Cass. Sez. III n.3692 del 28 gennaio 2014 (Ud 17 dic. 2013)
Pres. Mannino Est. Ramacci Ric. La Valle ed altro
Rifiuti. Trasporto illecito di rifiuti pericolosi senza formulario e natura del FIR

L'art. 39, comma 2-bis d.lgs. 205\2010, come modificato dall'art. 4 d.lgs. 7 luglio 2011, n. 121, laddove stabilisce l'applicabilità  delle sanzioni previste dall'articolo 258 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, «nella formulazione precedente all'entrata in vigore del presente decreto» ha natura di norma interpretativa e non innovativa, con la conseguenza che dette sanzioni sono applicabili ai fatti commessi antecedentemente alla entrata in vigore del d.lgs. 121\2011.
Il formulario di identificazione dei rifiuti (FIR) non ha alcun valore certificativo della natura e composizione del rifiuto trasportato, trattandosi di documento recante una mera attestazione del privato, avente dunque natura prettamente dichiarativa, con la conseguenza che, a differenza di ciò che avviene per la predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso di certificato falso durante il trasporto, non sono applicabili le sanzioni penali stabilite dall'art. 258 d.lgs. 152\06 con richiamo all'art. 483 cod. pen.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. MANNINO Saverio F. - Presidente - del 17/12/2013
Dott. SAVINO Mariapia Gaetana - Consigliere - SENTENZA
Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere - N. 3666
Dott. ANDREAZZA Gastone - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria - Consigliere - N. 11627/2013
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LA VALLE EGIDIO N. IL 09/05/1965;
LA VALLE FRANCESCO N. IL 25/02/1956;
avverso la sentenza n. 2/2011 CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA, del 16/10/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. M. Fraticelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza del 16.10.2012, ha confermato la decisione con la quale, in data 6.7.2010, il Tribunale di quella città aveva riconosciuto LA VALLE Francesco ed LA VALLE Egidio responsabili del reato di cui agli artt. 99 e 110 c.p., D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, in relazione all'art. 483 c.p., perché, in concorso tra loro e con altri, nella qualità di soci amministratori della "ECO.F.A.L s.r.l.", effettuavano il trasporto di kg 30.000 di rifiuti speciali pericolosi attestandone falsamente nel F.I.R., esibito in sede di controllo, la natura di rifiuti speciali non pericolosi con attribuzione del codice CER 16.01.06 (veicoli fuori uso non contenenti liquidi ne' altre sostanze pericolose), trattandosi, invece, di rifiuti speciali pericolosi classificabili con il codice CER 16.01.04 (fatto accertato il 29.2.2008. Recidiva specifica per entrambi).
Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per cassazione.
2. Con un primo motivo di ricorso deducono la violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, rilevando che, avuto riguardo alla formulazione della richiamata disposizione dopo l'intervento correttivo ad opera del D.Lgs. n. 205 del 2010, la condotta contestata nel capo di imputazione non sarebbe più prevista dalla legge come reato, mancando ora ogni riferimento al trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario che, invece, era contemplato nella originaria stesura dell'articolo.
3. Con un secondo motivo di ricorso denunciano la violazione di legge, osservando che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, attualmente vigente individua, quale condotta soggetta a sanzione penale, esclusivamente quella di chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e di chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto e che, pertanto, a tale fattispecie non sarebbe riconducibile il fatto loro ascritto nell'imputazione, avente ad oggetto una diversa qualificazione del rifiuto trasportato nel F.I.R., documento che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici del gravame, non avrebbe alcuna funzione certificativa o asseverativa, bensì soltanto descrittiva ed identificativa del rifiuto.
4. Con un terzo motivo di ricorso lamentano il vizio di motivazione, asserendo che risulterebbe accertato in fatto, anche attraverso la perizia effettuata sui rifiuti trasportati, che questi solo in parte potevano qualificarsi come rifiuti pericolosi per il loro contenuto, non più presente in gran parte degli oggetti, che risultavano, conseguentemente, bonificati prima del trasporto. 5. Con un quarto motivo di ricorso rilevano che, a tutto voler concedere, la condotta contestata potrebbe essere ricondotta alla fattispecie di cui all'art. 258, comma 4 prima parte, soggetta alla sola sanzione amministrativa.
6. Con un quinto motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione, rilevando che la Corte di appello non si sarebbe pronunciata in punto di sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria e di concessione della sospensione condizionale della pena in favore di LA VALLE Francesco.
7. Con un sesto motivo di ricorso lamentano, infine, l'eccessività della pena in relazione alla non particolare gravità del fatto, evidenziata dalla natura di rifiuti non pericolosi di parte di quelli trasportati.
