Consiglio di Stato Sez. IV n. 7439 del 5 settembre 2024
Rifiuti.Responsabilità del conduttore di immobile concesso in locazione

Una società conduttrice di un’immobile concesso in locazione non può considerarsi responsabile di un'attività di deposito illecito dei rifiuti per violazione degli obblighi derivanti dal contratto, i quali non possono essere estesi all’attività autonomamente svolta dal conduttore nell’immobile locato. Il contratto non impone alcun obbligo di vigilanza e controllo sull’attività che il conduttore svolge nell’immobile, ponendo siffatti obblighi esclusivamente “sullo stato di conservazione delle strutture edilizie e sull'efficienza degli impianti”, in considerazione della circostanza che il locatore conserva un “potere fisico” sull’entità immobiliare locata. Ne consegue che, se è vero che i predetti obblighi di vigilanza che residuano in capo al proprietario sono giustificati dalla speciale relazione che questi ha con la res locata, appare evidente come i medesimi debbano essere circoscritti alla cosa stessa nella sua materialità, essendo riferibili, per l’appunto, soltanto alle “strutture edilizie” e alla “efficienza degli impianti”, senza poter essere estesi alle attività che il conduttore svolge autonomamente nell’immobile locato, le quali – in assenza di elementi concreti che consentano di ricondurle anche al locatore – restano imputabili esclusivamente al conduttore. Diversamente opinando, infatti, si configurerebbe non già una vigilanza sulla cosa, bensì un inammissibile controllo generalizzato sull’attività di terzi.

Pubblicato il 05/09/2024

N. 07439/2024REG.PROV.COLL.

N. 06925/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6925 del 2022, proposto dalla società -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gianfranco Ordine, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Aldo Loiodice, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

nei confronti

della società -OMISSIS- S.r.l. e del signor -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata n. -OMISSIS- del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Bari, Sezione Prima.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2024 il Cons. Eugenio Tagliasacchi e viste le conclusioni delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe, la società -OMISSIS- S.r.l., in persona dell’amministratore unico -OMISSIS-, ha impugnato la sentenza n. -OMISSIS- del T.a.r. Puglia - Bari, con cui è stato respinto il ricorso dalla medesima proposto per l’annullamento dell’ordinanza n. 128, prot. n. 99/VI, del 29 settembre 2021, emessa ai sensi dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, dal Sindaco di -OMISSIS- (FG) e notificata il 4 ottobre 2021, nonché per l’annullamento della nota prot. n. 265/VI del 27 luglio 2021 recante la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, ai sensi dell’art. 7, della l. n. 241 del 1990.

2. Occorre sinteticamente premettere in punto di fatto che la società -OMISSIS- S.r.l., ricorrente e odierna appellante, è proprietaria di un capannone sito nel territorio del Comune di -OMISSIS- (FG), in contrada Santa Monica, catastalmente identificato al foglio n. 40, particella n. 610, sub 3, concesso in locazione alla società -OMISSIS- S.r.l. sulla base del contratto stipulato il 12 luglio 2017.

Nell’anzidetto immobile, la Guardia di Finanza - Compagnia di -OMISSIS- ha rinvenuto, in data 5 marzo 2018, circa seicento tonnellate di rifiuti illegalmente depositati, disponendone conseguentemente il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 356 c.p.p., con successivo avvio del procedimento penale.

In questo contesto, con la menzionata ordinanza n. 128 del 29 settembre 2021, il Sindaco di -OMISSIS- ha ordinato alla società -OMISSIS- S.r.l., in persona dell’amministratore unico -OMISSIS-, di provvedere, ai sensi dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, “alla rimozione, l’avvio al recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al rispristino dello stato dei luoghi, inclusi interventi finali di bonifica dei suoli e dei fabbricati”. Nella motivazione di tale ordinanza, peraltro, l’amministrazione ha riconosciuto espressamente che “l'immobile all’epoca dei fatti era stato concesso in locazione al Sig. -OMISSIS--OMISSIS-”, tuttavia il provvedimento dispone che ciononostante “non è possibile escludere la responsabilità solidale del proprietario locatore per l'obbligo imposto al concedente/proprietario di verificare il corretto utilizzo dell'immobile concesso in locazione a terzi anche in relazione alla continuità dell'illecito e al danno specifico da inquinamento ambientale”.

