Consiglio di Stato Sez. IV n. 7316 del 30 agosto 2024
Rifiuti.Raccolta dei rifiuti delle navi

La mancanza di uno specifico servizio di raccolta dei rifiuti delle navi non può essere sopperita dal sistema di gestione dei rifiuti comunale, occorrendo l’utilizzo di mezzi navali per raggiungere le navi ormeggiate in rada, ed essendo necessario raccogliere, frazionare e trattare, rifiuti speciali e pericolosi, residui di carico e scarti di alimenti di provenienza extra UE, che non possono refluire indistintamente nel flusso dei rifiuti urbani. Senza contare che, in base alla direttiva 2019/883 e al d.lgs. n. 197 del 2021 di recepimento, tale servizio di raccolta deve essere facilmente e prontamente accessibile dagli utenti anche per evitare che quest’ultimi siano indotti ad abbandonare i rifiuti in mare

Pubblicato il 30/08/2024

N. 07316/2024REG.PROV.COLL.

N. 00778/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 778 del 2024, proposto da Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Ansep Unitam, C.N. Talamone S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Aristide Police, Ugo Franceschetti, Damiano Vaudo, Alessandro Personi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Aristide Police in Roma, viale Liegi, 32;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Quarta) n. 01119/2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ansep Unitam e di C.N. Talamone s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2024 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;


FATTO

La C.N. Talamone s.r.l. è una società che si occupa del ritiro e della raccolta dei rifiuti da bordo delle navi nei porti e nelle rade di Talamone, Porto Santo Stefano, Porto Ercole e Isola del Giglio, svolgendo da anni detto servizio, in forza di autorizzazione dell’Autorità marittima a seguito di plurimi rinnovi delle originarie autorizzazioni e concessioni; la Ansep Unitam è un’associazione che si occupa di tutelare la sicurezza ecologica nei porti e, più in generale, la salvaguardia del mare e dell’ambiente.

La C.N. Talamone S.r.l. riferiva, nel giudizio di primo grado, di essere autorizzata a svolgere l’attività di “ritiro rifiuti in genere da bordo delle navi con natanti e mezzi adeguati e la posa in opera di panne galleggianti antinquinamento, il ritiro di acque di sentina da navi a carico secco, servizio antinquinamento nei porti e nelle rade di Talamone, di Porto Santo Stefano e di Porto Ercole, nonché di essere titolate di autorizzazione unica regionale ex art. 208, d.lgs. n. 152/2006, per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di smaltimento rifiuti nel Comune di Orbetello”.

Essa sosteneva, inoltre, di essere proprietaria di alcune unità navali utilizzate per il servizio di raccolta di rifiuti, sia per le navi in rada, sia per quelle che sostano in banchina, ovvero, tecnicamente, di essere titolare di “impianti portuali di raccolta”, così come definiti dall’art. 2, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 197/2021: “qualsiasi struttura fissa, galleggiante o mobile che sia in grado di fornire il servizio di raccolta rifiuti dalle navi”.

Riferiva ancora la C.N. Talamone di essere stata inserita tra i soggetti responsabili all’attuazione del Piano di raccolta e di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico dei porti ricadenti nel Circondario Marittimo di Porto Santo Stefano, approvato con ordinanza n. 126 del 2009 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ufficio Circondariale Marittimo di Porto Santo Stefano, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 182/2003, recante “Attuazione della Direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e dai residui del carico”.

La ricorrente in primo grado riferiva, infine, di aver svolto tale servizio applicando agli utenti le tariffe recepite nel detto Piano del 2009, tariffe proposte dalla medesima e approvate con apposita ordinanza dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Porto Santo Stefano.

Tanto premesso, con il d.lgs. 8 novembre 2021, n. 197, di recepimento della Direttiva (UE) 2019/833, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, è stato abrogato il d.lgs. n. 182/2003 (regolante la medesima materia) e sono state introdotte alcune modifiche alla preesistente disciplina nazionale in materia di gestione di tali rifiuti.

In particolare, è stata introdotta, per i piccoli porti non commerciali e scarsamente frequentati da imbarcazioni da diporto, la possibilità di non adottare il Piano di raccolta e di gestione dei rifiuti, previo confronto con tutte le parti interessate, tra cui gli utenti del porto, le Associazioni di categoria e gli operatori dell’impianto portuale di raccolta.

Nel Circondario Marittimo di Porto Santo Stefano, all’esito di tale consultazione, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Ufficio Circondariale Marittimo di Porto Santo Stefano, ha adottato l’ordinanza n. 3 del 20 febbraio 2023 con cui:

- ha ordinato che i porti di Porto Santo Stefano, Porto Ercole, Isola del Giglio, Talamone e Castiglione della Pescaia, in quanto ritenuti porti non commerciali e scarsamente frequentati, siano esentati dall’obbligo di adottare un apposito Piano di raccolta e di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi;

- ha contestualmente abrogato il precedente Piano di raccolta e di gestione del 2009.

Contro la predetta ordinanza sono insorte le società Ansep Unitam e C.N. Talamone S.r.l.

La C.N. Talamone., con il ricorso di primo grado, ha lamentato che, in mancanza di un piano e, quindi, di procedure chiare, fissate dall’Autorità marittima, essa si troverebbe sostanzialmente impossibilitata a svolgere il servizio in questione.

Dal canto suo, la Ansep Unitam ha dedotto che, in mancanza di procedure trasparenti e fissate dall’Autorità marittima per il conferimento dei rifiuti e in mancanza di tariffe certe, si concreterebbe il rischio che gli utenti – anziché conferire pagando il relativo corrispettivo – riversino i rifiuti (inclusi i liquami neri e grigi, gli scarichi dei servizi igienici di bordo, le acque oleose di sentine, etc.) direttamente in mare con disastrose conseguenze ambientali.

