Acque. Legittimazione all'impugnazione di provvedimento relativo alla costruzione di impianto di depurazione
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA
(SEZIONE PRIMA)
N. 00109/2007 REG. SEN.
N. 01129/2003 REG. RIC.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1129 del 2003, proposto da:
Canepa Andreino,, Bacigalupo Marco, Morando Marisa, Martini Francesca,,
Barbieri Nicola, Dallanegra Graziella,, Bevilacqua Samantha, Tiscornia
Luisa, Bevilacqua Fabio,, Bianchetti Fausto, Tenise Willy, Cassinelli
Tita,, Brignardello Carlo, Bianchetti Bruno, Sivori Carlo,, Cassinelli
Aldo, De Ferrari Mariangela, Curotto Rinaldo,, Cereghino Caterina,
Borzone Guido, Borzone Paolo,, Chentre Gallo Rosanna, Cassinelli
Maurizio,, Costa Bruna, Olmo Lorenza, Garbarino Angelo,, Esposito
Domenico, Ugolini Laura, Barbieri Rino,, Frugone Rosa, Cavicchi Luigi,,
Gandolfo Romolo, Invernaro Rina, Borzone Silvana,, Mangiante Claudio,
Remezzano Rosella, Frugone Adriano,, Mangini Onorina, Podesta' Massimo,
Borzone Marco,, Niccoli Enrico, Bruzzone Patrizia, Malaspina Bruno,,
Olcese Marcella, Bianchetti Tito, Tiscornia Augusta,, Podesta' Bruno,
Piva Giorgio, Piva Elisa,, Sivori Roberto, Frandi Olivia, Beronio
Aurelia,, Solari Carla, Canepa Paolo, Gentiluomo Angela,, Vaccaro
Enrico, Libra Nicoletta, Raffo Maurizio, rappresentati e difesi dagli
Avv.ti Francesco Massa, Luca Saguato, con domicilio eletto presso
l’Avv. Francesco Massa in Genova, Via Corsica 21/18-20;
contro
Comune di Carasco, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e
difeso dall'Avv. Daniele Granara, con domicilio eletto presso
l’Avv. Daniele Granara in Genova, Via Porta D'Archi,
10/27-28; Provincia di Genova, in persona del Presidente in carica, non
costituito in giudizio;
nei confronti di
Siemec Spa, in persona del legale rappresentante in carica;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della deliberazione di Giunta comunale 24 maggio 2003 n. 118,
pubblicata a far data dal 13 giugno 2003, avente ad oggetto
approvazione del progetto esecutivo dei lavori di potenziamento
dell'impianto di depurazione sito in località Rivarola,
nonchè per l'annullamento di ogni altro atto presupposto,
preparatorio e connesso ed in particolare delle deliberazioni di Giunta
comunale 28 agosto 2001 n. 240 e 15 ottobre 2002 n. 240, aventi ad
oggetto rispettivamente approvazione del progetto preliminare e del
progetto definitivo dei lavori di potenziamento del suddetto depuratore.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Carasco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19/10/2006 il dott. Antonio
Bianchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I ricorrenti sono tutti residenti in, o proprietari di, immobili posti
nelle immediate vicinanze del depuratore comunale sito in Carasco,
località Rivarola.
Con gli atti impugnati indicati in epigrafe il Comune di Carasco ha
approvato rispettivamente il progetto preliminare, definitivo, e da
ultimo, esecutivo (così rendendo attuale
l’interesse all’impugnativa dei ricorrenti, che non
sono proprietari espropriandi), di un intervento di ristrutturazione
del depuratore comportante il suo potenziamento.
Ritenendo illegittime tali determinazioni gli istanti, con il ricorso
in epigrafe, hanno adito questo T.A.R. chiedendone
l’annullamento per i seguenti motivi:
1. Violazione dell’art. 16 Legge 11 febbraio 1994 n. 109 e
degli artt. 18 e 21 D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554. Difetto di
istruttoria.
