Corte Costituzionale sent. 38 del 20 febbraio 2007
Caccia - Regione Siciliana -Attribuzione, alle ripartizioni
faunistico-venatorie, delle operazioni e degli interventi di controllo
della fauna selvatica mediante proprio personale, dipendenti del Corpo
delle guardie forestali, guardie addette ai parchi o alle riserve ed
altri agenti venatori dipendenti da pubbliche amministrazioni
-Possibilità di avvalersi di proprietari e conduttori dei
fondi sui quali si attuano gli interventi delle guardie volontarie di
associazioni venatorie edambientali, riconosciute in sede regionale,
purché munite di licenza per l'esercizio venatorio
-Attribuzione dell'esercizio del controllo ai soggetti dicui possono
avvalersi le ripartizioni.
SENTENZA N. 38
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
-
Franco
BILE
Presidente
- Giovanni Maria
FLICK
Giudice
- Francesco
AMIRANTE
”
-
Ugo
DE
SIERVO
”
-
Romano
VACCARELLA
”
-
Paolo
MADDALENA
”
-
Alfio
FINOCCHIARO
”
-
Alfonso
QUARANTA
”
-
Franco
GALLO
”
-
Luigi
MAZZELLA
”
-
Gaetano
SILVESTRI
”
-
Sabino
CASSESE
”
- Maria Rita
SAULLE
”
-
Giuseppe
TESAURO
”
- Paolo Maria
NAPOLITANO
”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 1,
nella parte in cui sostituisce i commi 4 e 5, dell'art. 4 della legge
della Regione siciliana 1° settembre 1997, n. 33 (Norme per la
protezione, la tutela e l'incremento della fauna selvatica e per la
regolamentazione del prelievo venatorio. Disposizioni per il settore
agricolo e forestale), 2, commi 1, 2 e 3, e 3 della delibera
legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 20 gennaio
2006 (disegno di legge n. 1095, stralcio XI), recante
«Riproposizione di norme in materia di controllo della fauna
selvatica, di personale e di acquisto e forniture di
servizi», promosso con ricorso del Commissario dello Stato
per la Regione siciliana, notificato il 27 gennaio 2006, depositato in
cancelleria il 4 febbraio 2006 ed iscritto al n. 15 del registro
ricorsi 2006.
Visto l'atto di costituzione della
Regione siciliana;
udito nell'udienza pubblica del 9
gennaio 2007 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
udito l'avvocato dello Stato
Giuseppe Fiengo per il Commissario dello Stato per la Regione siciliana
e gli avvocati Sergio Abbate e Paolo Chiapparone per la Regione
siciliana.
Ritenuto in fatto
1.— Il Commissario dello Stato
per la Regione siciliana, con ricorso notificato il 27 gennaio 2006 e
depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 4 febbraio,
ha promosso questione di legittimità costituzionale della
delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 20
gennaio 2006 (disegno di legge n. 1095, stralcio XI), recante
«Riproposizione di norme in materia di controllo della fauna
selvatica, di personale e di acquisto e forniture di
servizi», con riguardo agli artt. 1, nella parte in cui
sostituisce i commi 4 e 5, dell'art. 4 della legge della Regione
siciliana 1° settembre 1997, n. 33 (Norme per la protezione, la
tutela e l'incremento della fauna selvatica e per la regolamentazione
del prelievo venatorio. Disposizioni per il settore agricolo e
forestale), 2, commi 1, 2 e 3, e 3, per violazione degli articoli 3,
51, 81, quarto comma, 97 e 117, secondo comma, lettera o), della
Costituzione.
