LA CASALINGA CHE PORTA AL CASSONETTO IN AUTO LA BUSTA DEI RIFIUTI DOMESTICI DEVE ESSERE ISCRITTA ALL’ALBO?
a cura di Gianfranco Amendola

NOTA: la sentenza citata è leggibile qui

E’ appena stata pubblicata su questo sito la sentenza della terza sezione penale della Cassazione, c.c. 28 ottobre 2009, n. 79, secondo cui “ai fini della sussistenza dell’elemento obiettivo del reato di cui all’art. 6 lett. d) DL. 172/08 - quanto all’attività di trasporto illecito di rifiuti - non è richiesta la qualità di imprenditore in capo all’autore del trasporto abusivo. La citata previsione legislativa statuisce, letteralmente, che è punito chiunque effettua un’attività di trasporto di rifiuti in mancanza dell’autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritte dalla normativa vigente, senza richiedere l’ulteriore requisito dell’organizzazione imprenditoriale. Né il requisito dell’attività di imprenditore trova una sua necessità ontologica nella ratio o finalità teleologica della fattispecie de qua, la quale, invece, tende a reprimere l’attività di chiunque trasporti abusivamente rifiuti speciali e non, con grave pregiudizio dell’integrità ambientale del territorio”.
Trattasi di sentenza che desta notevoli perplessità. Sia chiaro che ci riferiva alla legislazione speciale per l’emergenza Campania; tanto è vero che era in discussione l’applicazione di misura cautelare a carico di un soggetto che trasportava rifiuti speciali senza autorizzazione, rischiando, ai sensi dell’art. 6 lett d) D.L. 172/08, la reclusione da 6 mesi a 4 anni e la multa da 10.000 a 30.000 euro, oltre l’obbligo di sequestro e confisca del mezzo.
Tuttavia, a parte le sanzioni maggiorate, l’art. 6, lett. d, richiamato appare praticamente identico all’art. 256, comma 1 D. Lgs n. 152/06 in quanto punisce con le pene citate “chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza dell’autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritta dalla normativa vigente”, e cioè, per quanto concerne raccolta e trasporto, in mancanza della iscrizione (che sostituisce l’autorizzazione) di cui all’art. 212 D. Lgs 152/06. In altri termini, appare evidente che il citato art. 6 lett. d, prefigura solo una sanzione più grave rispetto alla norma incriminatrice “normale”.
Se questo è vero, resta da verificare se è anche vero l’assunto della Suprema Corte secondo cui l trasporto di rifiuti “speciali e non” richiede obbligo di iscrizione all’Albo anche per i soggetti che non sono imprese.
A mio sommesso avviso, la risposta non può che essere negativa. Basta leggere l’art. 212 per verificare, infatti, che esso si rivolge solo alle imprese. Del resto, l’attuale Albo nazionale gestori ambientali è il nuovo nome del vecchio Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti. E nel quadro dell’art. 212 appare veramente difficile ipotizzare che un soggetto- non impresa possa essere iscritto all’Albo. Così come l’obbligo del formulario è previsto per le sole imprese.
In altri termini, se pure è vero che la norma incriminatrice si riferisce a “chiunque” è anche vero che il richiamo diretto alla “normativa vigente” e cioè all’art. 212 porta a concludere che l’obbligo penalmente sanzionato di iscriione all’Albo per il trasporto di rifiuti, in Campania come nel resto di Italia, riguarda solo i titolari di imprese. Potremo certamente allargare il concetto di “impresa”, così come la Cassazione ha sempre fatto sin dalle prime leggi sui rifiuti, potremo discutere se un privato che, come nel caso di specie, trasporta 5 metri cubi di scarti di lavorazioni edilizie non sia da ritenersi in qualche modo connesso ad una attività imprenditoriale, ma, a mio sommesso avviso, l’obbligo non può riguardare un privato che, al di fuori di qualsiasi attività imprenditoriale, trasporta rifiuti “speciali e non”; e quindi anche rifiuti urbani. Altrimenti a Napoli dovremmo mettere in galera anche la casalinga che, con la sua auto, porta la busta dei suoi rifiuti urbani al cassonetto.