Maltrattamento di animali ed altre disposizioni relative al sentimento per gli animali
di Luca RAMACCI
Con l’entrata in vigore della Legge 20 luglio
2004 recante “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli
animali nonché l’impiego degli stessi in combattimenti clandestini o
competizioni non autorizzate” [1]
sono state introdotte profonde innovazioni nella disciplina della tutela degli
animali, in precedenza affidata, in via principale, all’articolo 727 C.P. il
quale, rispetto alla originale stesura, aveva già subito alcune modifiche
introdotte con la legge 22 novembre 1993 n.473 “Nuove norme contro il maltrattamento di animali”.
La legge di più recente formulazione ha, in primo
luogo, introdotto alcune modifiche al codice penale inserendo un nuovo titolo
IXbis “Dei delitti contro il sentimento degli animali”.
Significativo appare, innanzi tutto, il ricorso
alla qualificazione delle violazioni quali delitti, con tutto quel che ne
consegue non solo per quanto concerne l’entità e la specie delle pene
previste, frutto evidente di una precisa scelta legislativa, ma anche per i più
estesi termini di prescrizione.
Augurandoci che la novità rappresenti anche una
inversione di tendenza da parte del legislatore che, tranne rari casi (come ad
esempio quando ha introdotto l’articolo 53bis nel D.Lv. 2297), ha sempre
privilegiato il reato contravvenzionale, quasi confermando la scarsa sensibilità
dimostrata nel corso degli anni rispetto alle tematiche ambientali, ci si chiede
a quale strategia risponda quest’ultima iniziativa
legislativa che, pur se mirata a disciplinare un settore particolare ed
importante, si pone in stridente contrasto non solo con l’indifferenza
dimostrata verso progetti di inserimento nel codice penale dei c.d. delitti
contro l’ambiente giacenti in parlamento da almeno due legislature, ma anche
con la riforma del codice penale stesso cui sta lavorando la c.d. Commissione
Nordio la quale ha anche previsto una massiccia depenalizzazione che riguarda
anche i reati ambientali e, in particolare, la disciplina della caccia[2].
Il primo degli articoli di nuova introduzione (art. 544bis) sanziona con la
reclusione da tre a diciotto mesi la condotta di chi cagiona la morte di un
animale per crudeltà ovvero senza necessità.
La morte dell’animale, che nell’articolo 727
C.P. determinava esclusivamente un aggravamento della pena, viene ora
contemplata anche come autonoma ipotesi di reato.
La condotta vietata deve essere posta in essere, secondo la disposizione in
esame “per crudeltà o senza
necessità” e, trattandosi di delitto, l’elemento soggettivo richiesto è
evidentemente il dolo.
Va osservato che, diversamente da quanto previsto dall’articolo 727 C.P.
precedentemente in vigore, la crudeltà e la mancanza di necessità che
qualificano l’azione sono previste in alternativa tra loro, mentre in
precedenza la norma puniva chiunque “incrudelisce verso animali senza necessità”
Per quanto attiene l’individuazione dei predetti requisiti della condotta,
può farsi ricorso a quanto evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità con
riferimento alla nozione di “incrudelimento” cui faceva riferimento
l’articolo 727 C.P. nella vecchia formulazione. Osservava a tale proposito la
Corte di Cassazione che esso presuppone l’assenza di un giustificato motivo
ovvero l’esistenza di un motivo abietto o futile da parte dell’agente,
cosicché rientrano in tale ipotesi “le condotte che si rivelino
espressione di crudeltà intesa come espressione di particolare compiacimento o
di insensibilità”[3].
Il reato di “maltrattamento di animali” viene preso ora in esame dall’articolo 544ter sottoponendo a sanzione diversi comportamenti quali:
- il cagionare con crudeltà o senza necessità una lesione ad un animale;
- il sottoporre un animale a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche
- il somministrare ad animali sostanze stupefacenti
-
il sottoporre un animale a trattamenti che procurano un danno alla salute
La pena prevista è quella, congiunta, della
reclusione (da tre mesi ad un anno) e la multa (da 3.000 a 15.000 euro).