Più nel dettaglio, con il ricorso di primo grado le ricorrenti hanno dedotto:

- la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 197/2021, dell’art. 4 della legge n. 84/1994, dell’art. 3 della legge regionale della Regione Toscana n. 65/2014, della legge regionale della Regione Toscana n. 23/2012, del d.P.R. n. 509/1997, degli artt. 36 e 66 del R.D. n. 327/1942, degli artt. 59 e 60 del d.P.R. n. 328/1952; nonché l’eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, illogicità e irragionevolezza manifeste e per contraddittorietà; nonché l’eccesso di potere per travisamento degli elementi di fatto e di diritto. A loro avviso, infatti, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo, per i sopra elencati motivi, nella parte in cui afferma che i porti di Porto Santo Stefano, Isola del Giglio, Porto Ercole e Talamone sono porti non commerciali e caratterizzati solo da un passaggio sporadico di imbarcazioni da diporto;

- la violazione e falsa applicazione della Convenzione di MARPOL 73/78;

- la violazione e falsa applicazione dei principi di precauzione e prevenzione; la violazione e falsa applicazione degli artt. 177 e ss. del d.lgs. n. 152/2006; la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 4, 6 e 7, del d.lgs. n. 197/2021; la violazione e falsa applicazione del Regolamento (CE) n. 2069/2009 e del D.M. 22.5.2001; l’eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza manifeste. Secondo i ricorrenti, il provvedimento sarebbe illegittimo sotto l’ulteriore profilo della concreta modalità di gestione dei rifiuti che l’Autorità marittima vorrebbe rendere operativa, legittimandosi di fatto, in assenza di un apposito Piano di raccolta e di gestione, un trattamento unitario dei rifiuti prodotti dalle navi con i rifiuti urbani, senza distinzione dei rifiuti conferiti dall’utenza portuale rispetto a quelli conferiti dall’utenza urbana;

- la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 quinques della legge n. 241/1990, l’eccesso di potere per contraddittorietà e difetto assoluto di motivazione, per aver l’amministrazione revocato il Piano di Raccolta e di Gestione del 2009 e aver mutato la qualificazione dei porti, senza alcuna motivazione.

Il T.a.r., con la sentenza 28 novembre 2023, n. 1119, ha accolto il ricorso, ritenendo, in sintesi, che i porti oggetto dell’ordinanza impugnata, essendo di rilevanti dimensioni e intensamente frequentati da unità commerciali, crocieristiche e da diporto soggette all’obbligo di conferimento dei rifiuti, non possano in nessun caso rientrare tra i piccoli porti non commerciali di cui all’art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 197/2021, e godere, quindi, dell’esenzione ivi prevista relativamente all’adozione di specifici Piani di raccolta e di gestione dei rifiuti delle navi, dovendo peraltro tale deroga essere interpretata restrittivamente, alla luce dei principi di prevenzione e precauzione vigenti in materia ambientale.

Il Ministero ha proposto appello articolato in un unico motivo descritto nella parte in diritto.

Si sono costituite nel presente giudizio le originarie ricorrenti, chiedendo di dichiarare l’infondatezza dell’appello.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 13 giugno 2024.

DIRITTO

Con un unico articolato mezzo di gravame il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti lamenta l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto non applicabile nei porti di Talamone, Porto Santo Stefano, Porto Ercole e Isola del Giglio il regime derogatorio di cui all’art. 5, comma 8, d.lgs. n. 197/2021.

Rileva, in via preliminare, il Ministero appellante che il d.lgs. 197/2021 - nel recepire la direttiva 2019/883/UE – avrebbe individuato un elemento di assoluta novità rispetto alla previgente disciplina di cui al D.lgs. 182/03, ovvero la possibilità di esentare dall’obbligo di adottare il Piano “i piccoli porti non commerciali, che sono caratterizzati soltanto da un traffico sporadico o scarso di imbarcazioni da diporto” e ciò allorquando “i loro impianti portuali di raccolta sono integrati nel sistema di gestione dei rifiuti comunale e se è garantito che le informazioni relative al sistema di gestione dei rifiuti sono messe a disposizione degli utenti dei porti stessi, da parte del gestore dei servizi portuali” (art. 5 comma 8 cit.).

Al medesimo comma, si prevede, inoltre, che, qualora ricorrano tali caratteristiche, nonché nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale previsto dall’articolo 4, comma 4, della legge 28 gennaio 1994 n. 84, l’Autorità Marittima applichi l’esenzione con provvedimento motivato.

Alla luce del richiamato quadro regolatorio, sostiene l’appellante che, non essendo ancora stato emanato il predetto decreto ministeriale - che definirebbe, senza lasciare margini di apprezzamento, le caratteristiche dei porti esentabili - il legislatore avrebbe inteso assegnare all’Autorità competente una sfera di valutazione discrezionale in relazione alla definizione dell’ambito di applicazione dell’esenzione di cui trattasi.

Proprio in attuazione della delineata sfera di autonomia discrezionale, il Ministero appellante avrebbe, nella prospettiva in esame, esercitato il suo potere di definire l’ambito dell’esenzione di cui al citato art. 5, basandosi sui dati oggettivi rilevati in ciascun porto e sui parametri indicati dallo stesso art. 5.

