Consiglio di Stato Sez. VI n. 8149 del 11 ottobre 2024
Elettrosmog.Critieri di collocazione degli impianti
Gli impianti di telecomunicazione sono idonei ad assicurare un rilevante servizio pubblico, variamento qualificato dalla normativa in materia, come di preminente interesse generale, di pubblica utilità, ovvero, ai sensi dell’art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259 del 2003, di opera di urbanizzazione primaria, sicché gli stessi risultano in genere compatibili con ogni destinazione urbanistica e, quindi, con ogni zona del territorio comunale. Ne consegue che, costituendo l’inibizione all’installazione sostanzialmente un’eccezione, la motivazione di un atto che, nell’applicazione discrezionale di una pur legittima norma regolamentare del Comune, miri ad escludere la possibilità di allocare l’antenna in un determinato sito deve essere assistita da una motivazione particolarmente esaustiva.
Pubblicato il 11/10/2024
N. 08149/2024REG.PROV.COLL.
N. 06495/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6495 del 2023, proposto da
Francesco Bortone e Marina Genovasi, rappresentati e difesi dall'avvocato Valeria Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A. (INWIT S.p.A.) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Edoardo Giardino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di Lecce, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Laura Astuto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Provincia di Lecce, Regione Puglia, Giorgio Bortone, Giuliano Giannini, Emanuela Caroppo, Salvatore Rossi, Anna Verecondo, Silvana Salerno, Giulia Rosa Celeste, Giulia Avveduto, Fausto Pinto, Gabriella Pepe, Carmelo Dimitri, Marcello D'Astore, Rossella Doria, Patrizia Bonacina, Giorgio De Bellis, Clorinda Cirotto, Erika Panico, Andrea Rollo, Massimo Russo, Giovanni Daniele, Antonio Di Paola, Mario Ricci, Lorella Rizzo, Margherita Primavera, Edoardo Gorini, Gabriele Antonaci, Andrea Monaco, Pietro Paolo Maggio, Chiara Toraldo, Andrea Buccarella, Viviana De Vergori, Franco De Simeis, Vittoria Di Leo, Vincenzo Albanese, Giuseppe Marasco, Luigia De Coco, Corrado Del Coco, Maria Addolorata Tondo, Simona Del Coco, Giacomo Giurgola, Erika Giurgola, Kristian Giurgola, Luca Giurgola, Elisabetta De Coco, Daniela Del Coco, Consalvo De Donno, Anastasio De Donno, Andrea Giurgola, Valentina Marangio, Simona Rizzo, Stefano Chirivì, Alfonso Migali, Gabriella Mascia, Francesco Moscagiuli, Rosaria Goffredo, Alessandro Prontera, Francesco Marzo, Roberta Staffiero, Damiano Marzo, Francesco De Blasi, Maurizio Memmo, Tiziana Pagano, Rosa Meranda, Salvatore Bursomanno, Anna Maria Pagano, Pantaleo Bursomanno, Roberta Bursomanno, Anna Giuseppa Marra, Maria Bienna ed Elvira Sticchi, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione Prima, n. 813 del 23 giugno 2023
e, per quanto riguarda l’appello incidentale condizionato proposto da Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A.,
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione Prima, n. 813 del 23 giugno 2023, solo ed esclusivamente nella seguente parte ove sia intesa in senso preclusivo per la pretesa fatta valere nel presente giudizio da Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A.: “in ragione della possibilità di allocare il progetto in esame presso siti alternativi. Trattasi invero, ad avviso del Collegio, di questione del tutto fuorviante, e comunque irrilevante ai fini in esame, atteso che ciò che rientra nell''ambito del thema decidendum oggetto del presente giudizio non è la possibilità/opportunità di allocare l''impianto in esame presso altri siti, ma stabilire se le ragioni poste dall''Amministrazione comunale a fondamento dell''ordine di sospensione dei lavori, e del successivo annullamento in autotutela del silenzio tacito formatosi sull''istanza in esame, sono o meno rispettose del quadro normativo di riferimento” (pagg. 11-12 della predetta sentenza).
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Lecce e della Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2024, il Cons. Roberto Caponigro e uditi per le parti l’avvocato Gianluigi Pellegrino, in sostituzione dell'avvocato Valeria Pellegrino, e l’avvocato Edoardo Giardino;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di Lecce, con provvedimento del 1° luglio 2020, ha ordinato alla Telecom Italia s.p.a. e alla INWIT s.p.a. la sospensione dei lavori in corso relativi alla installazione di un impianto per comunicazioni elettroniche sul lotto di terreno censito in catasto al foglio 236 part. 743 in loc. Torre Mozza.
La detta Amministrazione comunale, con successivo provvedimento del 30 ottobre 2020, ha determinato l’annullamento d’ufficio, nell’esercizio del potere di autotutela, dell’assenso formatosi sulla richiesta di titolo abilitativo ai sensi dell’art. 87 d.lgs. n. 259 del 2003 per la installazione di un impianto per comunicazioni elettroniche sul lotto di terreno censito in catasto al foglio 236 part.lla 743 in loc. Torre Mozza ed ha ingiunto alla Telecom Italia s.p.a. ed alla INWIT s.p.a. di rimuovere a propria cura e spese, entro il termine di novanta giorni dalla data di notifica dell’ingiunzione, l’impianto per comunicazioni elettroniche installato sul detto lotto di terreno e di ripristinare l’originario stato dei luoghi, con l’avvertenza che, in caso di inadempimento, sarebbero state applicate le previsioni di cui all’art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001.