Deve ritenersi che il concetto di lesione
utilizzato dal legislatore possa essere individuato attraverso gli stessi
criteri che qualificano le lesione in altre disposizioni del codice penale come
ogni apprezzabile diminuzione dell’integrità psicofisica dell’animale. E’
inoltre appena il caso di precisare che non possono esservi dubbi sulla
rilevanza, ai fini della disposizione in esame, non solo delle alterazioni del
fisico, ma anche di quelle che incidono sulla psiche dell’animale risultando
ormai pacificamente riconosciuto che anche gli animali sono suscettibili di
simili menomazioni.
Di ciò si era resa conto anche la giurisprudenza trattando del reato in
esame così come disciplinato in precedenza e rilevando che per la
configurabilità dello stesso “non è necessaria la lesione fisica
dell’animale essendo sufficiente una sofferenza in quanto la norma mira a
tutelare gli animali quali esseri viventi capaci di percepire con dolore
comportamenti non ispirati a simpatia, compassione ed umanità”[4]
La lettura della disposizione in esame, inoltre, induce a considerare ancora
valido il contributo interpretativo fornito dalla giurisprudenza con riferimento
all’articolo 727 C.P. laddove veniva precisato che l’ipotesi dell’incrudelimento
verso gli animali doveva ritenersi distinta da quella della sottoposizione a
strazi o sevizie incompatibili con la natura degli animali[5] cosicché il requisito
della crudeltà non è richiesto per la configurazione del reato quando la
condotta determini una conseguenza diversa dalle lesioni, quali la
sottoposizione dell’animale a comportamenti o a fatiche o a lavori
insopportabili per le sue caratteristiche etologiche.
La somministrazione di stupefacenti e la sottoposizione a trattamenti nocivi
per la salute, che potevano comunque rientrare nel reato di maltrattamento di
animali, sono state ora espressamente previste dal legislatore tra le condotte
vietate.
La violazione in esame può porsi in essere, ovviamente, anche mediante un
comportamento omissivo, come nel caso in cui l’animale sia lasciato in stato
di abbandono e denutrizione[6].
Tra le condotte integranti la fattispecie in esame, inoltre, si è
individuata la cattura ed uccisione di animali mediante lacci o tagliole per le
ingiustificate sofferenze che tali metodi infliggono prima di determinare il
soffocamento o il dissanguamento della preda[7].
Altrettanto rilevanti, ai fini della configurazione del reato, sono state
ritenute condotte idonee ad incidere sulla sensibilità dell’animale
producendo sofferenza.
Se dai fatti descritti nel primo comma (esclusi quindi la somministrazione di
stupefacenti e la sottoposizione a trattamenti nocivi) deriva la morte
dell’animale, è prevista un aumento della pena pari alla metà.
Altra ipotesi di reato di nuova introduzione è quella prevista
dall’articolo 544quater (spettacoli e manifestazioni vietati).
Salvo che il fatto non configuri più grave reato, la norma sanziona con la
pena congiunta (reclusone da quattro mesi a due anni e multa da 3.000 a 15.000
euro) la promozione e l’organizzazione di spettacoli o manifestazioni che
comportino sevizie per gli animali, prevedendo un’aggravante da un terzo alla
metà se tali fatti sono commessi in relazione all’esercizio di scommesse
clandestine, al fine di trarne profitto o se determinano la morte
dell’animale.
Tra tali attività non rientrano i combattimenti di animali, autonomamente
considerati e sembra potersi ritenere che, facendo la norma espresso riferimento
a spettacoli o manifestazioni comportanti sevizie, si sia voluto punire con pene
maggiori rispetto ai maltrattamenti la pubblica ostentazione di inutili
sofferenze appositamente inflitte agli animali quali finalità dello spettacolo
o della manifestazione mentre altri comportamenti, pur posti in essere
nell’ambito di attività simili, potrebbero comunque rientrare nel meno grave
reato previsto dall’articolo 544ter quando ne ricorrano i presupposti come, ad
esempio, nel caso in cui l’attività cui l’animale viene sottoposto possa
configurare un lavoro o una fatica insopportabile.
