VIVA VIVA L’AMBIENTALISMO SERIO
a cura di Gianfranco Amendola
a cura di Gianfranco Amendola
Ho letto con sincero interesse la “replica” di Stefano Maglia al mio “Viva viva gli inceneritori”, aspettandomi di leggere una confutazione alle mie argomentazioni.
Per chi non ricorda la vicenda, il mio articoletto si riferiva ad un articolo di Maglia e Staina in cui, come rilevavo con citazioni testuali dal loro scritto, <>.
E, quindi, criticavo le predette osservazioni, dimostrando con documenti e sentenze, di cui citavo data, fonte e contenuto tra virgolette, che si trattava di osservazioni quanto meno inesatte per tre punti:
1) Nella normativa europea non c’è mai stata equiparazione gerarchica tra recupero di materia e di energia, ma nella scala di priorità europea il recupero come materia è sempre stato prioritario;
2) Non è vero che la sottoposizione a VIA degli inceneritori è in Italia garanzia di sicurezza, tanto è vero che la Corte UE ha condannato l’Italia il 23 novembre 2006 proprio perché consentiva di non applicare la VIA ai termovalorizzatori.
3) Inneggiare ai contributi cip6, cioè alla equiparazione della produzione di energia tramite incenerimento a quella ottenuta con fonti rinnovabili (sole, vento ecc.), al fine di erogare sostanziosi contributi da parte dello Stato, è (scrivevo) una “concezione tutta italiana e contrastante con i principi comunitari,tanto è vero che tale equiparazione, con relativi contributi, è stata abrogata (almeno per i futuri inceneritori) dal governo Prodi-Pecoraro, prima che si arrivasse ad un’altra sentenza di condanna in sede comunitaria”.
Questa era la materia del contrasto, come si vede, peraltro, tutta giuridica come si addice ad un sito quale Lexambiente e come ciascun frequentatore del sito può verificare.
Ed a queste critiche aspettavo una risposta puntuale di tipo giuridico, magari altrettanto precisa e documentata con qualche sentenza o qualche atto formale avente forza di legge.
Devo prendere atto che questa risposta non c’è stata. Stefano Maglia non replica a nessuna di queste mie osservazioni critiche, ripeto, precise e documentate, ma si lancia a capofitto in un avventuroso panegirico dell’ambientalismo del fare, con dentro i rifiuti di Napoli, nucleare, inceneritori, pale eoliche, biogas ecc., liquidandomi alla fine –ahimè- come un fautore dell’”ambientalismo del non fare”, ed invitandomi addirittura a “proporre realistiche, concrete, competenti e meditate proposte e politiche del fare”. Posso anche farlo, ma sommessamente, alla Di Pietro, mi chiedo: ma che ci azzecca ?
Insomma, Maglia mi “risponde” su cose che non ho scritto e non mi risponde su quelle che ho scritto.
Forse perché ho scritto cose esatte cui non sa e non può replicare ?
In attesa che finalmente mi si risponda, lancio una proposta. Lasciamo allo squallore di certa politica le invenzioni dell’ambientalismo del fare (quando dice di sì) e del non fare (quando dice di no). L’ambientalismo vero –quello serio- non può che essere uno, e cioè quello che dice di sì a certe opzioni e di no ad altre. Con un solo metro di misura: la tutela dell’ambiente e dell’uomo.
Per chi non ricorda la vicenda, il mio articoletto si riferiva ad un articolo di Maglia e Staina in cui, come rilevavo con citazioni testuali dal loro scritto, <>.
E, quindi, criticavo le predette osservazioni, dimostrando con documenti e sentenze, di cui citavo data, fonte e contenuto tra virgolette, che si trattava di osservazioni quanto meno inesatte per tre punti:
1) Nella normativa europea non c’è mai stata equiparazione gerarchica tra recupero di materia e di energia, ma nella scala di priorità europea il recupero come materia è sempre stato prioritario;
2) Non è vero che la sottoposizione a VIA degli inceneritori è in Italia garanzia di sicurezza, tanto è vero che la Corte UE ha condannato l’Italia il 23 novembre 2006 proprio perché consentiva di non applicare la VIA ai termovalorizzatori.
3) Inneggiare ai contributi cip6, cioè alla equiparazione della produzione di energia tramite incenerimento a quella ottenuta con fonti rinnovabili (sole, vento ecc.), al fine di erogare sostanziosi contributi da parte dello Stato, è (scrivevo) una “concezione tutta italiana e contrastante con i principi comunitari,tanto è vero che tale equiparazione, con relativi contributi, è stata abrogata (almeno per i futuri inceneritori) dal governo Prodi-Pecoraro, prima che si arrivasse ad un’altra sentenza di condanna in sede comunitaria”.
Questa era la materia del contrasto, come si vede, peraltro, tutta giuridica come si addice ad un sito quale Lexambiente e come ciascun frequentatore del sito può verificare.
Ed a queste critiche aspettavo una risposta puntuale di tipo giuridico, magari altrettanto precisa e documentata con qualche sentenza o qualche atto formale avente forza di legge.
Devo prendere atto che questa risposta non c’è stata. Stefano Maglia non replica a nessuna di queste mie osservazioni critiche, ripeto, precise e documentate, ma si lancia a capofitto in un avventuroso panegirico dell’ambientalismo del fare, con dentro i rifiuti di Napoli, nucleare, inceneritori, pale eoliche, biogas ecc., liquidandomi alla fine –ahimè- come un fautore dell’”ambientalismo del non fare”, ed invitandomi addirittura a “proporre realistiche, concrete, competenti e meditate proposte e politiche del fare”. Posso anche farlo, ma sommessamente, alla Di Pietro, mi chiedo: ma che ci azzecca ?
Insomma, Maglia mi “risponde” su cose che non ho scritto e non mi risponde su quelle che ho scritto.
Forse perché ho scritto cose esatte cui non sa e non può replicare ?
In attesa che finalmente mi si risponda, lancio una proposta. Lasciamo allo squallore di certa politica le invenzioni dell’ambientalismo del fare (quando dice di sì) e del non fare (quando dice di no). L’ambientalismo vero –quello serio- non può che essere uno, e cioè quello che dice di sì a certe opzioni e di no ad altre. Con un solo metro di misura: la tutela dell’ambiente e dell’uomo.