La Infrastrutture Wireless Italiane s.p.a. (di seguito INWIT), con ricorso introduttivo e motivi aggiunti, ha impugnato i detti atti dinanzi al Tar per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, che, con la sentenza della Sezione Prima n. 813 del 23 giugno 2023, ha accolto il ricorso introduttivo del giudizio ed i successivi motivi aggiunti e, per l’effetto, ha annullato gli atti impugnati, mentre ha dichiarato improcedibile il ricorso incidentale depositato dai controinteressati Francesco Bortone, Giorgio Bortone e Marina Genovasi in data 29 ottobre 2020 ed ha respinto il ricorso incidentale depositato dagli stessi controinteressati in data 21 gennaio 2021.
Di talché i signori Francesco Bortone e Marina Genovasi hanno interposto il presente appello, in cui hanno precisato, in via preliminare, di essere proprietari di ville site alla periferia del centro urbano di Lecce.
In particolare, hanno rappresentato che la villa ottocentesca di proprietà del sig. Francesco Bortone ricade nel PRG cittadino in zona B16 Ville Urbane, che, come chiarito dall’art. 60 NTA PRG, comprende “giardini privati e residenze isolate che il PRG vincola allo stato di fatto con l’obbligo del mantenimento del verde”, mentre quella in proprietà della sig.ra Marina Genovasi ricade in zona C4 “Residenziali urbane periferiche” che, a norma dell’art. 72 NTA, comprende “alcune vaste aree nelle fasce periferiche della città in larga misura caratterizzate da tipologie residenziali con giardini ampi privati che hanno pertanto ormai irreversibilmente assunto il carattere di zona residenziale”.
Gli interessati hanno altresì evidenziato che, nella primavera estate del 2020, il contesto ambientale, in cui sono situate le loro proprietà, sarebbe stato deturpato dalla realizzazione, in terreno confinate con l’abitazione di Francesco Bortone, di un impianto radio base costituito da una torre alta ben 36 metri, che, da informazioni assunte presso gli uffici comunali, hanno appreso realizzata da INWIT spa per conto di TIM spa.
Il ricorso in appello è affidato alle doglianze di seguito sinteticamente descritte:
- la sentenza appellata avrebbe accolto anche impugnazioni proposte avverso atti privi di contenuto provvedimentale ed adottati in esecuzione di ordinanze dello stesso Tar;
- tra gli atti annullati, vi sarebbero anche norme regolamentari, di cui gli attuali appellanti avevano eccepito l’inammissibilità, atteso che, dell’esistenza delle stesse INWIT era già stata informata dalla nota comunale 9.12.19, recante una richiesta di integrazione documentale relativa, appunto, al rispetto delle stesse;
- la INWIT, in riscontro alla richiesta istruttoria del Comune, avrebbe corredato il progetto di foto-rendering (e non di mero rendering) e quindi di vere e proprie fotografie del contesto con l’inserimento, mediante programmi grafici specifici, delle opere che si intendeva realizzare al dichiarato fine di rappresentarle nel contesto nel quale le stesse si sarebbero collocate nella loro reale consistenza ai fini della valutazione in merito al loro inserimento; rappresentazione realistica che nel foto-rendering realizzato da INWIT (e richiesto dall’AC per consentire la verifica del rispetto delle norme previste nel regolamento regionale n. 14/06 nonché nel regolamento comunale approvato con la delib. 26/07) sarebbe invece mancata, una volta che nello stesso l’impatto visivo della torre alta 36 metri (poi realizzata) sarebbe stato artatamente sminuito e non sarebbero state rappresentate le emergenze edilizie caratterizzanti il sito (tra queste la villa ottocentesca dell’appellante Avv. Francesco Bortone contermine al sito di intervento con un impatto che le fotografie post operam restituirebbero plasticamente e la adiacente Masseria Torre Mozza risalente al ‘500);
- il foto-rendering avrebbe avuto rilievo nella formazione dell’illegittimo assenso silente, in virtù del quale INWIT aveva avviato i lavori, per cui non potrebbe assumere alcun rilievo quanto evidenziato dal TAR in merito alla circostanza che il foto-rendering non sia previsto tra gli allegati alle istanze edilizie del tipo in discorso;
- la portata dell’art. 5 del regolamento comunale non conterrebbe un divieto di installazione, ma disciplinerebbe soltanto il quomodo della installazione medesima, imponendo che l’impianto debba armonizzarsi con un contesto (nel caso periferico-urbano) ricadente in un cerchio, che abbia come centro l’impianto e un raggio di 300 metri;
- l’installazione del palo poligonale di sostegno alto metri 36,00 con un ballatoio destinato ad alloggiare le antenne e le parabole determinerebbe un notevole impatto ambientale nel contesto dei luoghi (caratterizzato da insediamenti residenziali con giardini privati ed edificazione bassa), diversamente da quanto desumibile per come, invece, rappresentato nel foto-rendering prodotto in fase progettuale;
- in disparte il fraintendimento sulla portata della norma regolamentare, i precedenti invocati dal TAR a sostegno della propria decisione sarebbero costanti nell’affermare la legittimità dei limiti alla installazione di detti impianti se consentono una sempre possibile localizzazione alternativa e non determinano l’impossibilità della localizzazione;
- il parere favorevole senza prescrizioni reso dall’ARPA Puglia in ordine alla realizzazione dell’impianto si fonderebbe esclusivamente sulla valutazione delle misure di campo elettrico, in nulla occupandosi – perché esulante dalle competenze di ARPA - dell’inserimento dell’antenna nel contesto ambientale caratterizzato da edilizia bassa e ampi giardini privati, esistenti nel raggio di 300 metri dalla base dell’impianto;
- il foto-rendering sminuirebbe l’impatto dell’antenna nel contesto dell’edilizia esistente nell’area interessata dal progetto.
