Cass. Sez. III n. 24718 del 7 luglio 2025 (UP 12 giu 2025)
Pres. Ramacci Est. Scarcella Ric. Iozzo
Rifiuti.Amministrazione comunale e gestione dei rifiuti

La gestione dei rifiuti costituisce per i Comuni una assoluta priorità, in quanto incide su interessi di rango costituzionale, come la salute dei cittadini e la protezione delle risorse naturali, sicché non ha rilievo giuridico la insufficienza delle risorse, dovendo le stesse essere destinate in via prioritaria al soddisfacimento delle anzidette esigenze, rispetto ad altre

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20 gennaio 2025, il Tribunale di Catanzaro dichiarava Rodolfo Iozzo e Ferdinando Antonio Lipari colpevoli del reato di cui agli artt. 137, comma 1 e 256, d. lgs. n. 152 del 2006, loro ascritto in concorso, per aver effettuato scarichi di acque reflue industriali e rifiuti speciali in assenza della prescritta autorizzazione, reato contestato come commesso secondo le modalità esecutive e spazio – temporali meglio descritte nel capo di imputazione. 

2. Avverso la predetta sentenza Rodolfo Iozzo e Ferdinando Antonio Lipari hanno proposto separati ricorsi per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, deducendo complessivamente due identici motivi, di seguito enunciati ex art. 173, disp. att., cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 
2.1. Deducono, con entrambi i motivi (che, attesa l’intima connessione dei profili di doglianza, meritano congiunta illustrazione), il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 192, cod. proc. pen. e correlato vizio di motivazione.
In sintesi, si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistere l’elemento psicologico del reato in capo ad entrambi i ricorrenti, nonostante durante il periodo in cui lo Iozzo era Sindaco e il Lipari era responsabile dell’area tecnico – manutentiva del comune, l’ente locale avesse sempre richiesto la concessione di finanziamenti per la realizzazione di un impianto di depurazione nel quartiere Martelletto e sempre costantemente provveduto alla manutenzione delle vasche Imhoff, come sarebbe stato dimostrato anche dalle numerose determine di spesa e fatture per la stasatura ed idropulitura in atti allegate, unitamente all’attestazione del direttore dei lavori recante la data del 15 gennaio 2025 in cui si dava atto che l’impianto di depurazione sia in corso di ultimazione essendo stato dopo molti anni finanziato. Il tribunale avrebbe dunque ritenuto ricorrere l’elemento psicologico del reato, senza tuttavia considerare che per la sussistenza dell’elemento psicologico è necessaria una volontà cosciente e libera, che sarebbe nella specie esclusa dall’impossibilità di esecuzione dei lavori di realizzazione dei depuratori per mancanza delle necessarie risorse finanziarie e senza tener conto del fatto che l’ente locale si fosse sempre adoperato per la manutenzione delle vasche Imhoff fronteggiando le urgenze volta volta manifestatesi. Infine, si duole la difesa dei ricorrenti in quanto, ancora una volta erroneamente, il Tribunale, con l’affermare la sussistenza della responsabilità dei ricorrenti quantomeno a titolo di omessa vigilanza degli scarichi che faceva emergere una rimproverabilità per negligenza delle condotte ascritte, avrebbe tuttavia sussunto nella categoria dei reati omissivi quello contestato, in realtà però, in forma commissiva, essendo stato infatti imputato lo scarico di acque reflue fognarie. 

3. In data 20/05/2025 sono state trasmesse le conclusioni scritte del Procuratore generale, con cui è stata chiesta l’inammissibilità di entrambi i ricorsi. 
Secondo il PG, in particolare, entrambi i ricorsi oppongono alla valutazione del giudice di merito una diversa lettura del compendio probatorio che travalica i limiti del giudizio di legittimità. Sono precluse, invero, al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione nel giudizio di legittimità di sovrapporre una propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi, trattati cartolarmente in assenza di richieste di discussione orale, sono complessivamente infondati. 