Non assume inoltre rilievo, non facendone menzione la norma (diversamente da
quanto prevede l’articolo 544quinquies in tema di combattimenti e
competizioni), che la manifestazione o lo spettacolo sia regolarmente
autorizzato
Sanzioni più gravi sono inoltre previste dall’articolo 544quinquies con
riferimento alla promozione, organizzazione e direzione di combattimenti e
competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo
l’integrità fisica.
Per la configurazione del reato è dunque richiesto il duplice requisito
della mancanza di autorizzazione e del potenziale pericolo per l’integrità
fisica dell’animale. Diversamente da quanto indicato nella rubrica, la norma
prende considerazione non solo attività quali i “combattimenti” tra animali
che presuppongono un contatto fisico tra gli stessi ma anche le
“competizioni” che, pur non prevedendo contatti, possono essere
evidentemente effettuate con modalità potenzialmente pericolose per la salute
degli animali impiegati.
Il secondo comma prevede inoltre tre aggravanti:
-
se le attività vietate sono compiute in concorso con minorenni o da
persone armate;
- se sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;
-
se il colpevole cura la ripresa o
la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.
Il terzo comma dell’articolo 544quinquies sanziona penalmente chi, non
concorrendo nel reato previsto dal primo comma e svolgendo attività di
addestramento o allevamento di animali, li destina in qualsiasi forma ed anche
per il tramite di terzi ai combattimenti di cui al primo comma. Identica pena è
prevista per i detentori e possessori degli animali impiegati nei combattimenti
e nelle competizioni se consenzienti.
Con riferimento a tale ultima ipotesi di reato va evidenziato il fatto che la
sanzione per gli allevatori ed addestratori fa riferimento esclusivo ai
combattimenti di cui tratta il primo comma, mentre le sanzioni per i proprietari
e possessori consenzienti si riferisce tanto ai combattimenti quanto alle
competizioni (come del resto fa anche l’ultimo comma di cui si dirà
appresso).
L’ultimo comma dell’articolo sanziona chiunque, anche se non presente sul
luogo del reato (e fuori dai casi di concorso) organizza o effettua scommesse
sui combattimenti e le competizioni di cui si è detto.
Di misure di sicurezza e pene accessorie si occupa invece l’articolo
544sexies prevedendo, in caso di condanna o applicazione pena ex articolo 444
C.P.P. per i reati di cui agli articoli 544ter, 544quater e 544quinquies in
precedenza esaminati, la confisca obbligatoria dell’animale (salvo che
appartenga a terzo estraneo al reato) e la sospensione da tre mesi a tre anni
dell’attività di trasporto, commercio, o allevamento di animali se il
condannato è soggetto che svolge tali attività. La recidiva comporta, invece,
l’interdizione dall’esercizio delle medesime attività.
La legge in esame introduce anche una necessaria modifica all’articolo 638
C.P. in tema di uccisione o danneggiamento di animali altrui prevedendo
l’applicazione delle sanzioni ivi contemplate qualora il fatto non costituisca
più grave reato.
Il legislatore è altresì intervenuto nuovamente sull’articolo 727 C.P. il
cui ambito di applicazione viene ora circoscritto – dopo l’introduzione dei
nuovi delitti – all’abbandono di animali domestici o che abbiano acquisito
abitudine alla cattività e la detenzione di animali in condizioni incompatibili
con la loro natura o comunque produttive di gravi sofferenze.
Rispetto alla precedente formulazione la norma in esame, che vede aggiunto il
riferimento alle “gravi sofferenze”, sembra contemplare anche l’ipotesi di
detenzione in condizioni che, sebbene conciliabili con la natura dell’animale,
siano comunque tali da sottoporre lo stesso a patimenti di rilievo.