Alla luce di quanto esposto, i porti per cui si controverte, ad avviso del Ministero appellante, dovrebbero ritenersi “piccoli” in quanto rientranti nella categoria di cui alla lettera d) dell’art. 4, comma 1, della l. n. 84/94 ovvero nella categoria II, classe III: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica regionale e interregionale.

Corroborerebbe l’assunto in esame la circostanza per cui i porti di che trattasi sarebbero racchiusi da strutture foranee, che limitano le aree di manovra e non rendono idoneo l’attracco di grandi unità navali, e sarebbero, inoltre, caratterizzati da una vocazione prevalentemente turistica e peschereccia, con specchi acquei quasi interamente assentiti in concessione e destinati a soggetti collettivi, quali cooperative di pescatori e sodalizi sportivi e diportistici.

Rileva ancora il Ministero appellante che l’art. 4 sopra citato individua, al comma 3, le seguenti funzioni dei porti: a) commerciale e logistica; b) industriale e petrolifera; c) di servizio passeggeri (ivi compresi i crocieristi); d) peschereccia; e) turistica e da diporto. Lo stesso articolo prevede poi, al comma 4, che con Decreto Ministeriale sarà determinata l’appartenenza di ogni scalo nazionale alle funzioni appena citate.

Analogamente a quanto in precedenza argomentato in relazione al parametro della dimensione, assume il Ministero che, non essendo stato ancora emanato il suddetto decreto ministeriale, anche in relazione a quest’ultimo parametro, l’Autorità amministrativa sarebbe titolare di una sfera di discrezionalità, in attuazione della quale si sarebbe giunti a ritenere la natura “non commerciale” dei sorgitori ricadenti nell’ambito del Circondario per cui si controverte, in quanto connotati da “traffico sporadico o scarso di imbarcazioni da diporto”.

A sostegno della tesi in esame deporrebbe anche la circostanza per cui le destinazioni delle banchine indicate nel Piano rifiuti di cui all’Ordinanza n. 126/2009 - valorizzate dal giudice di primo grado a supporto della natura commerciale o comunque dell’importanza dei sorgitori – si riferirebbero a traffici non più attuali, in quanto: a) nel molo Frangiflutti denominato “Scarabelli” di Porto Santo Stefano non ormeggerebbero più, da circa un decennio, navi cisterna per il travaso di carburante “avio” destinato al deposito dell’Aeronautica Militare ormai dismesso; b) nel porto di Porto Ercole nessun approdo è ancora riservato alle unità dei Reali d’Olanda (retaggio di un’allocazione delle aree in questione risalente al periodo compreso tra gli anni ‘60 e ‘90 del secolo scorso, ormai completamente scomparsa anche a motivo delle intervenute dismissioni immobiliari); c) nel porto di Talamone le unità mercantili sosterebbero, sporadicamente, in rada.

Assume al riguardo l’appellante che, come emergerebbe dall’istruttoria svolta: a) in relazione agli accosti stagionali di navi da crociera, nella rada di Porto Santo Stefano, Isola del Giglio e Porto Ercole, ed unità mercantili, nella rada di Talamone, gli stessi potrebbero essere esentati, ai sensi dell’art. 3, comma 2 del d.lgs. 197/21, dagli obblighi relativi alla notifica anticipata dei rifiuti (art. 6), al conferimento dei rifiuti (art.7) ed ai sistemi di recupero dei costi (art.8); in relazione agli accosti crocieristici, gli stessi “risultano essere, in alternativa, o la prima tappa di scalo dal porto di partenza (normalmente Civitavecchia), ovvero l’ultima prima del porto di arrivo (sempre Civitavecchia), e che nella maggior parte dei casi le rispettive compagnie di navigazione hanno optato per la prevista possibilità di mantenimento a bordo dei rifiuti, ovviamente ricorrendone i presupposti, previa autorizzazione dell’Autorità marittima”; in relazione agli sporadici accosti di navi passeggeri in banchina, le compagnie di navigazione, nella quasi totalità dei casi, avrebbero optato per la prevista possibilità di mantenimento a bordo dei rifiuti, ovviamente ricorrendone i presupposti, previa autorizzazione dell’Autorità Marittima (art. 7, comma 4, del D.lgs. 197/21); in relazione ai traghetti che svolgono i servizi di linea e collegamento giornaliero da e per le vicine isole del Giglio e Giannutri, gli stessi potrebbero avvalersi dell’esenzione prevista dall’art. 9, comma 1, lett. a) del D. Lgs. 197/21; in relazione ai pescherecci di stazza inferiore a 300 GT, si è evidenziato che agli stessi non si applicherebbero le norme di cui all’art. 6, commi 1 e 2, del D. Lgs. 197/21; in relazione alle unità militari e delle Forze di Polizia, esse sarebbero escluse dall’applicabilità del d. lgs. 197/21 ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a); f) in relazione alle imbarcazioni e navi da diporto, esse effettuerebbero un traffico “di transito” limitato essenzialmente ai soli mesi estivi. Tali unità sosterrebbero principalmente in rada o nei pontili assentiti in concessione demaniale a privati.

Alla luce delle complessive considerazioni che precedono, a giudizio del Ministero appellante, i porti in esame ricadrebbero nella definizione di porti non commerciali, come tali suscettibili di essere esclusi redazione e adozione dei “Piani di raccolta e gestione dei rifiuti delle navi”.

Ciò non comporterebbe, secondo il Ministero appellante, problemi di adeguatezza dei sistemi di raccolta e gestione dei rifiuti nei porti di che trattasi. A parere della parte appellante, infatti, nei porti in cui è possibile applicare la deroga prevista dall’art. 5, comma 8, del D. Lgs. 197/21, gli impianti di raccolta devono essere “integrati nel sistema di gestione dei rifiuti comunale” e deve essere “garantito che le informazioni relative al sistema di gestione dei rifiuti sono messe a disposizione degli utenti dei porti stessi, da parte del gestore dei servizi portuali”.

