Consiglio di Stato Sez.IV n. 1147 del 2 febbraio 2023
Rifiuti.Misure emergenziali
In materia di inquinamento, l'impossibilità di imporre le misure di bonifica al proprietario non responsabile della contaminazione si giustifica, in sintesi estrema, per la natura sanzionatoria di questa misura. Diverso discorso si deve, invece, fare per le misure di prevenzione le quali, al pari della messa in sicurezza di emergenza, non hanno questa natura, ma costituiscono prevenzione dei danni, sono imposte dal principio di precauzione e dal correlato principio dell'azione preventiva, e quindi gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all'ambiente solo perché egli è tale senza necessità di accertarne il dolo o la colpa. Le misure emergenziali possono essere, dunque, disposte a carico del proprietario anche laddove venga ordinata una misura di prevenzione, e non solo di messa in sicurezza di emergenza; e anche soltanto per evitare un incremento repentino e potenzialmente immediato e incontrollabile dell'inquinamento.
Pubblicato il 02/02/2023
N. 01147/2023REG.PROV.COLL.
N. 06845/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6845 del 2016, proposto dalla Air Liquide Italia Produzione s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Nicola Bassi, Mario Bucello, Paola Tanferna, Simona Viola, con domicilio eletto presso lo studio Paola Tanferna in Roma, via Maria Adelaide,8;
contro
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero della salute, in persona dei rispettivi legali rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
la Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
nei confronti
del Fallimento della Sisas Spa, del Comune di Pioltello, del Comune di Rodano, della Tr Estate Due S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 00927/2016, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero della salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2022 il consigliere Giuseppe Rotondo; viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con atto di appello allibrato al nrg 6845/2016, la società Air Liquide Italia Produzione s.r.l. impugna la sentenza resa dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. III, n. 927, dell’11 maggio 2016, resa nel giudizio inter partes n.r.g. 404/2015, nella parte in cui ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado con riferimento all’imposizione in capo all’odierna appellante di misure di prevenzione per le acque di falda ai sensi degli articoli 242 e 245 del d.lgs. n. 152 del 2006.
2. Dopo avere ricostruito il quadro storico delle vicende che hanno contrassegnato i rapporti con le autorità amministrative e la società SISAS s.p.a., anche di natura contenziosa, nonché illustrato i vari giudizi (amministrativi e risarcitori) susseguitisi nel corso degli anni con riguardo alle responsabilità connesse alla contaminazione del sito, i cui esiti l’avrebbero vista sempre vittoriosa, la società istante, nel giudizio di primo grado, deduceva innanzi al T.a.r. per la Lombardia cinque motivi di ricorso (illustrati da pagina 34 a 49) a mezzo dei quali contestava:
a. le prescrizioni impostele al punto n. 3.1 dell’ordine del giorno della conferenza di servizi istruttoria tenutasi il giorno 24 febbraio 2014, i cui esiti sono stati approvati dalla conferenza di servizi decisoria tenutasi il giorno 9 dicembre 2014;
b. il decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche n. 5554/TRI/B del 10 dicembre 2014, avente ad oggetto “decreto contenente il provvedimento finale di adozione, ex art 14-ter legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Pioltello – Rodano del 09/12/2014”.
2.1. Lamentava che, dopo aver ritenuto approvabile l'analisi di rischio sito-specifica da essa stessa preparata (secondo cui sarebbe stata dimostrata l'assenza di pericoli di qualsiasi genere per l'ambiente e la salute umana, inclusa quella dei lavoratori), la conferenza - richiamando le affermazioni dell'ARPA risalenti al 2011 - aveva richiesto alla società di provvedere alla "adozione di misure di prevenzione per le acque di falda ai sensi dell'art. 242 e 245 del D.Lgs. 152/06" , nonché prescritto di ripresentare entro 60 giorni il progetto di bonifica dei suoli e delle acqua di falda.
Si costituiva il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per resistere al ricorso.