Insistono pertanto per l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO
8. Premessa.
Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati. Occorre premettere che la questione di preminente rilievo nella vicenda in esame riguarda la applicabilità o meno del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, disposizione che, come è noto, ha subito modifiche ad opera del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con rilevanti conseguenze circa l'individuazione dell'ambito temporale di efficacia della disposizione medesima, rispetto al quale la giurisprudenza di questa Sezione e la dottrina non sono giunte ad univoche conclusioni.
Tale questione, riproposta dagli odierni ricorrenti, merita pertanto di essere nuovamente esaminata al fine di meglio delineare, alla luce delle disposizioni richiamate e tenendo anche conto dei molteplici interventi dottrinari, quale sia il regime sanzionatorio attualmente applicabile al trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti, così esaminando le deduzioni formulate dagli odierni ricorrenti nel primo, secondo e quarto motivo di ricorso. 9. La successione degli interventi normativi.
Il reato di illecito trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti, era originariamente previsto dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 52, comma 3, il quale prevedeva l'applicabilità della pena di cui all'art. 483 c.p.. L'abrogazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, ad opera del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non ha prodotto, inizialmente, alcun effetto rilevante, in quanto l'art. 258, comma 4, aveva contenuto pressoché identico a quello della disposizione previgente.
L'art. 258, comma 4, nella formulazione originaria, stabiliva:
"chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'art. 193, ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento Euro a novemilatrecento Euro. Si applica la pena di cui all'art. 483 c.p., nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto".
La disposizione così formulata prevedeva, dunque, l'applicazione della sanzione amministrativa al trasporto di rifiuti non pericolosi senza formulario ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti, mentre per il trasporto nelle medesime condizioni di rifiuti pericolosi, la sanzione applicabile era quella stabilita dall'art. 483 c.p..
Considerato il tenore letterale della norma in esame, il richiamo all'art. 483 c.p., veniva ritenuto, da gran parte della dottrina e dalla giurisprudenza di questa Corte, effettuato quoad poenam (v. Sez. 3^ n. 1040, 29 maggio 2000; Sez. 3^ n. 1134, 4 maggio 2000) e, per ciò che concerneva l'ipotesi di predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso di certificato falso durante il trasporto, si faceva invece rilevare in dottrina che, sempre secondo la formulazione letterale della norma, detto reato prescindeva dall'attività di trasporto cui veniva fatto riferimento nelle altre ipotesi di reato contemplate dall'articolo 258 nell'originaria formulazione, in quanto tale attività non veniva menzionata riguardo a tale condotta. Inoltre, l'assenza di riferimenti, in questa parte dell'articolo, ai rifiuti pericolosi, consentiva di ritenere la disposizione applicabile indipendentemente dalla pericolosità o meno del rifiuto, giustificando tale opzione ermeneutica in considerazione della oggettiva diversità tra certificato e formulario (di cui si dirà anche in seguito) ed individuando in tale disposizione una fattispecie autonoma di reato, speciale rispetto a quella prevista dall'art. 481 c.p..
9.1. La situazione è rimasta immutata fino al 25.12.2010, data di entrata in vigore del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, il quale, con l'art. 35, comma 1, lett. c), ha disposto la sostituzione dell'art. 258, comma 4.
Per effetto di tale intervento correttivo, l'art. 258, comma 4, nella sua attuale formulazione così recita: "Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all'art. 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'art. 188 bis, comma 2, lett. a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento Euro a novemilatrecento Euro. Si applica la pena di cui all'art. 483 c.p., a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto".
L'intervento modificativo è stato effettuato in previsione della pressoché concomitante piena operatività del "SISTRI", il sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti la cui introduzione era prevista dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 189, comma 3 bis, (introdotto con il D.Lgs. n. 4 del 2008) e che era finalizzato alla trasmissione e raccolta di informazioni su produzione, detenzione, trasporto e smaltimento di rifiuti ed alla realizzazione, in formato elettronico, del formulario di identificazione dei rifiuti, dei registri di carico e scarico e del M.U.D., da stabilirsi con apposito decreto ministeriale, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato il 17 dicembre 2009, dando dunque attuazione alla disposizione richiamata (ed al D.L. n. 78 del 2009, art. 14 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 102 del 2009).
Il contenuto del decreto ministeriale è stato successivamente modificato ed integrato prorogando, però, anche i termini originariamente fissati per la piena operatività del sistema. Il D.Lgs. n. 205 del 2010, sempre considerando l'imminente entrata in funzione del SISTRI, che sostanzialmente comporterebbe la sostituzione della documentazione cartacea precedentemente utilizzata (MUD, Registri di carico e scarico e FIR), ha provveduto, con l'art. 16, alla sostituzione degli artt. 188, 189, 190 e 193, all'introduzione degli artt. 188 bis e 188 ter, nonché, con l'art. 36, alla previsioni di specifiche sanzioni, contemplate dagli artt. 260 bis e 260 ter.