In tale direzione, si argomenta nella prospettiva in esame, orienterebbe il considerando n. 29 della direttiva n. 2019/883/UE, secondo cui “[…] Al fine di non sovraccaricare gli enti locali e agevolare la gestione dei rifiuti in detti piccoli porti, dovrebbe essere sufficiente includere i rifiuti prodotti da tali porti nel flusso di rifiuti urbani e gestirli di conseguenza, richiedendo altresì che i porti mettano a disposizione dei loro utenti informazioni relative alla raccolta dei rifiuti e che i porti esentati siano inseriti in un sistema elettronico per consentire un livello minimo di monitoraggio”.

Il motivo nelle sue varie articolazioni non è fondato.

Preliminarmente all’esame del merito delle questioni, il Collegio ritiene opportuno effettuare una breve ricognizione del quadro normativo di riferimento.

Sul piano del diritto euro-unitario, la direttiva 2019/883, già nel considerando n. 28, evidenzia la necessità – "al fine di garantire l'adeguatezza degli impianti portuali di raccolta" – di "sviluppare, attuare e riesaminare il Piano di raccolta e di gestione dei rifiuti, previa consultazione di tutte le parti interessate".

Nel disegno del Legislatore europeo, il Piano di raccolta e di gestione dei rifiuti costituisce, pertanto, il documento centrale dell'intera organizzazione amministrativa dell'attività di raccolta e gestione dei rifiuti portuali, come ulteriormente dimostra l'art. 5 della direttiva citata, che impone agli Stati membri di far predisporre e attuare in ciascun porto "un adeguato Piano di raccolta e di gestione dei rifiuti", determinando, nell'Allegato 1, i contenuti minimi ed essenziali dei Piani stessi.

Tale conclusione trova, del resto, conferma nella relativa normativa interna di recepimento.

L’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 197/2021, nel conformare sul piano contenutistico, mediante la predisposizione dei criteri per la determinazione delle tariffe, il Piano di gestione dei rifiuti, stabilisce che “nel Piano di raccolta di cui all'articolo 5, le Autorità competenti definiscono gli adempimenti e le modalità operative relative all'utilizzo degli impianti portuali di raccolta che siano semplici e rapide e non determinino ingiustificati ritardi alle navi. Nel Piano sono altresì definiti i criteri per la determinazione delle tariffe per il conferimento dei rifiuti agli impianti portuali di raccolta che non devono creare un disincentivo all'uso degli impianti stessi da parte delle navi”.

L’art. 5, comma 1, del medesimo d.lgs., prevede, inoltre, che “entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le Autorità competenti predispongono, approvano e rendono operativo il Piano di raccolta e di gestione dei rifiuti nel rispetto delle disposizioni del presente decreto e dei criteri indicati nell'Allegato 1”. Al comma 5 dispone che “a seguito dell'approvazione del Piano di cui al comma 1 o di sue modifiche sostanziali, l'Autorità competente ne assicura l'adeguata comunicazione agli operatori delle navi, in particolare comunica la disponibilità di impianti portuali di raccolta, le tariffe applicate e le informazioni di cui all'Allegato A «Informazioni sul sistema di raccolta e gestione delle navi”.

L’art. 5, inoltre, al successivo comma 2, chiarisce che “ai fini della approvazione del Piano di cui al comma 1 e dell'integrazione, per gli aspetti relativi alla gestione, con il Piano regionale di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il Piano è tempestivamente comunicato alla Regione competente, che ne valuta la coerenza con il Piano regionale di gestione dei rifiuti esprimendosi entro sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione”.

Il successivo art. 8, la cui rubrica reca “Sistemi di recupero dei costi”, definisce analiticamente i criteri per la determinazione delle tariffe, in particolare, stabilendo che: “I costi degli impianti portuali per la raccolta e il trattamento dei rifiuti delle navi, diversi dai residui del carico, sono recuperati mediante la riscossione di tariffe a carico delle navi che approdano nel porto. Tali costi comprendono gli elementi di cui all'allegato 4. 2. Le tariffe di cui al comma 1 sono determinate dall’Autorità competente e sono calcolate in conformità alle disposizioni dell'allegato 4. Le tariffe sono proporzionate ed adeguate in modo che i sistemi di recupero dei costi istituiti non costituiscano un incentivo per le navi a scaricare i loro rifiuti in mare…>”.

In tale contesto normativo si inserisce l’art. 5, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 197/2021, il quale prevede che: “I piccoli porti non commerciali, che sono caratterizzati soltanto da un traffico sporadico o scarso di imbarcazioni da diporto, sono esentati dall’applicazione dei commi da 1 a 4 solo se i loro impianti portuali di raccolta sono integrati nel sistema di gestione dei rifiuti comunale e se è garantito che le informazioni relative al sistema di gestione dei rifiuti sono messe a disposizione degli utenti dei porti stessi da parte del gestore dei servizi portuali”.

Il delineato quadro normativo, europeo ed interno, che evidenzia l’importanza sul piano organizzativo del Piano di raccolta e gestione dei rifiuti portuali, esprime, ad avviso del Collegio, il carattere derogatorio e di stretta interpretazione del citato art. 5, comma 8.

Tale disposizione deroga, infatti, alla regola generale per la quale tutti i rifiuti presenti in una “nave” devono essere conferiti in un unico impianto portuale di raccolta, salva la possibilità, in alternativa al conferimento di tutti i rifiuti in un unico impianto di raccolta, di procedere verso il successivo porto di scalo, comunque previa autorizzazione dell’Autorità marittima (art. 7, c. 4, d.lgs. n. 197 del 2021).