Gli appellanti, sia pur in una logica subordinata, hanno chiesto che, ove si ritenga non sufficientemente chiarito dalla documentazione acquisita in primo grado il contesto della periferia urbana, in cui l’impianto è venuto ad inserirsi, sia disposta una verificazione dei luoghi con assistenza di consulente tecnico, al fine di ulteriormente chiarire non soltanto quale sia l’impatto visivo della torre artatamente sminuito nel foto-rendering, che integrava la documentazione progettuale, ma anche quali siano le caratteristiche del contesto edilizio, in cui l’impianto verrebbe ad inserirsi ed in cui assumono rilievo sia la villa ottocentesca di proprietà dell’Avv. Francesco Bortone sia la Masseria Torre Mozza.
Il Comune di Lecce ha proposto atto di appello incidentale adesivo, da valer anche, ove occorra, come appello autonomo.
L’Amministrazione comunale, rilevato che, in primo grado, con motivi aggiunti la INWIT ha esteso l’impugnazione anche agli atti di indizione e ai verbali del tavolo tecnico, pur chiaramente privi di valenza provvedimentale e adottati in ottemperanza alle ordinanze collegiali del Tar n. 1523/21 e n. 1088/22, ha sostenuto in particolare che:
- la documentazione prodotta a corredo dell’istanza e, in particolare, il rendering fotografico, realizzato e prodotto dalla società INWIT a seguito di richiesta di integrazione documentale formulata dal Comune di Lecce, non rappresentava compiutamente e correttamente la reale collocazione dell'intervento nel contesto urbanistico ambientale circostante e limitrofo in quanto non dava conto della reale consistenza dei luoghi e, dunque, dell’impatto ambientale dell'impianto radio-base, atteso che non consentiva di cogliere l’impatto visivo della torre alta 36 metri nel contesto di riferimento caratterizzato da ville ottocentesche e dalla presenza della Masseria Torre Mozza risalente al ‘500;
- il foto-rendering avrebbe avuto un rilievo decisivo nella formazione dell’illegittimo assenso silente, in virtù del quale INWIT aveva avviato i lavori, a nulla rilevando quanto ritenuto dal TAR in merito alla circostanza che il foto-rendering non sia previsto tra gli allegati alle istanze edilizie del tipo in discorso, e alla autosufficienza di quella di INWIT, una volta che alla integrazione istruttoria INWIT ha dato spontaneo adempimento;
- il Comune di Lecce, del tutto legittimamente, ha provveduto prima alla sospensione dei lavori e poi all’autoannullamento considerato che, solo dopo la realizzazione dell’impianto, alla luce della documentazione fotografica acquisita in seguito a sopralluogo e alla presentazione di esposto, gli Uffici Tecnici hanno potuto rendersi conto della contrarietà dell'impianto realizzato (ma non ancora attivato) con il regolamento comunale recante norme concernenti gli impianti radioelettrici con frequenza di trasmissione tra 100 kHz a 300 GHz approvato con deliberazione di consiglio comunale n. 26 del 9.3.2007 e ha, quindi, agito a tutela della primaria esigenza di tutela dell’interesse pubblico al corretto uso del territorio ingiungendo di rimuovere l’impianto e di ripristinare l’originario stato dei luoghi;
- l’art. 5, comma 3, del regolamento comunale non conterrebbe un divieto di installazione, ma disciplinerebbe soltanto il quomodo della installazione medesima, imponendo che l’impianto debba armonizzarsi con un contesto (nel caso periferico-urbano) ricadente in un cerchio, che abbia come centro l’impianto e un raggio di 300 metri, per cui sarebbero inconferenti i riferimenti giurisprudenziali richiamati nella sentenza di primo grado, atteso che le norme regolamentari contestate da INWIT non contengono un divieto di installazione, ma dettano soltanto un criterio di compatibilità edilizio- urbanistico ambientale e cioè di armonico inserimento dell’impianto in un’area limitata (300 mt);
- la sentenza impugnata, con riferimento alla norma regolamentare, dovrebbe essere riformata in ogni caso anche ove il giudice di appello dovesse ritenere di non accogliere le altre doglianze della sentenza riferibili al provvedimento di sospensione e a quello di autoannullamento;
- al Comune di Lecce non potrebbe essere addebitata una assenza di motivazione, avendo l’Amministrazione ben spiegato in cosa consiste in concreto la compromissione ambientale rispetto contesto dei luoghi caratterizzati da insediamenti residenziali con giardini privati ed edificazione bassa, in cui l’impatto visivo determinato dall’antenna è del tutto diverso (perché molto più intenso) da quello rappresentato dal foto-rendering prodotto in fase progettuale;
- non ricorrerebbe nella fattispecie alcuna violazione dell’art. 21 nonies della legge 241 del 1990, in quanto l’Amministrazione avrebbe tenuto conto degli interessi dei privati coinvolti in concreto e li avrebbe bilanciati con quello pubblico da tutelare che ha previamente rintracciato e che la ha indotta a ritenere necessario procedere con l'annullamento del provvedimento illegittimo;
- il provvedimento di auto-annullamento, inoltre, risulterebbe adottato entro un termine assolutamente ragionevole e, sul punto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8 del 17 ottobre del 2017, ha precisato che il mero decorso del tempo non può di per sé comportare il consumarsi del potere dell'annullamento d'ufficio e che, in ogni caso, il termine “ragionevole” per la sua adozione comincia a decorrere soltanto dal momento della scoperta, da parte dell'Amministrazione dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell'atto di ritiro.