Il D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 16, comma 2, prevedeva, tuttavia, che le disposizioni in esso contenute entrassero in vigore a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui al D.M. 17 dicembre 2009, art. 12, comma 2, (quindi all'effettivo avvio del SISTRI), termine che però, come si è già detto, è stato più volte prorogato.
Al medesimo termine faceva riferimento anche il D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, recante disposizioni transitorie e finali, per ciò che concerneva le sanzioni relative SISTRI, prevedendone peraltro la graduazione nel primo periodo di attività del nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti.
Nessun termine era invece previsto per l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 35, con la conseguenza di una immediata efficacia delle modifiche apportate al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comportanti, come si è visto, un restringimento dell'ambito soggettivo di applicabilità della disposizione non riferita più a "chiunque effettui il trasporto", bensì alle sole "imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all'art. 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)" e l'assenza dello specifico richiamo all'art. 483 c.p., per il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti. 9.2. La diacronia nella vigenza delle singole decisioni è stata oggetto di pesantissime e giustificate critiche da parte della dottrina, che ha in più occasioni stigmatizzato non soltanto la singolare situazione venutasi a creare, ma anche la soluzione successivamente adottata per rimediarvi.
Presa infatti coscienza dell'esistenza di quello che è stato da più parti definito un evidente "vuoto normativo", il legislatore è intervenuto con il D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, il quale, con l'art. 4, comma 2, ha apportato modificazioni al D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, disponendo, tra l'altro, l'inserimento dei commi 2 bis e 2 ter, che si riferiscono all'ambito di efficacia temporale del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258.
Stabilisce, in particolare, il comma 2 bis, che "anche in attuazione di quanto disposto al comma 1, i soggetti di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 188 ter, commi 1, 2, 4 e 5, e successive modificazioni, che fino alla decorrenza degli obblighi di operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 188 bis, comma 2, lett. a), e successive modificazioni, non adempiono alle prescrizioni di cui all'art. 28, comma 2, del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52, sono soggetti alle relative sanzioni previste dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 258, nella formulazione precedente all'entrata in vigore del presente decreto". Il D.M. n. 52 del 2011, art. 28, comma 2, come modificato dal successivo D.M. 10 novembre 2011, n. 219, stabilisce che "al fine di garantire l'adempimento degli obblighi di legge e la verifica della piena funzionalità del SISTRI, fino al termine di cui all'art. 12, comma 2, del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009 e successive modifiche e integrazioni, i soggetti di cui agli artt. 3, 4 e 5 del presente regolamento rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 190 e 193, e successive modificazioni e sono soggetti alle relative sanzioni previste dal medesimo decreto legislativo precedentemente all'entrata in vigore del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205".
Il richiamo all'applicabilità delle previgenti sanzioni risulta contenuto anche nel D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 52, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ove, nel sospendere il termine di entrata in operatività del SISTRI, si precisa che i soggetti di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 188 ter, "rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 190 e 193, ed all'osservanza della relativa disciplina, anche sanzionatoria, vigente antecedentemente all'entrata in vigore del D.Lgs. del 3 dicembre 2010, n. 205". 10. I precedenti arresti giurisprudenziali.
Con un prima decisione (Sez. 3^ n. 29973, 27 luglio 2011) si è affermato che il trasporto di rifiuti pericolosi senza il formulario di identificazione dei rifiuti o con formulario che riporti dati incompleti o inesatti, previsto come delitto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, nella formulazione previgente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 205 del 2010, non è più previsto dalla legge come reato, rilevando anche che la nuova fattispecie del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260 bis, comma 7, introdotta sempre dal D.Lgs. n. 205 del 2010, sanziona il trasporto di rifiuti pericolosi non accompagnato dalla copia cartacea della scheda SISTRI e non anche quello accompagnato dal F.I.R. o con un formulario con dati incompleti o inesatti.
Nell'occasione, tuttavia, si prescindeva dall'esaminare ulteriormente le questioni derivanti dalla richiamata modifica legislativa e gli eventuali problemi di continuità normativa, in quanto la fattispecie oggetto del giudizio, riguardando rifiuti non pericolosi, doveva ritenersi già, sulla base della disciplina previgente come configurante, in astratto, un mero illecito amministrativo. 10.1. Una successiva pronuncia (Sez. 3^ n. 15732, 24 aprile 2012), in piena adesione al principio appena ricordato, si affermava che, in applicazione dei principi fissati dall'art. 2 c.p., le condotte concernenti il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti oggetto del giudizio e poste in essere antecedentemente all'intervento correttivo operato con il D.Lgs. n. 205 del 2010, devono essere ritenute non più riconducibili all'ipotesi di reato contemplate dalla disciplina previgente.