A sostegno di quest’ultimo assunto depone un duplice ordine di argomentazioni.

Preliminarmente, tale deroga deve essere intesa in senso restrittivo in base alla considerazione per cui, contrariamente a quanto ritenuto dal Ministero appellante, la mancanza del servizio specifico di raccolta e gestione dei rifiuti delle navi, in contesti di traffici non sporadici, come quelli che, per le ragioni che si indicheranno di seguito, caratterizzano i porti per i quali si controverte nel presente giudizio, non può essere adeguatamente sopperito dal sistema di raccolta comunale, essendo necessario l’uso di mezzi navali, oltre al rispetto di particolari procedure per il trattamento dei rifiuti speciali e pericolosi e scarti alimentari provenienti da paesi extra-UE.

Dal complessivo quadro regolatorio di diritto interno ed euro-unitario sopra riportato si ricava, inoltre, ad ulteriore sostegno della necessità di interpretare in maniera rigorosa la deroga recata dal richiamato comma 8, dell’art. 5 del d.lgs. n. 197 del 2021, che il Piano dei rifiuti costituisce un elemento di fondamentale importanza per la valutazione ed elaborazione, da parte del gestore, di un congruo piano economico finanziario, che consenta di predisporre tariffe proporzionate ed adeguate (art. 8, comma 2, d.lgs. n. 197) in modo che i sistemi di recupero dei costi istituiti non costituiscano un incentivo per le navi a scaricare i rifiuti in mare.

Al riguardo, occorre rilevare che il predetto Piano dovrebbe contenere gli elementi fondamentali per lo svolgimento del servizio elencati dall'art. 5 e dagli Allegati 1 e 4 del citato d.lgs. 197/2021, ivi compresi:

- a) una valutazione del fabbisogno di impianti portuali di raccolta in relazione alle esigenze delle navi che approdano nei porti in via ordinaria;

b) la descrizione della tipologia e della capacità degli impianti portuali di raccolta;

c) l’indicazione dell’area portuale riservata alla localizzazione degli impianti di raccolta esistenti ovvero dei nuovi impianti eventualmente previsti nel Piano;

d) la descrizione dettagliata delle procedure di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico;

e) la stima massima dei costi degli impianti portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico, compresi quelli relativi al trattamento e allo smaltimento degli stessi, ai fini della predisposizione del bando di gara;

f) la descrizione del sistema per la determinazione delle tariffe;

g) le procedure per la segnalazione delle eventuali inadeguatezze rilevate negli impianti portuali di raccolta;

h) le procedure relative alle consultazioni permanenti con gli utenti dei porti, con i gestori degli impianti di raccolta, con gli operatori dei terminali di carico e scarico e dei depositi costieri e con le altre parti interessate;

i) la tipologia e la quantità dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico ricevuti e gestiti;

j) la sintesi della pertinente normativa e delle formalità per il conferimento;

k) l’indicazione dei responsabili dell’attuazione dei Piani;

l) le iniziative dirette a promuovere l’informazione agli utenti al fine di ridurre i rischi di inquinamento dei mari dovuti allo scarico in mare dei rifiuti e a favorire forme corrette di raccolta e trasporto;

m) la descrizione delle attrezzature e dei procedimenti di pretrattamento effettuati nei porti;

n) la descrizione delle modalità di registrazione dell’uso effettivo degli impianti portuali di raccolta;

o) la descrizione delle modalità di registrazione dei quantitativi dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico conferiti;

p) la descrizione delle modalità di smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico.

Tanto premesso, in relazione ai porti in esame, le condizioni rigorosamente individuate dal citato art.5, comma 8, ad avviso del Collegio, non sussistono.

A tal riguardo, e in via preliminare, non può essere condivisa l’interpretazione del Ministero appellante della definizione di “piccoli porti” di cui all’art. 5, comma 8, D.Lgs. n. 197/2021, alla luce delle categorie indicate dall’art. 4, comma 1, della L. n. 84/1994, non rivenendosi nel citato art. 5 alcuna lacuna suscettibile di essere riempita, sul piano dell’interpretazione analogica o sistematica, posto che esso fornisce, invece un’analitica ed esaustiva definizione di “piccoli porti” rilevante ai fini dell’esclusione dell’obbligo di adottare appositi Piani per la raccolta.

Tanto premesso, contro la tesi della parte appellante depone chiaramente il Masterplan regionale, il quale espressamente afferma che “La rete dei porti toscani” i porti del Giglio e di Santo Stefano sono qualificati come “di interesse regionale e interregionale”.

Nella medesima direzione si orientava, del resto, inoltre, il precedente Piano di raccolta e di gestione del 2009, nel quale si era stabilito che:

- Porto Santo Stefano: “Porto del Valle: molo Garibaldi…è attualmente riservato all’ormeggio di unità da pesca e ai mezzi navali militari e delle forze di polizia dello Stato…banchina Candi…riservati alle navi traghetto per le isole che dispongono di tre scivoli…banchina Toscana…è destinata agli usi mercantili o per l’ormeggio unità da diporto in transito o per il naviglio in riparazione…molo frangiflutti denominato Scarabelli lato esterno è presente un banchinamento…destinato all’ormeggio di punta di navi cisterna che operano il travaso di carburante avio destinato al locale deposito dell’aeronautica Militare”;

