) violazione di legge (art. 2, comma 1, lett. b del D.lgs. 24.6.2003, n. 209), essendo stata erroneamente esclusa la scelta dell’area di Gardolo, con violazione dei principi di concorrenza delle imprese interessate;
7) violazione di legge (art. 6 della direttiva 92/43/CE) ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto l’area scelta dalla Provincia confinerebbe con un biotopo nel quale sarebbe compreso un sito di importanza comunitaria (SIC) “Stagni della Vela-Soprasasso” e l’istruttoria esperita al riguardo sarebbe stata carente.
Con motivi aggiunti, successivamente notificati, i ricorrenti hanno impugnato la deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 200 del 1.2.2008, avente ad oggetto l’approvazione, con modifiche, della variante 2004 al P.R.G. di Trento, nella parte relativa alla destinazione urbanistica impressa all’area in questione, conforme al controverso piano stralcio.
A sostegno dei motivi aggiunti viene dedotta l’illegittimità derivata dai vizi del piano stralcio.
L’Amministrazione provinciale intimata, costituitasi in giudizio, ha pregiudizialmente eccepito che il ricorso sarebbe inammissibile, perché non sarebbe stato impugnato tempestivamente, e sarebbe divenuto perciò inoppugnabile, il presupposto piano comprensoriale, approvato dal Comprensorio Valle dell’Adige con deliberazione dell’assemblea n. 3 del 20.5.2002, che già aveva individuato l’area in controversia ai fini dell’ubicazione di un centro di rottamazione.
La PAT eccepisce, inoltre, la carenza di legittimazione e di interesse ad agire dei ricorrenti, in particolare del Comitato pro Vela.
Si sono costituite in giudizio anche le controinteressate Rigotti F.lli S.r.l. e Trentino Ricicla Inerti S.r.l., egualmente eccependo il difetto di legittimazione attiva delle ricorrenti e controdeducendo, nel merito, puntualmente.
All’odierna udienza pubblica, il difensore della Provincia ha dichiarato che, in data 13.6.2008, è stata approvata la valutazione di impatto ambientale del controverso di impianto ed ha chiesto che il ricorso sia rinviato per l’acquisizione e l’esame di tale atto connesso. Si è unito alla richiesta il difensore delle controinteressate.
Il difensore dei ricorrenti si è, invece, opposto alla suddetta richiesta di differimento dell’udienza, osservando che la causa sarebbe già matura per la decisione.
Il Collegio, per parte sua, previa discussione della causa anche nel merito da parte dei difensori, ritiene che la causa sia in effetti matura per la decisione e che non vi sia alcuna esigenza, al fine di pronunciarsi sull’attuale thema decidendum, di acquisire tale successivo provvedimento che, peraltro, potrà essere eventualmente impugnato autonomamente per vizi propri, senza che ciò influisca sul presente giudizio.
L’istanza di rinvio dell’udienza va perciò respinta.
Ciò premesso, il Collegio deve pregiudizialmente decidere sull’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione.
Al riguardo, occorre distinguere tra il Comitato pro Vela ed i ricorrenti che, singolarmente, fanno valere una posizione giuridica, asseritamente qualificata e differenziata, come abitanti nella frazione Vela o nei dintorni del sito scelto dalla PAT per dislocarvi il menzionato impianto di rottamazione.
Circa la legittimazione del Comitato, il Collegio osserva che essa non è stata provata in giudizio, essendo stata prodotta, come prova documentale dell’atto costitutivo, la fotocopia di una scrittura privata recante affermazioni di principio circa la promozione e la difesa del territorio e degli interessi della cittadinanza, che reca la sottoscrizione di un solo soggetto.
Non risulta, quindi, in giudizio che il comitato sia stato costituito da una pluralità di soggetti, né che siano state rispettate quelle formalità minime (cioè, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata) che ne assicurino l’identità, l’effettività ed il carattere non meramente strumentale.
La circostanza che il comitato si sia proposto come contraddittore e sia stato accreditato, in quanto tale, nel procedimento amministrativo conclusosi con l’approvazione del ridetto stralcio, non è sufficiente a fargli acquisire la legittimazione attiva nel presente giudizio, che deve, infatti, preesistere al visto coinvolgimento nel procedimento, che non può integrare di per sé la fonte di una legittimazione per un soggetto, che non consta integrare alcun autonomo centro d’imputazione d’interessi.
La legittimazione dei singoli ricorrenti va invece positivamente riconosciuta in ragione della vista vicinitas con il sito in questione e ciò è sufficiente ai fini dell’ammissibilità del ricorso, essendo essi titolari dell'interesse alla conservazione dell'integrità ambientale della zona stessa.
Devono, infatti, ritenersi legittimati ad insorgere avverso atti incidenti sulla salvaguardia ambientale i soggetti residenti o proprietari di immobili nella stessa zona, non potendo negarsi a chi abbia uno stabile collegamento con questa, e che è destinato a ricevere un potenziale danno da un’attività inquinante, la titolarità di una posizione giuridica differenziata e qualificata (cfr., ad es.: Cons. St., VI, 20.5.2005, n. 2534).
Nella fattispecie, l’Amministrazione ha prodotto in giudizio una planimetria con l’indicazione degli immobili ove i ricorrenti risiedono, da cui emerge che uno di essi abita in prossimità (circa 500 m.) e gli altri nella frazione di Vela, e, cioè, nella medesima località
Ora, il pregiudizio che deriverebbe da un impianto inquinante di grandi dimensioni a beni come il paesaggio, l'acqua, l'aria, il suolo, le condizioni di agio e sicurezza della viabilità nella zona si configura quindi, rispetto ai ricorrenti, non come indivisibilmente riferibile ad una pluralità più o meno vasta di soggetti, ma come direttamente incidente sulla loro posizione, che è differenziata rispetto ad altri consociati.
Superata la questione della legittimazione, va quindi esaminata l’altra eccezione opposta dalla difesa della PAT, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile perché non è stato impugnato tempestivamente, ed è divenuto perciò inoppugnabile, il presupposto piano comprensoriale approvato dal Comprensorio Valle dell’Adige con deliberazione dell’assemblea n. 3 dd. 20.5.2002, che già destinava l’area in controversia a centro di rottamazione.
Anche detta eccezione va peraltro disattesa, posto che sarebbe fondata soltanto se il piano stralcio ora impugnato avesse una valenza meramente confermativa, rispetto alla previsione di localizzazione del piano comprensoriale, e se esso non innovasse in nulla il contenuto del piano comprensoriale.