Per tale ragione, dunque, la società -OMISSIS- S.r.l., quale proprietaria dell’immobile ove sono stati rinvenuti i rifiuti, è stata ritenuta “responsabile in solido con l’autore del deposito incontrollato per la specifica responsabilità di obbligo di custodia e vigilanza anche in considerazione della continuità dell'illecito e del danno specifico da inquinamento ambientale”.

3. L’anzidetta società ha, dunque, impugnato tale ordinanza davanti al T.a.r. Puglia - Bari, che, con la sentenza n. -OMISSIS-, ha respinto il ricorso ravvisando profili di negligenza nella “condotta silente ed omissiva” della società ricorrente per non aver verificato “il corretto uso degli impianti” da parte del conduttore.

4. Avverso tale sentenza ha proposto appello la -OMISSIS- S.r.l., in persona dell’amministratore unico -OMISSIS-, formulando due motivi di gravame.

4.1. Con il primo motivo, l’appellante ha dedotto la violazione dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 e del principio “chi inquina paga” di cui all’art. 191 del TFUE, censurando la sentenza nella parte in cui il T.a.r. ha ritenuto che fossero ravvisabili profili di negligenza nella condotta della -OMISSIS- S.r.l. quale proprietaria dell’immobile. Sul punto, l’appellante ha evidenziato che le indagini svolte dalla D.D.A. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari avevano individuato gli effettivi responsabili dell’inquinamento, riconoscendo, pertanto, la totale estraneità dell’appellante medesima rispetto al contestato deposito dei rifiuti.

4.2. Con il secondo motivo di gravame, ha censurato la sentenza del T.a.r., sostenendo che in capo al locatore non sia configurabile “alcun obbligo di verifica” del bene locato, neppure in base alle norme civilistiche.

5. Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS-, eccependo la nullità dell’appello in quanto lo stesso era stato dapprima notificato in forma cartacea con firma autografa del difensore anziché con firma digitale, in violazione tanto dell’art. 136, comma 2-bis, c.p.a., quanto dell’art. 9 del decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 maggio 2020 e, successivamente, era stato depositato non già in formato “PADES”, ossia come documento informatico nativo digitale sottoscritto con firma digitale, bensì come copia informatica di un documento analogico con sottoscrizione autografa, con successiva apposizione della firma digitale soltanto al momento del deposito.

Nel merito, il Comune ha eccepito l’infondatezza dell’appello, osservando che dalla motivazione dell’ordinanza risultava che la società appellante era stata considerata corresponsabile del deposito dei rifiuti non già in ragione della sua mera qualità di proprietaria del capannone, bensì in considerazione della “condotta silente ed omissiva”, consistita nel totale disinteresse per l’attività svolta nel capannone di sua proprietà, con conseguente violazione degli “obblighi minimi di vigilanza e di custodia del bene”, esigibili secondo l’ordinaria diligenza in ordine al corretto utilizzo dell’immobile concesso in locazione a terzi per un’attività che la locatrice, a suo dire, “non poteva in alcun modo ignorare”. A tal fine, secondo il Comune, assumerebbero rilievo anche la notevole quantità di rifiuti rinvenuti in loco e il rilevante periodo di tempo entro il quale “presumibilmente” si sarebbe protratta la condotta, durante il quale la società proprietaria avrebbe potuto svolgere le verifiche “connesse ai propri obblighi contrattuali di custodia del bene e di verifica in ordine al corretto uso dei locali concessi in locazione”.

6. All’udienza del 27 marzo 2024, in considerazione dell’eccezione – sopra riportata – concernente il formato dell’appello e l’assenza della firma digitale “PADES”, è stato concesso alla parte appellante il termine di trenta giorni per provvedere al deposito dell’atto di appello in formato nativo digitale, con conseguente rinvio all’udienza pubblica del 18 luglio 2024. Al riguardo, occorre osservare, infatti, che secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, la violazione delle regole in tema di formato digitale degli atti di parte configura un’ipotesi di mera irregolarità sanabile previa concessione di un apposito termine; in tal senso, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 luglio 2018, n. 4193, secondo cui: “la sottoscrizione digitale apposta mediante il formato CADES in luogo dell'obbligatorio formato PADES non è nulla né dà luogo a mancanza di sottoscrizione, ma costituisce una mera irregolarità sanabile previa concessione alla parte di un apposito termine”.