Secondo l’art. 16 della Legge n. 109/94 la progettazione
delle opere pubbliche, nelle varie fasi previste, deve essere intesa ad
assicurare, tra l’altro, la “conformità
alle norme ambientali ed urbanistiche”.
A tale riguardo il regolamento attuativo della Legge n. 109/94 (D.P.R.
n. 554/99, artt, 18 e 21), prevede che fin dalla fase iniziale
(progetto preliminare) debba essere predisposto uno studio di
prefattibilità ambientale.
Orbene nel caso di specie in nessuno dei livelli progettuali approvati
è presente un siffatto studio.
Nulla dice la “relazione tecnico descrittivo ed
illustrativo” in data 21 agosto 2001 che è parte
del progetto preliminare, mentre la “relazione tecnico
descrittivo ed illustrativa” del progetto definitivo in data
11 ottobre 2002 reca un paragrafo (4.11, inserimento ambientale), nel
quale, dopo una elementare descrizione delle opere in progetto, si
afferma che “vista la particolare natura delle opere e tenuto
conto del modesto pregio ambientale del territorio, non occorre
prevedere uno studio circa l’inserimento delle opere in
questione atteso che essere si configurano come manufatti di modesta
consistenza che vengono previsti quasi completamente
interrati”.
Né a porre rimedio alle precedenti carenze documentali
potrebbe valere la “relazione di compatibilità
ambientale” che è parte del progetto definitivo e
di quello esecutivo, secondo la quale “l’assetto
del territorio non viene modificato in quanto la destinazione
d’uso del sito rimane inalterata”.
2. Violazione della deliberazione 4 febbraio 1977 del Comitato dei
ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento,
allegato 4, punto 1.2. Violazione delle distanze minime
dell’impianto dalle abitazioni. Difetto di presupposto.
La deliberazione indicata in epigrafe contiene, all’allegato
4, le norme tecniche generali per la regolamentazione
dell’installazione e dell’esercizio degli impianti
di fognatura e depurazione.
Tali norme prevedono la necessitò di una fascia di rispetto
che in ogni caso “non potrà essere inferiore ai
100 metri”.
Quanto agli impianti esistenti ubicati a distanza inferiore,
“devono essere adottati idonei accorgimenti sostitutivi quali
barriere di alberi, pannelli di sbarramento o, al limite, ricovero
degli impianti in spazi chiusi”.
Nel caso di specie, gli impianti progettati in ampliamento del
depuratore esistente sono, tra l’altro, ubicati a meno di 50
metri da due fabbricati, nei quali risiedono ….. famiglie e
ciò è, di per sé, motivo di
illegittimità degli atti impugnati.
In presenza di un depuratore situato a distanza di gran lunga inferiore
a quella minima dalle abitazioni esistenti, infatti, il Comune avrebbe
dovuto in primo luogo esaminare la possibilità di
ricollocazione, e, solo in caso di accertata imp0ossibilità,
creare gli accorgimenti sostitutivi prescritti, ma certo non avrebbe
potuto approvare l’ampliamento delle strutture ed il
potenziamento dell’impianto, riducendo ulteriormente la
distanza dalle abitazioni ed aumentando gli effetti nocivi (odori e
rumori) derivati dal suo funzionamento.
Da ciò i vizi tutti rubricati, avendo gli atti impugnati
completamente trascurato di valutare il fondamentale aspetto della
distanza degli impianti dalle abitazioni esistenti ed avendo
così violato le norme rubricate.
3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 5,
Legge n. 1/1978. Mancata adozione di variante urbanistica. Violazione e
falsa applicazione dell’art. 14, commi 1 e 8,
nonché dell’art. 16, comma 1, Legge n. 109/1994.
Difetto di istruttoria. Difetto di presupposto.