2. Entrambi, infatti, non si confrontano adeguatamente con le argomentazioni sviluppate nella sentenza impugnata, replicando, senza alcun apprezzabile elemento di novità critica, censure già svolte in sede di merito. 
In particolare, incontestata la materialità del fatto, le doglianze difensive si appuntano sulla configurabilità dell’elemento psicologico dei reati contravvenzionali oggetto di contestazione. Sul punto, la sentenza motiva evidenziando come appariva acclarata la riconducibilità delle condotte agli imputati, in concorso morale e materiale, in funzione della qualifica rivestita dagli stessi. A tale scopo, si legge in sentenza, lo Iozzo all'epoca dei fatti era il Sindaco del Comune di Settingiano, mentre il Lipari era il responsabile dell'Ufficio tecnico del predetto Comune. Dalla modalità della condotta perpetrata, al giudice è apparso opportuno ascrivere la stessa ai due ricorrenti a titolo di colpa cosciente. 
2.1. In particolare, le difese contestano il richiamo all'omessa vigilanza degli scarichi con conseguente rimproverabilità per negligenza delle condotte ascritte, sostenendo che lo stesso non sarebbe corretto alla luce della contestazione mossa ai due ricorrenti in forma commissiva. 
La censura non ha pregio, laddove si consideri che ai sensi dell'art. 40 cod. pen. l'equiparazione tra non impedire un evento, che si abbia l'obbligo giuridico di impedire, ed il cagionarlo, consente di configurare la stessa equiparazione tra le fattispecie commissive e le fattispecie omissive improprie, ogni qualvolta l'ordinamento giuridico ponga in capo al soggetto (attivo dell'illecito) il dovere di assicurare il rispetto del bene penalmente protetto. In tale ultimo caso la inosservanza dell'obbligo di garantire la protezione del bene determina una situazione giuridica di parificazione al comportamento commissivo (si v., per un’applicazione di tale principio, Sez. 3, n. 2685 del 10/12/1991, dep. 1992, Lezzi, Rv. 190737 – 01 in cui è stata affermata l'equiparazione tra l'alterazione e l'azione omessa, idonea ad impedirla, ritenendo sussistere la responsabilità di un Sindaco; v. anche, Sez. 6, 11 aprile 1990, 4776, Marzi). 
2.2. Nella specie, si noti, era stato lo stesso Sindaco in sede di esame a dichiarare che, per risolvere la problematica menzionata, avrebbe dovuto emettere ordinanza di sgombero (dunque, ammettendo che esisteva una via del tutto legittima per impedire il protrarsi della situazione di illegalità ben nota all’Amministrazione comunale) oppure costruire il depuratore a proprie spese. 
Allo stesso modo, il responsabile dell’ufficio tecnico comunale, anch’egli perfettamente consapevole della situazione, ammetteva che, al fine di evitare gli accumuli dello sversamento dei liquami dalla vasca, composta da tre vasche tra loro collegate) sul suolo, circa ogni tre mesi provvedeva a far intervenire qualche ditta specializzata per rimuoverli (dunque ammettendo che vi era una condotta alternativa che pure era stata messa in atto finalizzata a fronteggiare la situazione di illegalità, che, dunque, sarebbe stato opportuno svolgere ad intervalli più ridotti di tempo al fine di evitare che si verificasse lo sversamento accertato). 
2.3. Né può, peraltro, ritenersi invocabile la categoria dell’inesigibilità, come prospettato dalle difese dei ricorrenti. 
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte, soprattutto in materia ambientale, è rigorosa e pacifica. Si è infatti già affermato, ad esempio in materia di smaltimento di rifiuti tossici o nocivi, che, per escludere la responsabilità dell'agente, cioè di colui che ha commesso l'azione incriminata (nel caso già esaminato da questa Corte, la gestione non autorizzata di discarica: Sez. 3, n. 4441 del 06/03/1996, Rv. 204423 – 01), è necessario rinvenire una determinata causa di giustificazione fra quelle positivamente disciplinate dall'ordinamento, non essendo invocabile un inesistente principio generale di inesigibilità della condotta, se non quando si traduca in una positiva causa di esclusione della