Analogo richiamo alla sentenza 29973/2011 veniva effettuato in altra decisione (Sez. 3^ n. 27383, 11 luglio 2012, non massimata) pervenendo peraltro alla conclusione che per il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti deve ora ritenersi applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria prevista, in generale, dal novellato comma 4, per le medesime condotte riguardanti i rifiuti non pericolosi.
In entrambe le occasioni, tuttavia, non veniva svolta alcuna considerazione in ordine alle ulteriori modifiche apportate al D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, ad opera del D.Lgs. n. 121 del 2011, già in vigore alla data della pronuncia.
10.1. Il principio formulato nella sentenza 29973/2011 era poi oggetto di mero richiamo in altre decisioni (Sez. 3^ n. 19682, 8 maggio 2013; Sez. 3^ n. 10244, 5 marzo 2013; Sez. 3^ n. 14086, 26 marzo 2013, non massimate) al fine di evidenziare l'evidente errore in cui era incorso il giudice del merito nel ritenerli applicabili ad ogni ipotesi di trasporto di rifiuti, tanto da dichiarare di non doversi procedere nei confronti dell'imputato per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a), e comma 2, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. In una successiva pronuncia (Sez. 3^ n. 28909, 8 luglio 2013) riguardante fatti commessi nel 2007, quindi antecedentemente all'intervento correttivo del D.Lgs. n. 205 del 2010, viene invece dato atto della postergazione della piena operatività del SISTRI, cui risulta collegata l'entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di trasporto di rifiuti e delle relative sanzioni penali, ritenendo così la piena vigenza di quelle originariamente previste "anche al fine di evitare un pericoloso vuoto normativo con possibile contrasto con il precetto costituzionale di cui all'art. 3 Cost., (principio di ragionevolezza)" e, conseguentemente, accogliendo il ricorso del Pubblico Ministero avverso la pronuncia del giudice del merito, il quale aveva ritenuto il fatto non più previsto dalla legge come reato.
Ancor più recentemente (Sez. 3^ n. 32942, 30 luglio 2013) con riferimento ad un sequestro probatorio eseguito il 20 febbraio 2012, dunque successivamente alle modifiche apportate al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, dal D.Lgs. n. 205 del 2010, ed all'ulteriore intervento ad opera del D.Lgs. n. 121 del 2011, si ricorreva nuovamente al mero richiamo della sentenza 29973/2011 per sostenere il venir meno della rilevanza penale del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, per effetto delle modifiche apportatevi dal D.Lgs. n. 205 del 2010.
11. La dottrina.
Le conseguenze della successione di leggi in precedenza ricordata sono state ovviamente, come si è detto, oggetto di attenzione da parte della dottrina, che pure è giunta a posizioni non uniformi, le quali hanno riguardato anche i contenuti delle pronunce di questa Corte in precedenza ricordate e che meritano di essere sommariamente sintetizzate.
11.1. Antecedentemente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 121 del 2011, si era sostenuta, sulla base di una interpretazione ritenuta rispondente a logica, l'applicabilità dell'art. 258 nella formulazione previgente al correttivo del 2010, considerando che il differimento dell'entrata in vigore del SISTRI comportava ancora l'utilizzo dei formulari nell'attività di trasporto dei rifiuti. Tale lettura della disposizione in esame - evidentemente finalizzata a colmare il vuoto venutosi a creare con l'eliminazione effettiva degli obblighi concernenti il formulario e la temporanea inapplicabilità, a causa dei plurimi rinvii, delle nuove sanzioni per le violazioni degli obblighi previsti dal SISTRI - è stata tuttavia criticata da coloro che, al contrario, ne negavano ogni ultrattività, ritenendo che l'eliminazione dall'art. 258, comma 4, del riferimento al trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario o con formulario contenente dati incompleti o inesatti abbia sottratto tali condotte alla sanzione penale.
Secondo tale lettura delle disposizioni in esame vi sarebbe stato un vuoto normativo nel periodo intercorrente tra il 25 dicembre 2010, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 205 del 2010, ed il 16 agosto 2011, data che segna l'inizio della vigenza del D.Lgs. n. 121 del 2011, con conseguente applicabilità dell'art. 2 c.p.. 11.2. L'intervento, non a torto definito "riparatore", effettuato con il D.Lgs. n. 121 del 2011, art. 4, comma 2, non ha tuttavia risolto completamente la questione, dovendosi, anche in questo caso, registrare le divergenti opinioni di quanti hanno ritenuto che la richiamata disposizione abbia natura di norma penale innovativa, restando così immutata la questione dell'applicabilità, in base all'art. 2 c.p., della norma più favorevole per i fatti commessi in epoca antecedente al 16 agosto 2011, rispetto a quelle di coloro che vedono in questa disposizione una norma meramente interpretativa, la cui efficacia retroagirebbe fino al 25 dicembre 2010, saldando così la cesura tra le due date.
