Prime notazioni sugli abbruciamenti: il reato è legittimato!
di Andrea VOLPATO
Il raggruppamento di materiali vegetali (come rifiuti) e successivo abbruciamento ha subito un’evoluzione giuridica a dir poco inquietante passando da reato (ex art. 256 D.Lgs 152/2006) a reato esiziale (ex art. 256-bis D.Lgs 152/2006) per far fronte ai “fuochi organizzati” in Campania ma non solo, ed infine ad operazione lecita da manuale del criminale.
Per dovere di chiarezza si riporta il testo del provvedimento legislativo (LEGGE 11 agosto 2014, n. 116)
Art. 14, comma 8, lettera b)
b) all’articolo 182, dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:
“6 -bis . Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f) , effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)”;
Si ritiene che, prima dell’entrata in vigore della legge de qua, l’abbruciamento di residui vegetali in genere, qualora rifiuti1, costituisse smaltimento in mancanza di prescritta autorizzazione e quindi smaltimento illecito di rifiuti, a meno che non si abbia l’ardire di non considerare l’abbruciamento un utilizzo in agricoltura…che non danneggia l’ambiente e che non mette in pericolo la salute umana.
E’ certo che la questione degli abbruciamenti non ha trovato pareri concordanti nell’applicazione del D.Lgs 3 aprile 2006, n. 152 ex art. 2562, tant’è che alcuni ritenevano che la combustione di materiali vegetale fosse già legittimata (quindi prima dell’entrata in vigore della legge in parola) e che pertanto non costituisse reato. Questo ha recentemente portato alcune regioni a legiferare in materia penale (grave atto di ingerenza nella materia statale) vedasi ex multis la regione del Veneto che con la Legge regionale del 2 aprile 2014, n. 11 ha regolamentato la combustione di residui vegetali collocandola al di fuori del campo di applicazione del D.Lgs n. 152/2006. Tuttavia, il legislatore ha ritenuto opportuno “autorizzare” ex lege gli abbruciamenti di materiali vegetali confermando la tesi di “altri molti”, tra cui chi scrive, secondo la quale l’abbruciamento costituiva reato in applicazione dell’art. 256 di cui sopra. La stessa direttiva 2008/98/CE non contempla la combustione di detti materiali tra le attività escluse dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti.
Nel frammezzo è intervenuto anche il reato di combustione illecita di rifiuti (ex art. 256-bis)3 attraverso il D.L. 10 dicembre 2013, n. 136 convertito con modificazioni dalla L. 6 febbraio 2014, n. 6 (in G.U. 8/2/2014, n. 32) che è apparso più uno spot pubblicitario da campagna elettorale che una vera necessità considerato che detto reato rientrava già tra quelli contemplati dall’art. 256 come sopra detto.
Infine si è giunti al disposto in parola che, a decorrere dal 21 agosto 2014, esclude dalla gestione dei rifiuti le attività di raggruppamento e abbruciamento qualora siano rispettate le seguenti condizioni:
1. i materiali vegetali sono: paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso
2. i materiali vegetali sono stati raggruppati in piccoli cumuli
3. le quantità giornaliere dei materiali vegetali non devono superare tre metri steri4 per ettaro
4. le attività di raggruppamento e abbruciamento devono essere effettuate nel luogo di produzione
Tuttavia, le attività, pubbliche o private, in discorso sono sempre vietate su base regionale nei periodi di massimo rischio di incendi boschivi (ad esempio nei periodi estivi) ovvero possono essere regolamentate dai comuni o dalle amministrazioni competenti in materia ambientale. I comuni e le amministrazioni hanno ampio margine di manovra in quanto non solo possono vietare gli abbruciamenti ma anche differire o sospendere in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10). Se da un lato risulta semplice individuare le condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli, dall’altro appare assai più arduo escludere i rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana e quindi non vietare su base locale detti abbruciamenti. Ricadrà sui sindaci e le amministrazioni interessate, qualora non dovessero vietare gli abbruciamenti, assumersi la responsabilità di prevedere che:
1. NON sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli;
2. NON sussistono rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana;
3. la concentrazione di PM10 rientra nel rispetto dei livelli annuali;
E’ da notarsi innanzitutto che le attività di raggruppamento e abbruciamento sono considerate normali pratiche agricole e non attività di gestione dei rifiuti. E’ auspicabile che il legislatore definisca anche le normali pratiche industriali in modo da porre fine alle diverse interpretazione nella gestione dei sottoprodotti (ex art. 184-bis).
Abbiamo visto come la prima condizione per “uscire” dal campo di applicazione del D.Lgs 152/2006 è che paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale siano non pericolosi. Detti materiali sono riconducibili a codici CER non pericolosi “assoluti” cioè non aventi codifica a specchio come ad esempio 02 01 03 e 20 02 01. La legge in discorso, ex art. 13, punto 5, b-bis, stabilisce che se un rifiuto è classificato con codice CER non pericoloso “assoluto”, esso è non pericoloso senza ulteriore specificazione (disposto normativo non condiviso dall’autore)5. Questo significa che non è necessario condurre un’analisi chimica. Risulta ora apodittico il passaggio da rifiuto a non rifiuto. Infatti, paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale sono ab origine rifiuti non pericolosi per le ragioni su esposte ma, una volta verificate e soddisfatte anche le altre tre condizioni di cui sopra, cambiano status diventando materiali vegetali e quindi non più rifiuti e possono essere raggruppati e combusti.
Abbiamo già detto che escludere i rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana è impresa ostica ed impervia. Il legislatore ha volutamente fatto proprio l’approccio francese che consente la pratica dell’abbruciamento ignorando tuttavia, pro domo sua, altre evidenze che vanno in direzione opposta, come ad esempio il caso della Danimarca che vietò tale pratica. E’ scientificamente dimostrato che l’abbruciamento causa la concentrazione di metalli sui terreni dovuta essenzialmente alla presenza di pesticidi organometallici o prodotti fitosanitari utilizzati in agricoltura (inter alia il rame solfato). Quindi da un lato si ha un effetto benefico di concimazione (le ceneri sono ricche di fosforo e potassio) ma anche di inquinamento da metalli e di salinizzazione del terreno. Inoltre, la presenza di pesticidi alogenati può, durante la combustione, generare diossine e furani a detrimento dell’incolumità e salute umana.
Conseguentemente, le disposizioni dell’art. 256-bis non si applicano all'abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato e pertanto la combustione illecita di rifiuti viene meno nella fattispecie di cui trattasi. Nondimeno rimane l’applicabilità del reato di smaltimento in mancanza di prescritta autorizzazione (ex art. 256) nei casi che si discostano dalle previsioni in deroga sopra descritte (ex art. 182, comma 6-bis) integrabile dai reati di cui agli artt. 6746 e 423-bis7 del Codice Penale e all’art. 598 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS).
Concludendo, la liceità dell’abbruciamento renderà ancora più difficile l’attività di controllo da parte degli enti preposti, considerando che i produttori di detti materiali vegetali (aziende o privati che siano) potrebbero disfarsi (già lo fanno, basta guardarsi intorno per vedere pinnacoli neri levarsi tra le campagne) non solo dello stesso materiale vegetale come norma prevede ma anche di altri rifiuti come gli imballaggi di pesticidi e fitofarmaci (rifiuti generalmente pericolosi), carta, platica ed altri rifiuti tipici dell’attività agricola. Inoltre, considerando che dal 21 agosto 2014 è permesso appiccare un falò al giorno di 3 metri cubici per ettaro sarà pressoché impossibile per le autorità competenti verificarne il volume ed il materiale in combustione.
Se semplificare significa attentare alla salute pubblica forse sarebbe stato meglio rimanere con le complicazioni.
18 settembre 2014
1 Articolo 185
(Esclusioni dall'ambito di applicazione)
1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto: (omissis)
f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana.
2 ART. 256 come modificato dal D.Lgs 4 marzo 2014, n. 46
(attivita' di gestione di rifiuti non autorizzata)
1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 e' punito: (omissis)
3 Art. 256-bis.
(Combustione illecita di rifiuti)
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.
2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all'articolo 255, comma 1, e le condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti.
3. La pena è aumentata di un terzo se il delitto di cui al comma 1 è commesso nell'ambito dell’attività di un'impresa o comunque di un’attività organizzata. Il titolare dell'impresa o il responsabile dell’attività comunque organizzata è responsabile anche sotto l'autonomo profilo dell'omessa vigilanza sull'operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all'impresa o all’attività stessa; ai predetti titolari d'impresa o responsabili dell’attività si applicano altresì le sanzioni previste dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
4. La pena è aumentata di un terzo se il fatto di cui al comma 1 è commesso in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da, dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
5. I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo, inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell'articolo 259, comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell'autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.
6. Si applicano le sanzioni di cui all'articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e). Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all'abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato.
4 stero: unità di misura di volume di foraggi, legna da ardere e carbone, corrispondente a 1 m3; non è ammessa dal Sistema Internazionale.
5 si veda l’articolo “LEGGE 11 agosto 2014, n. 116. Prime notazioni sulla “nuova” classificazione dei rifiuti: l’approssimazione è di casa” disponibile su http://www.andreavolpato.it/pub/.
6 Art. 674 C.P. Getto pericoloso di cose. Chiunque...(omissis), ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emission di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito (omissis).
7 Art. 423-bis. Incendio boschivo.
8 Art. 59 E’ vietato di dar fuoco nei campi e nei boschi alle stoppie fuori del tempo e senza le condizioni stabilite dai regolamenti locali e a una distanza minore di quella in essi determinata.
In mancanza di regolamenti è vietato di dare fuoco nei campi o nei boschi alle stoppie prima del 15 agosto e ad una distanza minore di cento metri dalle case, dagli edifici, dai boschi, dalle piantagioni, dalle siepi, dai mucchi di biada, di paglia, di fieno, di foraggio e da qualsiasi altro deposito di materia infiammabile o combustibile.
Anche quando è stato acceso il fuoco nel tempo e nei modi ed alla distanza suindicati, devono essere adottate le cautele necessarie a difesa delle proprietà altrui, e chi ha acceso il fuoco deve assistere di persona e col numero occorrente di persone fino a quando il fuoco sia spento.