Nella specie il piano stralcio è stato, tuttavia, approvato all’esito di una istruttoria particolarmente complessa, nel corso della quale sono stati esaminati numerosi profili di compatibilità della localizzazione dell’impianto con le normative di tutela ambientale. E’ stata osservata, in particolare, la sopravvenuta normativa di derivazione comunitaria recata dal D.lgs. 209/03.
La PAT non si è dunque limitata ad assecondare la localizzazione del piano comprensoriale, ma ha esperito autonome ed approfondite acquisizioni istruttorie, dando corso a corrispondenti meditate valutazioni, che ben avrebbero potuto condurre ad una diversa localizzazione del sito.
L’impugnato piano stralcio si configura, quindi, come autonomamente lesivo, dovendo essere riconosciuto come novella espressione di potestà amministrativa a seguito del cui esercizio corrisponde, per conseguenza, l’apertura del previsto termine per l’impugnazione in sede giurisdizionale o straordinaria.
Anche questa eccezione va perciò disattesa.
Ne merito, peraltro, il ricorso è infondato per le ragioni che seguono.
Anzitutto, va premesso che il controverso piano stralcio è stato approvato, come si è detto, all’esito di un’articolata istruttoria, nella quale ha trovato spazio anche la partecipazione di ogni cittadino che vi avesse interesse e nel cui corso sono stati acquisiti i pareri degli enti locali e di tutti gli uffici provinciali competenti, in relazione ai diversi aspetti territoriali ed ambientali sottesi alla scelta di un ambito agricolo non urbanizzato da destinarsi a nuovo sito provinciale per la rottamazione di autoveicoli usati. In particolare, l’istruttoria si è completata con l’acquisizione di un denso “rapporto ambientale” ex art. 4 del d.P.P. 14.9.2006, n. 15-68/Leg. e della “relazione di incidenza ambientale” ex artt. 9 e 10 della L.p. 15.12.2004, n. 10.
Ciò premesso, passando all’esame dei singoli motivi di ricorso, con il primo di essi si sostiene che sarebbero state violate, sotto plurimi aspetti, le prescrizioni relative alla localizzazione di questo tipo di impianti, recate dal D.lgs. 209/03.
Si AFFERMA, in primis, che sarebbe stato violato il divieto, contenuto nell’allegato al D.lgs. 209/03, n. 1.1.1., lett. a), di ubicazione in aree individuate nei piani di bacino, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m), della legge 18 maggio 1989, n. 183, e successive modifiche. La citata alla sua lettera m) prescrive “l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici”.
Sennonché, il Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche (PGUAP), che equivale ai piani di bacino nel territorio trentino, non fissa “speciali vincoli e prescrizioni” sull’area prescelta, ostativi alla controversa ubicazione, come emerge dagli atti istruttori prodotti dalla PAT ed, in particolare, dalla cartografia del rapporto ambientale.
L’area, infatti, pur qualificata dal PGUAP come “ambito fluviale di interesse paesaggistico” (cfr. pag. 25 del rapporto ambientale e relativa cartografia) non riceve da tale qualificazione un vincolo ostativo all’insediamento del controverso impianto: l’art. 34 delle relative norme di attuazione (doc. n. 16 prodotto dall’amministrazione) rinvia, infatti, ai piani regolatori la determinazione dei criteri di tutela e valorizzazione ed il piano stralcio, come il precedente piano comprensoriale, ha valenza urbanistica di variante ai piani regolatori generali, ex art. 67, comma 1, del T.U.L.P. in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti (D.P.G.P. 26.1.1987, n. 1-41/Leg.).
In ogni caso, la tutela di tale ambito di interesse paesaggistico non diviene per ciò solo recessiva, poiché il progetto dell’impianto deve essere in ogni caso preventivamente assentito mediante l’autorizzazione paesaggistica, come si dirà infra.
E’ stata poi censurata al violazione della lett e) dell’allegato 1.1.1. al D.lgs. 209/03, che preclude la localizzazione “nei territori sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e successive modifiche, salvo specifica autorizzazione regionale, ai sensi dell'articolo 151 del citato decreto”.
Replicano, tuttavia, efficacemente la resistente Provincia e le controinteressate che il divieto opera soltanto se non sia rilasciata “specifica autorizzazione” paesaggistica. In materia non si configura, pertanto, alcuna preclusione assoluta, atteso che il divieto costituisce l’esplicazione di un principio già esistente nella legislazione in materia di tutela paesaggistica. E’ poi naturale conseguenza di ciò che l‘autorizzazione segua e non preceda la localizzazione, in quanto il nulla - osta paesaggistico ha per oggetto, necessariamente, il progetto dell’impianto e non la scelta del sito che, investendo un ambito vincolato, rappresenta il presupposto che condiziona la realizzazione dell’insediamento all’esito di una positiva valutazione di compatibilità paesaggistica.
La deliberazione impugnata, comunque, reca un’apposta condizione (n. 4 del dispositivo) secondo cui “sotto il profilo paesaggistico la progettazione dei singoli interventi deve avvenire ponendo particolare attenzione al contesto ambientale complessivo in cui si inseriscono le opere”.
Nemmeno relativamente al punto 1.1.2. dell’allegato al D.lgs. 209/03 (secondo cui “il centro di raccolta e l'impianto di trattamento non devono essere ubicati in aree esondabili, instabili e alluvionabili comprese nelle fasce A e B individuate nei piani di assetto idrogeologico di cui alla legge n. 183 del 1989”) le censure dei ricorrenti colgono nel segno. L’area, infatti, non è a rischio esondazioni. Tale rischio riguarda, invece, una porzione di territorio limitrofo, cioè la “parte apicale” indicata nel rapporto ambientale, come emerge dalle relative cartografie (doc. n. 6 prodotto dall’Amministrazione).
Peraltro nella deliberazione impugnata l’esigenza cautelativa della messa in sicurezza del terreno limitrofo forma oggetto di una specifica condizione apposta al n. 4 del relativo dispositivo, secondo cui “dovranno essere individuate misure idonee sia a far fronte ad eventuali fenomeni di esondazione nella porzione individuata dal Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche come esondabile, sia ai fini del rispetto della falda ed ai probabili ristagni dovuti alla morfologia del sito”.