Tale ultimo indirizzo critica il ricorso all'interpretazione letterale del D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, secondo la quale dovrebbe ritenersi che il legislatore non abbia volutamente inteso differire l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, diversamente da quanto ha fatto per ciò che concerne il SISTRI e le relative sanzioni, mantenendo in vigore l'obbligo di tenuta dei registri e dei formulari secondo le vecchie regole e rileva come detta interpretazione si ponga in contrasto con i principi espressi dalla direttiva 2008/98/CE e, segnatamente, quelli contenuti nell'art. 36 in tema di adeguatezza delle sanzioni e 13, relativamente alla protezione della salute umana e dell'ambiente. Conseguentemente, si osserva come una lettura comunitariamente orientata delle disposizioni dovrebbe indurre a considerare che nonostante lo specifico richiamo del D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, comma 1, alle sole sanzioni riguardanti la disciplina del SISTRI, la cui efficacia viene differita, deve tenersi conto anche del contestuale rinvio riguardante le modifiche al regime sostanziale di riferimento (sostituzione degli artt. 188, 189, 190 e 193, introduzione degli artt. 188 bis e 188 ter), giungendo così alla conclusione che la posticipazione del sistema sanzionatorio deve considerarsi riferita anche alle modifiche apportate al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258.
La citata dottrina ritiene di trovare una conferma dell'esattezza dell'opzione ermeneutica proposta nel disposto dell'art. 39 citato, comma 2 bis, introdotto dal D.Lgs. n. 121 del 2011, laddove premette la frase "anche in attuazione di quanto disposto al comma 1" nello stabilire che, fino alla decorrenza degli obblighi di operatività del SISTRI, continuano ad applicarsi il regime dei registri e formulari ed il relativo regime sanzionatorio, manifestando così la volontà di una saldatura con la disciplina esistente allo scopo di chiarirne la portata ed assumendo, pertanto, valenza interpretativa e non innovativa.
12. Natura innovativa o interpretativa del D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, comma 2 bis.
Come si è appena visto, l'intervento "riparatore" attuato dal D.Lgs. n. 121 del 2011, modificando il D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, ha posto l'ulteriore questione, prontamente affrontata dalla dottrina, giunta, però, a soluzioni non unanimemente condivise, della natura innovativa o interpretativa della disposizione e la cui soluzione, nell'uno o nell'altro senso, incide anche sulla soluzione del caso in esame, avente ad oggetto, come ricordato in precedenza, fatti avvenuti nel 2008.
Tale diversità di vedute pare al Collegio possa individuarsi anche nelle richiamate pronunce della Sezione laddove le conclusioni adottate, seppure in assenza di approfondimenti chiarificatori, evidenziano un'implicita adesione all'una o l'altra tesi, propendendo evidentemente, ad eccezione di un caso (Sez. 3^ n. 28809/13), per la natura innovativa della disposizione in esame.
12.1. Ciò posto ed osservato che alla preoccupante situazione di incertezza venutasi a creare avrebbe potuto agevolmente ovviarsi attraverso un più efficace e meno caotico coordinamento tra le diverse disposizioni susseguitesi nel tempo, rileva il Collegio che la soluzione che propende per la natura interpretativa del più volte menzionato D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, sia preferibile per una serie di ragioni.
Invero, paiono del tutto condivisibili le osservazioni formulate in dottrina e sommariamente ricordate in precedenza ma, sopratutto, la soluzione adottata sembra più ragionevole e conforme all'effettiva volontà del legislatore.
12.2. L'introduzione degli artt. 188 bis e 188 ter, e la sostituzione degli artt. 188, 189, 190, 193 e 194 avevano lo scopo di armonizzazione le disposizioni sul SISTRI con quelle del D.M. 17 dicembre 2009, che lo istituiva, integrandosi con i principi della direttiva 2008/98/CE, che stabiliscono come la tracciabilità dei rifiuti debba essere garantita dalla loro produzione alla loro destinazione finale.
Allo stesso scopo, il D.Lgs. n. 205 del 2010, apportava modifiche al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258 (ed all'art. 255), contestualmente inserendo i nuovi artt. 260 bis e 260 ter, predisponendo, così, un nuovo sistema sanzionatorio adeguato al sistema di tracciabilità dei rifiuti adottato e conforme ai principi della richiamata direttiva che, nell'art. 36, richiede l'adozione, da parte degli Stati membri, di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.