L’INWIT s.p.a. ha analiticamente contestato le argomentazioni degli appellanti e, a sua volta, ha proposto appello incidentale condizionato, impugnando la sentenza del Tar per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione Prima, solo ed esclusivamente nella seguente parte e solo se tale parte sia intesa o interpretata in senso preclusivo per la pretesa fatta valere in giudizio dalla INWIT:
“… in ragione della possibilità di allocare il progetto in esame presso siti alternativi. Trattasi invero, ad avviso del Collegio, di questione del tutto fuorviante, e comunque irrilevante ai fini in esame, atteso che ciò che rientra nell''ambito del thema decidendum oggetto del presente giudizio non è la possibilità/opportunità di allocare l''impianto in esame presso altri siti, ma stabilire se le ragioni poste dall''Amministrazione comunale a fondamento dell''ordine di sospensione dei lavori, e del successivo annullamento in autotutela del silenzio tacito formatosi sull''istanza in esame, sono o meno rispettose del quadro normativo di riferimento”.
La INWIT, a tal fine, ha sostenuto che, come evidenziato con quattro perizie tecniche, la scelta del sito in esame sarebbe l’unica idonea tecnicamente ad assicurare una compiuta erogazione del servizio pubblico di telefonia e dei servizi di comunicazioni elettroniche sul territorio comunale.
Le parti hanno depositato altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive difese.
All’udienza pubblica del 18 luglio 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. Il Comune di Lecce, con provvedimento del 1° luglio 2020 - premesso che con istanza acquisita in data 25 novembre 2019 la Telecom Italia s.p.a. e la INWIT s.p.a. hanno chiesto congiuntamente il rilascio di titolo abilitativo ai sensi dell’art. 87 d.lgs. n. 259 del 2003 per la installazione di un impianto per comunicazioni elettroniche sul lotto di terreno censito in catasto al foglio 236 part.lla 743 in loc. Torre Mozza – ha ordinato alle Società la sospensione dei lavori in corso relativi alla installazione del detto impianto ed ha ordinato alle stesse la presentazione, entro il termine di dieci giorni, di ulteriore ed esaustiva documentazione di carattere scritto-grafica dalla quale possa evincersi il raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dal regolamento regionale n. 14/06 e richiamati dall’art. 5, comma 3, del vigente regolamento comunale approvato con D.C.C. n. 26 del 9 marzo 2007 “norme concernenti gli impianti radioelettrici con frequenza di trasmissione tra 100 KHz a 300 GHz”, con particolare, espresso, riferimento a quanto riportato al punto a).
Il provvedimento di sospensione è stato adottato:
- vista la documentazione fotografica post operam per come desumibile dall’esito del sopralluogo effettuato dal Nucleo di Vigilanza Edilizia in data 29 giugno 2020 e dall’esposto e contestuale richiesta di accesso acquisita in data 29 giugno 2020 da parte di alcuni residenti in immobili posti nelle vicinanze del sito che ospita l’impianto;
- ritenuto che, da una prima disamina della documentazione fotografica post operam come sopra prodotta, si evince che l’installazione del palo poligonale di sostegno (di altezza pari a mt. 36,00) con ballatoio sul quale saranno alloggiate le antenne e le parabole, determini notevole impatto ambientale nel contesto dei luoghi (caratterizzato da insediamenti residenziali con giardini privati ed edificazione bassa), diversamente da quanto desumibile per come, invece, rappresentato nel foto-rendering prodotto in fase progettuale;
- considerato che la installazione dell’impianto possa essere assentita solo se conforme alla normativa urbanistica e di settore vigente;
- richiamato il vigente regolamento comunale approvato con D.C.C. n. 26 del 9 marzo 2007 che, all’art. 5, comma 3, prescrive che gli operatori, al fine del perseguimento degli obiettivi di qualità previsti dal regolamento regionale n. 14/06, nell’individuazione e della realizzazione dei siti devono:
a) progettare le caratteristiche dell’impianto in modo che siano compatibili con le caratteristiche del contesto edilizio ed urbanistico circostante, con riferimento ad un raggio di 300 metri dal sito, avendo a riferimento gli strumenti di urbanistica vigenti. Ove l’impianto progettato, nelle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sia compatibile con la situazione edilizia già in essere al momento della presentazione dell’istanza o della DIA ma possa apparire incompatibile con la situazione potenziale prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, l’operatore ha la facoltà di acquisire comunque il titolo di legittimazione previa sottoscrizione di un atto d’obbligo che preveda sia modifiche strutturali che funzionali da apportare all’impianto in concomitanza con le previste trasformazioni edilizie e territoriali, sia la relativa scansione temporale;
c) adottare per gli impianti installati su terreno, profili dei sostegni a basso impatto ambientale, involucri degli impianti accessori (shelter) a basso impatto ambientale e sistemi radianti (antenne) aderenti ai sostegni. I criteri minimi di valutazione da parte del Comune dei profili e degli shelter a basso impatto ambientale sono indicati nell’allegato “C”;
- dato atto che, a seguito dei nuovi elementi conoscitivi emersi e desumibili dalle caratteristiche dell’impianto per come in corso di realizzazione, per il sito di che trattasi non possano ritenersi raggiunti gli obiettivi di qualità previsti dal regolamento regionale n. 14/06 e richiamati dall’art. 5, comma 3, lettere a) e c), del vigente regolamento comunale approvato con D.C.C. n. 26 del 9 marzo 2007, ancorché nel corso del procedimento sia stata presentata documentazione integrativa in tal senso.
Il Comune di Lecce, con successivo provvedimento del 30 ottobre 2020, ha concluso il procedimento, determinando l’annullamento d’ufficio, nell’esercizio del potere di autotutela, dell’assenso formatosi sulla richiesta di titolo abilitativo ai sensi dell’art. 87 d.lgs. n. 259 del 2003 per la installazione di un impianto per comunicazioni elettroniche sul lotto di terreno censito in catasto al foglio 236 part.lla 743 in loc. Torre Mozza ed ha ingiunto alla Telecom Italia s.p.a. ed alla INWIT s.p.a. di rimuovere a propria cura e spese, entro il termine di novanta giorni dalla data di notifica dell’ingiunzione, l’impianto per comunicazioni elettroniche installato sul detto lotto di terreno e di ripristinare l’originario stato dei luoghi, con l’avvertenza che, in caso di inadempimento, sarebbero state applicate le previsioni di cui all’art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001.
Il provvedimento di annullamento in autotutela ha ribadito quanto già contenuto nel provvedimento di sospensione del 1° luglio 2020, vale a dire che, solo la disamina della documentazione fotografica post operam per come desumibile dall’esito del sopralluogo effettuato dal Nucleo di Vigilanza Edilizia in data 29 giugno 2020 e dall’esposto acquisito in data 29 giugno 2020 da parte di alcuni residenti in immobili posti nelle vicinanze del sito che ospita l’impianto, ha consentito di accertare l’effettivo sviluppo ed impatto visivo dell’impianto (costituito da un palo poligonale di sostegno di altezza pari a mt. 36,00 con ballatoio sul quale saranno alloggiate le antenne e le parabole), impatto che non era desumibile dalla rappresentazione mediante foto-rendering allegata al progetto originario, nella quale non emergeva la reale visibilità dell’impianto dai giardini e strade circostanti.
L’Amministrazione comunale, nel provvedimento di autotutela, ha soggiunto che “L’effettivo sviluppo ed impatto visivo dell’impianto si pone in evidente contrasto con le caratteristiche del contesto dei luoghi (appartenente a zona urbanistica classificata dal vigente Piano Regolatore Generale come zona di tipo C/4 – Residenziali Urbane Periferiche) che risulta caratterizzato da un tessuto edilizio con tipologie residenziali ad edificazione bassa (2 piani fuori terra) e con giardini ampi privati che presenta un particolare equilibrio tra edificato e spazi aperti adibiti a giardini attrezzati, con percorsi, aree di sosta e piscine, pensati come estensione diretta della residenza, e tutti tra loro confinanti. Tale impatto appare compromettere anche potenzialmente l’eventuale completamento del comparto esistente, pregiudicando, oltre che l’attuale, anche il futuro equilibrio paesaggistico pianificato dal P.R.G. tra spazi aperti e residenza”.
Di talché, il Comune di Lecce ha ritenuto l’intervento in contrasto con le norme finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dal punto B del regolamento regionale n. 14/2006 e contenute nell’art. 5, comma 3, del regolamento comunale che impongono agli operatori, nell’individuazione e realizzazione dei siti, di “progettare le caratteristiche dell’impianto in modo che siano compatibili con le caratteristiche del contesto edilizio ed urbanistico circostante, con riferimento ad un raggio di 300 metri dal sito, avendo a riferimento gli strumenti di urbanistica vigenti” nonché con le norme direttamente contenute nel punto B del regolamento regionale n. 14/2006, secondo cui “resta comunque ferma l’esigenza di perseguire il corretto insediamento degli impianti rispetto alle valenze culturali ed estetiche del contesto territoriale interessato”.
In definitiva, il Comune di Lecce ha ritenuto necessario procedere all’esercizio del potere di autotutela in relazione al silenzio assenso formatosi con riferimento alla richiesta di titolo abilitativo ai sensi dell’art. 87 d.lgs. n. 259 del 2003, acquisita in data 25 novembre 2019, “in ragione della primaria esigenza di tutela dell’interesse pubblico al corretto uso del territorio, tanto in considerazione del fatto che non appare possibile tollerare l’effettuazione di interventi che si pongono in contrasto con le scelte di pianificazione urbanistica assunte dal Comune con l’approvazione del regolamento comunale … e, nello specifico, con quelle finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dal punto B del regolamento regionale n. 14/2006 e contenute nell’art. 5, comma 3 del regolamento comunale …”; ha infine ritenuto che la Società, al fine di contribuire al raggiungimento di tale obiettivo di qualità, può localizzare l’impianto in altro sito più idoneo (anche in coabitazione con altro impianto) e quindi irradiare il segnale con copertura del territorio comunale.
Di conseguenza, ha ritenuto che “a nulla rilevano gli accorgimenti mitigatori di carattere cromatico che si intende adottare sul palo di che trattasi”.
3. In limine, non può condividersi l’eccezione di irricevibilità o inammissibilità dell’impugnazione, proposta in primo grado in via subordinata dalla INWIT, della norma di cui all’art. 5, comma 3, lett. a), del regolamento comunale che detta “norme concernenti gli impianti radioelettrici con frequenza di trasmissione tra 100kHz e 300GHz”.