Quanto al profilo geologico l’area è, in effetti, caratterizzata da penalità gravi - medie, che, tuttavia, non sono preclusive all’insediamento, come emerge dalla relativa istruttoria (cfr. i pareri del Servizio geologico 9.3.2007 e 13.3.2007, doc. n. 9 e n. 10 prodotti dall’Amministrazione), ma richiedono - essendo l’area prospiciente una zona ad elevata pericolosità geologica - che siano introdotte opportune misure di difesa da definirsi in sede di progetto. Tale esigenza cautelativa forma, infatti, egualmente oggetto di una precisa condizione apposta al n. 4 del dispositivo della deliberazione impugnata.
E’ stata poi denunciata la violazione del punto 1.1.3. dell’allegato al D.lgs. 209/03 (secondo cui “per ciascun sito di ubicazione sono valutate le condizioni locali di accettabilità dell'impianto in relazione ai seguenti parametri: … b) presenza di beni storici, artistici, archeologici e paleontologici”) in quanto sarebbe stata trascurata la grande importanza archeologica del sito, per i ritrovamenti avvenuti negli anni ‘70.
Sennonché, anche in questo caso non vi è coincidenza tra l’area prescelta per il nuovo sito e quella dove in passato sono stati rinvenuti reperti archeologici (Laghetti di Vela, a circa 400 m.) e comunque non è stato imposto in loco alcun vincolo archeologico, come risulta dall’istruttoria svolta dalla PAT (cfr. il relativo parere della Soprintendenza per i Beni archeologici 27.11.2007, doc. n. 17 prodotto dall’Amministrazione)
Si sostiene, poi, che sarebbe stato violato il punto 1.1.4. dell’allegato al D.lgs. 209/03, che recita: “Nell'individuazione dei siti idonei alla localizzazione sono da privilegiare:
1) le aree industriali dismesse;
2) le aree per servizi e impianti tecnologici;
3) le aree per insediamenti industriali ed artigianali.”
Al riguardo, è vero che l’area prescelta non rientra in tali categorie urbanistiche di potenziale riuso del territorio, che avrebbero potuto integrare l’opzione preferita rispetto ad altre e dunque anche a quella in questa sede contrastata; va peraltro sottolineato che la PAT nell’istruttoria ha considerato anche altri siti alternativi, ognuno dei quali presentava maggiori controindicazioni, di cui è stato dato puntualmente atto. Occorre, altresì, considerare che la rilocalizzazione del centro di rottamazione dell’impresa Rigotti, ubicato in area non idonea, aveva assunto carattere cogente e non rinviabile ai sensi dello stesso D.lgs. 209/03 invocato dai ricorrenti (cfr. la citata deliberazione della G.P. 2748/05 di approvazione dell’accordo di programma), talché la scelta del sito già individuato per tale destinazione dal piano comprensoriale si è rivelata, nella graduazione dei diversi interessi pubblici e privati coinvolti, come quella più logica e satisfattiva della finalità perseguita. Si è anche considerata l’indicazione del Comprensorio secondo cui “l’assenza, anche temporanea sul territorio comunale di Trento di tale tipologia di impianti di smaltimento, derivante dall’eventuale chiusura del Centro rottamazione Rigotti, non potrebbe essere sopperita in ambito comprensoriale in modo adeguato” (cfr. pag. 3 del citato accordo di programma).
E’ stata poi dedotta la violazione del punto 1.3. dell’allegato al D.lgs. 209/03, secondo cui “l'area prescelta per la localizzazione del centro di raccolta e dell'impianto di trattamento deve essere servita dalla rete viaria di scorrimento urbano ed essere facilmente accessibile da parte di automezzi pesanti.”
Si sostiene, al riguardo, che farebbe totalmente difetto una viabilità di tale specie.
Per questo aspetto l’istruttoria svolta dà, tuttavia, conto, che è stata prevista la realizzazione di una nuova strada di collegamento, parzialmente in galleria, che dovrebbe collegare il nuovo sito ed è stato quindi affrontato anche il problema della carenza attuale di adeguata viabilità (cfr. pag. 39 del rapporto ambientale ed il doc. n. 12 prodotto dall’Amministrazione).
Per le ragioni che precedono, le censure dedotte con il primo motivo di ricorso vanno perciò disattese.
Passando all’esame del secondo motivo, esso è diretto contro la localizzazione del collegato impianto di stoccaggio e smaltimento di inerti, che contrasterebbe con la normativa provinciale in materia di discariche.
Al riguardo sono stati riproposti i medesimi profili di contrasto ambientale denunciati col primo motivo di ricorso, che sono perciò infondati per le ragioni già esposte più sopra.
Inoltre, è stato dedotto che gli impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti pericolosi non potrebbero essere collocati in aree di interesse agricolo primario.
In proposito l’attenta difesa della PAT ha peraltro esattamente obiettato che il piano comprensoriale ha comportato ex lege la modifica della destinazione urbanistica dell’area, sottolineando che, relativamente alla previa destinazione agricola primaria impressa dal PUP, nella specie si tratta di un’opera di infrastrutturazione ex art. 67 del T.U.L.P. in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti, disciplinata dall’art. 30 delle norme di attuazione del PUP stesso, con espressa possibilità di deroga alla diversa destinazione, purché previa idonea istruttoria di compatibilità. L’art. 30 delle norme di attuazione del PUP stabilisce, infatti, che “La disciplina prevista dai precedenti articoli per le singole aree non esclude la realizzazione di opere di infrastrutturazione del territorio, purché non in contrasto con il disegno complessivo del PUP, ferma la necessità di specifiche perizie nelle aree di cui agli articoli 2, 3, 5 ed il rispetto, in quanto applicabile, del terzo comma dell'articolo 24”.
Ebbene, tale istruttoria di compatibilità è stata effettivamente svolta ed emerge in particolare dal rapporto ambientale, per cui il secondo motivo va dunque disatteso.
Col terzo motivo è stato nuovamente dedotto che l’area è in ambito fluviale tutelato, ostativo alla localizzazione di tale impianto.
Si tratta della riproposizione di una censura che, nell’esame che precede del primo motivo, è stata già disattesa alla stregua dell’istruttoria compiuta dalla PAT.
Anche tale motivo va perciò respinto.
Con il quarto motivo è stato dedotto che il PUP prevedrebbe che la zona sia sottoposta a tutela ambientale ed adibita ad uso agricolo e che anche il P.R.G. comunale recherebbe la destinazione ad area agricola primaria.