I provvedimenti impugnati dono illegittimi anche per violazione delle
ulteriori norme rubricate.
a) Quando l’opera pubblica ricade su aree non destinate a
servizi pubblici ovvero ricade su area a vincolo urbanistico decaduto
l’approvazione del progetto deve avvenire ai sensi
dell’art. 1, comma 5, Legge n. 1/1978 e così
occorre altresì provvedere alla adozione di variante dello
strumento urbanistico generale, con conseguente trasmissione alla
Regione per l’approvazione.
Al contrario nel caso di specie da un lato non vi è stata
neppure l’indispensabile verifica di conformità
del progetto approvato ala vigente disciplina urbanistica locale
dall’altro lato risulta che una parte dell’area di
intervento sia compresa in zona ZL3, da acquisire ai fini pubblici ai
sensi del piano particolareggiato approvato con deliberazione del
Consiglio Comunale 3 agosto 1990 n. 33, ma mai acquisita e quindi non
più acquisibile per decadenza della relativa previsione.
Il (parziale) contrasto dell’intervento in progetto con gli
strumenti urbanistici in vigore determina anche la violazione delle
norme della Legge quadro sui lavori pubblici che impongono la
conformità delle opere approvate agli strumenti urbanistici.
4. Violazione dell’art. 1 Legge 3 gennaio 1978 n. 1.
Incompetenza.
Ai sensi della norma rubricata, in vigore dell’epoca
dell’approvazione di tutti gli atti impugnati, compete al
Consiglio Comunale l’approvazione dei progetti preliminari di
opera pubblica, mentre rientra nella competenza della Giunta
l’approvazione dei progetti definitivo ed esecutivo.
Sussistono allora i vizi rubricati con particolare riguardo alla
deliberazione di approvazione del progetto preliminare, assunta, come
le altre deliberazioni impugnate, dalla Giunta Comunale
anziché dal Consiglio Comunale.
5. Con specifico riguardo alla deliberazione di Giunta Comunale 24
maggio 2003 n. 118 di approvazione del progetto esecutivo: violazione
degli artt. 14 e 15 delle Norme di Attuazione del piano di bacino
stralcio sul rischio idrogeologico dei torrenti Entella e Sturla
approvato con deliberazione del Consiglio Provinciale 29 gennaio 2003
n. 3. Difetto di istruttoria.
Il piano di bacino dei torrenti Entella e Sturla approvato dalla
provincia di Genova nel gennaio del corrente anno include
l’area ove ricade il progettato ampliamento del depuratore di
Rivarola in fascia di riassetto fluviale RF ed in fascia di
inondabilità A.
La disciplina di entrambe le zone vieta, a motivo
dell’accertato rischio idraulico, la realizzazione di
interventi di nuova edificazione nonché la realizzazione di
nuove infrastrutture e l’ampliamento di quelle esistenti
(art. 14 N.A. e 15 N.A.).
La deliberazione impugnata non dà minimamente conto
dell’avvenuta valutazione di tale specifica disciplina di
settore, area 06 - Suolo, in data 23 maggio 2002, evidentemente
inidoneo ad attestare la conformità del progetto ad una
disciplina idraulica all’epoca non ancora approvata.
6. Segue: violazione dell’art. 8 e dell’art. 15
Legge 26 ottobre 1995 n. 447. Violazione della deliberazione di Giunta
Regionale 28 maggio 1999 n. 534. Difetto di istruttoria.
Ai sensi delle norme rubricate i progetti riguardanti opere relative ad
infrastrutture che sono fonte di rumori devono essere corredati da una
documentazione di impatto acustico.
Orbene, tra gli atti progettuali approvati manca la documentazione di
impatto acustico.
7. Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 Legge
Regionale n. 9/1993. Difetto di presupposto. Travisamento di fatto.
Illegittimità propria e derivata.
Contraddittorietà. Violazione della deliberazione 4 febbraio
1977 del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque
dall’inquinamento, allegato 4, punto 1.3.
In ogni caso i provvedimenti impugnati sono illegittimi per la
illegittimità derivata dalla illegittimità che
affligge la citata nota provinciale 23 maggio 2002 (che deve intendersi
esplicitamente impugnata).
