Cass. Sez. III n. 46156 del 3 novembre 2016 (Ud 13 set 2016)
Pres. Rosi Est. Di Stasi Ric. Arcamone
Caccia e animali.Utilizzazione probatoria di videoregistrazioni effettuate dai privati in processo per bracconaggio
Le videoregistrazioni effettuate dai privati sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 cod. proc. pen. Inoltre, i filmati di comportamenti non comunicativi, effettuati in luogo pubblico a cura di soggetti diversi dalla polizia giudiziaria, non necessitano di alcuna autorizzazione e sono acquisibili nel dibattimento quali documenti, a norma dell'art. 234 cod. proc. pen., senza previa discussione sulle modalità di assunzione della prova e il principio vale anche quando i filmati abbiano ad oggetto comportamenti dell'imputato, cui si riferisca la contestazione operata dal pubblico ministero
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 22.4.2015, il Tribunale di Napoli, sez. dist. di Ischia dichiarava A.S. colpevole dei reati di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. a) e h) per essere stato sorpreso mentre compiva atti di bracconaggio ai danni dell'avifauna migratoria e lo condannava alla pena di Euro 1.500,00 di ammenda.
2. Avverso tale sentenza ha proposto personalmente ricorso per cassazione A.S., chiedendone l'annullamento ed articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
Con il primo motivo deduce violazione di legge per difetto di motivazione e travisamento del fatto con riferimento all'art. 192 c.p.p., comma 2 e art. 530 cpv c.p.p., argomentando che il Giudice di merito, nell'affermare la responsabilità dell'imputato, ha ritenuto comprovato il tempus commissi delicti, cioè, la circostanza che l'attività si fosse consumata in periodo ricompreso nel periodo di divieto generale di caccia, e la circostanza che le trappole fossero destinate a catturare uccelli che migrano nel mese di aprile di ogni anni, offrendo sul punto argomentazioni illogiche e carenti.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge per difetto di motivazione e travisamento del fatto, argomentando che il Giudice di merito ha posto a fondamento dell'affermazione di responsabilità il riconoscimento dell'imputato, effettuato per il tramite di una videoregistrazione visionata dalla Guardia Forestale ma non da essa effettuata, valutandola quale prova con argomentazioni incomplete ed incoerenti.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge per difetto di motivazione e travisamento del fatto con riferimento all'art. 131 bis c.p., argomentando che il Giudice di merito ha denegato il riconoscimento della tenuità del fatto con motivazione illogica e non valutando l'esiguità del danno e la non abitualità del comportamento del soggetto agente.
Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
2.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Le censure sollevate dal ricorrente con il primo motivo, peraltro generiche, non tengono conto, che il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il Giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i risultati dell'interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. Anche a seguito della modifica dell'art. 606 c.p.p., lett. e), con la L. n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame", non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell'iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all'annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata (Sez. 6, n.752 del 18.12.2006; Sez. 2, n. 23419 del 2007, Vignaroli; Sez. 6 n. 25255 del 14.2.2012).
Compito di questa Corte non è quello di ripetere l'esperienza conoscitiva del giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità, l'incompiutezza strutturale della motivazione del giudice di appello; incompiutezza che derivi dal non aver tenuto presente fatti decisivi, di rilievo dirompente dell'equilibrio della decisione impugnata.
La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell'assenza, in quest'ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro, oppure inconciliabili, infine, con "atti del processo", specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (Sez. 4, 08/04/2010 n. 15081; Sez. 6 n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989, imp. Moschetti ed altri).
Nella specie, il Tribunale, con motivazione congrua ed immune da vizi logici, ha fondato l'affermazione di responsabilità sulle circostanziate dichiarazioni rese dal teste G.S., autore della annotazione di PG redatta il 27.5.2012, corredata videoregistrazione che documenta l'attività incriminata posta in essere dall' A..
Il ricorrente, invece, come risulta dallo stesso ricorso, propone una rivisitazione del materiale probatorio, inammissibile in tale sede, alla luce dei principi di diritto suesposti.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La videoregistrazione che correda l'annotazione di Pg, prodotta dal Pubblico Ministero, pur se effettuata da privati (nella specie due persone appartenenti ad associazione ambientalista), costituisce prova documentale legittimamente acquisita e utilizzabile ai fini della decisione.