Si tratta, dunque, di un impianto sanzionatorio necessariamente coordinato, attraverso modifiche di norme esistenti e l'inserimento di nuove ipotesi di reato, con il nuovo sistema del SISTRI e che soltanto una lettura sistematica rende coerente, non avendo altrimenti senso il richiamo, presente anche nell'art. 258, al sistema di tracciamento dei rifiuti non ancora operativo ed a disposizioni, quali l'art. 188-bis, non ancora entrate in vigore. Un ulteriore conferma della correttezza di tale soluzione interpretativa può rinvenirsi nella relazione che accompagna il D.Lgs. n. 121 del 2011.
In detta relazione viene fatto presente che l'introduzione del D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, commi 2 bis e 2 ter, ha lo scopo di chiarire l'ambito di applicazione temporale del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, come riformulato dal "correttivo" del 2010 e che con essa sostanzialmente viene ribadito ciò che già è affermato nel medesimo D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, comma 1.
Si legge testualmente nella relazione "(...) nella sostanza, il citato art. 39, comma 1, stabilisce, quindi, che fintanto che il SISTRI coesisterà - in un regime dualistico - con il tradizionale sistema di tracciabilità (MUD, registro di carico e scarico e formulario), non si applica l'apparato sanzionatorio introdotto dal D.Lgs. n. 205 del 2010, in vista della piena operatività del SISTRI, bensì il regime sanzionatorio previgente al decreto legislativo 205/2010 che presidia la violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari vigenti, e quindi - come esplicitato dai commi 2 bis e 2 ter - anche il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 258, nella formulazione precedente all'entrata in vigore del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205".
12.3. Peraltro stabiliscono altrettanto, come pure si è dianzi ricordato, il D.M. n. 52 del 2011, art. 28, comma 2, come modificato dal successivo D.M. 10 novembre 2011, n. 219, e il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 52, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.
Dunque la disposizione in esame non apporta alcuna innovazione al sistema sanzionatorio ne', tanto meno, amplia l'ambito di efficacia del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, limitandosi a meglio chiarire il significato da attribuire a quanto già disposto dal comma 1 del medesimo art. 39, dovendosi conseguentemente escludere la sussistenza di un "vuoto normativo" quale risultato della nuova e diversa formulazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, per ciò che attiene al trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti. Invero, il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, trova comunque applicazione e - è appena il caso di osservarlo - ciò non comporta alcuna efficacia retroattiva della legge interpretativa, il cui effetto, una volta specificato il significato della legge interpretata, è esclusivamente la corretta applicazione di quest'ultima. Dunque l'interpretazione autentica del legislatore è applicabile anche se meno favorevole all'imputato di una interpretazione giurisprudenziale precedente.
12.4. Deve conseguentemente affermarsi il principio secondo il quale il D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 39, comma 2 bis, come modificato dal D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, art. 4, laddove stabilisce l'applicabilità delle sanzioni previste dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 258, nella formulazione precedente all'entrata in vigore del presente decreto ha natura di norma interpretativa e non innovativa, con la conseguenza che dette sanzioni sono applicabili ai fatti commessi antecedentemente alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 121 del 2011.
Alla luce delle considerazioni appena svolte appare dunque evidente che la lettura delle disposizioni richiamate effettuata dai giudici del merito deve ritenersi non corretta.
13. I formulari di identificazione dei rifiuti (F.I.R.). Altro aspetto rilevante della questione trattata riguarda la corretta individuazione della natura dei F.I.R. (formulari di identificazione dei rifiuti), rispetto ai quali la Corte territoriale ha escluso, nella decisione impugnata, la natura di mero documento di trasporto, attribuendo loro, invece, natura certificativa della tipologia del rifiuto trasportato.
Sulla base di tale conclusione i giudici del gravame, dopo aver affermato che il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario non sarebbe più sanzionato dopo la modifica dell'art. 258, ad opera del D.Lgs. n. 205 del 2010, aderendo così all'indirizzo interpretativo appena confutato, sono pervenuti comunque alla reiezione dello specifico motivo di appello ritenendo in ogni caso configurato il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, in ragione, appunto, del fatto che il trasporto era stato effettuato in base a documentazione inidonea ad attestare la natura di quanto trasportato. L'assunto, tuttavia, non è corretto.
13.1. I formulari di identificazione dei rifiuti sono contemplati dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 193. Tale disposizione, come si è detto in precedenza, ha subito nel tempo diverse modifiche, la più rilevante delle quali è quella ad opera del D.Lgs. n. 205 del 2010, che, come pure si è ricordato, lo ha sostituito adattandone i contenuti alle esigenze di operatività del SISTRI, sebbene, come pure si è detto, deve comunque tenersi conto del più volte richiamato D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 16, comma 2, che ne ha differito l'entrata in vigore.
Dopo la novella del 2010, altri interventi modificativi sono stati effettuati dal D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, e dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.