In ogni caso gli atti comunali impugnati sono illegittimi in quanto il
progetto comporta l’ampliamento del depuratore esistente in
avvicinamento al Torrente Entella.
Come si legge a pag. 12 della relazione tecnico-illustrativa allegata
al progetto definitivo, verrà realizzato “il nuovo
locale di servizio (…) più grande
dell’attuale locale di ricovero del quadro elettrico ma posto
a ridosso dell’impianto e dal lato del fiume”.
Ciò contrasta insanabilmente con la prescrizione imposta
dalla nota 23 maggio 2003, secondo la quale le opere in progetto non
avrebbero dovuto diminuire “la distanza dal corso
d’acqua del fabbricato esistente”.
Infine i provvedimenti impugnati sono illegittimi in quanto,
nell’approvare lavori di sostanziale ampliamento del
depuratore localizzato in fascia di inondabilità A ed a meno
di dieci metri dal torrente Entella, non hanno previsto nemmeno la
necessaria protezione dell’impianto mediante strutture
adeguate.
8. Violazione dell’art. 13 Legge 25 giugno 1865 n. 2359.
Contrariamente a quanto prescritto dalla norma rubricata non sono stati
indicati i termini per l’inizio e l’ultimazione dei
lavori.
9. Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 Legge n. 241/1990.
Mancata comunicazione di avvio del procedimento.
I provvedimenti impugnati sono infine illegittimi in quanto non sono
stati preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento che
avrebbe dovuto essere inviata a tutti i residenti o proprietari di
immobili entro la fascia di rispetto di mt. 100 delle opere di
ampliamento del depuratore.
Si è costituito in giudizio il Comune di Carasco, intimato,
il quale, con più memorie nei termini, ha eccepito
l’inammissibilità del gravame e ne ha contestato
la fondatezza nel merito, chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 19 ottobre 2006, il ricorso è
stato posto in decisione.
DIRITTO
1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di
interesse ad agire dei ricorrenti, sollevata dalla difesa del Comune
resistente sul presupposto che l’obiettivo unico ed esclusivo
dell’intervento in contestazione è quello di
adeguare il depuratore esistente alla vigente normativa di sicurezza
ambientale, con conseguente beneficio per i ricorrenti stessi.
Il rilievo non può essere condiviso.
Ed invero, come già precisato dalla giurisprudenza di questo
Tribunale, i proprietari degli immobili siti nella zona in cui
è ubicato un impianto di depurazione e i residenti nella
stessa, sono in linea di principio legittimati a impugnare il
provvedimento che ne autorizza la realizzazione.
Tale legittimazione, infatti, può ben collegarsi alla
circostanza che le prescrizioni dettate
dall’autorità competente, la localizzazione del
manufatto, ovvero le modalità esecutive dello stesso, siano
ritenute inidonee a salvaguardare l’ambiente e/o la salute di
chi vive nelle vicinanze, sì da poter riconoscere al
confinante, o a chi vive e lavora in prossimità
dell’impianto, un interesse qualificato e differenziato a
ricorrere per denunciare la presunta illegittimità delle
scelte effettuate dall’amministrazione (T.A.R. Liguria, Sez.
I^, 28 maggio 2002 n. 588).
2. Nel merito il ricorso è infondato.
2.1 Con il primo motivo viene dedotta
l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per la
mancanza di uno studio adeguato di fattibilità ambientale.
La censura non è fondata.
Vero è, infatti, che il progetto preliminare contiene al
riguardo uno scarno paragrafo (4.11) in ragione del fatto che
“l’impatto ambientale dell’impianto
adeguato non sarà dissimile all’impatto
dell’impianto esistente” configurandosi le opere
“come manufatti di modesta consistenza che vengono previsti
quasi completamente interrati”.