Tale disposizione, come già descritto, prevede che gli operatori, al fine del perseguimento degli obiettivi di qualità previsti dal regolamento regionale n. 14/06, nell’individuazione e della realizzazione dei siti devono:
a) progettare le caratteristiche dell’impianto in modo che siano compatibili con le caratteristiche del contesto edilizio ed urbanistico circostante, con riferimento ad un raggio di 300 metri dal sito, avendo a riferimento gli strumenti di urbanistica vigenti. Ove l’impianto progettato, nelle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sia compatibile con la situazione edilizia già in essere al momento della presentazione dell’istanza o della DIA ma possa apparire incompatibile con la situazione potenziale prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, l’operatore ha la facoltà di acquisire comunque il titolo di legittimazione previa sottoscrizione di un atto d’obbligo che preveda sia modifiche strutturali che funzionali da apportare all’impianto in concomitanza con le previste trasformazioni edilizie e territoriali, sia la relativa scansione temporale.
Pertanto, la norma regolamentare non ha stabilito un divieto di installazione, vale a dire un insuperabile limite distanziometrico di 300 metri rispetto ad un parametro oggettivo, ma, attraverso concetti giuridici indeterminati, ha imposto la mitigazione dell’opera per renderla compatibile con le caratteristiche del contesto edilizio ed urbanistico circostante.
L’Amministrazione comunale, quindi, nell’applicazione della norma, non esercita un potere vincolato, il che avrebbe potuto rendere lesiva la norma regolamentare almeno dal momento in cui Inwit ha presentato l’istanza di autorizzazione (c.d. volizione azione), ma esercita, nell’ambito del perimetro indicato dalla norma, un potere discrezionale, con conseguente lesività derivante dal concreto esercizio del potere, e cioè dal momento in cui, avendo applicato la norma in modo sfavorevole all’interessata, la lesività si è attualizzata, con l’atto di sospensione dei lavori ed il successivo atto di annullamento in autotutela (c.d. volizione preliminare).
L’esercizio della discrezionalità amministrativa si traduce nel contemperamento degli interessi coinvolti rispetto al fine pubblico perseguito nell’attività procedimentale e nella conseguente adozione del provvedimento conclusivo.
Nella fattispecie in esame, non sussiste dubbio che il fine di carattere generale da perseguire sia quello di assicurare la compatibilità tra la realizzazione di opere di interesse generale e di pubblica utilità, quali sono le stazioni radio base, e l’interesse pubblico alla corretta gestione urbanistica ed edilizia del territorio comunale ed alla tollerabilità dell’impatto elettromagnetico.
Tale potere può essere esercitato secondo le sue dinamiche naturali e fisiologiche, vale a dire, alternativamente, senza stabilire criteri predeterminati a monte e, quindi, decidendo “caso per caso”, ovvero stabilendo criteri predeterminati da applicare alle singole fattispecie e, quindi, autovincolando la propria attività.
L’Amministrazione, con la norma regolamentare in discorso ha dettato un criterio, ma senza dettagliarlo, lasciando quindi alla discrezionalità del caso concreto stabilire se il progetto proposto sia compatibile o meno con il contesto urbanistico edilizio in cui si inserisce.
In altri termini, come correttamente sostenuto dagli appellanti, la portata dell’art. 5 del regolamento comunale non contiene un divieto di installazione, ma disciplina il quomodo della installazione medesima, imponendo che l’impianto debba armonizzarsi con un contesto (nel caso periferico-urbano) ricadente in un cerchio, che abbia come centro l’impianto e un raggio di 300 metri.
Di talché, la norma regolamentare in discorso non è dotata di immediata e diretta lesività.
4. Non assume rilievo ai fini della definizione della presente controversia neppure la circostanza che l’impugnazione sia stata in primo grado estesa ad atti privi di contenuto provvedimentale.
D’altra parte, l’annullamento disposto in prime cure non ha riguardato tali atti, impugnati con i secondi motivi aggiunti, posto che il Tar ha accolto il ricorso originario ed i primi motivi aggiunti (par. 15).
5. L’appello principale proposto dai signori Francesco Bortone e Marina Genovasi, così come l’appello incidentale adesivo proposto dal Comune di Lecce, sono infondati e vanno di conseguenza respinti, sebbene l’impianto motivazionale della sentenza di primo grado sia solo in parte condivisibile.
6. In primo luogo, va condivisa la prospettazione delle appellanti secondo cui il parere favorevole senza prescrizioni reso dall’ARPA Puglia in ordine alla realizzazione dell’impianto si fonderebbe esclusivamente sulla valutazione delle misure di campo elettrico, in nulla occupandosi – perché esulante dalle competenze di ARPA - dell’inserimento dell’antenna nel contesto ambientale caratterizzato da edilizia bassa e ampi giardini privati, esistenti nel raggio di 300 metri dalla base dell’impianto.
Ne consegue che, in parte qua, la motivazione della sentenza di primo grado non può essere condivisa, avendo l’Amministrazione comunale esercitato il potere di autotutela per ragioni totalmente differenti da quelle che hanno costituito oggetto del parere favorevole reso dall’ARPA che, quindi, non è stato ritenuto erroneo.
In altri termini, il Comune non ha considerato il parere ARPA non già perché lo abbia ritenuto erroneo, ma perché ha riguardato le misure di campo elettrico, che hanno evidenziato valori inferiori a 0,30 V/m, le quali non hanno costituito oggetto dell’istruttoria ai fini dell’esercizio del potere di autotutela, il quale, infatti, è stato esercitato non già perché i valori elettrici superino le soglie stabilite dalle norme in materia, ma per la lesione al contesto urbanistico – edilizio in cui l’antenna è collocata.
7. Il nucleo centrale del provvedimento di autotutela in contestazione, così come il gruppo più cospicuo delle doglianze formulate dalle parti appellanti, consiste nella considerazione che l’installazione è stata resa possibile, vale a dire il silenzio assenso si è formato, per la falsa rappresentazione della realtà consistente nel foto-rendering allegato all’istanza del 18 dicembre 2019.
7.1. Il Collegio, tuttavia, ritiene che l’eventuale discrasia tra le foto inviate e lo stato effettivo dell’area post operam (sulla insussistenza della discrasia tra la documentazione fotografica ante operam e post operam si è invece basata la sentenza di primo grado) non costituisca un profilo dirimente della controversia.
7.2. Parimenti, non vi è nessuna ragione per accertare l’eventuale illegittimità della norma comunale (il cui annullamento, infatti, è stato chiesto in primo grado solo in via subordinata) che, comunque, non sussiste, atteso che, come detto, non si tratta di un effettivo limite distanziometrico con conseguente divieto di installazione, ma piuttosto di un onere di mitigazione imposto a determinate condizioni.
7.3. Diversamente, assume rilievo centrale e dirimente l’accertamento delle modalità di esercizio della discrezionalità amministrativa nell’applicazione dell’art. 5, comma 3, lett. a), del regolamento comunale.
In proposito, le doglianze proposte dalle appellanti non sono idonee a superare la carenza di motivazione dell’atto impugnato rilevata dal giudice di primo grado.
Il Tar, con statuizioni condivisibili, ha sostenuto che:
“8. In particolare, il Comune cita in termini generali l’art. 5, co. 3, del reg. com. DCC n. 26 del 9.3.2007, che pone un limite distanziometrico di 300 metri, ma non si spiega in cosa consisterebbe, in concreto, tale compromissione.
Anche in tal caso, trattasi dunque di motivazione meramente assertoria, tipica delle ipotesi in cui si afferma qualcosa, senza però che si spieghi al destinatario dell’atto le ragioni a sostegno dell’assunto.
9. Pertanto, per tali ulteriori ragioni, è evidente l’illegittimità degli atti impugnati con ricorso originario e con i primi motivi aggiunti, stante la sostanziale assenza di motivazione da parte dell’Amministrazione.
10. A ciò aggiungasi altresì che, per pacifica giurisprudenza amministrativa: “Le infrastrutture per le reti di comunicazione, in quanto opere di urbanizzazione primaria, risultano in generale compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale; la disposizione dell’art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/2003 ha in tal modo evidenziato il principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni” (Cons. Stato, Sez. VI, 3 agosto 2017, n. 3891).
Dunque, c’è una presunzione legale di conformità di tali impianti alla legge, superabile unicamente con una motivazione molto rafforzata, che nel caso di specie manca del tutto”.
Ancora condivisibile è l’affermazione del giudice di primo grado, secondo cui “il Comune si è limitato a citare il limite distanziometrico di 300 metri di cui al citato art. 5 Reg. com, senza tuttavia peritarsi di chiarire le ragioni per le quali l’impianto in esame non risultava allocabile nell’area in esame”.
In proposito, occorre tenere conto che gli impianti in discorso sono idonei ad assicurare un rilevante servizio pubblico, variamento qualificato dalla normativa in materia, come di preminente interesse generale, di pubblica utilità, ovvero, ai sensi dell’art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259 del 2003, di opera di urbanizzazione primaria, sicché gli stessi risultano in genere compatibili con ogni destinazione urbanistica e, quindi, con ogni zona del territorio comunale.
Ne consegue che, costituendo l’inibizione all’installazione sostanzialmente un’eccezione, la motivazione di un atto che, nell’applicazione discrezionale di una pur legittima norma regolamentare del Comune, miri ad escludere la possibilità di allocare l’antenna in un determinato sito deve essere assistita da una motivazione particolarmente esaustiva, il che, nel caso di specie, non è avvenuto.
In altri termini, la ragione dell’illegittimità del provvedimento in contestazione riposa nell’assenza di una esaustiva motivazione sulle ragioni per le quali l’installazione dell’antenna non sarebbe compatibile con il contesto edilizio ed urbanistico circostante, essendosi l’Amministrazione limitata a rilevare la presenza nell’area di un tessuto edilizio con tipologie residenziali ad edificazione basse e con giardini ampi privati, tali da determinare un particolare equilibrio tra edificato e spazi aperti adibiti a giardini attrezzati, con percorsi, aree di sosta e piscine.
In altri termini, non basta certo ad assolvere l’onere di corretta applicazione della norma regolamentare attributiva di un potere discrezionale la circostanza che nel territorio circostante vi siano ville basse e di notevole pregio estetico, ancorché non vincolate, in quanto ciò porterebbe a vietare l’installazione di antenne in determinate zone, sulla base di una mera ed insindacabile valutazione dell’Ufficio comunale, in quanto ritenute soggettivamente di maggiore pregio, sebbene non vincolate, mentre la corretta applicazione della norma postula anche un ancoraggio oggettivo alla pianificazione urbanistica ed edilizia comunale che, nel caso, manca, laddove, come poco prima evidenziato, le installazioni in discorso costituiscono ope legis opere di urbanizzazione primaria e, in quanto tali, teoricamente potrebbero essere posizionate in qualunque parte del territorio comunale, ove non sussistano specifiche ed oggettive preclusioni.
7.4. Inoltre, il foto-rendering prodotto dalla INWIT non rende esente l’Amministrazione comunale dall’attività di verifica dello stato dei luoghi a seguito della presentazione dell’istanza, in fase di istruttoria, e prima della formazione del provvedimento tacito di assenso, per cui non è esente da profili di censura neppure la parte del provvedimento di annullamento d’ufficio del 30 ottobre 2020, in cui è affermato che “solo la disamina della documentazione fotografica post operam per come desumibile dal sopralluogo effettuato … ha consentito di accertare l’effettivo sviluppo ed impatto visivo dell’impianto …”.
Diversamente, la formazione di un provvedimento implicito di assenso in ragione del mero decorrere del tempo dalla data di presentazione dell’istanza, come quello previsto nel caso di specie dall’art. 87, comma 9, d.lgs. n. 253 del 2009, non comporta alcuna deresponsabilizzazione della pubblica amministrazione competente, che deve ugualmente svolgere, proprio come nell’ipotesi in cui fosse obbligata all’adozione di un provvedimento espresso, una puntuale ed esaustiva istruttoria al fine di verificare se sussistono i presupposti ed i requisiti previsti dalla legge per l’attribuzione del bene della vita richiesto.
Peraltro, l’amministrazione pubblica competente, effettuati i dovuti e necessari accertamenti, può decidere, in luogo dell’adozione di un provvedimento espresso, di far formare un provvedimento tacito.
Tale è la fisiologia del procedimento amministrativo ove sia presentata un’istanza a carattere pretensivo per la quale, decorso il termine normativamente previsto, si forma il silenzio assenso.
Viceversa, l’omesso o l’incompleto svolgimento dell’istruttoria da parte dell’amministrazione competente - fermo restando che il decorso del tempo, in presenza di una istanza corredata dalla prevista documentazione, comporta comunque, a tutela dell’affidamento del richiedente, la formazione dell’atto tacito - costituisce una situazione patologica.
Per molti aspetti l’istituto del silenzio-assenso, che come noto ha accompagnato la nascita della legge n. 241 del 1990, dimostra e conferma l’intuizione dottrinale secondo la quale, delle fasi in cui si scompone convenzionalmente il procedimento amministrativo, quella centrale è data proprio dall’istruttoria, di cui la fase decisoria – che sia tacita oppure espressa – rappresenta piuttosto un precipitato e una conseguenza logica.
7.5. Sulla base del descritto percorso logico-argomentativo, non può essere accolta la richiesta di verificazione formulata dai signori Bortone e Genovasi, in quanto il vizio del provvedimento impugnato in primo grado si concreta nella carenza di una sufficiente ed esaustiva motivazione, alla quale non può supplire l’attività svolta in sede di verificazione.
8. Per tutte le ragioni esposte, l’appello incidentale adesivo del Comune di Lecce si rivela anch’esso infondato e va di conseguenza respinto.
Peraltro, occorre precisare che l’Amministrazione comunale, con riferimento alla norma regolamentare (id est: art. 5, comma 3, del Regolamento), ha sostenuto che, in ogni caso, anche ove in sede di appello si fosse ritenuto di non accogliere le doglianze riferibili al provvedimento di sospensione ed a quello di autoannullamento, la sentenza di primo grado dovrebbe essere riformata.
La prospettazione non assume rilievo nella fattispecie, in quanto l’art. 5, comma 3, del Regolamento non è stato annullato dal TAR che ha annullato, come da dispositivo, “gli atti impugnati” e, infatti, il ricorrente in primo grado ha chiesto l’annullamento o la disapplicazione dell’art. 5, incluso il comma 3, del Regolamento comunale approvato con D.C.C. n. 26 del 9 marzo 2007 solo laddove “intesi in senso contrario alla pretesa quivi fatta valere”.
Il primo giudice, nel tessuto motivazionale della sentenza, ha rilevato non già l’illegittimità della norma regolamentare, ma la sua non corretta applicazione, avendo evidenziato (par. 13), come già riportato, che “il Comune di è limitato a citare il limite distanziometrico di 300 metri di cui al citato art. 5 Reg. com, senza tuttavia peritarsi di chiarire le ragioni per le quali l’impianto in esame non risultava allocabile nell’area in esame”.
Di talché, l’annullamento ha riguardato i provvedimenti di sospensione e di annullamento d’ufficio, con cui la norma regolamentare è stata non correttamente applicata, ma non la norma stessa.
9. La reiezione degli appelli proposti dai signori Bortone e Genovasi e dal Comune di Lecce determina l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’appello incidentale proposto dalla INWIT, dato il suo carattere condizionato.
10. In conclusione, sulla base di tutto quanto evidenziato, l’appello principale proposto dai signori Francesco Bortone e Marina Genovasi deve essere respinto in quanto infondato; parimenti deve essere respinto in quanto infondato l’appello incidentale adesivo (da valere anche, ove occorra, come appello autonomo) proposto dal Comune di Lecce, mentre deve essere dichiarato improcedibile l’appello incidentale condizionato proposto da INWIT.
11. Va da sé che, in relazione alle molteplici specificazioni e puntualizzazioni delle doglianze contenute nei ricorsi in appello e nei successivi scritti difensivi, il Collegio ha preso in considerazione, nella motivazione della presente sentenza, solo quelle ritenute astrattamente rilevanti ai fini della definizione del giudizio, per cui i profili eventualmente non menzionati si intendono ritenuti privi di sostanziale ed effettivo interesse.
12. La complessità e la parziale novità delle questioni trattate inducono a disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, così provvede sul giudizio in epigrafe (R.G. n. 6495 del 2023):
- respinge l’appello principale proposto dai signori Francesco Bortone e Marina Genovasi;
- respinge l’appello incidentale adesivo (da valere anche, ove occorra, come appello autonomo) proposto dal Comune di Lecce;
- dichiara improcedibile l’appello incidentale condizionato proposto da INWIT s.p.a.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 18 luglio 2024, con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore
Giovanni Gallone, Consigliere