Rifiuti a bordo strada
di Cristiano MANNI
Inquadramento legislativo, caso di studio e manuale di cittadinanza attiva
I rifiuti abbandonati da una pluralità di ignoti (e maleducati) automobilisti e camionisti sono un vero e proprio flagello, sia per il nostro ambiente che per il decoro nazionale. Le strade dei nostri territorio sono spesso infatti un pessimo biglietto da visita per chi, forestiero, le percorre. I materiali dispersi, inoltre, si frammentano in microplastiche che vanno a contaminare i campi coltivati, i corsi d’acqua e, in definitiva, la catena alimentare cui anche noi attingiamo.
La situazione si aggrava maggiormente quando, come spesso capita di assistere, le operazioni di sfalcio e trinciatura dell’erba, coinvolgendo anche i rifiuti, creano un desolante spettacolo di rifiuti triturati e sparsi ovunque.
Tale situazione è paradigmatica di molti tratti di strada pubblica, o di altri spazi, gestiti da enti o soggetti diversi.
Le strade e le pertinenze stradali sono di competenza dell’ente gestore (ANAS, regione, provincia, ecc…), che affida generalmente il servizio di sfalcio, ai fini della sicurezza, a ditte esterne, tramite gara. Spesso, tra le condizioni di assegnazione, vi è anche l’obbligo di rimozione dei rifiuti.
Per ciò che riguarda le strade, l’evidente stato di degrado generalizzato è dovuto, oltre che all’inerzia dei soggetti che dovrebbero provvedere, anche al contrasto legislativo tra l’art. 14 del NCdS, che individua nell’ente gestore il soggetto tenuto a garantire la pulizia delle strade e delle pertinenze stradali, e l’art. 192 del TUA, che individua invece nel Comune il soggetto cui spetta l’obbligo, in ultima istanza, di rimozione e smaltimento. Ciò ha creato e continua a creare conflitti nell’attribuzione delle competenze. La giustizia amministrativa ha individuato del NCdS una legge speciale rispetto al TUA, e quindi ha ritenuto essere in capo all’ente gestore, e non al Comune, l’obbligo di raccolta e smaltimento dei rifiuti lungo le strade (tra le altre, TAR Lazio sez. I, 16/7/2009 n. 7027).
Tale situazione si presenta sovente anche in altre aree di verde pubblico, come aiuole e giardinetti, dove le operazioni di sfalcio e trinciatura avvengono senza la preventiva raccolta dei rifiuti, abbandonati o trasportati su tali aree dagli agenti atmosferici. In questi casi è prevista, ovviamente, la sola competenza del Comune.
L’inerzia del soggetto deputato alla rimozione è tuttavia difficilmente superabile e punibile col diritto penale. Il comma 2 dell’art. 328 CP richiede infatti la dimostrazione del dolo nella volontà e coscienza dell’inerzia immotivata, e sembra attualmente l’unica ipotesi di rilievo.
In questa sede si propone una lettura normativa che accende una serie di responsabilità allorquando un soggetto entra in relazione, fisica o giuridica, con i rifiuti abbandonati lungo le nostre strade, tramite atti giuridici, oppure operazioni che ne modificano in qualche modo le caratteristiche fisiche.
È innanzi tutto plausibile ipotizzare che, già a seguito di un atto di affidamento di un servizio o della disponibilità di un’area, si instauri una relazione giuridica di possesso tra la persona fisica o giuridica che sottoscrive l’atto e gli eventuali rifiuti giacenti sull’area di competenza, talché tale soggetto diviene detentore del rifiuto (art. 183.1.h TUA). Pertanto una ditta che si aggiudica l’affidamento del servizio di trinciatura della vegetazione nelle pertinenze stradali, dovendo operare in tale area, diviene da subito detentore dei rifiuti ivi giacenti.