7. Tanto premesso, il Collegio – trattenuta la causa in decisione all’udienza pubblica del 18 luglio 2024 – reputa che l’appello sia fondato e vada accolto, per le ragioni che di seguito sinteticamente si espongono.

8. Occorre anzitutto precisare che, nel caso di specie, viene in rilievo un’ipotesi di abbandono incontrollato di rifiuti, dal momento che l’ordinanza impugnata è stata emessa ai sensi dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006. Il primo comma di tale disposizione prevede il divieto di abbandono e di deposito incontrollati di rifiuti “sul suolo e nel suolo”, mentre il comma 3 dispone che: “Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.

Come chiaramente si desume dal tenore letterale della disposizione sopra riportata, dunque, la responsabilità solidale del proprietario è subordinata alla condizione che la violazione del divieto sia a lui “imputabile a titolo di dolo o colpa”, con la conseguenza che, con ogni evidenza, la legge non delinea un’ipotesi di responsabilità oggettiva.

8.1. Nella vicenda oggetto del presente giudizio, risulta pacifica l’estraneità della società odierna appellante rispetto alla condotta avente ad oggetto il deposito illecito di rifiuti, vietato dal citato art. 192, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, dal momento che, come si desume dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p. del 22 settembre 2021, depositato dalla ricorrente nel giudizio di primo grado, la D.D.A. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari, nell’ambito del procedimento penale R.G. n. 12879/18, ha individuato gli effettivi responsabili dell’illecito, identificando, al contempo, l’amministratore unico della società -OMISSIS- S.r.l., signor -OMISSIS-, quale persona offesa dal reato.

8.2. Poiché, allora, il deposito dei rifiuti di cui si tratta non risulta imputabile alla società appellante, devono trovare applicazione i principi che sono stati recentemente enunciati da questa Sezione, con la sentenza n. 7072 del 2023, ancorché con riferimento all’analoga questione concernente la posizione del proprietario incolpevole in relazione agli obblighi di messa in sicurezza d’emergenza e di successiva bonifica dei siti inquinati.

Come precisato dalla Sezione nella sentenza appena menzionata, infatti, nelle ipotesi in cui è impossibile attribuire una specifica responsabilità al proprietario del sito, l’autorità competente “non può imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione”.

In questo medesimo senso, cfr. anche Cons. Stato, Sez. II, 1 settembre 2020, n. 5340, secondo cui: “Non è cioè configurabile in via automatica, in maniera oggettiva, per posizione o per fatto altrui, una responsabilità in capo al proprietario dell'area inquinata e da bonificare per il solo fatto di rivestire tale qualità, ove non si dimostri il suo apporto causale colpevole al danno ambientale riscontrato (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2017, n. 1260)…In altri termini, la mera qualifica di proprietario del suolo non determina, di per sé sola, alcuna responsabilità conseguente al ritrovamento di rifiuti abbandonati, anche in quantitativi tali da determinare, singolarmente o per sommatoria, una modifica dello stato dei luoghi, parificabile all'avvenuta realizzazione di una discarica abusiva, atteso che il legislatore richiede, oggi imponendo addirittura, ove possibile, l'accertamento in contraddittorio con l'ipotetico autore materiale del fatto, la sussistenza dell'elemento psicologico quanto meno della colpa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 maggio 2018, n. 2786)”.

Sul punto, cfr., ancora, con specifico riferimento alla fattispecie di cui all’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, Cons. Stato, Sez. IV, 3 dicembre 2020, n. 7657, che ha precisato che: “Prima di ordinare la rimozione dei rifiuti abbandonati ed il ripristino dello stato dei luoghi, il Comune deve accertare l’elemento soggettivo (dolo o colpa) in capo al proprietario non responsabile dello sversamento di rifiuti. Ai fini di tale accertamento, poi, l’omessa recinzione del suolo inquinato non costituisce ex se un indice di negligenza nella vigilanza sul fondo da parte del proprietario”.

