TAR Toscana, Sez. II, n. 1521, del 10 novembre 2015
Caccia e animali.Legittimità revoca porto di fucile uso caccia per abbandono di arma da fuoco.

La revoca disposta dal Questore trae origine da un episodio che, pur non avendo provocato danni, è stato ritenuto dall'Amministrazione sintomatico di una insufficiente affidabilità del ricorrente. Tale valutazione non appare né irragionevole, né sproporzionata, né immotivata, tenuto conto che dimenticarsi un'arma in un luogo a tutti accessibile costituisce un fatto oggettivamente grave e pericoloso, che nel caso di specie non ha avuto conseguenze significative solo perché l'arma è stata ritrovata dalla Polizia provinciale. Questa circostanza ha assunto rilievo in sede penale, ma non può incidere sulla legittimità del provvedimento impugnato, che ha una finalità eminentemente preventiva, rispetto alla quale anche la valutazione della personalità del soggetto coinvolto non può assumere un ruolo decisivo, a fronte del comportamento oggettivamente negligente del predetto nella custodia delle armi; e d'altra parte la giurisprudenza ha ripetutamente riconosciuto che una condotta di tal genere è idonea a legittimare la revoca del porto d’armi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 01521/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00726/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 726 del 2015, proposto dal sig. xxxxxx, rappresentato e difeso dall'avv. M, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. in Firenze, Via Ricasoli 40; 

contro

Ministero dell'Interno in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distr.le dello Stato e domiciliato in Firenze, Via degli Arazzieri 4; 

per l'annullamento

del decreto questorile in data 22 novembre 2014, notificato il successivo 9 febbraio 2015, con il quale al ricorrente è stata revocata la licenza di porto di fucile per uso caccia, di cui il medesimo era titolare; di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 il dott. Carlo Testori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

 

1) Con decreto del 22/11/2014 il Questore di Lucca ha revocato la licenza di porto di fucile per uso caccia di cui era titolare il sig. xxxxx. La motivazione del provvedimento fa riferimento a una segnalazione del Comando di Polizia provinciale di Lucca in data 27/10/2014 da cui risulta che il predetto "è stato segnalato all’A.G. per art. 20 Bis c. 3 legge 110/75 per abbandono di arma da fuoco"; e conclude rilevando "che sono venuti meno i prescritti requisiti soggettivi previsti dalla legge che regola la materia del rilascio di autorizzazioni di polizia di cui agli artt. 11 e 43 del TULPS e nella fattispecie la licenza di porto di fucile per uso caccia".

Contro il decreto in questione il sig. xxxxxx ha proposto il ricorso in epigrafe formulando censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Per resistere al gravame si è costituito in giudizio il Ministero dell'Interno, che ha depositato una memoria corredata da documentazione.

In data 23/9/2015 il ricorrente ha depositato una separata istanza di sospensione del provvedimento impugnato.

2) Queste, in sintesi, le censure formulate nel ricorso:

a) nella materia delle autorizzazioni di polizia è attribuita all'Amministrazione un ampio potere discrezionale in sede di valutazione delle condizioni per la revoca dei titoli in questione; nel caso specifico tale potere è stato esercitato in violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità; il Questore di Lucca si è limitato a richiamare la segnalazione pervenuta dalla Polizia provinciale senza considerare l'effettivo e concreto svolgimento dei fatti, la personalità del soggetto e i suoi precedenti di vita, caratterizzati da una condotta sempre irreprensibile nell'uso delle armi; la vicenda da cui trae origine il provvedimento non ha provocato conseguenze dannose o pericolose e si è risolta in breve tempo, tant'è che il ricorrente è stato ammesso all'oblazione; in sostanza, il decreto impugnato è viziato dalla mancanza di un’adeguata istruttoria e di un'idonea motivazione;

b) il provvedimento non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento; non basta a tal fine il generico riferimento all'urgenza del caso e alla gravità dei fatti, peraltro smentito dal tempo trascorso dall'epoca del fatto alla notifica del decreto di revoca;

c) la Questura di Lucca avrebbe potuto procedere alla sospensione della licenza, anziché all’immediata revoca della stessa.

3) Il ricorso è infondato.

Il ricorrente è stato denunciato (e poi condannato) per il reato di omessa custodia di armi in quanto, come risulta dalla comunicazione di notizia di reato trasmessa dalla Polizia provinciale di Lucca alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca, il giorno 27/10/2014 una pattuglia del predetto Corpo "verso le ore 15.25 trovava in una radura boschiva... un fucile di caccia appoggiato in verticale ad un tronco di albero"; tale fucile è risultato poi essere di proprietà del sig. xxxxx, il quale si è presentato qualche ora più tardi presso il Comando della Polizia provinciale dichiarando di avere dimenticato l'arma nel luogo in cui era stata ritrovata.

4) L’art. 43 TULPS prevede che il porto d'armi può essere negato (dunque, ex art. 11 può essere revocato, se già rilasciato) a chi "non dà affidamento di non abusare delle armi".

Nella sentenza di questa Sezione 17 giugno 2014 n. 1075 si legge: "La giurisprudenza ha chiarito che nel pronunciarsi sui ricorsi proposti contro provvedimenti adottati in base alle citate norme del TULPS si deve necessariamente tener conto del particolare tipo di materiale oggetto dei provvedimenti medesimi, nonché della circostanza che, in materia, il nostro ordinamento è caratterizzato da un rigoroso sistema di controlli volti, in sostanza, a ridurre al minimo il possesso e la circolazione delle armi ed i rischi connessi; per cui si deve ritenere che il pericolo di abuso a cui si riferiscono le norme in questione va inteso nella più ampia accezione possibile. Tale pericolo può essere dunque ravvisato in tutti i casi in cui sul conto del soggetto interessato, ovvero dal suo comportamento, emergono sospetti o indizi negativi che inducono ragionevolmente a dubitare che le armi siano godute ed usate nella più perfetta e completa sicurezza… Le preminenti esigenze che l'ordinamento intende salvaguardare attraverso le norme citate (tutela dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività) non permettono il minimo dubbio in proposito e legittimano il massimo rigore nella valutazione, ampiamente discrezionale, relativa all'adozione delle misure di cui si controverte nel presente giudizio. Tra le tante decisioni che hanno enunciato e fatto applicazione dei principi di cui sopra si vedano Consiglio di Stato, sez. III, 13 aprile 2011 n. 2294; TAR Lazio, sez. I, 6 maggio 2013 n. 4439; TAR Lecce, sez. I, 28 gennaio 2013 n. 197; TAR Bari, sez. II, 1 marzo 2012 n. 466".

I principi e le considerazioni di cui sopra vanno applicati anche nel presente giudizio; la revoca disposta dal Questore di Lucca trae origine da un episodio che, pur non avendo provocato danni, è stato ritenuto dall'Amministrazione sintomatico di una insufficiente affidabilità del ricorrente. Tale valutazione non appare né irragionevole, né sproporzionata, né immotivata, tenuto conto che dimenticarsi un'arma in un luogo a tutti accessibile costituisce un fatto oggettivamente grave e pericoloso, che nel caso di specie non ha avuto conseguenze significative solo perché l'arma è stata ritrovata dalla Polizia provinciale. Questa circostanza ha assunto rilievo in sede penale, ma non può incidere sulla legittimità del provvedimento impugnato, che ha una finalità eminentemente preventiva, rispetto alla quale anche la valutazione della personalità del soggetto coinvolto non può assumere un ruolo decisivo, a fronte del comportamento oggettivamente negligente del predetto nella custodia delle armi; e d'altra parte la giurisprudenza ha ripetutamente riconosciuto che una condotta di tal genere è idonea a legittimare la revoca del porto d’armi (tra le più recenti cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 12 novembre 2014 n. 5581 e TAR Pescara 3 giugno 2014 n. 252).

Tanto basta per escludere la fondatezza delle censure richiamate al precedente punto 2a); ma vale anche per superare il motivo sub 2c), tenuto conto che la valutazione di inaffidabilità posta a fondamento del provvedimento impugnato era idonea a giustificare la revoca e non la mera sospensione del titolo di polizia.

5) Quanto alla prospettata violazione dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento, è sufficiente richiamare le sentenze 8 settembre 2014 n. 1436 e 11 luglio 2013 n. 1121 con cui questa Sezione ha fatto proprio l'orientamento giurisprudenziale "che, in considerazione della necessaria celerità insita nei provvedimenti finalizzati a prevenire un possibile abuso delle armi (divieti di detenere armi; revoche dei permessi di porto d’arma), ha escluso in radice la necessità di dare applicazione alla previsione dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241". In quelle decisioni si è evidenziato che "la normativa in materia di porto d'armi risponde all'esigenza di proteggere la collettività dal pericolo dell'uso delle armi. Tale esigenza è soddisfatta sottraendo con celerità le armi alla disponibilità del soggetto che non fornisce più idonee garanzie di non abusare delle stesse o che omette di assicurarne la necessaria custodia. A ciò consegue che tutti i provvedimenti in materia, essendo preordinati alla salvaguardia dell'incolumità delle persone, sono rivestiti dal carattere dell'urgenza, dovendo rispondere ad esigenze di particolare celerità. In tali casi, pertanto, può anche essere omessa la comunicazione di avvio del procedimento prevista dall'art. 7, l. n. 241 del 1990 (T.A.R. Calabria, Catanzaro sez. I 7 luglio 2010 n. 1544; T.A.R. Umbria 27 maggio 2010 n. 338; T.A.R. Piemonte, sez. II 15 aprile 2010 n. 1921) ".

6) In relazione a quanto sopra il ricorso deve essere respinto.

Le spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dell’Amministrazione resistente nella misura di € 1.500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Saverio Romano, Presidente

Carlo Testori, Consigliere, Estensore

Luigi Viola, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/11/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)