Il successivo intervento di trinciatura consiste nel passaggio con mezzo meccanico, dotato di meccanismo tranciante, su un’area adiacente la sede stradale, per ridurre l’erba in piccoli frammenti
Sull’area insiste già, di solito, prima di tali operazioni, una quantità più o meno rilevante di rifiuti abbandonati in modo diffuso lungo i bordi stradali, oppure in maniera concentrata in singoli punti, o piccole discariche di fatto, per abbandoni sistematici e ripetuti da parte di una moltitudine indefinita di ignoti.
Volendo descrivere in astratto uno dei tanti interventi sulla base delle definizioni dell’art. 183 comma 1 lettera “f” (183.1.f) del TUA, possiamo dire che un soggetto (nello specifico una ditta privata o un ente pubblico, anche eventualmente in concorso tra di loro), tramite un’ operazione (nel concreto, la trinciatura della vegetazione nei bordi stradali al fine della manutenzione) di fatto cambia la natura dei rifiuti ivi già abbandonati (sui quali vige comunque obbligo di rimozione ex art. 192.3 TUA o art. 14 NCdS). Tale cambiamento di natura si estrinseca un una mutazione delle caratteristiche e delle proprietà fisiche del materiale: da oggetti abbandonati, caratterizzati da una forma e da specifiche proprietà, si passa ad una miscela di residui vegetali e frammenti di materiale vario (plastica, carta, metallo, ecc…), non più afferenti alla substantia rei dell’oggetto che andavano ex ante a costituire. Tale miscela non possiede più le proprietà fisiche degli oggetti di partenza. Il nuovo stato comporta, tra l’altro, un aumento della grandezza fisica conosciuta come superficie specifica (rapporto tra superficie esposta all’aria e volume) e, di conseguenza, varia il comportamento di tali sostanze in ambiente, ad esempio con una maggiore tendenza alla dispersione ambientale ad opera del vento o della pioggia, (per la maggiore leggerezza dei frammenti rispetto al corpo unico originario), all’ossidazione (si disgregano più velocemente in piccoli frammenti, assai insidiosi per le catene alimentari e la salute umana) e, per i materiali umidi, alla disidratazione (maggiore superficie evaporante esposta al contatto atmosferico). Queste alterazioni fisiche e, in parte, chimiche, comportano anche una maggiore infiammabilità (tendenza a innescare e propagare velocemente una combustione), con maggior rischio di incendi che si originano a bordo strada dall’abbandono di mozziconi.
È da evidenziare, tra i cambiamenti sostanziali delle caratteristiche dei materiali che, se prima i rifiuti erano separabili dall’erba ancora radicata, tramite operazioni di raccolta e bonifica, successivamente alla triturazione la nuova miscela non è più tecnicamente separabile, in ossequio al secondo principio della termodinamica.
In definitiva la condotta consistente nell’operazione di triturazione di rifiuti già abbandonati sulla sede stradale e nelle pertinenze (dal ciglio degli sbancamenti al piede delle scarpate e dei rilevati), con successiva miscelazione dei relativi frammenti con il materiale vegetale triturato, individua il soggetto che la esegue come nuovo produttore (art. 183.2.f TUA). Gli oggetti, prima e dopo il cambiamento della loro natura a seguito dell’attività di trinciatura, sono classificabili come rifiuti urbani (art. 184.2.d TUA)..
Il produttore e il detentore dei rifiuti sono soggetti a tutte le responsabilità nella gestione dei rifiuti elencate dall’art. 188 TUA. La mancata predisposizione di misure mirate alla raccolta, al deposito temporaneo controllato (ad esempio la sistemazione in contenitori che evitino la dispersione ambientale e l’innesco dei frammenti), o la mancata rimozione dello stesso materiale dal sito ove viene prodotto, configurano il reato di deposito incontrollato o abbandono del materiale di cui sopra, in violazione dell’art. 192.1 TUA.
La sanzione prevista, in caso di rifiuti non pericolosi, nei confronti della persona fisica che materialmente commette l’abbandono, è comminata dall’art 255.1 TUA (sanzione amministrativa), e dall’art 256. 2 TUA (sanzione penale) nei confronti di titolari di imprese e responsabili di enti.
