Cass. Sez. III n. 47501 del 29 novembre 2013 (Ud 13 nov. 2013)
Pres. Mannino Est. Ramacci Ric. Caminotto
Rifiuti. Finalità dell'abbandono e della raccolta

La volontà che sottende all'abbandono di rifiuti è sostanzialmente diretta a disfarsi ed a disinteressarsi completamente della cosa, mentre quella relativa alla raccolta è diretta a conservare i materiali per poter poi compiere sugli stessi una attività successiva, sia di riutilizzo o di smaltimento

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Treviso, con ordinanza del 16.5.2013 ha respinto la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo di un terreno di circa 2.000 mq, interessato dalla presenza di rifiuti eterogenei, emesso dal Giudice per le indagini preliminari il 14.3.2013 nei confronti di C.C., ipotizzandosi nei suoi confronti il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2.

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che i giudici del riesame avrebbero erroneamente riqualificato il fatto, riconducendolo alla fattispecie contravvenzionale di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, commi 1 e 3 ma, così facendo, avrebbero considerato fatti del tutto diversi da quelli per i quali si procede, stante la sostanziale differenza tra l'abbandono, la illecita gestione e la discarica di rifiuti.

3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la mancanza del fumus del reato, in quanto la condotta contestata sarebbe inquadrabile esclusivamente nella fattispecie di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 255, che prevede una sanzione amministrativa, trattandosi, nella fattispecie, di abbandono di rifiuti effettuato da soggetto non titolare di impresa o ente, non potendosi nei suoi confronti ipotizzare condotte tipiche di gestione di rifiuti nè, tanto meno, di realizzazione o gestione di discarica abusiva.

4. Con un terzo motivo di ricorso lamenta la insussistenza del periculum in mora rispetto al quale il Tribunale avrebbe omesso qualsivoglia motivazione.

5. Con un quarto motivo di ricorso deduce, infine, la violazione dell'art. 40 c.p. rilevando che la responsabilità per i fatti oggetto di provvisoria incolpazione gli sarebbe stata attribuita esclusivamente per la sua qualità di proprietario, peraltro non esclusivo, del terreno, senza alcuna indicazione delle condotte materialmente poste in essere.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO

6. Il ricorso è fondato.

E' pacificamente riconosciuta al giudice del riesame la possibilità di una diversa qualificazione giuridica del fatto in relazione al quale è stato ravvisato il fumus commissi delicti, sebbene non possa porre a base della sua decisione un fatto diverso (cfr. Sez. 1, n. 41948, 30 ottobre 2009; Sez. 6, n. 24126, 13 giugno 2008; Sez. 5, n. 48376, 23 dicembre 2004).

Nel caso in esame, il Tribunale ha posto in evidenza il dato fattuale dell'accumulo, sull'area oggetto di sequestro, di materiali di origine diversa (pneumatici di vario tipo con relativi cerchioni, bombole per gas di varie capacità, taniche in plastica, climatizzatori e condizionatori di varie dimensioni, batterie per autoveicoli, barattoli per grasso lubrificante, compressori per frigorifero, parti ed accessori per caldaie, una macchina agricola cingolata, due automobili, pannelli isolanti in poliuretano espanso, damigiane di vetro, fusti di latta, lastre di eternit, estintori, elettrodomestici, una bombola per azoto ed altri materiali di risulta ferrosi, idraulici sanitari ed edili) pacificamente qualificabili come rifiuti speciali.

Il Tribunale, considerata la eterogeneità dei materiali depositati e ritenuta verosimile la loro collocazione sul posto entro un periodo di tempo prolungato, ha superato l'originaria qualificazione di abbandono e ritenuto configurabile una ipotesi di illecita gestione, caratterizzata dalla raccolta e stoccaggio non autorizzati.

Il Tribunale ha evidenziato, inoltre, che tale condotta si pone ai limiti della realizzazione di discarica abusiva.

7. Ciò posto, deve tuttavia rilevarsi che, nel far ciò, la qualificazione operata dal Tribunale risulta comunque incerta, poichè ciò che caratterizza le diverse fattispecie dell'abbandono, della illecita gestione e della discarica abusiva è la volontà dell'agente rispetto alla successiva destinazione dei rifiuti, circostanza sulla quale il Tribunale non si è pronunciato.

8. Invero, come si è già avuto modo di osservare, la volontà che sottende all'abbandono è sostanzialmente diretta a disfarsi ed a disinteressarsi completamente della cosa, mentre quella relativa alla raccolta è diretta a conservare i materiali per poter poi compiere sugli stessi una attività successiva, sia di riutilizzo o di smaltimento (Sez. 3, n. 17256, 7 maggio 2007, non massimata).

Va poi ricordato che per "raccolta" si intende, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. o) "il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta (definiti nel medesimo comma) ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento", mentre la lettera aa) del medesimo articolo definisce lo stoccaggio come "le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'Allegato B alla parte quarta del decreto (e cioè il deposito preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da DI a D14, escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti) nonchè le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'Allegato C alla medesima parte quarta (e cioè la messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)".

9. Quanto alla discarica, va ricordato che una definizione giuridica è rinvenibile nel D.Lgs. n. 36 del 2003, art. 2, comma 1, lett. g), ove si afferma che per discarica deve intendersi un' area "adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonchè qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno".