Pare evidente che l’abbandono o la detenzione impropria di cui tratta
l’articolo 727 C.P. indichino come lo stesso sia destinato esclusivamente ad
assicurare che il possesso dell’animale da parte del detentore sia esercitato
con modalità compatibili con la natura dell’animale medesimo, mentre le altre
disposizioni, in precedenza esaminate, mirano a tutelarne l’integrità fisica
rispetto a comportamenti volontari finalizzati a procurare sofferenza, lesioni o
morte.
Riguardo all’abbandono, la giurisprudenza formatasi con riferimento alla
precedente formulazione dell’articolo 727 C.P. ha evidenziato che esso può
configurarsi, ad esempio, nel caso di gatti lasciati per un periodo di circa tre
mesi su un terrazzo di un’abitazione pur dando incarico a terzi per un
saltuario controllo[8].
In tale occasione si è anche specificato che l’abbandono non deve
necessariamente comportare esclusivamente il venire meno delle condizioni
fisiche di sopravvivenza ma anche di quelle “morali della vicinanza e consuetudine di vita, non meno importanti per
la psicologia degli animali domestici”.
La Cassazione ha successivamente evidenziato, sempre in tema di abbandono,
che come tale non può intendersi “..la consegna di un cane presso le
strutture comunali di ricovero per tali animali sul falso presupposto che
l'animale non
sia il proprio, ma abbia
origine randagia, atteso che gli animali ricoverati
presso le
strutture comunali
non possono essere soppressi ne' destinati
alla sperimentazione, e che agli stessi nell'attesa della cessione a
privati vengono assicurate le necessarie prestazioni di cura e custodia”[9].
Con riferimento alla detenzione con modalità non compatibili con la natura
dell’animale, il reato è stato ipotizzato in un caso di detenzione in piccole
gabbie inidonee a consentire i normali movimenti[10].
L’articolo 2 della Legge 189 4 ha poi ribadito il contenuto
dell’ordinanza 21 dicembre 2001 del Ministero della salute[11]
avente ad oggetto “Misure cautelari per la tutela dei cani e gatti
domestici” adottata dopo la diffusione di notizie di stampa circa
l’utilizzazione di pelli di animali domestici per la realizzazione di capi di
abbigliamento e che stabiliva che eventuali violazioni sarebbero state
sanzionate a norma dell’articolo 650 Codice Penale.
L’articolo 2 punisce ora con pena sensibilmente più grave (arresto da tre
mesi ad un anno e ammenda da 5.000 a 100.000 euro) l’utilizzazione di cani e
gatti per la produzione o il confezionamento di pelli, pellicce, capi di
abbigliamento e articoli di pelletteria costituiti o ottenuti in tutto o in
parte con tali materiali, nonché la commercializzazione e l’introduzione
degli stessi nel territorio nazionale. Diversamente dall’ordinanza del 2001,
non viene più menzionata la mera detenzione delle pelli e pellicce di cane o
gatto che il provvedimento ministeriale invece vietava.
L’ultimo comma dell’articolo 2 prevede anche la confisca obbligatoria e
la distruzione delle cose contemplate nel primo comma.
L’articolo 3 della legge in esame prevede, inoltre, alcune modifiche alle
disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale attraverso
l’introduzione dell’articolo 19ter che esclude l’applicabilità delle
disposizioni in precedenza esaminate, introdotte nel titolo IXbis del Libro II
del codice penale, ai casi previsti dalle leggi speciali in tema di caccia,
pesca, allevamento, trasporto, macellazione di animali, sperimentazione
scientifica sugli stessi, attività circense, giardini zoologici, nonché dalle
altre leggi speciali in materia di animali ed alle manifestazioni storiche e
culturali autorizzate nella regione competente.