I medesimi principi, del resto, sono stati affermati anche in tempi meno recenti; sul punto, si veda Cons. Stato, Sez. V, 17 luglio 2014, n. 3786, secondo cui: “L’art. 192 d.lg. n. 152/2006 non individua una fattispecie di responsabilità oggettiva del proprietario dell'immobile nel quale vengono abbandonati rifiuti ma richiede l'elemento soggettivo del dolo o della colpa del proprietario stesso”.

8.3. Pertanto, dal tenore letterale dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 e, più in generale, dalla giurisprudenza sopra richiamata, emerge come la responsabilità del proprietario sia ancorata alla dimostrazione di profili di colpa ravvisabili nella sua condotta.

Al riguardo, è appena il caso di precisare che, in senso contrario, non possono assumere rilievo i principi recentemente affermati da questa Sezione con la sentenza n. 1110 del 2024, nell’analoga materia degli obblighi di bonifica e ripristino ambientale, in ragione della peculiarità della fattispecie concreta oggetto di quel giudizio, nell’ambito del quale, in considerazione della spontanea iniziativa del proprietario non responsabile, è stato ritenuto applicabile l’art. 2028 c.c.. Il Collegio, infatti, in quell’occasione, ha precisato che: “Ne discende che il proprietario non responsabile dell'inquinamento - nell'accezione prima chiarita - è tenuto, ai sensi dell'art. 245, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 ad adottare le misure di prevenzione di cui all'art. 240, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 152 del 2006 (ovvero "le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia") e le misure di messa in sicurezza d'emergenza, non anche la messa in sicurezza definitiva né gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale. Tali consolidati principi non possono, nondimeno, trovare applicazione nel caso in cui, così come avvenuto nella fattispecie in esame, il proprietario, ancorché non responsabile, ha attivato volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale.

In tale caso, infatti, la fonte dell'obbligazione del proprietario incolpevole va rinvenuta, come correttamente affermato dal primo giudice, nell'istituto della gestione di affari non rappresentativa”.

Il passaggio della motivazione della sentenza n. 1110 del 2024 appena riportato conferma, dunque, come – in via generale – debbano trovare applicazione i principi richiamati in precedenza a proposito della posizione del proprietario incolpevole.

8.4. Ne consegue che – poiché nel caso di specie gli accertamenti condotti dall’autorità giudiziaria nell’ambito del procedimento penale hanno escluso ogni responsabilità dell’odierna appellante e hanno addirittura individuato, come già osservato, il signor -OMISSIS- quale persona offesa dal reato – non è ravvisabile alcun profilo di colpa dell’appellante medesima, sicché l’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 non può trovare applicazione.

8.5. Sotto un diverso profilo, inoltre, occorre precisare come l’asserita colpa della società -OMISSIS- S.r.l. non possa essere fatta discendere neppure da un ipotetico obbligo di custodia e vigilanza derivante dalla stipulazione del contratto di locazione del 12 luglio 2017 con il signor -OMISSIS- nella qualità di legale rappresentante della società -OMISSIS- S.r.l.. Sul punto, infatti, assume rilievo il passaggio della motivazione dell’impugnata ordinanza del Comune di -OMISSIS- in cui, dopo aver riconosciuto espressamente che “l'immobile all'epoca dei fatti era stato concesso in locazione al Sig. -OMISSIS-”, si sostiene, comunque (in base appunto ad una valutazione meramente astratta e non fondata su elementi concreti) che la società -OMISSIS- S.r.l., in quanto proprietaria e locatrice, sarebbe comunque responsabile poiché “non è possibile escludere la responsabilità solidale del proprietario locatore per l'obbligo imposto al concedente/proprietario di verificare il corretto utilizzo dell'immobile concesso in locazione a terzi anche in relazione alla continuità dell'illecito e al danno specifico da inquinamento ambientale”.