2.2. Il T.a.r., con sentenza 11 maggio 2016, n. 927, in parte accoglieva e in parte rigettava il ricorso, compensando le spese.
2.3. Il giudice di primo grado, dopo avere enucleato i seguenti obblighi imposti a carico della società con gli atti impugnati:
“1. adozione di misure di prevenzione per le acque di falda ai sensi degli artt. 242 e 245 del TU ambiente e continuazione del monitoraggio delle acque di falda con cadenza semestrale da concordare con ARPA (verbale della CSI del 24 febbraio 2014, punto A, pag. 10);
2. attività in esecuzione dell’analisi di rischio presentata il 28 giugno 2007, con le prescrizioni indicate (verbale della CSI del 24 febbraio 2014, punto B, pag. 10, e verbale della CSD del 9 dicembre 2014, pag. 7);
3. attività di gestione di rifiuti derivanti dalla attività di bonifica (verbale della CSI del 24 febbraio 2014, punto C, pag. 11, e verbale della CSD del 9 dicembre 2014, pag. 8);
4. nuova presentazione del progetto di bonifica dei suoli e delle acque di falda (verbale della CSI del 24 febbraio 2014, pag. 11);
5. eventuale nuova presentazione del progetto di bonifica «…tenendo conto delle osservazioni relative all’Analisi di Rischio,qualora gli esiti di tale procedura di Analisi di Rischio confermassero superamenti delle CSR così stimate, di presentare una revisione del Progetto di bonifica che preveda adeguati interventi…» (verbale della CSD del 9 dicembre 2014, pag. 8)”;
accoglieva il ricorso con riguardo agli interventi di cui ai precedenti punti da 2 a 5 compresi; lo respingeva con riguardo agli interventi di cui al precedente punto 1.
3. Appella la società Air Liquide Italia Produzione s.r.l., che censura la sentenza nella parte in cui ha respinto il motivo di ricorso di primo grado proposto avverso la prescrizione delle misure di prevenzione.
3.1. L’appello è affidato a un unico, articolato motivo di gravame (illustrato da pagina 43 a 50) a mezzo del quale si deduce: i) erroneità della sentenza nella valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; ii) contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia; iii) omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia; iv) violazione dell’art. 23 Cost.; v) violazione degli artt. 144, 240, 242, 244, 245, 250, 252, 253 del d.lgs 3 aprile 2006, n. 152; vi) violazione degli artt. 1, 3, 10 della legge 7 agosto 1990, n. 142.
3.2. La società lamenta l’insussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi per richiedere a su carico l’adozione delle misure di prevenzione.
3.3. Si è costituito il Ministero della Transizione Ecologica (oggi, dell’ambiente e della sicurezza energetica), per resistere all’appello.
3.4. In data 30 giugno 2022 è stata comunicata dalla segreteria della sezione la fissazione per il 15 settembre 2022 della camera di consiglio - ruolo aggiunto, per la verifica della permanenza dell’interesse alla trattazione del ricorso.
3.5. La società appellante. con nota depositata il 7 settembre 2022, ha comunicato la persistenza dell’interesse alla decisione.
3.6. In data 14 novembre 2022, l’appellante ha depositato memoria difensiva con la quale insiste per l’annullamento e/o riforma, nei limiti del proprio interesse, della sentenza impugnata.
4. All’udienza del 15 dicembre 2022, la causa è stata trattenuta per la decisione.
5. L’appello è infondato.
6. Le divisate prescrizioni (misure di prevenzione) - impartite al punto 3.1 del verbale dell'ordine del giorno della conferenza di servizi istruttoria dei 10 febbraio 2014, i cui esiti sono stati successivamente approvati dalla conferenza dei servizi decisoria del 9 dicembre 2014 e dal decreto direttoriale n. 5554 del 10 dicembre 2014 - sono state veicolate dagli accertamenti di cui al punto n. 3 del predetto verbale, in cui si rappresenta che i risultati delle attività di caratterizzazione validate da ARPA Lombardia, avevano evidenziato, quanto ai terreni, il superamento nelle CSC per i siti ad uso commerciale/industriale per i parametri: mercurio, piombo, idrocarburi >12 e < 12, benzene, cloruro di vinile, mentre per quanto riguarda la falda, fossero emersi fenomeni di contaminazione da cromo esavalente, mercurio, cloroformio, 1,2 dicloropropano, cloroformio, tetracloroetilene, tricoloetilene.