Anche in questo caso vale quanto detto con riferimento al secondo motivo ed alla derogabilità prevista dall’art. 30 del PUP, mentre ai sensi dell’art. 67 del citato T.U.L.P. in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti il piano costituisce automatica variante urbanistica.
La censura va perciò egualmente disattesa.
Con il quinto motivo è stato dedotto che lo strumento della pianificazione per stralcio sarebbe inadeguato ed inappropriato; inoltre, che il piano comprensoriale del 2002 sarebbe superato dalla nuova disciplina recata dal D.lgs. 209/03.
Al riguardo, però, è sufficiente osservare che i piani - stralcio sono espressamente previsti dall’art. 65 del citato T.U.L.P. in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e che quello approvato con la deliberazione impugnata si giustifica ai sensi dell’art. 15, commi 1, 2 e 3 dello stesso D.lgs. 209/03, essendo imposto dall’esigenza improcrastinabile di trasferire il centro di rottamazione dell’impresa Rigotti, dall’attuale localizzazione (in via Doss Trento) non più idonea alla stregua di quanto prescritto dallo stesso D.lgs. 209/03.
Inconferente si rivela, poi, la censura secondo cui il piano comprensoriale del 2002 sarebbe superato dalla nuova disciplina recata dal D.lgs. 209/03, in quanto questa non è stata affatto trascurata, ma anzi rispettata nel procedimento in questione, concluso con l’impugnata deliberazione provinciale.
Con il sesto motivo è stato dedotto che erroneamente sarebbe stata esclusa la scelta dell’area di Gardolo, con violazione dei principi di concorrenza delle imprese interessate
La censura è, per un verso, inammissibile per difetto di interesse, come hanno puntualmente eccepito le controparti, in quanto i ricorrenti non sono titolari di imprese di rottamazione di veicoli, che potrebbero competere con la parte controinteressata. In ogni caso, essa è infondata, poiché dall’istruttoria provinciale è emerso con chiarezza che l’area di Gardolo è stata, sì, considerata come alternativa, ma esclusa come soluzione per la rilocalizzazione dell’impianto dell’impresa Rigotti a causa delle sue dimensioni inadeguate.
Il sesto motivo va dunque anch’esso disatteso.
Infine, con il settimo motivo è stato denunciato che l’area scelta dalla Provincia confinerebbe con un biotopo nel quale è compreso un sito di importanza comunitaria (SIC) “Stagni della Vela - Soprasasso” e che l’istruttoria esperita al riguardo sarebbe stata carente.
In realtà, l’istruttoria sul punto non è affatto mancata ma, anzi, è stata molto estesa ed esauriente nella svolta valutazione ambientale strategica (cfr. doc. n. 6 prodotto dalla PAT).
Anche l’ultimo motivo va quindi disatteso, come va respinta
la censura di illegittimità derivata svolta con i motivi aggiunti, nei confronti della successiva variante al P.R.G. comunale che conferma la controversa destinazione urbanistica.
Conclusivamente, per le ragioni che precedono, il ricorso va respinto.
Le spese del giudizio possono essere in parte compensate alla luce della peculiarità della vicenda sopra definita, ma in parte seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P. Q.M.
il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna i ricorrenti a rifondere all’Amministrazione resistente ed alle due società controinteressate le spese e gli onorari del giudizio che liquida - tenuto conto del valore indeterminabile della causa, della complessità delle questioni giuridiche sollevate e dell’impegno defensionale occorso - previa compensazione per la metà di essi, in complessivi € 5.000,00 per ciascuna di esse (di cui € 4000,00 per onorari ed € 1.000,00 per diritti), oltre ad I.V.A. e C.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari, a titolo di spese generali.
Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 19.6.2008, con l’intervento dei Magistrati:
dott. Francesco Mariuzzo - Presidente
dott. Lorenzo Stevanato - Consigliere estensore
dott. Fiorenzo Tomaselli - Consigliere
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria il giorno 9 luglio 2008
Il Segretario Generale
dott. Giovanni Tanel
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
DEL TRENTINO-ALTO ADIGE - SEDE DI TRENTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, n. 199 del 2007 proposto da Pedrotti Gianbortolo, Trentini Massimo, Raab Daniela, Condini Fabiano e Coser Rinaldo, quest’ultimo anche in qualità di Presidente del Comitato pro Vela, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Silvia Zancanella ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Trento, via Calepina, n. 45
CONTRO
la PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Franco Mastragostino, Nicolò Pedrazzoli e Alessio Falferi con domicilio eletto presso il Servizio legale per gli Affari Contenziosi della Provincia Autonoma di Trento, Piazza Dante, n. 15
e nei confronti di
- COMUNE di TRENTO, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
- Rigotti F.lli S.r.l. e Trentino Ricicla Inerti S.r.l., rappresentate e difese dall’avv. Flavio Maria Bonazza ed elettivamente domiciliate presso il suo studio in Trento, Piazza Mosna, n. 8
per l’annullamento
a) quanto al ricorso introduttivo, della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 1225 dell’8.6.2007, avente ad oggetto l’approvazione definitiva dello stralcio al Piano provinciale di smaltimento dei rifiuti, relativo all’individuazione di un’area, in Comune di Trento, per il deposito ed il trattamento di veicoli fuori uso e per il trattamento di rifiuti inerti da demolizione, nonché degli atti presupposti;
b) quanto ai motivi aggiunti, della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 200 del 1.2.2008, avente ad oggetto l’approvazione, con modifiche, della variante 2004 al P.R.G. di Trento, nella parte di interesse per i ricorrenti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione provinciale intimata e delle società controinteressate;
Visti i motivi aggiunti successivamente proposti dai ricorrenti;
Viste le memorie e visti i documenti prodotti;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 19.6.2008 - relatore il consigliere Lorenzo Stevanato - i difensori delle parti come specificato nel verbale d’udienza.
FATTO E DIRITTO
I ricorrenti in epigrafe espongono di essere abitanti nella frazione di Vela del Comune di Trento e, per quanto riguarda il “Comitato pro Vela”, di essere un organismo associativo esponenziale degli interessi della relativa comunità. Essi agiscono per l’annullamento della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 1225 dell’8.6.2007, avente ad oggetto l’approvazione definitiva dello stralcio al Piano provinciale di smaltimento dei rifiuti, relativo all’individuazione di un’area, in Comune di Trento, per il deposito ed il trattamento di veicoli fuori uso e per il trattamento di rifiuti inerti da demolizione.