E’ altrettanto vero, però, che sia il progetto
definitivo che quello esecutivo contengono una specifica relazione di
compatibilità ambientale, che ha analiticamente esaminato
gli aspetti inerenti:
-la depurazione attuale, dimensionata per 1.500 abitanti;
-lo stato attuale dell’area;
-la localizzazione dell’impianto, che “costituisce
un potenziamento ed adeguamento di quello esistente”;
-gli effetti indotti dall’impianto e gli strumenti per
neutralizzare gli impatti, in relazione:
a) all’assetto del territorio, in cui le opere necessarie
all’adeguamento dell’impianto saranno correttamente
inserite;
b) al valore naturalistico e ricreativo, con “un
miglioramento della qualità delle acque del fiume nel quale
confluirà lo scarico finale”;
c) all’inquinamento del terreno, che sarà
eliminato con lo smaltimento, a mezzo del trasporto in discarica, dei
rifiuti solidi (grigliati, grassi, sabbie) e soprattutto dei fanghi di
risulta del processo;
d) agli odori, dettagliatamente studiati, al fine di ridurli rispetto a
quelli odierni, con accorgimenti alla fonte quali “la
rimozione molto frequente del grigliato e dei grassi,
l’allontanamento delle sabbie dal dissabbiatore ed il loro
immediato lavaggio, l’isolamento degli edifici di
grigliatura/stacciatura e di disidratazione meccanica”;
e) ai rumori, per i quali sono previsti sistemi di insonorizzazione
tali da ottenere il rispetto dei valori più restrittivi di
cui alla Tabella C del D.P.C.M. 14 novembre 1997;
f) all’aerosol e ai rischi infettivi, rigorosamente esclusi
con la previsione per tutte le fasi depurative di strutture chiuse che
isolano completamente gli impianti dall’ambiente esterno;
g) all’igiene degli operatori, secondo le disposizioni, i
pareri e le prescrizioni della competente A.S.L.;
h) all’analisi della sicurezza, con il rispetto di tutte le
normative di settore (antinfortunistiche, di prevenzione e di
sicurezza);
i) all’estetica, che resterà inalterata,
poiché “l’edificio
dell’impianto di depurazione risulterà sulla
stessa linea di quello attuale e quindi senza variazione
dell’impatto visivo dalle aree esterne”;
l) al valore culturale ecologico, con la cura dell’estetica
interna di giardinaggio e di pulizia dei locali;
m) alla viabilità, comodamente assicurata da un breve strada
che consente l’accesso all’impianto dalla
viabilità ordinaria comunale;
a-gli effetti sul corpo ricettore, in ordine ai quali “il
controllo del processo depurativo consentirà di ricondurre
entro i limiti di legge le concentrazioni delle diverse sostanze
inquinanti presenti nella fognatura urbana”.
La predetta relazione di compatibilità ambientale, che
costituisce un approfondito studio organico d’insieme
dell’intervento progettato, esamina altresì la
situazione dell’attuale depuratore che, ove non fosse
adeguato “oltre a non rispettare le norme vigenti in materia
di depurazione delle acque comporterebbe sotto il profilo ambientale un
impoverimento delle risorse dovuto al progressivo inquinamento delle
acque costiere ad opera di uno scarico di sostanze inquinanti non
trattenute dal modesto impianto attualmente in funzione”.
La relazione esclude anche “alternative parziali non
giustificate da specifici ed approfonditi studi sull’impatto
di uno scarico a mare depurativo ad un livello inferiore a quello di
riferimento (tabella 1 - D.Lgs. n. 152/99)” e conclude che
“sotto l’aspetto dell’impatto
sull’ambiente e di quello potenziale igienico-sanitario la
realizzazione dei lavori in progetto comporteranno non soltanto un
miglioramento rispetto alla situazione attuale ma un vero e proprio
adeguamento agli standard richiesti dalla norme sia nella depurazione
delle acque reflue urbane che sotto il profilo della salvaguardia per
l’ambiente in generale e per gli abitanti delle aree
limitrofe all’impianto in particolare”.
