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Cass. Sez. III sent.. 43314 del 29-11-2005 (C.c. 26 ottobre 2005)

Pres. Lupo Est.Ianniello Ric. Bastone

Polizia giudiziaria – Attività di accertamento (rifiuti).

Nell’attività di “prendere notizia dei reati di propria iniziativa” indicata negli artt. 55 e 330 c.p.p. rientra sicuramente la percezione diretta da parte del personale di PG operante attraverso i cinque sensi di cui è dotato l’uomo e, nella specie, l’olfatto. Ne consegue la legittimità dell’operato del personale di PG che, percepito un nauseante olezzo proveniente da un fondo di proprietà privata, nella flagranza del reato di abbandono incontrollato di rifiuti e realizzazione di discarica abusiva abbia fatto ingresso nel fondo compiendo i necessari accertamenti sullo stato dei luoghi e gli atti necessari ad assicurare le fonti di prova del reato ipotizzato, identificando il possibile autore del fatto e procedendo al sequestro del corpo del reato. New Page 1

Svolgimento del processo

In data 22 marzo 2005, agenti del Corpo della polizia Locale del Comune di Nardo, intervenuti sul fondo di proprietà di Salvatore Bastone a causa di un persistente olezzo da esso proveniente, vi riscontravano materiali abbandonati, quali sansa umida, acque di vegetazione, olio motore esausto, liquami fognari e rifiuti solidi di presumibile origine animale, oltre ad una cisterna in vetroresina della capacità di circa 25.000 litri e ad una cisterna in acciaio di circa 30.000 litri, ambedue piene di una sostanza fangosa nauseabonda che ad impatto visivo appariva come miscelazione di vari rifiuti liquidi e solidi.

Ritenuta la sussistenza dei reati di abbandono incontrollato, gestione di una discarica abusiva e miscelazione di rifiuti speciali, pericolosi, nocivi e inerti con violazione degli artt. 51, terzo comma, 28, primo comma, 14, primo comma e 9, primo comma del D.Lgs. n. 22 del 1997, gli agenti avevano proceduto al sequestro probatorio del terreno contenente tali rifiuti, quale corpo del reato.

Tale sequestro non era stato convalidato, in quanto il relativo verbale era pervenuto al P.M. oltre il termine utile per la convalida.

Il Procuratore della Repubblica di Lecce, dato atto di ciò, ha autonomamente disposto, ex art. 253 cod. proc. pen., il sequestro dei medesimi beni risultanti dal verbale del 22 marzo 2003, qualificandoli come "cose pertinenti al reato allo stato ipotizzabile di art. 51 D.Lgs. n. 22/97 e 674 cod. pen.", motivando il provvedimento con la considerazione che si tratterebbe "di rifiuti la cui natura deve essere accertata nel corso delle indagini".

Su istanza di riesame di tale decreto proposta dall'indagato, il Tribunale di Lecce ha confermato il provvedimento impugnato con ordinanza del 26 aprile 2005, ritenendo integrato il requisito del fumus dei reati contestati sulla base del dato di partenza rappresentato da quanto esposto nel verbale di sequestro probatorio del 22 marzo 2005 e valutando come evidente la destinazione del suolo sequestrato alla raccolta di rifiuti che è possibile identificare col materiale complessivamente sequestrato. Infine il Tribunale ha ritenuto di tener fermo il vincolo cautelare "in vista dei preannunciati accertamenti chimici (parte già in corso di svolgimento presso la USL)".

Avverso tale ordinanza, propone ricorso per cassazione il Bastone, de­ducendo:

a - inosservanza o erronea applicazione degli artt. 111, comma 6 Cost., 191, 253, 352, 354, 244, 246, 247 e 250 cod. proc. pen. nonché manifesta violazione dei divieti stabiliti dal combinato disposto di cui agli artt. 13 e 14 Cost.

Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe dovuto ritenere inutilizzabile il verbale della polizia municipale di Nardo, in quanto gli agenti verbalizzanti erano entrati, senza invito, nel fondo altrui, permanendovi per procedere ad una ispezione e/o ad una perquisizione, di propria iniziativa e al di fuori dei limiti segnati dall'art. 352 c.p.p., sulla base di una mera sensazione soggettiva, senza la preesistenza di una precisa notizia criminis e quindi non alla ricerca di prove di un reato commesso ma della stessa notizia di esso.

Inoltre e comunque il verbale della polizia municipale di Nardo doveva essere giudicato inutilizzabile dal Tribunale di riesame, in quanto il relativo sequestro non era stato convalidato e quindi le risultanze ivi menzionate non potevano essere poste a base del decreto di sequestro disposto dal P.M.

b - Con un secondo motivo di ricorso, l'indagato deduce l'inosservanza o l'erronea applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 111, comma sesto Cost., 125, comma terzo e 253, comma primo, anche in relazione all'art. 262 cod. proc. pen., per carenza di motivazione sulle necessità del sequestro in re­lazione alle esigenze probatorie, valutabile anche sotto il profilo dell'illogicità manifesta.