L’area scelta dalla Provincia autonoma di Trento (di seguito: PAT) ha l’estensione di 25.000 mq., è in località Laghetti, vicina alla frazione di Vela, tra il fiume Adige e le pendici del monte Sorasass, e precedentemente era destinata dal P.R.G. ad “area agricola primaria”. Peraltro il piano approvato dal Comprensorio Valle dell’Adige con deliberazione dell’assemblea n. 3 del 20.5.2002 già destinava l’area in controversia a centro di rottamazione.
Il presente piano stralcio è stato approvato all’esito di una complessa istruttoria, a monte della quale vi è un accordo di programma (approvato con deliberazione della Giunta provinciale 16.12.2005, n. 2748: doc. n. 2 prodotto dall’Amministrazione), che prevede il trasferimento del centro di rottamazione dell’impresa Rigotti, dall’attuale localizzazione (in via Doss in Trento) non più idonea alla stregua delle previsione di cui al D.lgs. 24.6.2003, n. 209, al nuovo sito di cui si controverte.
A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi:
1) violazione di legge (direttiva 2000/53/CE, art. 6 del D.lgs. 24.6.2003, n. 209 e relativo allegato I,1) ed eccesso di potere sotto vari profili, essendo state violate sotto plurimi aspetti le prescrizioni relative alla localizzazione di questo tipo di impianto, recate dal richiamato D.lgs., che ha introdotto una disciplina di derivazione comunitaria;
2) violazione di legge (allegato A del D.p.p. 9.6.2005 n. 14-44/Leg.) ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto anche la localizzazione dell’impianto di stoccaggio e smaltimento di inerti contrasterebbe con la normativa provinciale in materia di discariche;
3) violazione di legge (PGUAP approvato con D.P.R. 15.2.2006, art. 34 delle norme di attuazione e parte VI.3) ed eccesso di potere sotto vari profili, nel rilievo che l’area insisterebbe in ambito fluviale tutelato, ostativo alla localizzazione di tale impianto;
4) violazione di legge (artt. 14 e 93 della L.p. 5.9.1991, n. 22; contrasto col piano urbanistico provinciale) ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto il piano urbanistico provinciale prevede che la zona sia sottoposta a tutela ambientale ed adibita ad uso agricolo ed il P.R.G. recherebbe la destinazione agricola primaria;
5) violazione di legge (art. 15 del D.lgs. 24.6.2003, n. 209 e art. 65 del TULP in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti) e carenza o sviamento di potere, in quanto lo strumento della pianificazione per stralcio sarebbe inadeguato e comunque inappropriato ai fini considerati; inoltre, il piano comprensoriale del 2002 sarebbe stato superato dalla nuova disciplina recata dal D.lgs. 209/03;
6) violazione di legge (art. 2, comma 1, lett. b del D.lgs. 24.6.2003, n. 209), essendo stata erroneamente esclusa la scelta dell’area di Gardolo, con violazione dei principi di concorrenza delle imprese interessate;
7) violazione di legge (art. 6 della direttiva 92/43/CE) ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto l’area scelta dalla Provincia confinerebbe con un biotopo nel quale sarebbe compreso un sito di importanza comunitaria (SIC) “Stagni della Vela-Soprasasso” e l’istruttoria esperita al riguardo sarebbe stata carente.
Con motivi aggiunti, successivamente notificati, i ricorrenti hanno impugnato la deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 200 del 1.2.2008, avente ad oggetto l’approvazione, con modifiche, della variante 2004 al P.R.G. di Trento, nella parte relativa alla destinazione urbanistica impressa all’area in questione, conforme al controverso piano stralcio.
A sostegno dei motivi aggiunti viene dedotta l’illegittimità derivata dai vizi del piano stralcio.
L’Amministrazione provinciale intimata, costituitasi in giudizio, ha pregiudizialmente eccepito che il ricorso sarebbe inammissibile, perché non sarebbe stato impugnato tempestivamente, e sarebbe divenuto perciò inoppugnabile, il presupposto piano comprensoriale, approvato dal Comprensorio Valle dell’Adige con deliberazione dell’assemblea n. 3 del 20.5.2002, che già aveva individuato l’area in controversia ai fini dell’ubicazione di un centro di rottamazione.
La PAT eccepisce, inoltre, la carenza di legittimazione e di interesse ad agire dei ricorrenti, in particolare del Comitato pro Vela.
Si sono costituite in giudizio anche le controinteressate Rigotti F.lli S.r.l. e Trentino Ricicla Inerti S.r.l., egualmente eccependo il difetto di legittimazione attiva delle ricorrenti e controdeducendo, nel merito, puntualmente.
All’odierna udienza pubblica, il difensore della Provincia ha dichiarato che, in data 13.6.2008, è stata approvata la valutazione di impatto ambientale del controverso di impianto ed ha chiesto che il ricorso sia rinviato per l’acquisizione e l’esame di tale atto connesso. Si è unito alla richiesta il difensore delle controinteressate.
Il difensore dei ricorrenti si è, invece, opposto alla suddetta richiesta di differimento dell’udienza, osservando che la causa sarebbe già matura per la decisione.
Il Collegio, per parte sua, previa discussione della causa anche nel merito da parte dei difensori, ritiene che la causa sia in effetti matura per la decisione e che non vi sia alcuna esigenza, al fine di pronunciarsi sull’attuale thema decidendum, di acquisire tale successivo provvedimento che, peraltro, potrà essere eventualmente impugnato autonomamente per vizi propri, senza che ciò influisca sul presente giudizio.
L’istanza di rinvio dell’udienza va perciò respinta.
Ciò premesso, il Collegio deve pregiudizialmente decidere sull’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione.
Al riguardo, occorre distinguere tra il Comitato pro Vela ed i ricorrenti che, singolarmente, fanno valere una posizione giuridica, asseritamente qualificata e differenziata, come abitanti nella frazione Vela o nei dintorni del sito scelto dalla PAT per dislocarvi il menzionato impianto di rottamazione.
Circa la legittimazione del Comitato, il Collegio osserva che essa non è stata provata in giudizio, essendo stata prodotta, come prova documentale dell’atto costitutivo, la fotocopia di una scrittura privata recante affermazioni di principio circa la promozione e la difesa del territorio e degli interessi della cittadinanza, che reca la sottoscrizione di un solo soggetto.
Non risulta, quindi, in giudizio che il comitato sia stato costituito da una pluralità di soggetti, né che siano state rispettate quelle formalità minime (cioè, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata) che ne assicurino l’identità, l’effettività ed il carattere non meramente strumentale.