- Porto di Talamone: “banchina di Riva…è destinata attualmente all’ormeggio delle unità navali della Guardia Costiera e delle altre Forze di Polizia. Sullo stesso tratto insiste un distributore di carburanti…pontile del Porto…è destinato all’ormeggio di unità mercantili…banchina lato parcheggio…è destinata prevalentemente all’ormeggio delle unità mercantili…banchina prospiciente l’Hotel Baia di Talamone…è destinato di norma all’ormeggio di unità mercantili”;

- Porto Ercole: “Molo Sanità…tratto di circa 10 metri riservato all’ormeggio delle unità dei Reali d’Olanda e del lato sinistro riservato ai mezzi dell’Autorità Marittima e delle Forze di Polizia”;

- Giglio Porto: “molo Sopraflutto…Il secondo tratto …è attualmente adibito all’ormeggio di unità da traffico locale e trasporto passeggeri, mentre il primo tratto ai mezzi navali militari…il pontile di attracco denominato “Pino GALLI” preposto all’ormeggio delle unità traghetto in servizio di linea da e per Porto S. Stefano…molo Sottoflutto…attualmente adibito all’ormeggio di piccole unità da pesca e unità commerciali”.

Non gioverebbe in senso contrario sostenere, come fa il Ministero appellante nella memoria del 13 maggio 2024, che il riferimento al precedente Piano non terrebbe conto dei mutamenti normativi nel tempo intervenuti, posto che, come in precedenza già rilevato, tali mutamenti non elidono, ma semmai implementano, il principio per cui il Piano dei rifiuti costituisce la pietra angolare del sistema, come tale passibile di deroga solo in casi eccezionali.

Depone, inoltre, contro la prospettazione del Ministero appellante la circostanza per cui non tutti i porti regionali sono ricompresi in una delle categorie indicate dall’art. 4, comma 1, L. 84/1994.

Infatti, ai sensi del citato Masterplan, solo i porti dell’Isola del Giglio e di Porto Santo Stefano rientrano nella categoria II, classe III, tra quelli di rilevanza economica regionale e interregionale (doc. 23, fasc. I grado).

Quindi, anche per tale concorrente motivo, il ricorso a tali categorie non appare utilizzabile ai fini della esatta individuazione del regime derogatorio di cui all’art. 5, comma 8, d.lgs. n. 197/2021.

Tutto ciò premesso, ai sensi del citato art. 5, comma 8, possano rientrare nel regime di esenzione esclusivamente:

-i piccoli porti non commerciali interessati da un traffico scarso o sporadico solo ed unicamente di imbarcazioni da diporto;

- gli impianti portuali (che, quindi, dovevano già esistere) che sono già integrati nel sistema di gestione dei rifiuti comunale;

- i porti in relazione ai quali sia garantito per gli utenti del porto l’accesso alle informazioni relative al sistema di gestione dei rifiuti.

Dal richiamato disposto normativo discende, pertanto, che potrebbero godere di tale regime derogatorio solo quegli specchi d’acqua che non necessitano di un Piano ad hoc perché non interessati dal traffico di navi obbligate per legge a conferire i propri rifiuti ma solcati unicamente da imbarcazioni da diporto.

Una diversa interpretazione, del resto, sarebbe contraria ai principi in materia di tutela dell’ambiente e, in particolare, ai principi di prevenzione e precauzione, come puntualmente si ricava dall’art. 1, del d.lgs. n. 197/2021, secondo cui : “Il presente decreto ha l’obiettivo di proteggere l’ambiente marino dagli effetti negativi degli scarichi dei rifiuti delle navi che utilizzano i porti situati nel territorio dello Stato, nonché di garantire il buon funzionamento del traffico marino migliorando la disponibilità e l’uso di adeguati impianti portuali di raccolta dei rifiuti e il conferimento dei rifiuti stessi presso tali impianti”.

Né a diverse conclusioni è possibile giungere valorizzando, come cerca di fare il Ministero appellante, le caratteristiche fisiche dei porti di Talamone, Porto Santo Stefano, Porto Ercole e Isola del Giglio.

Contrariamente a quanto rilevato nell’atto di appello, sulla base delle pacifiche risultanze documentali del presente giudizio (cfr., tra gli altri, i docc. 32-34b e 43a-50 della produzione delle società appellante nel fascicolo di I grado), la conformazione dei predetti porti non impedisce il transito di navi da crociera, mega yatch, navi cargo e navi cariche di armamenti.

Corrobora siffatte conclusioni anche la considerazione per cui il collegamento tra Porto Santo Stefano e l’Isola del Giglio è quotidianamente svolto da due compagnie di navigazione, Maregiglio e Toremar, e che Porto Santo Stefano collega stabilmente anche altre località, tra cui l’Isola di Giannutri, il cui servizio è gestito da Maregiglio con almeno due corse giornaliere per due giorni la settimana.

A ciò si aggiunga il fatto che, come attentamente rilevato dal giudice di prime cure, a partire dal 2022, il Promontorio di Monte Argentario è divenuto una meta delle navi da crociera “world wide”, con scali in rada nei porti di Porto Santo Stefano e Porto Ercole.

Rafforzano ulteriormente le esposte conclusioni anche i moduli di notifica e i relativi provvedimenti di autorizzazione al mantenimento dei rifiuti a bordo prodotti dalle società appellante nel giudizio di primo grado, posto che essi testimoniano inequivocabilmente l’elevato numero di transiti, per i porti in questione, di navi obbligate a conferire i rifiuti.

Elementi di conferma in relazione alle conclusioni esposte si ricavano, infine, dalla Determinazione della Regione Toscana n. 4/AC/2024 del 6.5.2024 relativa alla verifica di assoggettabilità a VAS del Piano di raccolta e gestione delle navi del porto toscano di San Vincenzo.