Considerando dunque la disciplina attualmente applicabile, riferibile anche alla fattispecie in esame, deve ricordarsi che il formulario di identificazione è richiesto per il trasporto di rifiuti effettuato da enti o imprese e deve contenere alcuni dati essenziali (nome ed indirizzo del produttore e del detentore; origine, tipologia e quantità del rifiuto; impianto di destinazione; data e percorso dell'instradamento; nome ed indirizzo del destinatario) la cui presenza è imprescindibile, pur non escludendosi, comunque, la possibilità che il formulario contenga ulteriori informazioni, come emerge dal tenore letterale dell'art. 193, il quale prevede anche ulteriori requisiti ed alcune esenzioni per determinate tipologie di trasporto.
Tenendo dunque conto dei contenuti e delle finalità del formulario, dottrina e giurisprudenza hanno individuato le sostanziali differenze tra detto documento ed il certificato cui fa sempre riferimento il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, che punisce, sempre richiamando l'art. 483 c.p., la predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso di certificato falso durante il trasporto. Si tratta, evidentemente, di atti che hanno diversa natura giuridica, poiché, come si è fatto rilevare, sebbene il formulario abbia una sua specifica valenza in ragione dei dati che obbligatoriamente vi sono contenuti e ad essi il legislatore abbia attribuito un rilievo non secondario, in ragione delle finalità di compiuta identificazione del rifiuto, come dimostra anche la previsione delle specifiche sanzioni contemplate dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, nondimeno esso si concreta in una mera attestazione del privato, avendo, in sostanza, un contenuto meramente dichiarativo. Diversamente, il certificato si distingue dal formulario in ragione del fatto che esso, per definizione, risponde ad una esigenza di certezza pubblica e proviene da soggetto qualificato ed abilitato all'esercizio di una specifica professione che, nel caso previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comporta l'esternazione di dati precedentemente acquisiti attraverso specifiche metodologie concernenti natura, composizione e caratteristiche del rifiuto, tanto che, si è osservato, la specifica violazione prevista dalla disposizione in esame si porrebbe in rapporto di specialità rispetto al reato di cui all'art. 481 c.p..
Del resto, la diversità tra formulario e certificato risulta evidente anche dalla stessa formulazione della norma incriminatrice, che, con riferimento al primo, prevede la sanzione penale considerando esclusivamente i rifiuti pericolosi, mentre la predisposizione e l'uso del certificato falso prescinde da tale specificazione ed è conseguentemente applicabile anche ai rifiuti pericolosi.
Inoltre, la predisposizione di un falso certificato di analisi viene sanzionata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, senza alcun riferimento all'attività di trasporto, diversamente da quanto avviene per i formulari, prevedendo quale diversa ed autonoma condotta quella dell'uso di un certificato falso durante il trasporto.
13.2. In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3^ n. 1040, 29 maggio 2000) con riferimento alla previgente disciplina dettata dall'ormai abrogato D.Lgs. n. 22 del 1997, allorché, premettendo che la ratio ispiratrice della disciplina del trasporto i rifiuti è quella di consentire agli enti competenti un controllo puntuale di tutte le attività di gestione e movimentazione dei rifiuti, ricordava come la pena di cui all'art. 483 c.p., è applicabile anche "(...) a chi, indipendentemente dal trasporto di rifiuti, nel predisporre un certificato di analisi di rifiuti (pericolosi o no), fornisce false indicazioni sulla natura chimico-fisica degli stessi; ovvero a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto dei rifiuti (pericolosi o no)". 13.3. Date tali premesse deve dunque affermarsi che il formulario di identificazione dei rifiuti (FIR) non ha alcun valore certificativo della natura e composizione del rifiuto trasportato, trattandosi di documento recante una mera attestazione del privato, avente dunque natura prettamente dichiarativa, con la conseguenza che, a differenza di ciò che avviene per la predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso di certificato falso durante il trasporto, non sonno applicabili le sanzioni penali stabilite dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, con richiamo all'art. 483 c.p..
14. I residui motivi di ricorso.
Passando all'esame del terzo motivo di ricorso, deve rilevarsi che lo stesso, nel dedurre il vizio di motivazione, formula censure in fatto finalizzate alla prospettazione di una diversa lettura delle emergenze probatorie rispetto a quella effettuata dai giudici del merito.
Invero, l'accertamento concernente la qualificazione del rifiuto, l'accertamento della sua natura e l'attribuzione allo stesso del codice CER corrispondente, costituisce mero accertamento in fatto che, in quanto tale, resta sottratto al giudizio di legittimità, non essendo compito di questa Corte quello di ripetere l'esperienza conoscitiva del giudice di merito.