1.1.— Il ricorrente premette
che le disposizioni impugnate erano già contenute nella
delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 7
dicembre 2005 (disegno di legge n. 1084) recante «Misure
finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per
l'esercizio finanziario 2005. Disposizioni varie», che esse
avevano costituito oggetto di impugnazione per violazione degli
articoli 3, 9, 51, 81, quarto comma, 97 e 117, secondo comma, lettera
o), della Costituzione, nonché per interferenza
«in materia di diritto penale», e che in ordine
alle questioni di costituzionalità così
sottoposte all'esame della Corte, è stata dichiarata la
cessazione della materia del contendere, in quanto, successivamente
alla proposizione del ricorso, in sede di promulgazione erano state
omesse le disposizioni impugnate (ordinanza n. 204 del 2006).
2.— L'art. 1 della impugnata
delibera legislativa è ora ritenuto costituzionalmente
illegittimo, nella parte in cui sostituisce i commi 4 e 5, dell'art. 4
della legge della Regione siciliana n. 33 del 1997.
Il ricorrente deduce che i predetti
commi 4 e 5 consentono «alle ripartizioni
faunistico-venatorie di attuare gli interventi di controllo della fauna
selvatica compresi quelli di abbattimento, a mezzo anche delle guardie
addette ai parchi o alle riserve o avvalendosi dei proprietari e dei
conduttori dei fondi, omettendo di prescrivere che essi posseggano la
licenza per l'esercizio venatorio».
Il Commissario dello Stato ritiene,
quindi, che le disposizioni impugnate costituiscono un palese vulnus
all'art. 97 della Costituzione, in quanto non tengono in debito conto
la tutela dell'incolumità pubblica, laddove affidano la
realizzazione dei piani di abbattimento anche a soggetti di cui non sia
stato verificato, con il rilascio della licenza per l'esercizio
venatorio, il possesso delle conoscenze e delle capacità
tecniche per il maneggio delle armi, «contrariamente a quanto
disposto dallo stesso quinto comma per le guardie volontarie di
associazioni venatorie ed ambientaliste».
2.1.— Anche i commi 1 e 2
dell'art. 2 contengono, secondo il ricorrente, disposizioni inserite
nel disegno di legge n. 1084 – art. 19, commi 4 e 25
– già impugnate per violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera o), della Costituzione, ed omesse nel testo
della delibera legislativa promulgata (v. precedente punto 1.1.).
Per il Commissario dello Stato, dette
norme estendono il regime previdenziale, di cui alla legge della
Regione siciliana 9 maggio 1986, n. 21 (Modifiche e integrazioni alla
legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, recante “Nuove norme
per il personale della Amministrazione regionale” e altre
norme per il personale comandato, dell'occupazione giovanile e i
precari delle unità sanitarie locali), a nuove categorie di
dipendenti, comportando, quindi, un maggiore onere finanziario, allo
stato non quantificabile, che maturerà al momento in cui i
soggetti interessati si avvarranno del più favorevole
trattamento pensionistico che grava interamente sul bilancio della
Regione.
2.2.— Il censurato comma 3
dell'art. 2, a sua volta, riproduce la norma di cui all'art. 19, comma
26, del già richiamato disegno di legge n. 1084, anch'essa
già impugnata per violazione degli artt. 3, 51, 81, quarto
comma, e 97 della Costituzione, ed esclusa dalla delibera legislativa
promulgata.
Il ricorrente, a sostegno della dedotta
illegittimità costituzionale, rinvia alle argomentazioni
già svolte con la precedente impugnazione.
2.3.— Da ultimo, il
Commissario dello Stato impugna l'art. 3 della delibera legislativa,
per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
La disposizione denunciata prevede
l'eventuale prosecuzione di rapporti contrattuali per la fornitura di
beni e servizi, in deroga alle ordinarie procedure stabilite anche in
ossequio alla normativa comunitaria, determinandosi così una
lesione dei principi di buon andamento e di imparzialità
della pubblica amministrazione.
3.— Con atto depositato il 20
febbraio 2006, la Regione siciliana, costituitasi in giudizio, ha
dedotto l'inammissibilità o, comunque, la manifesta
infondatezza delle questioni di costituzionalità, osservando
che le censure proposte non sono sufficientemente motivate.
3.1.— In particolare, con
riguardo all'art. 1 della delibera legislativa impugnata, la resistente
rileva l'inconferenza, quale parametro costituzionale, dell'art. 97
della Costituzione, in quanto la tutela dell'incolumità
pubblica sarebbe, semmai, riconducibile alla materia
«sicurezza» di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera h), della Costituzione.
La difesa della Regione osserva, poi,
come le disposizioni sospettate di illegittimità
costituzionale attengano ad un'attività non svolta per fini
venatori (si richiama, in proposito, la sentenza della Corte
costituzionale n. 392 del 2005), perché
«l'abbattimento di fauna nociva (…) risulta
previsto soltanto a fini di tutela dell'ecosistema». Le
ripartizioni faunistico-venatorie «si avvalgono, quindi, di
tutte le categorie di persone indicate nei commi 4 e 5 per le
operazioni e gli interventi di controllo della fauna selvatica, ivi
compresi quelli solo eventuali di cattura e abbattimento, risultando
evidente che, soltanto per quest'ultimo tipo di attività le
persone che vi provvederanno dovranno necessariamente essere munite
della licenza per l'esercizio venatorio».
3.2.— In ordine alla
impugnazione dell'art. 2, commi 1 e 2, della stessa delibera, la
Regione deduce che tali disposizioni – con le quali viene
estesa l'applicazione della legge regionale n. 21 del 1986 –
attengono alla materia «stato giuridico ed economico degli
impiegati e funzionari della Regione», attribuita alla
legislazione primaria della Regione siciliana, ai sensi dell'art. 14,
lettera q), dello statuto di autonomia (regio decreto legislativo 15
maggio 1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 2, recante «Approvazione dello statuto della Regione
siciliana»).
La resistente sostiene, al riguardo, che
si tratta di norme che consentono l'applicazione del regime
previdenziale, di cui alla legge della Regione siciliana 23 febbraio
1962, n. 2 (Norme per il trattamento di quiescenza, previdenza ed
assistenza del personale della Regione), ad altre categorie di
personale regionale, inizialmente non rientrante in detta previsione,
sino alla data di entrata in vigore della legge regionale 29 dicembre
2003, n. 21 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno
2004), la quale, all'art. 20, ha disposto che, «a decorrere
dal 1° gennaio 2004 i trattamenti di quiescenza del personale
in servizio destinatario delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3
dell'articolo 10» della legge regionale n. 21 del 1986
fossero disciplinati dalle norme relative al sistema previdenziale
statale.
Aggiunge, poi, che analoga questione,
proposta con riguardo all'art. 1, comma 5, della legge approvata
dall'Assemblea regionale siciliana il 16 maggio 1995 (Disposizioni
concernenti il personale regionale e degli enti locali. Processi di
mobilità degli operatori della formazione professionale.
Garanzie occupazionali per il personale dei consorzi bonifica e
dell'ESA. Alloggi delle forze dell'ordine. Rinvio elezioni consigli
circoscrizionali. Disciplina transitoria della caccia. Provvedimenti in
favore delle ditte STAT e Camarda e Drago), è stata
dichiarata non fondata da questa Corte con la sentenza n. 127 del 1996.
3.3.— La Regione eccepisce,
inoltre, l'inammissibilità delle censure relative all'art.
2, comma 3, della delibera legislativa, in quanto il ricorrente, dopo
aver enunciato le norme costituzionali che si assumono violate, ha
richiamato per relationem le argomentazioni formulate in un precedente
diverso ricorso (sono richiamate in proposito – con
riferimento, peraltro, a giudizi incidentali – la sentenza n.
198 del 1982 e le ordinanze n. 59 del 2004 e n. 335 del 2003). Per la
difesa regionale, comunque, la disposizione impugnata non è
lesiva di principi costituzionali, in quanto mira a sopperire ad una
particolare situazione di carenza di personale dell'area di emergenza
del Policlinico di Palermo, consentendo la copertura di un numero di
posti limitato, nel massimo, alle unità già
utilizzate alla data del 31 dicembre 2002, senza, tuttavia, obbligare
l'azienda all'espletamento di tali procedure.