Aggiunge la richiamata disposizione che "sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno", consentendo così, grazie all'indicazione del dato temporale, di distinguere la discarica da altre attività di gestione (anche se lo stesso, come si è ritenuto nel caso di protrazione del deposito dei rifiuti per un periodo superiore all'anno in Sez. 3, n. 9849, 4 marzo 2009, non individua un elemento costitutivo della fattispecie).

La giurisprudenza di questa Corte, inoltre, si è ripetutamente impegnata nella individuazione del concetto di discarica con riferimento al reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, sottolineandone, ad esempio, la differenza con la nozione di "smaltimento" e rilevando che trattasi di due attività diversamente disciplinate, perchè pur avendo in comune talune operazioni (quali il conferimento dei materiali e la loro deposito), si differenziano radicalmente: nello smaltimento i rifiuti vengono interamente sfruttati a scopo di profitto con specifiche modalità (cernita, trasformazione, utilizzo e riciclo previo recupero), nella discarica, invece, i beni non ricevono alcun trattamento ulteriore e vengono abbandonati a tempo indeterminato, mediante deposito ed ammasso.

Si ha quindi discarica abusiva "tutte le volte in cui, per effetto di una condotta ripetuta, i rifiuti vengono scaricati in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo di rifiuti con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato" (v. ad es. Sez. 3, n. 27296, 17 giugno 2004) 10. Anche la differenza con il mero abbandono di rifiuti è stata individuata evidenziando la natura occasionale e discontinua di tale attività rispetto a quella, abituale o organizzata, di discarica (Sez. 3, n. 25463, 15 aprile 2004).

La discarica abusiva dovrebbe presentare, tendenzialmente, una o più tra le seguenti caratteristiche, la presenza delle quali costituisce valido elemento per ritenere configurata la condotta vietata:

accumulo, più o meno sistematico, ma comunque non occasionale, di rifiuti in un'area determinata; eterogeneità dell'ammasso dei materiali; definitività del loro abbandono; degrado, quanto meno tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione.

Si è ulteriormente precisato che il reato di discarica abusiva è configurabile anche in caso di accumulo di rifiuti che, per le loro caratteristiche, non risultino raccolti per ricevere nei tempi previsti una o più destinazioni conformi alla legge e comportino il degrado dell'area su cui insistono, anche se collocata all'interno dello stabilimento produttivo (Sez. 3, n. 41351, 6 novembre 2008; n. 2485, 17 gennaio 2008; n. 10358, 9 marzo 2007).

Resta inoltre da considerare, con riferimento al reato di abbandono, che ai fini della sua configurabilità rileva anche la posizione di titolare di imprese o responsabile di ente dell'agente, come tale dovendosi intendere chiunque abbandoni rifiuti nell'ambito di una attività economica esercitata anche di fatto, indipendentemente da una qualificazione formale sua o dell'attività medesima (principio ribadito in Sez. 3, n. 38364, 18 settembre 2013).

11. Come si è già detto, nel provvedimento impugnato manca ogni riferimento a tali aspetti qualificanti della condotta, così come del tutto assente risulta la valutazione in ordine al periculum in mora, rispetto al quale, come correttamente osservato in ricorso, il Tribunale non si è pronunciato.

12. Parimenti corrette risultano le censure formulate relativamente all'attribuzione della condotta illecita al ricorrente sulla base del fatto che lo stesso si sia presentato alla polizia giudiziaria operante quale possessore dell'area ed abbia presenziato alla operazioni di sopralluogo o sequestro.

Invero, manca anche in questo caso ogni riferimento alla condotta materialmente posta in essere dall'indagato, nè vengono specificate le ragioni per le quali, se detta condotta fosse attribuibile a terzi, in quali termini verrebbe a configurarsi il concorso del proprietario o possessore del terreno interessato dalla presenza di rifiuti, rispetto al quale la giurisprudenza di questa Corte ha avuto più volte occasione di precisare che la semplice inerzia, conseguente all'abbandono da parte di terzi o la consapevolezza di tale condotta da altri posta in essere non sono idonee a configurare il reato di abbandono e ciò sul presupposto che una condotta omissiva può dare luogo a ipotesi di responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi dell'art. 40 c.p., comma 2, ovvero sussista l'obbligo giuridico di impedire l'evento (cfr. sez. 3, n. 31488, 29 luglio 2008, non massimata; sez. 3, n. 32158, 1 luglio 2002, sez. 3, n. 8944, 2 luglio 1997), altrettanto si è affermato con riferimento alle ipotesi di discarica abusiva (cfr. sez. 3, n. 23091, 29 maggio 2013; sez. 3, n. 46072, 15 dicembre 2008; sez. 3, n. 41838, 7 7 novembre 2008; sez. 3, n. 39641, 28 ottobre 2007; sez. 3, n. 2206, 19 gennaio 2006; sez. 3, n. 21966, 10 giugno 2005).

13. L'ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio al giudice competente, affinchè provveda a sanare i vizi rilevati mediante nuovo ed autonomo esame da effettuarsi considerando la contestazione originaria ed il fatto che ne costituisce oggetto.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Treviso.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013.