In proposito il ricorrente riferisce che nel verbale della polizia di Nardo risulta che da parte degli agenti, "onde evitare che le tracce potessero alterarsi o disperdersi, sul posto è stato richiesto ed è intervenuto l'ispettore sanitario Salvatore Calabrese dell'A.S.L. LE/1 che ha provveduto al campionamento dei rifiuti presenti nelle cisterne e del terreno interessato al sequestro".

Il Tribunale di riesame non avrebbe tenuto adeguatamente conto del fatto che alla stregua di tale affermazione era impossibile qualificare come “corpus delicti” cose di cui era ancora ignota la qualità di rifiuti; e inoltre da essa derivava comunque l'inutilità del sequestro dell'intero fondo, volta che sul materiale sospetto era stato effettuato un campionamento ed erano in corso indagini per accertarne la composizione.

c - Col terzo motivo di ricorso, l'indagato denuncia inosservanza o er­ronea applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 111, comma 6 Cost., 125, comma terzo in relazione agli artt. 253, commi 1 e 2, 51 D.Lgs. n. 22/97 e 6, comma primo, lett. a) del D.Lgs. n. 22/97, come modificato dal D.L. 8 luglio 2002 n. 138, convertito nella legge 8 agosto 2002 n. 178, il cui art. 14 interpreta autenticamente la nozione di rifiuto.

Anzitutto, il Tribunale in sede di riesame non avrebbe tenuto conto della genericità della indicazione del reato ipotizzato nel decreto di sequestro, con riferimento all'art. 51 del D.Lgs. n. 22/97, che contiene la previsione di ben nove fattispecie contravvenzionali.

Inoltre il ricorrente rileva come i materiali sequestrati erano conservati e custoditi nel fondo di proprietà del Bastone che non se ne era disfatto né aveva alcuna intenzione o era obbligato a disfarsi. Inoltre, trattandosi di sostanze di natura da determinarsi, non sarebbero individuabili come rientranti nelle cate­gorie riportate nell'allegato A) al D.Lgs. n. 22/97, per cui difetterebbero ambedue i requisiti per poterle ritenere rifiuti.

d - Col quarto ed ultimo motivo, il ricorrente lamenta l'inosservanza o erronea applicazione delle disposizioni degli artt. 111, comma sesto Cost., 125, comma terzo in relazione agli artt. 253, commi primo e secondo e all'art. 674 cod. pen., per non avere tenuto conto il Tribunale di Lecce della genericità del decreto di sequestro sia quanto ai rapporti istituibili tra i reati ipotizzati con riferimento sia all'art. 51 D.Lgs. n. 22 del 1997 e 674 cod. pen., sia in ordine alla precisa indicazione di quale delle due fattispecie criminose previste da tale ultimo articolo fosse ipotizzabile a carico del Bastone.

Chiede pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata.

 

Motivi della decisione

1 - Il primo motivo del ricorso è infondato.

Tale motivo muove da una affermazione di principio assolutamente cor­retta e pienamente condivisibile (cfr., ad es. Cass. sez. III, sent. 26 settembre 1997 n. 2450 o, più di recente, sez. I 8 luglio 2004 n. 29933), secondo la quale la notizia criminis deve precedere ogni attività qualificabile come di indagini preliminari e quindi anche ispezioni, perquisizioni, intercettazioni.

Ma nel caso in esame, la notizia criminis che ha dato luogo all'ispezione dei luoghi da parte degli agenti di polizia comunale è rappresentata dalla di­retta e personale percezione di quell'olezzo proveniente dal fondo di proprietà dell'indagato, denunciante la possibile commissione quantomeno del reato di cui all'art. 674 c.p., ma anche di uno di quelli previsti dall'art. 51 del D.Lgs. n. 22 del 1997, in particolare l'abbandono incontrollato di rifiuti anche tossici o la gestione abusiva di una discarica, percepiti nel momento della loro commis­sione.

Nell'attività di "prendere notizia dei reati di propria iniziativa" indicata agli artt. 55 e 330 c.p.p. con riguardo alla polizia giudiziaria, rientra infatti si­curamente la percezione diretta di essi attraverso uno dei cinque sensi di cui è dotato l'uomo e quindi, come nel caso in esame, anche attraverso l'olfatto.

Presa così notizia di un possibile reato nella flagranza dello stesso, gli agenti del Comune di Nardo hanno proceduto ad adempiere ai doveri del loro ufficio, entrando nel fondo, compiendo i necessari accertamenti sullo stato dei luoghi nonché gli atti necessari ad assicurare le fonti di prova del reato ipotiz­zato, identificando il possibile autore del fatto e procedendo quindi al sequestro urgente del corpo del reato (sequestro poi non convalidato dal P.M. per­ché la relativa richiesta era pervenuta al suo ufficio oltre il termine utile).