La circostanza che il comitato si sia proposto come contraddittore e sia stato accreditato, in quanto tale, nel procedimento amministrativo conclusosi con l’approvazione del ridetto stralcio, non è sufficiente a fargli acquisire la legittimazione attiva nel presente giudizio, che deve, infatti, preesistere al visto coinvolgimento nel procedimento, che non può integrare di per sé la fonte di una legittimazione per un soggetto, che non consta integrare alcun autonomo centro d’imputazione d’interessi.
La legittimazione dei singoli ricorrenti va invece positivamente riconosciuta in ragione della vista vicinitas con il sito in questione e ciò è sufficiente ai fini dell’ammissibilità del ricorso, essendo essi titolari dell'interesse alla conservazione dell'integrità ambientale della zona stessa.
Devono, infatti, ritenersi legittimati ad insorgere avverso atti incidenti sulla salvaguardia ambientale i soggetti residenti o proprietari di immobili nella stessa zona, non potendo negarsi a chi abbia uno stabile collegamento con questa, e che è destinato a ricevere un potenziale danno da un’attività inquinante, la titolarità di una posizione giuridica differenziata e qualificata (cfr., ad es.: Cons. St., VI, 20.5.2005, n. 2534).
Nella fattispecie, l’Amministrazione ha prodotto in giudizio una planimetria con l’indicazione degli immobili ove i ricorrenti risiedono, da cui emerge che uno di essi abita in prossimità (circa 500 m.) e gli altri nella frazione di Vela, e, cioè, nella medesima località
Ora, il pregiudizio che deriverebbe da un impianto inquinante di grandi dimensioni a beni come il paesaggio, l'acqua, l'aria, il suolo, le condizioni di agio e sicurezza della viabilità nella zona si configura quindi, rispetto ai ricorrenti, non come indivisibilmente riferibile ad una pluralità più o meno vasta di soggetti, ma come direttamente incidente sulla loro posizione, che è differenziata rispetto ad altri consociati.
Superata la questione della legittimazione, va quindi esaminata l’altra eccezione opposta dalla difesa della PAT, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile perché non è stato impugnato tempestivamente, ed è divenuto perciò inoppugnabile, il presupposto piano comprensoriale approvato dal Comprensorio Valle dell’Adige con deliberazione dell’assemblea n. 3 dd. 20.5.2002, che già destinava l’area in controversia a centro di rottamazione.
Anche detta eccezione va peraltro disattesa, posto che sarebbe fondata soltanto se il piano stralcio ora impugnato avesse una valenza meramente confermativa, rispetto alla previsione di localizzazione del piano comprensoriale, e se esso non innovasse in nulla il contenuto del piano comprensoriale.
Nella specie il piano stralcio è stato, tuttavia, approvato all’esito di una istruttoria particolarmente complessa, nel corso della quale sono stati esaminati numerosi profili di compatibilità della localizzazione dell’impianto con le normative di tutela ambientale. E’ stata osservata, in particolare, la sopravvenuta normativa di derivazione comunitaria recata dal D.lgs. 209/03.
La PAT non si è dunque limitata ad assecondare la localizzazione del piano comprensoriale, ma ha esperito autonome ed approfondite acquisizioni istruttorie, dando corso a corrispondenti meditate valutazioni, che ben avrebbero potuto condurre ad una diversa localizzazione del sito.
L’impugnato piano stralcio si configura, quindi, come autonomamente lesivo, dovendo essere riconosciuto come novella espressione di potestà amministrativa a seguito del cui esercizio corrisponde, per conseguenza, l’apertura del previsto termine per l’impugnazione in sede giurisdizionale o straordinaria.
Anche questa eccezione va perciò disattesa.
Ne merito, peraltro, il ricorso è infondato per le ragioni che seguono.
Anzitutto, va premesso che il controverso piano stralcio è stato approvato, come si è detto, all’esito di un’articolata istruttoria, nella quale ha trovato spazio anche la partecipazione di ogni cittadino che vi avesse interesse e nel cui corso sono stati acquisiti i pareri degli enti locali e di tutti gli uffici provinciali competenti, in relazione ai diversi aspetti territoriali ed ambientali sottesi alla scelta di un ambito agricolo non urbanizzato da destinarsi a nuovo sito provinciale per la rottamazione di autoveicoli usati. In particolare, l’istruttoria si è completata con l’acquisizione di un denso “rapporto ambientale” ex art. 4 del d.P.P. 14.9.2006, n. 15-68/Leg. e della “relazione di incidenza ambientale” ex artt. 9 e 10 della L.p. 15.12.2004, n. 10.
Ciò premesso, passando all’esame dei singoli motivi di ricorso, con il primo di essi si sostiene che sarebbero state violate, sotto plurimi aspetti, le prescrizioni relative alla localizzazione di questo tipo di impianti, recate dal D.lgs. 209/03.
Si AFFERMA, in primis, che sarebbe stato violato il divieto, contenuto nell’allegato al D.lgs. 209/03, n. 1.1.1., lett. a), di ubicazione in aree individuate nei piani di bacino, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m), della legge 18 maggio 1989, n. 183, e successive modifiche. La citata alla sua lettera m) prescrive “l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici”.
Sennonché, il Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche (PGUAP), che equivale ai piani di bacino nel territorio trentino, non fissa “speciali vincoli e prescrizioni” sull’area prescelta, ostativi alla controversa ubicazione, come emerge dagli atti istruttori prodotti dalla PAT ed, in particolare, dalla cartografia del rapporto ambientale.
L’area, infatti, pur qualificata dal PGUAP come “ambito fluviale di interesse paesaggistico” (cfr. pag. 25 del rapporto ambientale e relativa cartografia) non riceve da tale qualificazione un vincolo ostativo all’insediamento del controverso impianto: l’art. 34 delle relative norme di attuazione (doc. n. 16 prodotto dall’amministrazione) rinvia, infatti, ai piani regolatori la determinazione dei criteri di tutela e valorizzazione ed il piano stralcio, come il precedente piano comprensoriale, ha valenza urbanistica di variante ai piani regolatori generali, ex art. 67, comma 1, del T.U.L.P. in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti (D.P.G.P. 26.1.1987, n. 1-41/Leg.).
In ogni caso, la tutela di tale ambito di interesse paesaggistico non diviene per ciò solo recessiva, poiché il progetto dell’impianto deve essere in ogni caso preventivamente assentito mediante l’autorizzazione paesaggistica, come si dirà infra.