6.1. Sulla scorta di tali risultanze, i provvedimenti impugnati hanno posto a carico della società appellante le divisate misure di prevenzione; più precisamente, l’adozione di misure di prevenzione per le acque di falda ai sensi degli artt. 242 e 245 del Testo unico ambiente e la continuazione del monitoraggio delle acque di falda con cadenza semestrale da concordare con ARPA, di cui al verbale della Conferenza servizi del 24 febbraio 2014, punto A, pag. 10).
7. L’art. 245 del d.lgs n. 152 del 2006 così recita: “Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica”.
7.1. Tale disposizione normativa prevede, dunque, come possibile a carico del proprietario la prescrizione di misure di prevenzione allorquando venga rilevato il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione.
7.2. Il precedente art. 240, comma 1, lett. m), chiarisce che per “messa in sicurezza d'emergenza” si intende “ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente”.
7.3. La lettera “t” della disposizione in esame individua, a sua volta, quali sono queste condizioni di emergenza (in presenza delle quali possono essere imposte prescrizioni di messa in sicurezza d'emergenza al proprietario, ancorché non colpevole) indicandole in quegli “eventi al verificarsi dei quali è necessaria l'esecuzione di interventi di emergenza, quali ad esempio:
1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;
2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda;
3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;
4) pericolo di incendi ed esplosioni”.
7.4. Nel caso in esame, come sopra anticipato, i risultati delle attività di caratterizzazione validate da ARPA Lombardia, hanno evidenziato il superamento di tali limiti nelle CSC, ovvero il pericolo di un aggravamento delle condizioni esistenti.
8. Ebbene, in tali situazioni le misure di prevenzione, al pari della messa in sicurezza d'emergenza, possono essere imposte, ai sensi delle predette norme, anche al proprietario incolpevole (Cons. Stato Sez. IV, 12/07/2022, n. 5864).
8.1. Si tratta, infatti, di disporre (come avvenuto nella fattispecie) interventi tempestivi volti ad impedire e arginare la diffusione delle predette sostanze per gli evidenti impatti negativi ad effetti tendenzialmente irreversibili che le stesse sono in grado di produrre per l'ambiente e, più in particolare, a scapito della salute umana, in matrici di ecosistemi dai quali è poi difficile, in termini operativi, sanitari ed economici, la loro rimozione.
8.2. La giurisprudenza amministrativa, formatasi successivamente alla sentenza Corte di giustizia UE, sez. III, 4 marzo 2015 C 534-13 (su ordinanza di rinvio pregiudiziale dell’Adunanza plenaria 13 novembre 2013 n. 25), ha chiarito che, in materia di inquinamento, l'impossibilità di imporre le misure di bonifica al proprietario non responsabile della contaminazione si giustifica, in sintesi estrema, per la natura sanzionatoria di questa misura.
8.3. Diverso discorso si deve, invece, fare per le misure di prevenzione le quali, al pari della messa in sicurezza di emergenza, non hanno questa natura, ma costituiscono prevenzione dei danni, sono imposte dal principio di precauzione e dal correlato principio dell'azione preventiva, e quindi gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all'ambiente solo perché egli è tale senza necessità di accertarne il dolo o la colpa (Cons. Stato Sez. IV, 02/05/2022, n. 3426; 12/07/2022, n. 5863).
8.4. Le misure emergenziali possono essere, dunque, disposte a carico del proprietario anche laddove venga ordinata una misura di prevenzione, e non solo di messa in sicurezza di emergenza; e anche soltanto per evitare un incremento repentino e potenzialmente immediato e incontrollabile dell'inquinamento.