Nella fattispecie, i giudici del gravame, con motivazione adeguata e scevra da salti logici o evidenti contraddizioni, hanno dato atto del fatto che, attraverso l'escussione di testimoni e l'espletamento di una perizia, si era accertato, attraverso una verifica di 25 tra i 47 "pacchi di carrozzeria" trasportati e sequestrati perché all'apparenza contaminati da plastiche, vetro, oli, grassi e cavi elettrici, che emergeva la presenza, in numerosi "pacchi" controllati, di componenti pericolosi, constatando conseguentemente la falsa attribuzione di un codice CER corrispondente a rifiuti speciali non pericolosi (16.01.06) in luogo di quello che avrebbe dovuto essere effettivamente attribuito (16.01.04). Il motivo di ricorso risulta, conseguentemente, infondato.
14.1. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per ciò che concerne il quinto motivo di ricorso per ciò che concerne la censura riguardante l'omessa motivazione sul diniego del beneficio della sospensione condizionale a LA VALLE Francesco.
Risulta invero dall'imputazione che ad entrambi i ricorrenti era stata contestata la recidiva specifica e la Corte territoriale, nel pronunciarsi sul motivo di gravame, ha ritenuto i precedenti penali gravanti sull'imputato ostativi alla concessione del beneficio richiesto.
La censura è pertanto infondata, dovendosi infatti ricordare che la valutazione, da parte del giudice di merito, delle condizioni per la concessione del beneficio della sospensione condizionale non richiede l'esame tutti gli elementi indicati nell'art. 133 c.p., ben potendosi questi limitare ad indicare quelli ritenuti prevalenti (Sez. 3^ n. 6641, 18 febbraio 2010; Sez. 4^ n.9540, 20 ottobre 1993; Sez. 1^ n. 6239, 30 aprile 1990).
Tra i suddetti elementi rilevano finanche i precedenti giudiziari, ancorché non definitivi, quali i procedimenti pendenti a carico (Sez. 3^ n.9915, 11 marzo 2010; Sez. 2^ n.3851, 6 aprile 1991; Sez. 6^ n. 13122, 2 ottobre 1990; Sez. 4^ n. 5504, 2 giugno 1982). 14.2. Per ciò che concerne, invece, la mancata sostituzione della pena detentiva, deve rilevarsi, invece, che nell'atto di appello effettivamente entrambi i ricorrenti - come risulta da ripetuti riferimenti alle "pene irrogate" - hanno censurato la mancata sostituzione, da parte del primo giudice, della pena detentiva con quella pecuniaria corrispondente ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 53, o con altra sanzione sostitutiva e, sul punto, la Corte del merito ha omesso di motivare.
Ciò premesso, deve ricordarsi come la sostituzione delle pene detentive brevi sia rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, il quale è tenuto a motivare l'eventuale diniego di una richiesta in tal senso formulata dall'imputato (Sez. 1^ n. 25833, 4 luglio 2012).
Si è tuttavia precisato che l'apprezzamento del giudice va espresso tenendo conto dei parametri di cui all'art. 133 c.p., in quanto la sostituzione è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, dovendosi prendere così in esame anche le modalità del fatto e la personalità del condannato (Sez. 2^ n. 5989, 6 febbraio 2008).
Ciò, tuttavia, non implica che detti parametri debbano essere tutti esaminati, ben potendo il giudice motivare esclusivamente sugli aspetti ritenuti decisivi, quali l'inefficacia della sanzione (Sez. 5^ n. 10941, 16 marzo 2011; Sez. 3^ n. 21265, 15 maggio 2003) o i precedenti penali (Sez. 2^ n. 25085, 2 luglio 2010; Sez. 2^ n. 7811, 8 luglio 1992; Sez. 4^ n. 11402, 11 agosto 1990).
Nella fattispecie manca, invero, qualsivoglia considerazione sulla specifica richiesta dell'imputato da parte della Corte territoriale e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio sul punto.
14.3. Per ciò che concerne, infine, il sesto motivo di ricorso, deve rilevarsi che lo stesso concerne altra questione (eccessività della pena) effettivamente dedotta nei motivi di appello. Tale questione costituisce, senza dubbio, un "punto della decisione" suscettibile di autonoma considerazione che, nella fattispecie, vi è stata, avendo la Corte del merito osservato che la circostanza che solo una parte dei rifiuti fosse pericolosa era stata verificata dal primo giudice, considerata la "particolare equità" del trattamento sanzionatorio inflitto.
Si tratta, ad avviso del Collegio, di argomentazioni del tutto sufficienti a giustificare il corretto esercizio del potere discrezionale di determinazione della pena e dei criteri di valutazione fissati dall'art. 133 c.p., non essendo richiesto al giudice di procedere ad una analitica valutazione di ogni singolo elemento esaminato, ben potendo assolvere adeguatamente all'obbligo di motivazione limitandosi anche ad indicarne solo alcuni o quello ritenuto prevalente (v. Sez. 2^ n. 12749, 26 marzo 2008).

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2014