punibilità (oggettiva o soggettiva). In tal senso, è speciale causa di esclusione della punibilità quella prevista dall'art. 191, D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, secondo cui il sindaco può emettere, per un periodo massimo di 18 mesi, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, nel rispetto, comunque, delle disposizioni contenute nelle direttive dell’Unione europea, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. In mancanza dell’ordinanza, tuttavia, il sindaco non può invocare a giustificazione della accertata condotta illecita (nella specie, lo sversamento incontrollato di acque reflue fognarie senza essere sottoposte ad alcun ciclo di depurazione) la necessità di tutelare la salute della popolazione quando questa tutela poteva essere soddisfatta, come visto, con modalità diverse (come dianzi evidenziato, nel richiamare quanto dichiarato dai due ricorrenti in sede di merito). 
2.4. Né ha pregio la tesi difensiva secondo cui la mancanza di risorse economiche avrebbe impedito di porre rimedio alla situazione di illiceità. 
Si è infatti già affermato, ad esempio, che le difficoltà economiche del Comune nella gestione della discarica di rifiuti urbani (ma le stesse considerazioni possono essere svolte con riferimento alla vicenda qui esaminata, in cui ad essere rimproverata era una condotta di sversamento incontrollato di acque reflue fognarie non sottoposte ad alcun ciclo depurativo) non escludono il dovere, penalmente sanzionato, di richiedere l'autorizzazione regionale (o, nel caso di specie, di chiedere l’autorizzazione necessaria per l’effettuazione degli scarichi di acque reflue industriali e rifiuti speciali), non integrando causa di giustificazione e di non esigibilità. Questa Corte ha già sul punto evidenziato come la gestione dei rifiuti costituisce infatti per i Comuni una assoluta priorità, in quanto incide su interessi di rango costituzionale, come la salute dei cittadini e la protezione delle risorse naturali, sicché non ha rilievo giuridico la insufficienza delle risorse, dovendo le stesse essere destinate in via prioritaria al soddisfacimento delle anzidette esigenze, rispetto ad altre (Sez. 3, n. 2109 del 10/01/2000, Mucci, Rv. 215527 - 01). 
2.5. Nessun dubbio, pertanto, in ordine alla configurabilità dell’elemento psicologico del reato. 
La decisione impugnata, del resto, rileva che gli elementi a discarico rappresentati dalla difesa (basati sulle dichiarazioni e sui documenti prodotti), da cui emergeva che entrambi si fossero attivati per ottenere il finanziamento per la realizzazione del depuratore, attualmente in corso di erogazione, e per assicurare la manutenzione periodica delle vasche Imhoff, non costituissero elementi idonei ad escludere la colpa normativamente richiesta per la punibilità dei ricorrenti. Nella stessa sentenza, invero, si dà atto che, dall'esame degli imputati, era emerso che gli stessi erano ben edotti dell'insufficienza della vasca Imhoff a smaltire rifiuti in presenza di molti abitanti della zona, a tal punto che gli stessi avevano dichiarato di aver presentato istanza di finanziamento al fine di far erigere un depuratore che asservisse anche la zona di Martelletto. 
La manutenzione effettuata mediante rimozione degli accumuli dei liquami sversati dalla vasca sul suolo (così come emerso dall'esame degli imputati), certamente, come evidenziato dal giudice, non era stata sufficientemente affrontata in quanto la situazione dei luoghi "fotografata" anche in sede d'audizione dal teste escusso faceva emergere chiaramente che al momento dell'accertamento, lo sversamento incontrollato era palesemente in atto ed era così pregnante da creare un canale che indirizzava i liquami nel fiume Corace (tanto da non essere emerso nulla in dibattimento a discarico degli imputati, conclude il giudice). 

3. I ricorsi devono, pertanto, essere rigettati, conseguendone la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616, cod. proc. pen. 

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 12/06/2025