Vi è la possibilità tali operazioni avvengano senza che un operatore, preventivamente alla messa in opera del macchinario trinciante, abbia verificato la presenza di materiali anche eventualmente pericolosi per le persone e per gli operatori stessi. Vi è pertanto un’ipotesi aggiuntiva, da verificare, di violazione delle normative sulla sicurezza sul lavoro.
Si riporta, a titolo di esempio, un’attività di polizia giudiziaria svolta in Provincia di Grosseto, circa la trinciatura di erba e rifiuti preventivamente abbandonati ai margini di una piazzola di sosta di una strada. In quel caso i soggetti interessati erano oltre l’ente proprietario, anche 2 ditte private, una incaricata di svuotare i cestini istallati nelle piazzole di sosta, l’atra incaricata di eseguire lo sfalcio.
Si erano creati, in tale area, degli accumuli di rifiuti originati dall’abbandono di una moltitudine ignota di persone, anche al di fuori dei cestini, vistosamente strapieni per omesso svuotamento.
Su tale situazione di fatto era intervenuta la ditta incaricata dello sfalcio, che aveva trinciato tutto ciò che si trovava sotto il macchinario, sia erba, sia rifiuti. La segnalazione all’Autorità giudiziaria è avvenuta per tutti e 3 i soggetti in concorso, ed in particolare per la condotta omissiva della ditta che avrebbe dovuto svuotare i cestini, per la condotta attiva della ditte incaricata dello sfalcio e per l’ente proprietario, che aveva l’onere del controllo della regolare esecuzione dei lavori. I trasgressori sono stati ammessi alle procedure dell’art. 318bis TUA, ed hanno ritenuto di estinguere in sede amministrativa il reato di gestione illecita di rifiuti, per aver abbandonato al suolo la miscela prodotta dalla trinciatura.
Cosa può fare il cittadino per collaborare con la giustizia quando si imbatte in situazioni simili? È sufficiente una minima competenza tecnica che permetta, tramite smartphone, di fare delle foto significative della situazione, alcune di dettaglio, dove si distingua il materiale coinvolto, altre di contesto, in modo che sia univocamente riconoscibile il luogo ove il fatto si inserisce. È necessario prendere il punto geografico, ad esempio il baricentro della situazione di degrado o, se non possibile, il punto da cui si effettuano le foto. Per far questo basta usare la normale applicazione Maps presente su quasi tutti gli smartphone. Il punto, in tal caso, è espresso da un link il cui testo va ricopiato nella segnalazione alle autorità. È essenziale indicare la data e l’ora del sopralluogo. Bisogna poi indicare, se possibile, il nome della località, o il km della strada. Sarebbe bene aggiungere altri elementi, come ad esempio una foto del mezzo che sta operando, tenendo bene in mente che la normativa sulla privacy consente che tali foto possano essere usate esclusivamente per la segnalazione alle competenti autorità.
Tutti questi elementi vanno combinati in una semplice e sintetica relazione, da trasmettersi per pec alla competente Procura della Repubblica, oppure alla polizia giudiziaria (Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Locale, ecc…).
È importante firmare la lettera indicando il proprio nome, cognome e generalità (data e luogo di nascita, indirizzo di residenza), fornendo anche un recapito per essere contattati (cellulare o posta elettronica). Altrettanto importante ed essenziale è allegare una copia di un proprio documento di riconoscimento valido. Le denunce anonime o apocrife (solo nome, cognone e firma) potrebbero non dare luogo a successivi accertamenti.
Denunciare queste cose sui social indigna, ma ormai nemmeno più di tanto, tuttavia non porta a nulla di concreto: per essere cittadini attivi è importante saper metterci la faccia ed aver fiducia nelle istituzioni.
Ten. Col. Cristiano Manni
Reparto Carabinieri Biodiversità di Tarvisio