E’ stata poi censurata al violazione della lett e) dell’allegato 1.1.1. al D.lgs. 209/03, che preclude la localizzazione “nei territori sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e successive modifiche, salvo specifica autorizzazione regionale, ai sensi dell'articolo 151 del citato decreto”.
Replicano, tuttavia, efficacemente la resistente Provincia e le controinteressate che il divieto opera soltanto se non sia rilasciata “specifica autorizzazione” paesaggistica. In materia non si configura, pertanto, alcuna preclusione assoluta, atteso che il divieto costituisce l’esplicazione di un principio già esistente nella legislazione in materia di tutela paesaggistica. E’ poi naturale conseguenza di ciò che l‘autorizzazione segua e non preceda la localizzazione, in quanto il nulla - osta paesaggistico ha per oggetto, necessariamente, il progetto dell’impianto e non la scelta del sito che, investendo un ambito vincolato, rappresenta il presupposto che condiziona la realizzazione dell’insediamento all’esito di una positiva valutazione di compatibilità paesaggistica.
La deliberazione impugnata, comunque, reca un’apposta condizione (n. 4 del dispositivo) secondo cui “sotto il profilo paesaggistico la progettazione dei singoli interventi deve avvenire ponendo particolare attenzione al contesto ambientale complessivo in cui si inseriscono le opere”.
Nemmeno relativamente al punto 1.1.2. dell’allegato al D.lgs. 209/03 (secondo cui “il centro di raccolta e l'impianto di trattamento non devono essere ubicati in aree esondabili, instabili e alluvionabili comprese nelle fasce A e B individuate nei piani di assetto idrogeologico di cui alla legge n. 183 del 1989”) le censure dei ricorrenti colgono nel segno. L’area, infatti, non è a rischio esondazioni. Tale rischio riguarda, invece, una porzione di territorio limitrofo, cioè la “parte apicale” indicata nel rapporto ambientale, come emerge dalle relative cartografie (doc. n. 6 prodotto dall’Amministrazione).
Peraltro nella deliberazione impugnata l’esigenza cautelativa della messa in sicurezza del terreno limitrofo forma oggetto di una specifica condizione apposta al n. 4 del relativo dispositivo, secondo cui “dovranno essere individuate misure idonee sia a far fronte ad eventuali fenomeni di esondazione nella porzione individuata dal Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche come esondabile, sia ai fini del rispetto della falda ed ai probabili ristagni dovuti alla morfologia del sito”.
Quanto al profilo geologico l’area è, in effetti, caratterizzata da penalità gravi - medie, che, tuttavia, non sono preclusive all’insediamento, come emerge dalla relativa istruttoria (cfr. i pareri del Servizio geologico 9.3.2007 e 13.3.2007, doc. n. 9 e n. 10 prodotti dall’Amministrazione), ma richiedono - essendo l’area prospiciente una zona ad elevata pericolosità geologica - che siano introdotte opportune misure di difesa da definirsi in sede di progetto. Tale esigenza cautelativa forma, infatti, egualmente oggetto di una precisa condizione apposta al n. 4 del dispositivo della deliberazione impugnata.
E’ stata poi denunciata la violazione del punto 1.1.3. dell’allegato al D.lgs. 209/03 (secondo cui “per ciascun sito di ubicazione sono valutate le condizioni locali di accettabilità dell'impianto in relazione ai seguenti parametri: … b) presenza di beni storici, artistici, archeologici e paleontologici”) in quanto sarebbe stata trascurata la grande importanza archeologica del sito, per i ritrovamenti avvenuti negli anni ‘70.
Sennonché, anche in questo caso non vi è coincidenza tra l’area prescelta per il nuovo sito e quella dove in passato sono stati rinvenuti reperti archeologici (Laghetti di Vela, a circa 400 m.) e comunque non è stato imposto in loco alcun vincolo archeologico, come risulta dall’istruttoria svolta dalla PAT (cfr. il relativo parere della Soprintendenza per i Beni archeologici 27.11.2007, doc. n. 17 prodotto dall’Amministrazione)
Si sostiene, poi, che sarebbe stato violato il punto 1.1.4. dell’allegato al D.lgs. 209/03, che recita: “Nell'individuazione dei siti idonei alla localizzazione sono da privilegiare:
1) le aree industriali dismesse;
2) le aree per servizi e impianti tecnologici;
3) le aree per insediamenti industriali ed artigianali.”
Al riguardo, è vero che l’area prescelta non rientra in tali categorie urbanistiche di potenziale riuso del territorio, che avrebbero potuto integrare l’opzione preferita rispetto ad altre e dunque anche a quella in questa sede contrastata; va peraltro sottolineato che la PAT nell’istruttoria ha considerato anche altri siti alternativi, ognuno dei quali presentava maggiori controindicazioni, di cui è stato dato puntualmente atto. Occorre, altresì, considerare che la rilocalizzazione del centro di rottamazione dell’impresa Rigotti, ubicato in area non idonea, aveva assunto carattere cogente e non rinviabile ai sensi dello stesso D.lgs. 209/03 invocato dai ricorrenti (cfr. la citata deliberazione della G.P. 2748/05 di approvazione dell’accordo di programma), talché la scelta del sito già individuato per tale destinazione dal piano comprensoriale si è rivelata, nella graduazione dei diversi interessi pubblici e privati coinvolti, come quella più logica e satisfattiva della finalità perseguita. Si è anche considerata l’indicazione del Comprensorio secondo cui “l’assenza, anche temporanea sul territorio comunale di Trento di tale tipologia di impianti di smaltimento, derivante dall’eventuale chiusura del Centro rottamazione Rigotti, non potrebbe essere sopperita in ambito comprensoriale in modo adeguato” (cfr. pag. 3 del citato accordo di programma).
E’ stata poi dedotta la violazione del punto 1.3. dell’allegato al D.lgs. 209/03, secondo cui “l'area prescelta per la localizzazione del centro di raccolta e dell'impianto di trattamento deve essere servita dalla rete viaria di scorrimento urbano ed essere facilmente accessibile da parte di automezzi pesanti.”
Si sostiene, al riguardo, che farebbe totalmente difetto una viabilità di tale specie.
Per questo aspetto l’istruttoria svolta dà, tuttavia, conto, che è stata prevista la realizzazione di una nuova strada di collegamento, parzialmente in galleria, che dovrebbe collegare il nuovo sito ed è stato quindi affrontato anche il problema della carenza attuale di adeguata viabilità (cfr. pag. 39 del rapporto ambientale ed il doc. n. 12 prodotto dall’Amministrazione).