Ne consegue pertanto che la contestata progettazione, riguardata nel
suo insieme, contiene uno specifico ed adeguato studio di
fattibilità ambientale contrariamente a quanto dedotto dai
ricorrenti.
3. Con il secondo mezzo di gravame viene dedotta
l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, per
il mancato rispetto della distanza minima di 100 metri dalle abitazioni
circostanti, prevista dalla deliberazione 04.02.1977 del Comitato dei
Ministri.
La censura non può essere condivisa.
Ed invero, i progetti impugnati non prevedono la realizzazione di un
nuovo impianto di depurazione, ma il mero adeguamento di quello
esistente localizzato nel sito sin dal 1980.
Tale adeguamento, come già evidenziato, si è reso
necessario per garantire il rispetto degli “standard
richiesti dalle norme sia nella depurazione delle acque reflue urbane
che sotto il profilo della salvaguardia per l’ambiente in
generale e per gli abitanti delle aree limitrofe all’impianto
in particolare”.
Sotto il profilo strutturale, poi, l’intervento è
previsto in gran parte interrato e si sostanzia in un incremento
percentuale volumetrico rispetto ai 400 mc. già esistenti
del 17,5%, pari a mc. 70.
Ne consegue che sia in termini relativi (incremento del 17,5%) che
assoluti (realizzazione di 70 mc.), l’intervento stesso si
configura come un modesto adeguamento del depuratore preesistente, a
cui non può ragionevolmente essere applicata
l’invocata normativa sulle distanze dalle abitazioni,
prevista per gli impianti realizzati e localizzati ex novo.
Del resto, anche sotto il profilo strettamente edilizio, gli interventi
non dotati di una specifica autonomia, in quanto in senso lato
pertinenziali, non rientrano nel concetto di nuova costruzione quando
comportino la realizzazione di un volume inferiore al 20% del volume
dell’edificio principale a cui accedono.
E nel caso di specie, come già precisato, il contestato
adeguamento non solo non costituisce un corpo edilizio autonomo (sia
sotto il profilo strutturale che funzionale), ma non supera neppure il
20% del volume principale a cui accede, e quindi non può
ragionevolmente essere considerato un nuovo impianto a cui applicare la
normativa invocata dai ricorrenti.
4. Il terzo mezzo di gravame è infondato.
Ed invero l’intervento ricade nella zona Z.L.3 di espansione
abitativa di cui al Piano Particolareggiato di iniziativa pubblica,
approvato con Deliberazioni del Consiglio Comunale n. 59 del 30.12.1989
e n. 33 del 03.08.1990, ed attuato con convenzione urbanistica
stipulata dal Comune in data 25.06.1992, Rep. n. 18.246.
E’ pertanto evidente la conformità del contestato
intervento urbanizzativo di adeguamento di impianto esistente con la
disciplina della zona Z.L.3 di espansione abitativa, che proprio tale
esigenza ha generato.
Ne consegue che nella specie non occorreva adottare una specifica
variante urbanistica ai sensi della Legge 1/1978, come viceversa
dedotto dagli istanti.
5. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione
dell’art. 1 della Legge 3 gennaio 1978 n. 1, in quanto, a
loro dire, competeva al Consiglio Comunale e non alla Giunta
l’approvazione del progetto preliminare dell’opera
pubblica.
La doglianza non ha pregio.
Infatti, ai sensi dell’art. 42 del D. Lgs. 18 agosto 2000 n.
267, “il Consiglio è l’organo di
indirizzo e di controllo politico-amministrativo”, cui
competono, tra gli altri, i seguenti atti fondamentali:
“b) programmi, relazioni revisionali e programmatiche piani
finanziari, programmi triennali ed elenco annuale dei lavori pubblici,
bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani
territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la
loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette
materie”.
L’opera di adeguamento del depuratore è stata
inserita nel programma triennale delle opere pubbliche 2001-2003
approvato dal Consiglio Comunale, con deliberazione n. 3 del
24.02.2001, ai sensi dell’art. 14, comma 4, della Legge n.