Da essa emerge, infatti, che il porto di San Vincenzo, avente dimensioni addirittura più ridotte rispetto ai porti ricadenti nel Circondario Marittimo di Porto Santo Stefano, non ricade nel regime derogatorio di cui al citato art. 5, comma 8, non rientrando nella definizione di piccolo porto commerciale caratterizzato soltanto da un traffico scarso.

Anche da tale documento è possibile, pertanto, trarre, a fortiori, argomento a sostegno della non riconducibilità dei porti del Circondario Marittimo di Porto Santo Stefano nel paradigma delle eccezioni di cui al più volte citato art. 5, comma 8.

Quanto al profilo relativo alla natura commerciale o meno dei porti ricadenti nel Circondario Marittimo di Porto Santo Stefano, milita a sostegno della loro natura commerciale, e quindi della loro non riconducibilità nel regime di esenzione delineato dal citato art. 5, comma 8, l’ordinanza n. 132/2023, con la quale il Ministero appellante ha istituito il sistema di rilevamento delle navi “NMSW-PMIS” (cfr. doc. 52, fasc. I grado).

Tale ordinanza, nei primi due punti delle considerazioni preliminari, richiama espressamente il d.lgs. n. 197/2021 e la già menzionata Direttiva UE n. 883/2019 relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti prodotti dalle navi.

L’art. 9, comma 1, let. b), della ordinanza in esame stabilisce che “sono soggette all’inoltro tramite il NMSW-PMIS le istanze per autorizzazione/nulla osta e le comunicazioni relative a: … b) rifiuti di bordo e residui del carico”.

Con tale disposizione, l’Autorità marittima ha riconosciuto, pertanto, che il sistema di rilevamento debba applicarsi ai porti (commerciali) del Circondario al quale appartengono i porti per i quali si controverte, in quanto asserviti al traffico di unità commerciali.

Dall’analisi del testo di tale ordinanza si rileva, inoltre, l’esplicita ammissione in ordine al fatto che nei porti di cui trattasi si registra il transito e l’attracco di navi, segnatamente nella parte nella quale si assume che la “disciplina le modalità di espletamento delle pratiche amministrative all’arrivo, sosta e partenza di tutte le navi che scalano nei porti di Porto Santo Stefano, Isola del Giglio e Talamone, assoggettate alle formalità di cui all’art. 179 e ss C.N e al D.M 27 aprile 2017”.

A risultati non dissimili consente di giungere anche l’esame del D.M. 27 aprile 2017, che, all’art. 2, comma 1, let. l), definisce tra le unità addette ai servizi locali assoggettate alle sue disposizioni, quelle adibite ai servizi commerciali (es. Bunkeraggio).

Analoghe osservazioni valgono, infine, in merito al riferimento, operato dalla direttiva UE n. 883/2019, all’art. 179 del codice della navigazione che richiama, sua volta, le informazioni che le navi commerciali devono presentare all’autorità marittima.

Tutti questi elementi chiaramente depongono per la qualificazione dei Porti in esame quali porti commerciali caratterizzati da un traffico non sporadico, come tali non riconducibili al regime derogatorio di cui all’art. 5, comma 8, d.lgs. n. 197/2021.

Né può rilevare la circostanza per cui tali navi potrebbero optare per il mantenimento dei rifiuti a bordo. In senso contrario rileva il Collegio che la possibilità di mantenere rifiuti a bordo non costituisce una facoltà rimessa alla singola nave, ma l’esercizio di un potere che l’Autorità Marittima può esercitare in base alla legge

Depongono a sostegno di questa conclusione:

-il disposto di cui all’art. 6, d.lgs. n. 197/2021,secondo cui : “L'operatore delegato dall'armatore o dal comandante della nave, l'agente raccomandatario, o il comandante di una nave che rientra nell'ambito di applicazione decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 196, diretto verso un porto dell'Unione, compila in modo veritiero e preciso il modulo di cui all'allegato 2 del presente decreto («notifica anticipata dei rifiuti») e trasmette tutte le informazioni in esso contenute all'Autorità competente”;

-il disposto di cui all’art. 7, d.lgs. n. 197/2021, a tenore del quale: “Il comandante di una nave che approda in un porto dello Stato, prima di lasciare tale porto, conferisce tutti i rifiuti presenti a bordo a un impianto portuale di raccolta tenendo in considerazione le pertinenti norme in materia di scarico previste dalla convenzione MARPOL. Al momento del conferimento il gestore dell'impianto portuale di raccolta o l'Autorità competente cui i rifiuti sono stati conferiti o i soggetti da questi incaricati compilano in modo veritiero e preciso il modulo «ricevuta di conferimento dei rifiuti» di cui all'allegato 3 e fornisce, senza ingiustificati ritardi, la ricevuta di conferimento dei rifiuti al comandante della nave… Fatto salvo il comma 1, una nave può procedere verso il successivo porto di scalo senza aver conferito i rifiuti, previa autorizzazione dell'Autorità marittima che, avvalendosi dell'Autorità sanitaria marittima e del chimico del porto ove lo ritenga necessario, ha accertato almeno una delle seguenti condizioni: a) che dalle informazioni fornite conformemente agli allegati 2 e 3 risulta la presenza di una sufficiente capacità di stoccaggio dedicata a tutti i rifiuti che sono già stati accumulati e che saranno accumulati nel corso del viaggio previsto della nave fino al successivo porto di scalo; b) che dalle informazioni disponibili a bordo delle navi che non rientrano nell'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 196 del 2005 risulta la presenza di una sufficiente capacità di stoccaggio dedicata a tutti i rifiuti che sono già stati accumulati e che saranno accumulati nel corso del viaggio previsto della nave fino al successivo porto di scalo; c) che la nave fa scalo nella zona di ancoraggio solo per meno di 24 ore o in condizioni meteorologiche avverse, a meno che tale zona sia stata esclusa ai sensi dell'articolo 3, comma 2.