La materia delle riprese visive e delle prove che ne conseguono non è regolata specificamente dalla legge, tuttavia sul tema sono intervenute le Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, n. 26795 del 28/03/2006, Rv. 234267), che hanno stabilito che le immagini tratte da video riprese in luoghi pubblici effettuate al di fuori delle indagini preliminari, cioè fuori dal procedimento penale, non possono essere considerate prove atipiche ex art. 189 c.p.p., ma devono essere qualificate come documenti e diventare prove documentali da utilizzare come tali nel processo.
Questa Corte ha, quindi, ribadito che le videoregistrazioni effettuate dai privati sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 c.p.p. (Sez. 6, n. 4978 del 17/11/2009, Rv. 246071; Sez. 2, n. 6515 de/04/02/2015, Rv.263432).
Inoltre, è stato osservato che "i filmati di comportamenti non comunicativi, effettuati in luogo pubblico a cura di soggetti diversi dalla polizia giudiziaria, non necessitano di alcuna autorizzazione e sono acquisibili nel dibattimento quali documenti, a norma dell'art. 234 c.p.p., senza previa discussione sulle modalità di assunzione della prova"...e che "Il principio vale anche quando i filmati abbiano ad oggetto comportamenti dell'imputato, cui si riferisca la contestazione operata dal pubblico ministero" (sez. 6, n. 37367 del 06/05/2014, Rv. 261930; negli stessi termini, Sez. 5 n. 46307 del 20.10.2004, Rv 230394).
In base a tale principio, condiviso da questo Collegio, deve escludersi che nel processo in questione vi sia stata una utilizzazione impropria della videoregistrazione, regolarmente acquisita quale documento, acquisizione che non necessitava di alcun previo contraddittorio ex art. 189 c.p.p..
Sotto diverso profilo, sono da ritenere del tutto infondate le censure proposte in relazione alla all'autenticità delle stesse riprese.
Le riprese video contenenti la rappresentazione di un fatto, come detto, vanno ritenute prova documentale avente requisiti particolari: trattasi di un documento figurativo, assimilabile alla prova testimoniale, in quanto contenente la descrizione di un fatto, in maniera diretta, perchè offre la descrizione immediata degli avvenimenti. Ne consegue che la registrazione video, non essendo una scrittura privata, non è soggetta, ai fini dell'utilizzazione processuale, alle regole imposte dall'art. 2702 c.c., sicchè non è necessaria alcuna sottoscrizione, mentre la sua autenticità va accertata caso per caso dal giudice (Sez. 5, 18 ottobre 1993, n. 10309, Fumerò).
Sul punto dell'autenticità la sentenza impugnata ha offerto esaurienti spiegazioni, evidenziando come essa emerga dalle dichiarazioni del teste che ha riferito che la visione del video abbia chiaramente consentito la identificazione dell'agente e l'esplicarsi della condotta contestata consistita nell'apposizione di trappole vietate.
D'altra parte, le deduzioni del ricorrente circa possibili alterazioni di tale documentazione appaiono del tutto generiche, prive, cioè, di ogni concreto fondamento.
4. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Le Sezioni Unite hanno affermato che ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 bis c.p., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133 c.p., comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo Si tratta, è stato osservato di ponderazioni che sono parte ineliminabile del giudizio di merito e che vanno espresse in motivazione da parte del Giudice di merito (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590).
Nella specie, il Giudice di merito, nel valutare la richiesta avanzata dall'imputato, ha denegato la configurabilità della predetta causa di esclusione della punibilità, rimarcando in senso negativo le modalità della condotta, caratterizzata dall'uso di trappole vietate e, quindi, dall'aver agito con crudeltà in danno di animali.
La motivazione offerta è congrua e logica.
Ove, infatti, uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, deve ritenersi adempiuto l'obbligo motivazionale in quanto ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio.
Essa, quindi, si sottrae al sindacato di legittimità.
5. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016