109/1994 e del D.M. 21 giugno 2000, in allegato al bilancio di
previsione 2001.
Con tale approvazione il Consiglio ha quindi esaurito la sua
competenza, non rientrando certo l’approvazione delle
successive fasi progettuali ed esecutive nei suoi specifici poteri.
6. Con il quinto motivo di ricorso si deduce, con specifico riguardo
alla Deliberazione della Giunta Comunale n. 118 del 24.04.2003 di
approvazione del progetto esecutivo, la violazione delle Norme di
Attuazione del Piano di Bacino stralcio sul rischio idrogeologico
dell’Entella e del torrente Sturla approvato con
Deliberazione del Consiglio Provinciale 29.01.2003 n. 3.
La censura non è fondata.
Ed invero, l’intervento risulta assistito dal parere
rilasciato dal Direttore della competente Area 6-difesa del Suolo,
Opere Ambientali e Piani di Bacino della provincia di Genova con atto
prot. n. 45565 del 23.05.2002.
In detto parere si osserva che gli interventi in oggetto,
“data la tipologia, possono configurarsi come ampliamento di
manufatto esistente, giustificato da specifiche esigenze di adeguamento
igienico sanitario e tecnologico, e che pertanto i lavori di
ristrutturazione, potenziamento e adeguamento del depuratore in
località Rivarola, nel Comune di Carasco, non necessitano di
rilascio di deroga alle distanze da parte della scrivente Area, a
condizione che l’ampliamento non risulti superiore al 20% del
volume esistente e non diminuisca la distanza dal corso
d’acqua del fabbricato esistente”.
Nello stesso inoltre, dopo aver evidenziato che
“l’intervento a progetto rientra nella
perimetrazione delle aree storicamente inondate ai sensi della D.G.R.
2615/98 e s.m.i. e nella perimetrazione delle aree inondabili (fascia
A), nonché nella fascia di riassetto fluviale
così indicate dal Piano di Bacino Stralcio per il Rischio
Idrogeologico del Torrente Entella e Sturla” e che
“l’intervento è mirato a rispondere ad
adempimenti di legge in materia ambientale”, si conclude che
“i lavori in oggetto non risultano, ad oggi, in contrasto con
la normativa vigente”.
Il progetto esecutivo approvato, come già evidenziato, si
è adeguato a tali prescrizioni, in quanto:
a) l’incremento volumetrico dell’impianto non
supera il 20% della consistenza del depuratore esistente, raggiungendo
solo la percentuale del 17,5% (Cfr. Tavola 1/E e relazione tecnica di
calcolo - Tavola 1/B del progetto esecutivo);
b) non vi è alcuna diminuzione della distanza del fabbricato
esistente dal corso d’acqua, come dimostrano, tra gli
elaborati del progetto esecutivo, le Tavola 7/C (rilievo planimetrico
dello stato di fatto) e 7/E (planimetria di progetto).
Ne consegue l’inconducenza della dedotta censura.
7. Con il sesto motivo, viene dedotta la violazione degli artt. 8 e 15
della Legge 26 ottobre 1995 n. 447 e della D.G.R. 28 maggio 1999 n.
534, perché mancherebbe idonea documentazione previsionale
dell’impatto acustico.
La doglianza è priva di fondamento.
Ed invero la relazione di compatibilità ambientale allegata
al progetto esecutivo sub 1/C, contiene uno specifico paragrafo (5.2.5)
in cui viene diffusamente trattato l’aspetto dei rumori alla
luce delle disposizioni del D.P.C.M. 14 novembre 1997, garantendone il
rispetto addirittura negli standard più restrittivi.
Ciò trova poi conferma nella relazione integrativa di
inserimento ambientale in data 26.09.2002, che ha riportato in allegato
2 un’indagine fonometrica svolta nei giorni 17 e 18 settembre
2003, articolata in relazione alle abitazioni più vicine.