E’ di tutta evidenza che tale esclusione deve ritenersi operante solo nel
caso in cui le attività menzionate vengano svolte entro l’ambito di
operatività delle disposizioni che le disciplinano e che ogni comportamento che
esuli da tale ambito potrà essere penalmente valutato alla luce delle
disposizioni di cui si è detto precedentemente.
Il contenuto di alcune tra le disposizioni che disciplinano le materie sopra
elencate merita, inoltre, di essere menzionato in quanto consente di meglio
qualificare determinate condotte aventi rilevanza penale con riferimento alle
disposizioni di nuova introduzione.
A tale proposito si richiama il D.Lv. 26 marzo 2001, n.146 “Attuazione
della direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli
allevamenti”[12]
che stabilisce le misure minime da osservare negli allevamenti per la protezione
degli animali, prevedendo l’adozione di misure adeguate per garantire il
benessere degli animali ed impedire che vengano loro provocati dolore,
sofferenze o lesioni inutili; a tale scopo sono previsti controlli ed ispezioni
e, in caso di violazione degli obblighi imposti, l’applicazioni di sanzioni
amministrative.
La premessa “salvo che il fatto non costituisca reato”, contenuta
nell’articolo 7 del D.Lv. 1462001, fa sì che qualora ricorrano i presupposti
per inquadrare le condotte vietate nelle fattispecie previste dalla sanzione
penale le stesse possano essere sanzionate tenendo quale utile riferimento il
contenuto dell’allegato al D.Lv. 1462001 che indica le modalità di un
corretto allevamento.
Degli animali utilizzati a fini sperimentali o
scientifici in genere si occupano, invece, il D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 116
e la circolare 14 maggio 2001, n.6 del Ministero della sanità, la quale
richiama il carattere di eccezionalità delle norme che consentono la
sperimentazione animale e ricorda, inoltre, quali siano gli scopi del D.Lv.
11692[13]:
- tutelare il benessere degli animali destinati alla sperimentazione anche attraverso la verifica e l'ottimizzazione delle caratteristiche degli ambienti dove sono trattenuti;
- applicare l'anestesia generale o locale su tutti gli animali sottoposti ad esperimenti;
- ridurre il numero di animali utilizzati o da utilizzare nella sperimentazione, anche attraverso la verifica preliminare dell'esistenza di metodi sperimentali alternativi all'utilizzazione degli animali;
- utilizzare nella sperimentazione la specie animale con il più basso sviluppo neurologico;
- limitare le autorizzazioni previste dal decreto legislativo soltanto nei casi di assoluta necessità e con l'impegno di osservare le regole previste dal decreto stesso;
- attuare rigidamente la disposizione secondo cui un animale non può essere utilizzato più di una volta in esperimenti che comportano forti dolori, angoscia o sofferenze equivalenti;
- cercare di mantenere in vita gli animali al termine della sperimentazione, con conseguente affidamento in adozione, sempreché le condizioni di salute degli animali lo consentano e quando pervengano richieste di affido in adozione da parte di associazioni animaliste, di privati o di comuni;
-
la raccolta di dati contenuti in registri in cui sono annotati tutti gli
animali utilizzati nella sperimentazione, allo scopo di consentire un'esatta
valutazione dell'utilizzazione degli animali nella ricerca, che risulti
perfettamente giustificata relativamente alle reali necessità ed al fine di
potere corrispondere alle richieste di reciproche informazioni sull'argomento
anche a livello internazionale e comunitario.
La delimitazione delle attività di
sperimentazione lecite determina, quale conseguenza, che ogni comportamento che
eccede i limiti posti dalla normativa in esame è sanzionato amministrativamente
(salvo che il fatto non costituisca reato).
La legge in esame prevede, nelle norme di
coordinamento (articolo 4, comma primo) la modifica dell’ottavo comma
dell’articolo 4 D.Lv. 11692 laddove la violazione dell’obbligo di
effettuare tutti gli esperimenti su animali sotto anestesia generale o locale
veniva sanzionata “ai sensi dell’art. 727 c.p.” con le pene ora
previste per il nuovo delitto di maltrattamento.