3.4.— Ad avviso della difesa
regionale, anche le censure proposte avverso l'art. 3 della medesima
delibera legislativa sono infondate, in quanto le direttive comunitarie
che pongono il divieto di rinnovazione dei contratti sono volte a
tutelare il regime di libera concorrenza fra le imprese.
Tale tutela non può essere
«concepita, ragionevolmente», nel senso di inibire
alla pubblica amministrazione il conseguimento di economie ottenibili
con la rinnovazione dei contratti in scadenza allorché
questi, come nel caso della norma impugnata, siano aggiudicati con
pubbliche gare e sia praticata una riduzione di almeno il 3 per cento
rispetto al prezzo già convenuto.
La norma impugnata, pertanto, ad avviso
della Regione, non può ritenersi distorsiva del mercato e
della liberta concorrenza e, quindi, in contrasto con la normativa
comunitaria e con gli evocati parametri costituzionali.
Di conseguenza, il legislatore regionale
si è legittimamente discostato da quanto previsto dall'art.
23 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunità europee. Legge comunitaria 2004) per i contratti di
fornitura di beni e servizi, consentendo la rinnovazione per un
limitato tempo massimo (due anni) di quei contratti nei quali
consensualmente e sensibilmente sia prevista la riduzione del prezzo
delle forniture, con vantaggio per l'amministrazione.
4.— In prossimità
dell'udienza pubblica, la Regione siciliana ha depositato memoria con
la quale ha ribadito l'eccezione di inammissibilità del
ricorso per la genericità delle censure formulate e, nel
merito, ha svolto le seguenti argomentazioni.
4.1.— In riferimento
all'impugnazione dell'art. 1 della delibera, nella parte in cui questa
sostituisce i commi 4 e 5 dell'art. 4 della legge regionale n. 33 del
1997, la Regione osserva che l'espressione «purché
munite di licenza per l'esercizio venatorio», contenuta nel
suddetto comma 5, è dovuta ad un errore «atteso
che il participio andrebbe coniugato in
“muniti”» e che, comunque, la stessa deve
essere interpretata in modo conforme a Costituzione.
La norma, quindi, non può che
essere letta in coerenza con la disciplina statale che regola
l'autorizzazione all'uso delle armi.
4.2.— Con riguardo alle
censure proposte nei confronti dell'art. 2, commi 1 e 2, della medesima
delibera, la resistente prospetta che l'entrata in vigore della riforma
del sistema pensionistico regionale, ai sensi dell'art. 20 della legge
regionale n. 21 del 2003, ha costituito occasione per uniformare la
posizione previdenziale di tutto il personale regionale, eliminando la
differenza di trattamento «fra quello assunto prima e dopo la
legge regionale n. 21 del 1986».
La disciplina impugnata, quindi, oltre a
semplificare la gestione delle posizioni previdenziali dei dipendenti,
obbedisce ad una logica di equità e di giustizia che non
contraddice i principi statali di riforma previdenziale, che dal
1° gennaio 2004 trovano applicazione generale.
4.3.— La difesa regionale
sostiene, poi, la legittimità dell'art. 2, comma 3, della
stessa delibera, in quanto la norma non dispone alcuna necessaria
assunzione di personale, ma fa salva l'autonomia organizzativa
dell'Azienda sanitaria, consentendo la copertura di un numero di posti
limitato, nel massimo, alle unità di personale
già utilizzato alla data del 31 dicembre 2002 per l'area di
emergenza del Policlinico di Palermo.
4.4.— Infine, in ordine
all'impugnazione dell'art. 3 della delibera, la Regione afferma che la
garanzia di tutela della concorrenza non può essere intesa
come valore assoluto e preminente, tanto da costringere
l'amministrazione, in ogni caso, a gare di evidenza pubblica, anche
laddove sussistano condizioni di rinnovo vantaggiose e sia stata
già garantita, attraverso pubblica gara, la scelta del
contraente.
Considerato in diritto
1.— Il Commissario dello Stato
per la Regione siciliana promuove questione di
legittimità costituzionale della delibera legislativa
approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 20 gennaio 2006
(disegno di legge n. 1095, stralcio XI), recante
«Riproposizione di norme in materia di controllo della fauna
selvatica, di personale e di acquisto e forniture di
servizi», censurando, in particolare, gli artt. 1, nella
parte in cui sostituisce i commi 4 e 5, dell'art. 4 della legge della
Regione siciliana 1° settembre 1997, n. 33 (Norme per la
protezione, la tutela e l'incremento della fauna selvatica e per la
regolamentazione del prelievo venatorio. Disposizioni per il settore
agricolo e forestale), 2, commi 1, 2 e 3, e 3, per violazione degli
articoli 3, 51, 81, quarto comma, 97 e 117, secondo comma, lettera o),
della Costituzione.
Le disposizioni denunciate,
già contenute negli artt. 17, 19, commi 4, 25 e 26,
nonché nell'art. 21, comma 5, della delibera legislativa
approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 7 dicembre 2005
(disegno di legge n. 1084), recante «Misure finanziarie
urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l'esercizio
finanziario 2005. Disposizioni varie», erano state omesse in
sede di promulgazione; sicché, questa Corte, con l'ordinanza
n. 204 del 2006, ha dichiarato cessata la materia del contendere in
ordine al ricorso proposto, in merito, dal Commissario dello Stato.
Peraltro, a giudizio del ricorrente, le nuove disposizioni previste
dalla delibera legislativa approvata il 20 gennaio 2006, continuano,
per taluni aspetti, a presentare vizi di costituzionalità,
che giustificano la reiterazione della loro impugnazione in questa sede.
In via preliminare, va osservato che la
circostanza (fatta presente in udienza dalla difesa della Regione)
secondo cui – in attesa della pronuncia di questa Corte
– la Regione stessa non ha dato corso, con la necessaria
pubblicazione, alla delibera oggetto di impugnazione, deve ritenersi
irrilevante agli effetti della ammissibilità del ricorso.
Diversa è, infatti, l'ipotesi, che ha formato più
volte oggetto di esame, nella quale tale pubblicazione sia stata
effettuata, ma con omissione delle norme che abbiano costituito oggetto
di ricorso da parte del Commissario dello Stato, con conseguente
declaratoria di cessazione della materia del contendere sul ricorso
medesimo (cfr., da ultimo, ordinanze n. 410, n. 404 e n. 389 del 2006).
2.— La prima questione di
legittimità costituzionale, promossa con il ricorso in
esame, investe l'art. 1 della delibera legislativa impugnata, il quale
sostituisce i commi da 4 a 7 dell'art. 4 della legge regionale n. 33
del 1997.
2.1.— Il ricorrente deduce la
illegittimità costituzionale dei nuovi commi 4 e 5 del
richiamato art. 4, che, rispettivamente, così dispongono:
«le operazioni e gli
interventi di controllo della fauna selvatica, ivi compresi quelli di
cattura e di abbattimento, sono attuati dalle ripartizioni
faunistico-venatorie che vi provvedono a mezzo di proprio personale, di
dipendenti del Corpo delle guardie forestali, delle guardie addette ai
parchi o alle riserve e di altri agenti venatori dipendenti da
pubbliche amministrazioni»;
«le ripartizioni
faunistico-venatorie possono altresì avvalersi dei
proprietari e dei conduttori dei fondi sui quali si attuano gli
interventi delle guardie volontarie di associazioni venatorie ed
ambientaliste, riconosciute in sede regionale, purché munite
di licenza per l'esercizio venatorio».
È con riguardo, dunque, a
tali disposizioni che è delimitato il thema decidendum,
tenuto conto delle censure e delle relative argomentazioni proposte dal
ricorrente.
2.2.— Nel ricorso si sostiene
che le disposizionii impugnate lederebbero l'art. 97 della
Costituzione, in quanto non terrebbero conto dell'esigenza di tutela
dell'incolumità pubblica, laddove affidano la realizzazione
dei piani di abbattimento della fauna selvatica anche a soggetti di cui
non sia stato verificato, con il rilascio della licenza per l'esercizio
venatorio, il possesso delle conoscenze e delle capacità
tecniche per il maneggio delle armi. Ciò, a differenza di
quanto stabilito dallo stesso comma 5 per le guardie volontarie di
associazioni venatorie ed ambientaliste.
2.3.— La questione –
a prescindere dal rilievo che il parametro evocato non è
conferente con il tema della sicurezza – non è
fondata, per l'assorbente considerazione che essa si basa su un erroneo
presupposto interpretativo.
È pur vero che le norme
censurate, nel prevedere che i soggetti ivi indicati possono
partecipare all'attuazione delle operazioni e degli interventi di
controllo della fauna selvatica, compresi quelli di cattura ed
abbattimento, non specificano espressamente che tutti gli interessati
debbano essere muniti delle autorizzazioni per l'esercizio venatorio;
tuttavia, non appare dubbio che la necessità del possesso di
tale requisito è implicitamente, ma inequivocabilmente,
richiesto dalla natura stessa dell'attività che essi sono
chiamati a svolgere. Né rileva la circostanza che il comma 5
del medesimo articolo, per altra categoria di soggetti, abbia
espressamente previsto il requisito in questione. Ciò non
comporta, infatti, che i diversi soggetti contemplati tanto nel comma
4, quanto nel comma 5, siano esonerati dal possesso del requisito
medesimo.
Va osservato, in proposito, che la legge
11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio), alla quale l'art. 49 della
legge regionale n. 33 del 1997 espressamente rinvia «per
tutto quanto non previsto», e le ulteriori disposizioni
contenute nella richiamata legge regionale n. 33 del 1997, nello
stabilire che la caccia può essere esercitata solo da chi
abbia le relative autorizzazioni, fanno applicazione specifica, in
ragione delle peculiari competenze e conoscenze richieste per
conseguire le autorizzazioni medesime, di un principio generale
dell'ordinamento.
È evidente, quindi, che anche
laddove l'uso dei mezzi per l'esercizio della caccia non tende a
realizzare fini venatori, ma di tutela dell'ecosistema, persistono
quelle esigenze che proprio l'articolato procedimento per il rilascio
della licenza per l'esercizio venatorio consente di soddisfare.
Pertanto, tutti i soggetti appartenenti
alle categorie previste dai commi 4 e 5 dell'articolo 4 della legge
regionale n. 33 del 1997, come modificati dall'art. 1 della delibera
legislativa in esame, per effettuare operazioni o interventi di
controllo della fauna selvatica, come l'abbattimento, che richiedano
l'uso dei mezzi per l'attività venatoria, devono
necessariamente essere muniti delle prescritte autorizzazioni e, in
particolare, della licenza di porto di fucile per uso di caccia.
Di conseguenza, le norme impugnate,
così interpretate, si sottraggono alla prospettata censura
di illegittimità costituzionale.
3.— Quanto all'art. 2, commi 1
e 2, della stessa delibera legislativa, ad avviso del ricorrente, essi
violerebbero l'art. 117, secondo comma, lettera o), della Costituzione,
che attribuisce allo Stato competenza legislativa esclusiva nella
materia «previdenza sociale».
Le impugnate disposizioni, estendendo il
regime giuridico «previgente a quello statale»,
valevole per la generalità dei dipendenti regionali a
decorrere dall'entrata in vigore della legge regionale 9 maggio 1986,
n. 21 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 29 ottobre 1985,
n. 41, recante “Nuove norme per il personale della
Amministrazione regionale” e altre norme per il personale
comandato, dell'occupazione giovanile e i precari delle
unità sanitarie locali), a nuove categorie di dipendenti,
comporterebbero «un maggior nuovo onere, in atto non
quantificabile, che maturerà al momento in cui i soggetti
interessati si avvarranno del più favorevole trattamento
pensionistico che grava interamente sul bilancio della
Regione».
3.1.— La questione
è inammissibile per due ordini di considerazioni, ognuno dei
quali, peraltro, ha carattere esaustivo.
In primo luogo, il ricorrente omette del
tutto di specificare le ragioni per cui, pur trattandosi
dell'impugnativa di una delibera legislativa della Regione siciliana,
dovrebbe prendersi in considerazione il suddetto parametro
costituzionale in luogo di quello ricavabile dal relativo statuto
speciale. E va osservato, in proposito, che, nelle sue difese, la
Regione ha invocato la norma contenuta nell'art. 14, lettera q), dello
statuto di autonomia (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455,
convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, recante
«Approvazione dello statuto della Regione
siciliana»), che attribuisce alla propria competenza
legislativa primaria la materia «stato giuridico ed economico
degli impiegati e funzionari della Regione». Il Commissario
dello Stato avrebbe dovuto spiegare, quanto meno, in quale
rapporto si pongono i parametri costituzionali desumibili,
rispettivamente, dal suddetto statuto e dalla Costituzione. Orbene, in
conformità ad un consolidato indirizzo di questa Corte (ex
plurimis, sentenze n. 202 del 2005, n. 65 del 2005, n. 8 del
2004 e n. 213 del 2003), la mancanza di una tale valutazione comporta
l'inammissibilità della questione nei termini in cui
è stata formulata nel ricorso.
In secondo luogo, la censura di
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera o), della Costituzione
si presenta affetta da genericità ed indeterminatezza, dal
momento che il ricorrente si è sostanzialmente limitato ad
indicare il parametro che sarebbe stato violato, omettendo,
però, di specificare le ragioni che militerebbero a favore
della tesi della illegittimità costituzionale della
disposizione impugnata.
La mancata esplicitazione delle
argomentazioni, anche minime, atte a suffragare la censura proposta
è causa di inammissibilità della questione di
costituzionalità sollevata. In tal senso, è la
costante giurisprudenza di questa Corte, la quale, di recente, ha
ribadito (sentenza n. 233 del 2006) che il ricorso in via principale
non solo deve identificare esattamente la questione nei suoi termini
specifici, indicando le norme costituzionali e ordinarie, la
definizione del cui rapporto di compatibilità o
incompatibilità costituisce l'oggetto della questione di
costituzionalità, ma deve anche contenere una seppur
sintetica argomentazione di merito, a sostegno della richiesta
declaratoria d'incostituzionalità, sussistendo l'esigenza di
un'adeguata (e non meramente assertiva) motivazione delle ragioni
dell'impugnativa in termini perfino più pregnanti nei
giudizi diretti che non in quelli incidentali.
4.— Il comma 3 dell'art. 2
della delibera legislativa impugnata, riproduce la norma di cui
all'art. 19, comma 26, della richiamata delibera 7 dicembre 2005,
già impugnata per violazione degli artt. 3, 51, 81, quarto
comma, e 97 della Costituzione, ed omessa in sede di promulgazione.
La nuova norma ridetermina la dotazione
organica dell'area di emergenza dell'Azienda ospedaliera universitaria
Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo.
Il ricorrente, a sostegno del dedotto
vizio di incostituzionalità, dopo aver enunciato i suddetti
parametri costituzionali, rinvia, per la motivazione delle censure,
alle argomentazioni già indicate nella precedente
impugnazione, sulla quale è intervenuta la declaratoria di
cessazione della materia del contendere (ordinanza n. 204 del 2006).