La relazione, all’esito della campagna di rilevazione svolta
sui livelli attuali, è pervenuta alla conclusione che
“l’impianto adeguato, nel suo complesso,
sarà caratterizzato da un’emissione sonora
inferiore a quella attuale”.
8. Col settimo motivo di ricorso, si deduce la violazione
dell’art. 26 della Legge Regionale n. 9/1993, e della
Deliberazione del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque
dall’inquinamento, poiché contrariamente al parere
rilasciato dalla provincia di Genova, l’opera avrebbe
richiesto l’autorizzazione in deroga dalla distanza dal fiume
Entella, e l’intervento comporterebbe un ampliamento del
depuratore esistente in avvicinamento al corso d’acqua.
La censura è infondata.
In primo luogo, l’art. 26 della Legge Regionale 28 gennaio
1993 n. 9 detta il regime transitorio “sino
all’approvazione dei piani di bacino”.
Essendo stato adottato e approvato il Piano di Bacino Stralcio per il
rischio idrogeologico dell’Entella, come da Deliberazione del
Consiglio Provinciale n. 3 del 20.01.2003, è evidente che a
tale disciplina occorre riferirsi, venendo meno il regime transitorio.
E tale disciplina, rimasta inalterata fin dalla sua precedente
adozione, è stata puntualmente osservata, come espresso nel
richiamato parere prot. 45565 del 23.05.2002 del Direttore
dell’Area 06-Difesa del Suolo e Piani di Bacino della
provincia di Genova.
Inoltre, non vi è alcun ampliamento, neanche minimo, del
depuratore in avvicinamento al fiume Entella.
Se si osservano infatti, comparandole, la Tavola 7/C del progetto
esecutivo recante “rilievo planimetrico dello stato di
fatto” e la Tavola 7/E, recante “planimetria di
progetto”, si rileva che il nuovo “locale
compressori e quadro elettrico”, citato dai ricorrenti e
indicato nella planimetria di progetto con il n. 10 è
esattamente previsto laddove oggi è ubicato
l’apparato di “disinfezione finale”
indicata con il n. 5 dello stato di fatto attuale, sulla medesima linea
di fronte, senza alcun avanzamento verso il fiume.
9. Con l’ottavo motivo, si assume la violazione
dell’art. 13 della Legge 25 giugno 1865 n. 2359,
perché negli atti impugnati non sarebbero stati indicati i
termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori.
La doglianza non ha pregio, attenendo la norma invocata ad un
procedimento espropriativo che nella fattispecie non sussiste, essendo
stata la modesta area necessaria ai lavori di adeguamento ceduta al
Comune dal Geom. Armando Rosi.
In ogni caso, nel contratto (elaborato 3/B del progetto esecutivo), nel
capitolato speciale d’appalto e segnatamente
all’art. 5.10, rubricato “consegna dei lavori -
programma operativo dei lavori - inizio e termine per
l’esecuzione - consegne parziali - sospensione, (elaborato
3/A) e nel cronoprogramma (elaborato 5), sono chiaramente indicati tali
termini, e quindi la censura si appalesa destituita di fondamento.
10. Il nono ed ultimo motivo è parimenti infondato, atteso
che nella specie non è “stata autorizzata la
realizzazione di un depuratore in deroga alla fascia di rispetto nella
quale sorgono le abitazioni dei ricorrenti”, come dedotto in
ricorso, ma approvato il mero adeguamento del depuratore già
esistente in loco sin dal 1980 per renderlo conforme alla normativa di
settore, con evidente beneficio per la generale salubrità
dell’ambiente.
11. Per le ragioni esposte il ricorso è infondato, e come
tale va respinto.
Sussistono tuttavia giusti motivi, per disporre l’integrale
compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione Prima,
respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno
19/10/2006 con l'intervento dei signori:
Renato Vivenzio, Presidente
Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore
Davide Ponte, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/01/2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE