Caccia e animali. Richiami vivi (cattura)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA LOMBARDIA
- 4^ SEZIONE -
T.a.r. Lombardia – sent. n. 38/2007 del 16/01/2007
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso R.G. 2947/2005 proposto da ASSOCIAZIONE LEGA ABOLIZIONE
DELLA CACCIA (LAC) - ONLUS, in persona del legale rappresentante
pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Claudio Linzola, presso
il cui studio in Milano, Via Hoepli n. 3, è elettivamente
domiciliata;
c o n t r o
PROVINCIA DI COMO, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata
e difesa dall’avv. Eugenio Piffaretti ed elettivamente
domiciliata ex lege presso la Segreteria del TAR Lombarda in Milano,
Via Conservatorio n. 13;
e nei confronti di
BARTESAGHI MARCO, BARCELLA ANGELA, DOMENICO FERRARO, ANTONIO
VIOLETTI, CROTTA PAOLO e VIGANO’ SILVANO, tutti non
costituiti in giudizio;
per l’annullamento, previa sospensiva
delle determinazioni del Dirigente del Servizio Caccia della
Giunta Provinciale di Como n. 31 e n. 32 del 27.9.2005, aventi ad
oggetto l’attivazione e la gestione degli impianti per la
cattura di richiami vivi per la caccia da appostamento fisso nella
Provincia di Como;
e
sul ricorso R.G. 2948/2005 proposto da proposto da ASSOCIAZIONE LEGA
ABOLIZIONE DELLA CACCIA (LAC) - ONLUS, in persona del legale
rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Claudio
Linzola, presso il cui studio in Milano, Via Hoepli n. 3, è
elettivamente domiciliata;
c o n t r o
PROVINCIA DI LECCO, in persona del Presidente pro-tempore,
rappresentata e difesa dall’avv. Mario Anghileri,
elettivamente domiciliata in Milano, Viale Bianca Maria n. 23, presso
l’avv. Ercole Romano;
e nei confronti di
SARA GIANCARLO, SARA MARCO, MAURI GIAMPIETRO, GILARDI
GIOVANNI, GRASSI COSTANTE, MAGGIONI ANGELO, CORNACCHIA ANGELO, GANDOLFI
SILVANO e GANDOLFI ANGELO, tutti non costituiti in giudizio;
per l’annullamento, previa sospensiva
della determinazione del Dirigente del Settore faunistico della Giunta
Provinciale di Lecco n. 70 del 19.9.2005, aventi ad oggetto
l’attivazione impianti per la cattura di richiami vivi per la
caccia da appostamento fisso;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Como e
della Provincia di Lecco;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Vista l’ordinanza di riunione ed integrazione del
contraddittorio della IV Sezione, n. 116 del 31.7.2006;
Visti gli atti tutti delle cause;
Uditi, all'udienza del 19 dicembre 2006 (relatore Dott. Giovanni
Zucchini), i procuratori della parte ricorrente e della Provincia di
Como;
FATTO
Con determinazioni dirigenziali n. 31 e n. 32 del 2005, la Provincia di
Como attivava due impianti per la cattura di richiami vivi, in
attuazione delle leggi della Regione Lombarda n. 26/1993 e n. 14/2005.
In particolare, con tale ultima legge, la Regione autorizzava, fra le
altre, la Provincia di Como all’attivazione di un numero
massimo di due impianti, per la cattura di un numero massimo di
richiami vivi pari ad un totale di 1.500 uccelli (tordo bottaccio,
tordo sassello, merlo e cesena).
Contro le suddette determinazioni era proposto, dalla Lega per
l’abolizione della caccia Onlus (d’ora innanzi
denominata anche “LAC”), il primo ricorso (RG
2947/2005), con domanda di sospensiva, per i motivi che possono
così sintetizzarsi:
1) eccesso di potere per difetto di istruttoria, elusione dei principi
affermati nelle sentenze del TAR Lombardia, Milano, n. 719/2005,
1467/2004, 2163/2001 e nella sentenza del Consiglio di Stato n.
2091/2003. Con tale mezzo si censura la circostanza che la Provincia
abbia autorizzato, senza alcuna adeguata istruttoria, la cattura di
tutto il contingente massimo di uccelli previsto dalla legge regionale
n. 14/2005;
2) violazione della direttiva CE 79/409, difetto di istruttoria e di
motivazione, omessa considerazione delle sentenze del TAR Lombardia n.
1497/2004 e del Consiglio di Stato n. 2091/2003. Si contesta
l’inosservanza della normativa comunitaria in materia di
conservazione degli uccelli selvatici (direttiva del Consiglio n.
79/709/CEE), che prevede un generale divieto di cattura delle specie
protette, salvo deroghe, che però non ricorrerebbero nel
caso di specie;
3) seppure in via subordinata, qualora di dovesse ritenere che le
determinazioni dirigenziali costituiscano atti meramente vincolati,
attuativi della legge regionale n. 14/2005, si rilevano
l’illegittimità costituzionale di
quest’ultima, per violazione di una pluralità di
norme della Carta fondamentale o l’incompatibilità
della stessa con il diritto comunitario, per cui si chiede che sia
sollevata questione di legittimità costituzionale della
citata l.r. 14/2005.
Si costituiva in giudizio la Provincia di Como, chiedendo il rigetto
del gravame.
Con il secondo dei ricorsi in epigrafe (RG 2948/2005), era impugnata,
con domanda cautelare, la determinazione dirigenziale della Provincia
di Lecco, con la quale erano attivati tre impianti per la cattura dei
richiami vivi (il limite massimo previsto dalla l.r. 14/2005
è pari a quattro) ed autorizzata la cattura di 3.150
uccelli, a fronte di un numero massimo di 3.500 previsto dalla l.r.
14/2005. I motivi del secondo gravame ricalcano quelli del primo.
L’Amministrazione Provinciale di Lecco si costituiva nel
suindicato giudizio.
Entrambi i ricorsi erano chiamati, per la discussione delle istanze di
sospensione, alla camera di consiglio del 16.11.2005.
Con ordinanze n. 2827 e 2828 del 2005, le domande di sospensione erano
rigettate, attesa la mancanza del requisito del periculum in mora.
Alla pubblica udienza del 12.7.2006, le cause erano entrambe trattenute
in decisione.
In esito a tale udienza il Collegio, disposta preliminarmente la
riunione dei gravami, ordinava per entrambi l’integrazione
del contraddittorio nei confronti degli altri soggetti
controinteressati, menzionati negli atti impugnati.
L’associazione ricorrente procedeva alla rituale integrazione
del contraddittorio.
Alla successiva pubblica udienza del 19 dicembre 2006, la causa era
trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Prima dell’esame dei singoli motivi dei ricorsi, il
Collegio reputa opportuno riassumere nuovamente, seppure per sommi capi
e come già svolto nell’ordinanza n. 116/2006, la
disciplina in materia, alla luce anche della giurisprudenza di questo
Tribunale e del Consiglio di Stato, oltre che della Corte di Giustizia
CE.
La cattura di richiami vivi (c.d. presicci), vale a dire di uccelli
utilizzati come richiamo di altri volatili nella caccia da
appostamento, è consentita dalla legge n. 157/1992, art. 4,
commi 3° e 4°, nonché, per la Regione
Lombardia, dalla legge regionale n. 26/1993, artt. 7 e 26, che
regolamentano la cattura dei richiami, ai fini della loro cessione
gratuita ai cacciatori, che esercitano attività venatoria da
appostamento. In materia assume, peraltro, importanza fondamentale il
diritto comunitario ed in particolare la direttiva del Consiglio n.
79/409/CEE, sulla conservazione degli uccelli selvatici.
La direttiva vieta, in linea generale, l’uccisione e la
cattura di uccelli selvatici (cfr. art. 5), salve le deroghe previste
dall’art. 9 della direttiva medesima.
La legislazione statale e regionale in materia di cattura di richiami
vivi per la caccia deve, ovviamente, essere rispettosa delle
prescrizioni comunitarie ed, in particolare, delle deroghe di cui al
citato art. 9. Ciò implica che le Amministrazioni regionali
e provinciali, preposte all’autorizzazione alla cattura dei
richiami, dovranno dare un’applicazione assai rigorosa delle
suddette deroghe, costituendo la cattura degli uccelli selvatici
un’eccezione rispetto al divieto di ordine generale previsto
dal diritto comunitario.
Proprio sulla base di quanto sopra esposto, questo Tribunale, in
più occasioni, aveva censurato le deliberazioni regionali di
autorizzazione alla cattura dei richiami, ravvisando un difetto di
istruttoria e di motivazione delle stesse. Sul punto preme richiamare,
fra le più recenti decisioni, la sentenza della IV sezione
di questo TAR n. 1467 del 19.4.2004.
Del resto, la Corte di Giustizia della Comunità Europea, con
sentenza del 12.12.1996, causa C-10/96, in sede di interpretazione
dell’art. 9 della direttiva 79/409, ha statuito che la
> (punto 17 della
sentenza) e fra tali soluzioni possono senz’altro annoverarsi
l’allevamento e la riproduzione in cattività delle
specie protette (punto 18 della sentenza).
In tale contesto normativo e giurisprudenziale, si colloca la legge
regionale n. 14/2005, che, per la stagione venatoria 2005/2006, ha
disciplinato il regime di deroga previsto dall’art. 9 della
direttiva 79/409/CEE, ai fini della cattura di uccelli da richiamo.
La Regione ha disciplinato con legge una materia che era invece
tradizionalmente oggetto di regolazione attraverso atti amministrativi
regionali (deliberazioni di Giunta). Peraltro, nella legge (allegato 1
alla medesima), viene fissato il numero massimo sia di impianti di
cattura autorizzabili sia di richiami vivi catturabili nella stagione
venatoria.
Sulla base di tali limiti massimi, spetterà alle singole
Amministrazioni provinciali l’individuazione in concreto del
numero degli impianti autorizzabili e dei richiami catturabili, alla
luce della già ricordata disciplina comunitaria e nazionale
circa le deroghe al generale regime di divieto di cattura.
Di conseguenza, i provvedimenti autorizzatori assunti dalle Province
non possono reputarsi atti vincolati, meramente attuativi della
legislazione regionale, giacché quest’ultima si
limita a fissare tetti massimi, spettando alla Provincia il compimento
della doverosa attività istruttoria in sede di rilascio di
autorizzazione all’attivazione di impianti ed alla cattura di
specie tutelate.
2. Ciò premesso, passando all’esame del primo
ricorso (RG 2947/2005), appaiono meritevoli di accoglimento di primi
due motivi, nei quali si denuncia il difetto di istruttoria e di
motivazione dei provvedimenti gravati.
La Provincia di Como, infatti, ha autorizzato l’attivazione
di due impianti e la cattura di 1.500 richiami, pari entrambi al numero
massimo previsto dalla legge regionale.
La scelta di adottare il limite massimo appare però priva di
esauriente motivazione e frutto di un’istruttoria non
adeguata.
Nelle determinazioni n. 31 e 32 del 2005, dopo avere dato atto
– peraltro senza alcuna motivazione particolare –
dell’attivazione di due impianti (numero massimo previsto
dalla Regione), si dà altresì atto (v.si ultimo
“DATO” contenuto nelle premesse), che il numero di
richiami catturabili è stato fissato dalla Regione Lombardia
con legge regionale n. 14/2005.
Tale ultima affermazione non appare però corretta,
giacché la legge citata (giova ripeterlo), fissa solo il
limite massimo, dovendo pertanto la Provincia, con idonea istruttoria,
motivare adeguatamente la scelta circa il numero di richiami
catturabili sul proprio territorio, che deve essere rapportato ad una
serie di dati essenziali, quali il numero di richiami vivi detenuti dai
cacciatori, di richiami vivi provenienti da allevamento, oltre che alle
richieste di richiami (così la citata sentenza di questo TAR
n. 1467/2004).
Tale istruttoria appariva quanto mai necessaria, se si pensa che le
quantità massime di richiami catturabili, previste dalla
l.r. 14/2005, sono senz’altro ben più elevate di
quelle delle precedenti stagioni venatorie (addirittura, rispetto alla
stagione 2004/2005, la quantità appare quasi raddoppiata).
Proprio tale notevole incremento del numero massimo avrebbe dovuto
indurre l’Amministrazione ad una istruttoria più
attenta, anziché scegliere apoditticamente il nuovo tetto
massimo regionale.
Si aggiunga ancora, ad ulteriore conferma della necessità di
un’attenta istruttoria, che l’Istituto Nazionale
della Fauna Selvatica (INFS), con propria nota del 17.6.2005, pur
mostrando apprezzamento per il programma di allevamento in
cattività dei richiami (sistema alternativo alla cattura e
pienamente compatibile con la direttiva comunitaria 79/409), proposto
dalla Regione Lombardia per il periodo 2005/2009, ha dichiarato di
essere impossibilitato ad esprimere un parere motivato sulla stima
delle catture necessarie per garantire l’approvvigionamento
dei richiami, in assenza di dati circostanziati. Proprio
l’assenza di tale parere, avrebbe dovuto indurre la Provincia
di Como ad una maggiore prudenza ed ad una più attenta
valutazione, prima di decidere, in maniera alquanto apodittica, di
autorizzare la cattura del numero massimo possibile di uccelli.
Quanto alla nota INFS del 27.9.2005, richiamata nei provvedimenti
impugnati a sostegno degli stessi, la stessa costituisce un semplice
parere tecnico dell’INFS sulle caratteristiche
dell’impianto, ma non attiene al numero dei richiami da
catturare.
3. Anche per il ricorso RG 2948/2005, paiono da accogliere i primi due
motivi, uguali a quelli del ricorso RG 2947/2005, circa il difetto di
istruttoria e di motivazione.
Infatti, se è pur vero che la Provincia di Lecco ha
autorizzato la cattura di 3.150 uccelli a fronte di un massimo di
3.500, è altresì vero che la rinuncia alla
cattura di 350 richiami (allodole), è giustificata solo dal
fatto che la Provincia non è in grado di approntare in tempo
utile un impianto per la cattura delle allodole, sicché la
rinuncia è solo momentanea, riservandosi
l’Amministrazione di adottare un ulteriore provvedimento sul
reperimento delle allodole (pag. 2 della determinazione). Da
ciò si desume agevolmente come anche la Provincia di Lecco
abbia deciso, sostanzialmente, di consentire la cattura del numero
massimo dei richiami, anche se per ragioni meramente contingenti non
è in grado di procedere alla cattura di una parte dei
medesimi (pari comunque solo al 10% dei quantitativi consentiti). Tale
scelta appare però priva di adeguata motivazione e frutto di
un’istruttoria carente, che traspare dallo stesso tenore del
provvedimento gravato. Nelle premesse di quest’ultimo,
infatti, si dà atto di avere chiesto il parere
dell’INFS, ma che questo non è ancora pervenuto
(pag. 2, primo “ATTESO”). Orbene, nonostante
l’assenza del parere, l’Amministrazione ha,
comunque, proceduto, autorizzando sostanzialmente, come già
esposto, la cattura di un numero di esemplari quasi pari al
quantitativo massimo. Sul punto, preme richiamare le considerazioni
sopra svolte al n. 3 della narrativa in diritto, circa il ricorso RG
2947/2005, con particolare riguardo alla nota INFS del 17.6.2005 ed
alla circostanza che il numero massimo dei richiami catturabili nella
stagione 2005/2006 nella Provincia di Lecco è notevolmente
superiore a quello previsto per le passate stagioni.
A diverse conclusioni non induce la nota della Provincia del 9.11.2005,
depositata in giudizio dalla resistente, trattandosi di un atto privo
di contenuto provvedimentale, volto a chiarire la posizione
dell’Ente, oltre che successivo al provvedimento impugnato, e
come tale inidoneo ad incidere sulla legittimità di
quest’ultimo, non essendo consentita una motivazione in corso
di giudizio del provvedimento gravato (cfr. Consiglio di Stato, sez. V,
14.4.2006, n. 2085), senza contare che la nota non dà in
alcun modo atto dello svolgimento di un’adeguata istruttoria,
prodromica all’adozione della determinazione impugnata.
4. Atteso l’accoglimento, per entrambi i ricorsi, dei primi
due mezzi di gravame, deve reputarsi assorbito il terzo mezzo nel
quale, peraltro in via subordinata, si chiedeva al Collegio di
sollevare questione di legittimità costituzionale della l.r.
14/2005.
La questione, peraltro, non sarebbe rilevante nel caso di specie,
dovendosi imputare- come già detto-
l’illegittimità ai provvedimenti delle Province
resistenti.
Va osservato, comunque, che la problematica posta nel terzo motivo
coinvolge semmai profili che attengono alla compatibilità
della legge regionale n. 14/2005 con la normativa comunitaria (in
specie la direttiva 79/704/CEE); con la conseguenza che ove si fosse
dovuto imputare direttamente alla legge regionale la violazione dei
principi fissati dalla normativa stessa (come nei contenziosi promossi
avverso i provvedimenti amministrativi adottati dalla Regione negli
anni precedenti e annullati con le sentenze prima citate), si sarebbe
dovuto valutare l’utilizzo dello strumento della
disapplicazione e non quello dell’incidente di
costituzionalità (si richiama, sul punto,
l’ordinanza di questa Sezione n. 16 del 21.1.2005, nel
ricorso RG 3056/2003, che ha sollevato questione di interpretazione
della direttiva 79/409/CEE, ai sensi dell’art. 234 del
Trattato, sulla quale la Corte di Giustizia CE si è
pronunciata con la recente sentenza dell’8 giugno
2006¸ causa C-60/05).
5. Sussistono, nondimeno, giustificati motivi per disporre la
compensazione integrale fra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia - 4^ sezione
–definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti in
epigrafe, li accoglie e per l’effetto annulla le impugnate
determinazioni dirigenziali della Provincia di Como n. 31 e n. 32 del
29.9.2005 e la determinazione dirigenziale della Provincia di Lecco n.
70 del 19.9.2005.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 19
dicembre 2006, con l'intervento dei signori:
- Maurizio Nicolosi - Presidente
- Paolo Passoni - Consigliere
- Giovanni Zucchini - Referendario - Estensore
Il Presidente
L'Estensore