Altre disposizioni di interesse sono
contenute, inoltre, nel D.Lv. 20 ottobre 1998, n. 388 in materia di protezione degli animali durante il trasporto.
Tra le modifiche apportate dalla norma di
coordinamento della Legge 189 4 vi è anche la soppressione del comma quinto
dell’articolo 5 della L. 14 agosto 1991, n. 281 “Legge-quadro in materia di
animali di affezione e prevenzione del randagismo”[14]
che prevedeva un aumento nel minimo e nel massimo della sanzione prevista
dall’articolo 727 C.P. ed alcuni interventi correttivi sulla Legge 12 giugno
1913, n. 611 “Norme sulla protezione degli animali” (tuttora vigente sebbene
scarsamente applicata) abrogandone l’articolo 1 che vietava genericamente gli
atti di crudeltà sugli animali e sostituendo gli obsoleti riferimenti
all’articolo 491 del codice penale all’epoca vigente con quelli relativi
alla disciplina di nuova formulazione.
La legge prende inoltre in considerazione la
destinazione degli animali sequestrati o confiscati attraverso l’introduzione
dell’articolo 19quater nelle disposizioni di coordinamento e transitorie del
codice penale, prevedendone l’affidamento ad associazioni o enti che ne
facciano richiesta e siano stai individuati con apposito decreto ministeriale da
emanarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge,
La promozione di attività formative e di
educazione etologica nelle scuole è contemplata dall’articolo 5 mentre il
successivo articolo 6 si occupa del coordinamento delle forze di polizia per
l’espletamento dell’attività di vigilanza, coinvolgendo in tale attività
anche le guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e
zoofile riconosciute entro i limiti imposti dal decreto prefettizio di nomina.
L’articolo 7, richiamato l’articolo 91 C.P.P., riconosce inoltre alle
associazioni destinate a ricevere in affidamento gli animali sequestrati o
confiscati l’esercizio di finalità di tutela degli interessi lesi dai reati
previsti dalla legge stessa consentendo loro di esercitare nel processo penale i
diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato
Le entrate derivanti dall’applicazione delle sanzioni pecuniarie previste
dalla legge sono infine destinate, in base al disposto dell’articolo 8, alle
associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute menzionate dal già citato
articolo 6.
Luca RAMACCI
[4] Cass. Sez. III n.46291 del 3122003, Lo Sinno in Rivistambiente n. 32004 pag. 328
[6] Un caso simile è stato preso in considerazione, sotto la vigenza della vecchia disciplina in Cass. Sez. V n. 9556 del 2881998 (in Riv. Pen. 101998 pag.853) che trattava una vicenda relativa ad una ipotesi di maltrattamento di un cane posto in essere consentendo che zecche e pulci infestassero il corpo dell’animale, lasciato in stato di sostanziale abbandono ed in condizioni di denutrizione.
[7]
Cass. Sez. III n. 12910 dell’ 11121998 in Giust. Pen.
101999, III, pag. 584
[10]
Cass. Sez. III n. 5584 dell’1161997
[11]In
G.U. N. 7 del 9 Gennaio 2002
[12] Il decreto non si applica (articolo 1, ultimo comma) agli animali che vivono in ambiente selvatico, a quelli destinati a partecipare a gare, esposizioni, manifestazioni, attività culturali o sportive; a quelli da sperimentazione o da laboratorio ed agli invertebrati.
[13] Con riferimento alle disposizioni in esame occorre ricordare che Cass. civ. Sez. I n. 10857 del 1072003, Santangelo c. Comune Napoli (in Rivistambiente n. 32004 pag. 338) ha evidenziato che non può ritenersi sottratta alla disciplina una categoria di “interventi didattici” (intesi come quelli effettuati su animali per illustrare le modalità di nuove tecniche chirurgiche) in quanto l’utilizzazione degli animali a fini sperimentali rientra comunque nella rigorosa disciplina dettata dal D.Lv. 11692.