Quindi nessuna violazione della legge processuale e delle garanzie co­stituzionali di libertà è stata perpetrata dagli agenti di P.G., in particolare quanto alla dedotta ma infondata arbitrarietà del comportamento di questi nell'ingresso, invito domino, nel fondo altrui non per assicurare le possibili fonti di prova di una notizia di reato già acquisita ma direttamente alla ricerca di quest'ultima.

2 - Altresì infondata è l'ulteriore censura formulata col primo motivo di ricorso e relativa alla illegittimità del sequestro per avere il P.M. che lo ha di­sposto utilizzato il verbale della polizia municipale di Nardo relativo al prece­dente sequestro del 22 marzo 2005, non convalidato nei termini di cui all'art. 355 c.p.p.

In materia va rilevato che è sicuramente ormai prevalente l'orientamento secondo cui il termine di quarantotto ore stabilito dall'art. 355, comma 2°, c.p.p. per la convalida del sequestro probatorio eseguito autono­mamente dalla polizia giudiziaria deve intendersi implicitamente (come con­sentito da una lettura costituzionalmente orientata della norma di cui all'art. 173 c.p.p., desunta da Corte Cost. sent. 8 aprile 1993 n. 151) a pena di deca­denza (cfr., al riguardo, la sentenza di questa sezione 22 novembre 2000 n. 2939).

Ma altrettanto consolidata è l'affermazione della possibile alternativa alla restituzione delle cose sequestrate dalla polizia giudiziaria, offerta al P.M. dalla possibilità di procedere autonomamente e direttamente ad un nuovo se­questro probatorio ai sensi dell'art. 253 c.p.p. delle medesime cose (cfr., ad es., la sentenza da ultimo citata), come tale del tutto indipendente dal prece­dente, come è appunto avvenuto nel caso in esame.

3 - Vanno quindi esaminati, prima del secondo, il terzo e il quarto moti­vo di ricorso, come riassunti nella parte espositiva, in quanto attinenti al fumus del provvedimento impugnato.

Con essi viene censurato il fatto che il provvedimento di sequestro non indichi con precisione le ipotesi di reato per cui si procede e viene contestata la qualità di rifiuti delle sostanze rinvenute nel fondo dell'indagato.

Ambedue i profili della censura sono infondati.

La motivazione del sequestro in punto di specificazione del reato per il quale si procede deve infatti essere sufficientemente specifica e comprensibile dal destinatario della misura in termini di descrizione del fatto (come non è contestato nel caso di specie), mentre l'indicazione della norma violata può essere, specialmente nella fase iniziale delle indagini, più sfumata, potendo anche riguardare alternativamente o cumulativamente ipotesi di reato conti­gue, come appunto sono, nel caso in esame, quelle dell'abbandono o del de­posito incontrollato di rifiuti o della gestione abusiva di discarica, evocate, tra quelle indicate all’art. 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, dalla descrizione del fatto. Quest'ultima inoltre rimanda, con sufficiente chiarezza, alla seconda delle possibili fattispecie di cui all'art. 674 cod. pen.

Quanto infine alla qualificazione di rifiuti del materiale sequestrato, essa rappresenta una ipotesi accusatoria fondata sulla sufficiente evidenza della si­tuazione in cui questo è stato trovato e dovrà nel corso del giudizio essere pro­vata, con riferimento al reato di cui all'art. 51 del D.Lgs. n. 22/97 citato. Qua­lificazione che invece è indifferente rispetto all'altro reato ipotizzato, previsto dall'art. 674 cod. pen., comunque posto anch'esso a fondamento del sequestro.

4 - Appare invece parzialmente fondato il secondo motivo del ricorso per cassazione, col quale l'indagato contesta che il decreto di sequestro con­fermato dall'ordinanza impugnata del giudice del riesame sia sorretto da ido­nea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti.

Al riguardo non appare rilevante la censura relativa alla qualità fisica di rifiuto del materiale sequestrato, che ne impedirebbe la qualificazione in ter­mini dì corpo del reato oggetto del sequestro. In ordine a tale censura può ri­petersi, quanto alle caratteristiche fisiche del materiale sequestrato quanto più in generale prima rilevato sulla qualificazione giuridica di questo nei termini indicati. Si tratta di una ipotesi accusatoria, per ora fondata, sul piano fisico, sul rilievo visivo e olfattivo di tale materiale, che attualmente è però oggetto di più approfondite verifiche mediante analisi di laboratorio.

Deriva da ciò che il sequestro del materiale in questione appare corret­tamente motivato con l'esigenza di un approfondimento circa la natura e com­posizione di quest'ultimo, parzialmente in corso di esecuzione a seguito di campionamento.

Ma una tale motivazione giustifica unicamente il sequestro dei campioni e dei supposti rifiuti campionati, in vista di possibili ulteriori prelievi per ana­lisi degli stessi, ma non anche il sequestro del terreno sul quale i presunti ri­fiuti sono stati rinvenuti.

Difettando per quest'ultimo sequestro ogni motivazione, anche implici­tamente desumibile dal tenore del relativo provvedimento, il ricorso va per­tanto accolto, con rinvio al Tribunale di Lecce per un nuovo esame.