L'Autorità competente chiede alla nave di conferire, prima della partenza, tutti i propri rifiuti se: a) sulla base delle informazioni disponibili, comprese le informazioni disponibili per via elettronica nella parte del sistema informativo, di monitoraggio e di applicazione di cui all'articolo 13 o nel GISIS, non può essere accertato che nel successivo porto di scalo siano disponibili adeguati impianti portuali per la raccolta;b) il successivo porto di scalo non è noto”.

Ne discende che ove una nave non dovesse avere la capacità di stoccaggio dei rifiuti sufficiente a raggiungere il successivo porto di scalo, sarebbe obbligata a conferirli immediatamente, mentre l’Autorità Marittima sarebbe obbligata a riceverli mettendo a disposizione gli appositi impianti portuali di raccolta abilitati a raccogliere e gestire tali rifiuti speciali e pericolosi.

Anche per questa ragione, quindi, gli impianti portuali in esame devono essere regolati con appositi Piani.

L’assenza di appositi impianti portuali di raccolta nei porti che, come quelli in esame, sono interessati da un traffico di navi obbligate a conferire i propri rifiuti speciali e pericolosi, esporrebbe, inoltre, a gravi rischi per l’ambiente e la salute

Analoghe conclusioni si impongono anche con riferimento al presunto regime di esenzione di cui, ad avviso del Ministero appellante, godrebbero i traghetti che svolgono i servizi di linea.

E in effetti, anche in tal caso, l’esenzione in esame non è automatica, ma può essere disposta solo alle condizioni previste dall’art. 9, comma 1, d.lgs. n. 197/2021, che dispone: “L'Autorità Marittima può esentare una nave che fa scalo dagli obblighi di cui agli articoli 6, 7 comma 1, e 8, qualora vi siano prove sufficienti del rispetto delle seguenti condizioni: a) la nave svolge servizio di linea con scali frequenti e regolari; b) esiste un accordo che garantisce il conferimento dei rifiuti e il pagamento delle tariffe in un porto lungo il tragitto della nave che: 1) è comprovato da un contratto firmato con un porto o con un'impresa di gestione dei rifiuti e da ricevute di conferimento dei rifiuti; 2) è stato notificato a tutti i porti lungo la rotta della nave ed è stato accettato dal porto in cui hanno luogo il conferimento e il pagamento, che può essere un porto dell'Unione o un altro porto, nel quale, come stabilito sulla base delle informazioni comunicate per via elettronica in tale parte del sistema informativo, di monitoraggio e di applicazione di cui all'articolo 13 e nel GISIS, sono disponibili impianti adeguati; c) l'esenzione non incide negativamente sulla sicurezza marittima, sulla salute, sulle condizioni di vita e di lavoro a bordo o sull'ambiente marino”.

Contrariamente a quanto ritenuto nell’atto di appello, tra le predette condizioni vi è quella relativa all’esistenza di un accordo con un porto presso cui conferire detti rifiuti.

È, infine, evidente che la mancanza dello specifico servizio di raccolta dei rifiuti delle navi non possa essere sopperita dal sistema di gestione dei rifiuti comunale, occorrendo l’utilizzo di mezzi navali per raggiungere le navi ormeggiate in rada, ed essendo necessario raccogliere, frazionare e trattare, rifiuti speciali e pericolosi, residui di carico e scarti di alimenti di provenienza extra UE, che non possono refluire indistintamente nel flusso dei rifiuti urbani.

Senza contare che, in base alla direttiva 2019/883 e al d.lgs. n. 197 del 2021 di recepimento, tale servizio di raccolta deve essere facilmente e prontamente accessibile dagli utenti anche per evitare che quest’ultimi siano indotti ad abbandonare i rifiuti in mare

Al riguardo, occorre inoltre osservare che l’assunto del Ministero appellante è, sul piano fattuale, contraddetto dal rilievo per cui gli impianti portuali mobili della C.N. Talamone S.r.l. (e delle altre Società autorizzate) non sono integrati nel servizio di raccolta comunale.

Né rileva, per giungere a diverse conclusioni, l’osservazione, contenuta a pag. 14 dell’atto di appello, secondo cui “il conferimento dei rifiuti avviene storicamente presso i cassonetti già posizionati in ambito urbano dalle ditte appaltatrici del servizio di nettezza urbana; servendo così indifferentemente sia l’utenza portuale che quella urbana…”.

In senso contrario occorre osservare che, a tacere d’altro, il sistema così prospettato si esporrebbe alla criticità di trattare indifferentemente i rifiuti urbani con quelli speciali e pericolosi prodotti dalle navi.

Esso si porrebbe, inoltre, in aperto contrasto con i principi relativi alla tracciabilità dei rifiuti speciali e pericolosi di cui al d.lgs. n. 152/2006, che impone di raccogliere, frazionare e trattare, rifiuti speciali e pericolosi, residui di carico e scarti di alimenti di provenienza UE, i quali non possono refluire indistintamente nel flusso dei rifiuti urbani.

In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza appellate.

La particolarità della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.

Compensa tra le parti integralmente le spese di questo grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2024 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere, Estensore

Rosario Carrano, Consigliere