4.1.— La questione
è inammissibile, in quanto motivata per relationem, atteso
che anche nei giudizi in via principale è imprescindibile
l'autonoma esplicazione delle ragioni poste a sostegno della dedotta
illegittimità costituzionale delle norme impugnate. La
costante giurisprudenza costituzionale ha, infatti, affermato il
principio della necessaria autosufficienza dell'atto introduttivo del
giudizio innanzi a questa Corte, nel senso che tale atto, sia esso un
ricorso principale ovvero per conflitto o un provvedimento giudiziario
con cui venga sollevata una questione incidentale di
costituzionalità, deve contenere – in via autonoma
– tutti gli elementi che possano consentire alla Corte
l'esame e la valutazione delle censure proposte (da ultimo, con
particolare riferimento alla necessità che il ricorso in via
principale contenga una seppur sintetica argomentazione di merito, a
sostegno della richiesta declaratoria di illegittimità
costituzionale, sentenze n. 364 e n. 139 del 2006).
5.— È, infine,
sospettato di illegittimità costituzionale, per violazione
degli artt. 3 e 97 della Costituzione, l'art. 3 della delibera
legislativa impugnata, che riproduce l'art. 21, comma 5, della delibera
legislativa del 7 dicembre 2005.
La disposizione censurata prevede la
possibilità del rinnovo, per una sola volta e per un periodo
non superiore a due anni, a fronte di una riduzione del corrispettivo
di almeno il 3 per cento, dei contratti per acquisti e forniture di
servizi da parte degli enti locali e della Regione, stipulati a seguito
di esperimento di gara, in scadenza nel triennio 2006-2008. Secondo il
ricorrente, tale disciplina, in deroga alle ordinarie procedure,
stabilite anche in ossequio alla normativa comunitaria, determinerebbe
una lesione dei principi di buon andamento e di imparzialità
della pubblica amministrazione.
5.1.— Anche tale questione
è inammissibile, in quanto sfornita di elementi minimi
argomentativi (ex plurimis, sentenze n. 29 del 2006 e n. 176 del 2004),
laddove si consideri che il ricorrente, nel prospettare genericamente
il carattere derogatorio della disposizione denunciata, si limita a
enunciare le disposizioni di cui agli artt. 3 e 97 della Carta
fondamentale, che sarebbero state violate.
Va, al riguardo, rilevato come questa
Corte abbia, invece, ritenuto che le disposizioni statali di principio
contenute nell'art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267
(Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), relative
alle modalità di gestione ed affidamento dei servizi
pubblici locali di rilevanza economica, sono riconducibili alla
potestà legislativa esclusiva dello Stato nella materia
«tutela della concorrenza», in quanto disciplinano
tale ambito secondo un sistema teso a salvaguardare la
concorrenzialità del mercato (sentenza n. 29 del 2006). Il
ricorrente, però, non ha neppure richiamato il parametro
costituzionale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), della
Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 2, della
delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 20
gennaio 2006 (disegno di legge n. 1095, stralcio XI), recante
«Riproposizione di norme in materia di controllo della fauna
selvatica, di personale e di acquisto e forniture di servizi»
promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera o),
della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione
siciliana con il ricorso di cui in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 3, della
suddetta delibera legislativa, promossa in riferimento agli articoli 3,
51, 81, quarto comma, e 97 della Costituzione, dal Commissario dello
Stato per la Regione siciliana con il ricorso di cui in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 3 della medesima
delibera legislativa promossa, in riferimento agli articoli 3 e 97
della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione
siciliana con il ricorso di cui in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 1 della stessa delibera
legislativa, nella parte in cui sostituisce i commi 4 e 5 dell'art. 4
della legge della Regione siciliana 1 settembre 1997, n. 33 (Norme per
la protezione, la tutela e l'incremento della fauna selvatica e per la
regolamentazione del prelievo venatorio. Disposizioni per il settore
agricolo e forestale), promossa, in riferimento all'art. 97 della
Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con
il ricorso di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio
2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2007.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
Polizia Giudiziaria. Controllo fauna selvatica
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