8.5. Sotto quest’ultimo profilo, l'accertamento del nesso fra una determinata presunta causa di inquinamento ed i relativi effetti (in termini di incremento anche potenziale) si basa sul criterio del "più probabile che non", ovvero richiede semplicemente che il nesso eziologico ipotizzato dall'autorità competente sia più probabile della sua negazione (Cons. Stato Sez. IV, 02/05/2022, n. 3426).
9. La circostanza, posta in evidenza dall’appellante, secondo cui la contaminazione sarebbe risalente nel tempo non assume, pertanto, alcuna rilevanza.
9.1. In primo luogo, perché l'art. 242, comma 1, del D.Lgs. n. 152 del 2006, nel fare riferimento specifico anche alle "contaminazioni storiche", ha inteso affermare il principio per cui la condotta inquinante, anche se risalente nel tempo e verificatasi in momenti storici passati, non esclude il sorgere di obblighi di bonifica, messa in sicurezza di emergenza o di prevenzione ove il pericolo di aggravamento della situazione sia ancora attuale (Cons. Stato Sez. IV, 14/06/2022, n. 4826).
9.2. In secondo luogo, alla luce di quanto ritenuto dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 21 del 25 settembre 2013 che ha riconosciuto che “il proprietario non responsabile è gravato di una specifica obbligazione di facere che riguarda, però, soltanto l'adozione delle misure di prevenzione di cui all'art. 242, (che, all'ultimo periodo del comma 1, ne specifica l'applicabilità anche alle contaminazioni storiche [quale quella per cui oggi si controverte NdR] che possono ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione)”.
10. La valutazione circa la presenza, l’attualità o la potenzialità del pericolo costituisce giudizio di valore che impinge nel merito della discrezionalità tecnica esercitata dalle competenti autorità, come tale insindacabile ove immune, come nella fattispecie (v. risultati delle attività di caratterizzazione validate da ARPA Lombardia) da vizi di irragionevolezza o travisamento dei fatti.
11. Le considerazioni che precedono valgono, altresì, per il rigetto del motivo di appello col quale la società evidenzia il mancato superamento della “concentrazione soglie di rischio” (CSR) e, quindi, l’insussistenza dei presupposti oggettivi per l’applicazione delle divisate misure.
11.1. E invero, per procedere alla messa in sicurezza d'emergenza ai sensi dell'art. 240 del D.lgs. n. 152/2006, è sufficiente la mera "scoperta" della presenza di sostanze inquinanti tossiche e nocive, purché con livelli superiori, non già alla CSR bensì, alla CSC ("concentrazione soglia di contaminazione": art. 244 del d.lgs. n. 152/2006), e in ogni caso, come sopra chiarito, l’opportunità di impedire o anche solo arginare la diffusione delle predette sostanze.
12. Quanto, infine, alla (presunta) contraddittorietà tra l’indirizzo iniziale della conferenza di servizi istruttoria del 10 febbraio 2014 e il risultato finale, laddove è stato ordinato alla società di assumere iniziative personali, è sufficiente osservare che l’esito dei lavori della conferenza è coerente con le risultanze della indagine espletata e costituisce lo scontato sbocco giuridico, tra i vari possibili, del procedimento.
13. In ogni caso, laddove si dimostrasse l’inesistenza (sopravvenuta) di un pericolo imminente, gli obblighi preventivi sarebbero immediatamente caducati. A tutto voler concedere, pertanto, se non ricorresse più l’imminenza del pericolo l’appellante potrebbe rappresentare all’autorità competente la relativa circostanza, chiedendole di dichiarare estinti, o di rimodulare i suoi obblighi. Sta di fatto che la (solo) affermata sopravvenienza non può risolversi in un vizio di legittimità della determinazione impugnata (cfr Cons. Stato, sez. VI, n. 6546 del 25 luglio 2022).
14. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
15. Le spese del grado di giudizio, tenuto conto della peculiare natura della controversia, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente FF
Luca Lamberti, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Consigliere