Tale prospettazione è stata sostanzialmente condivisa dal giudice di primo grado, ad avviso del quale la colpa sarebbe sussistente poiché consisterebbe “nell’omissione delle cautele e degli accorgimenti che l’ordinaria diligenza suggerisce ai fini di un’efficace custodia (cfr. Cass. civ., Sezioni Unite, sentenza n.4472 del 2009)”.

Tale conclusione, tuttavia, non può essere condivisa dal momento che gli obblighi che, nella prospettiva del giudice di primo grado, discenderebbero dal contratto di locazione non trovano riscontro nell’ambito della disciplina civilistica dell’anzidetto contratto, che non impone alcun obbligo di vigilanza e controllo sull’attività che il conduttore svolge nell’immobile, ponendo siffatti obblighi esclusivamente “sullo stato di conservazione delle strutture edilizie e sull'efficienza degli impianti”, in considerazione della circostanza che il locatore conserva un “potere fisico” sull’entità immobiliare locata. In questo senso, infatti, si esprime la giurisprudenza della Corte di Cassazione che, per l’appunto, desume i predetti obblighi di vigilanza proprio dal potere sulla res che residua in capo al proprietario locatore, come confermato, in particolare, da Cass. civ., Sez. III, 27 luglio 2011, n. 16422, secondo cui: “Malgrado il contratto di locazione comporti il trasferimento al conduttore dell'uso e del godimento sia della singola unità immobiliare sia dei servizi accessori e delle parti comuni dell'edificio, una siffatta detenzione non esclude i poteri di controllo, di vigilanza e, in genere, di custodia spettanti al proprietario-locatore, il quale conserva un effettivo potere fisico sull'entità immobiliare locata - ancorché in un ambito in parte diverso da quello in cui si esplica il potere di custodia del conduttore - con conseguente obbligo di vigilanza sullo stato di conservazione delle strutture edilizie e sull'efficienza degli impianti. Grava, pertanto, sul proprietario, quale custode dei beni e degli impianti condominiali, la responsabilità per i danni subiti da terzi (nel novero dei quali vanno ricompresi anche i conduttori di appartamenti siti nell'edificio) dai detti beni e impianti”. 

Ne consegue che, se è vero che i predetti obblighi di vigilanza che residuano in capo al proprietario sono giustificati dalla speciale relazione che questi ha con la res locata, appare evidente come i medesimi debbano essere circoscritti alla cosa stessa nella sua materialità, essendo riferibili, per l’appunto, come precisato dalla Corte, soltanto alle “strutture edilizie” e alla “efficienza degli impianti”, senza poter essere estesi alle attività che il conduttore svolge autonomamente nell’immobile locato, le quali – in assenza di elementi concreti che consentano di ricondurle anche al locatore – restano imputabili esclusivamente al conduttore. Diversamente opinando, infatti, si configurerebbe non già una vigilanza sulla cosa, bensì un inammissibile controllo generalizzato sull’attività di terzi.

8.6. Dalle considerazioni che precedono discende, dunque, che non sono ravvisabili in capo alla società -OMISSIS- S.r.l. i profili di colpa richiesti dall’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, posto che la società, da un lato, in base agli accertamenti svolti dalla D.D.A. di Bari nel procedimento R.G. n. 12879/18, è risultata estranea all’attività di deposito illecito dei rifiuti e, dall’altro lato, non può essere considerata responsabile per violazione degli obblighi derivanti dal contratto di locazione, i quali, per le ragioni appena illustrate, non possono essere estesi all’attività autonomamente svolta dal conduttore nell’immobile locato.

9. L’appello della -OMISSIS- S.r.l. deve essere dunque accolto, con conseguente annullamento in parte qua dell’ordinanza del Sindaco di -OMISSIS-, n. 128, prot. n. 99/VI, del 29 settembre 2021, notificata il 4 ottobre 2021.

10. In considerazione della peculiarità della questione sussistono giuste ragioni per la compensazione delle spese processuali del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla l’ordinanza del Sindaco di -OMISSIS-, n. 128, prot. n. 99/VI, del 29 settembre 2021, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Compensa le spese processuali del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Carbone, Presidente

Michele Conforti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere

Eugenio Tagliasacchi, Consigliere, Estensore