Per le ragioni che precedono, le censure dedotte con il primo motivo di ricorso vanno perciò disattese.
Passando all’esame del secondo motivo, esso è diretto contro la localizzazione del collegato impianto di stoccaggio e smaltimento di inerti, che contrasterebbe con la normativa provinciale in materia di discariche.
Al riguardo sono stati riproposti i medesimi profili di contrasto ambientale denunciati col primo motivo di ricorso, che sono perciò infondati per le ragioni già esposte più sopra.
Inoltre, è stato dedotto che gli impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti pericolosi non potrebbero essere collocati in aree di interesse agricolo primario.
In proposito l’attenta difesa della PAT ha peraltro esattamente obiettato che il piano comprensoriale ha comportato ex lege la modifica della destinazione urbanistica dell’area, sottolineando che, relativamente alla previa destinazione agricola primaria impressa dal PUP, nella specie si tratta di un’opera di infrastrutturazione ex art. 67 del T.U.L.P. in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti, disciplinata dall’art. 30 delle norme di attuazione del PUP stesso, con espressa possibilità di deroga alla diversa destinazione, purché previa idonea istruttoria di compatibilità. L’art. 30 delle norme di attuazione del PUP stabilisce, infatti, che “La disciplina prevista dai precedenti articoli per le singole aree non esclude la realizzazione di opere di infrastrutturazione del territorio, purché non in contrasto con il disegno complessivo del PUP, ferma la necessità di specifiche perizie nelle aree di cui agli articoli 2, 3, 5 ed il rispetto, in quanto applicabile, del terzo comma dell'articolo 24”.
Ebbene, tale istruttoria di compatibilità è stata effettivamente svolta ed emerge in particolare dal rapporto ambientale, per cui il secondo motivo va dunque disatteso.
Col terzo motivo è stato nuovamente dedotto che l’area è in ambito fluviale tutelato, ostativo alla localizzazione di tale impianto.
Si tratta della riproposizione di una censura che, nell’esame che precede del primo motivo, è stata già disattesa alla stregua dell’istruttoria compiuta dalla PAT.
Anche tale motivo va perciò respinto.
Con il quarto motivo è stato dedotto che il PUP prevedrebbe che la zona sia sottoposta a tutela ambientale ed adibita ad uso agricolo e che anche il P.R.G. comunale recherebbe la destinazione ad area agricola primaria.
Anche in questo caso vale quanto detto con riferimento al secondo motivo ed alla derogabilità prevista dall’art. 30 del PUP, mentre ai sensi dell’art. 67 del citato T.U.L.P. in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti il piano costituisce automatica variante urbanistica.
La censura va perciò egualmente disattesa.
Con il quinto motivo è stato dedotto che lo strumento della pianificazione per stralcio sarebbe inadeguato ed inappropriato; inoltre, che il piano comprensoriale del 2002 sarebbe superato dalla nuova disciplina recata dal D.lgs. 209/03.
Al riguardo, però, è sufficiente osservare che i piani - stralcio sono espressamente previsti dall’art. 65 del citato T.U.L.P. in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e che quello approvato con la deliberazione impugnata si giustifica ai sensi dell’art. 15, commi 1, 2 e 3 dello stesso D.lgs. 209/03, essendo imposto dall’esigenza improcrastinabile di trasferire il centro di rottamazione dell’impresa Rigotti, dall’attuale localizzazione (in via Doss Trento) non più idonea alla stregua di quanto prescritto dallo stesso D.lgs. 209/03.
Inconferente si rivela, poi, la censura secondo cui il piano comprensoriale del 2002 sarebbe superato dalla nuova disciplina recata dal D.lgs. 209/03, in quanto questa non è stata affatto trascurata, ma anzi rispettata nel procedimento in questione, concluso con l’impugnata deliberazione provinciale.
Con il sesto motivo è stato dedotto che erroneamente sarebbe stata esclusa la scelta dell’area di Gardolo, con violazione dei principi di concorrenza delle imprese interessate
La censura è, per un verso, inammissibile per difetto di interesse, come hanno puntualmente eccepito le controparti, in quanto i ricorrenti non sono titolari di imprese di rottamazione di veicoli, che potrebbero competere con la parte controinteressata. In ogni caso, essa è infondata, poiché dall’istruttoria provinciale è emerso con chiarezza che l’area di Gardolo è stata, sì, considerata come alternativa, ma esclusa come soluzione per la rilocalizzazione dell’impianto dell’impresa Rigotti a causa delle sue dimensioni inadeguate.
Il sesto motivo va dunque anch’esso disatteso.
Infine, con il settimo motivo è stato denunciato che l’area scelta dalla Provincia confinerebbe con un biotopo nel quale è compreso un sito di importanza comunitaria (SIC) “Stagni della Vela - Soprasasso” e che l’istruttoria esperita al riguardo sarebbe stata carente.
In realtà, l’istruttoria sul punto non è affatto mancata ma, anzi, è stata molto estesa ed esauriente nella svolta valutazione ambientale strategica (cfr. doc. n. 6 prodotto dalla PAT).
Anche l’ultimo motivo va quindi disatteso, come va respinta
la censura di illegittimità derivata svolta con i motivi aggiunti, nei confronti della successiva variante al P.R.G. comunale che conferma la controversa destinazione urbanistica.
Conclusivamente, per le ragioni che precedono, il ricorso va respinto.
Le spese del giudizio possono essere in parte compensate alla luce della peculiarità della vicenda sopra definita, ma in parte seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P. Q.M.
il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna i ricorrenti a rifondere all’Amministrazione resistente ed alle due società controinteressate le spese e gli onorari del giudizio che liquida - tenuto conto del valore indeterminabile della causa, della complessità delle questioni giuridiche sollevate e dell’impegno defensionale occorso - previa compensazione per la metà di essi, in complessivi € 5.000,00 per ciascuna di esse (di cui € 4000,00 per onorari ed € 1.000,00 per diritti), oltre ad I.V.A. e C.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari, a titolo di spese generali.
Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 19.6.2008, con l’intervento dei Magistrati:
dott. Francesco Mariuzzo - Presidente
dott. Lorenzo Stevanato - Consigliere estensore
dott. Fiorenzo Tomaselli - Consigliere
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria il giorno 9 luglio 2008
Il Segretario Generale
dott. Giovanni Tanel