Cass. Sez. III n. 14749 del 11 aprile 2016 (CC 20 gen 2016)
Pres. Ramacci Est. Liberati Ric. PM in proc. Mereu ed altro
Caccia e animali.Efficacia autorizzazione al porto di fucile per uso caccia
L'autorizzazione al porto di un fucile rilasciata per l'esercizio della caccia rende legittimo il porto di detta arma anche se attuato non per l'attività venatoria, ma per fini diversi, anche non leciti
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14 maggio 2015 il Tribunale di Cagliari ha assolto Antonio Spano e Giuseppe Mereu dal reato di porto d'arma (artt. 12, comma 2, e 14 I. 497/74) perché il fatto non sussiste ed ha dichiarato non doversi procedere per il fatto di avere esercitato la caccia in periodo di divieto generale (in violazione dell'art. 30, lett. d) ed h), I. 157/92) per essere tale reato estinto per oblazione.
Il Tribunale ha ritenuto legittimo il porto delle armi, in quanto regolarmente denunciate ed in considerazione del possesso da parte di entrambi gli imputati di regolare porto d'armi per uso caccia e dell'utilizzo a tale scopo delle armi, costituendo illecito amministrativo ed anche penale il solo abuso della licenza, nella specie rientrante nel reato di cui al capo b) della rubrica (esercizio della caccia in periodo di divieto generale e con mezzi vietati), estinto a seguito di oblazione.
2. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, richiamando il diverso orientamento interpretativo circa l'antigiuridicità penale del porto d'armi in luogo pubblico da parte di soggetti provvisti del porto d'armi per il solo uso della caccia in contesto del tutto avulso dalla lecita attività venatoria.
3. La Corte d'appello di Cagliari, con ordinanza del 12 maggio 2015, ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione, qualificando l'atto di impugnazione del Pubblico Ministero come ricorso per cassazione.
4. Il difensore degli imputati ha depositato memoria con la quale ha ribadito la liceità della condotta degli imputati, legittimati a portare le armi da caccia anche nei giorni in cui l'attività venatoria non era consentita, avendo rispettato la prescrizione di cui all'art. 21, lett. g), I. 157/92, avendo tenuto le armi da sparo scariche e nelle custodie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità l'autorizzazione al porto di un fucile rilasciata per l'esercizio della caccia rende legittimo il porto di detta arma anche se attuato non per l'attività venatoria, ma per fini diversi, anche non leciti (in tal senso si veda da ultimo, Sez. 1, n. 8838 del 08/01/2010, Curridori, Rv. 246379; conf. Sez. 1, n. 19771 del 24/4/2008, Franchina, Rv. 240376).
E' stato, in particolare, chiarito che le finalità per le quali il titolare di una licenza si avvalga dell'autorizzazione concessagli sono, in genere, penalmente irrilevanti, ferma restando la sanzionabilità in via amministrativa (e penale) dell'eventuale abuso, che può essere colpito da provvedimenti sospensivi o ablativi dell'autorizzazione (Sez. 1, n. 16790 del 26/03/2004, Pardini; Sez. 1, 6 febbraio 1998, Bianchini; Sez. 1, 29 luglio 1997, Roich; Sez. 1, 20 giugno 1995, Piana). Solo in apparente contrasto con tale orientamento si pone quello richiamato dal Pubblico Ministero nell'atto di impugnazione e di cui alla sentenza n. 44170 del 2009 (Sez. 1, n. 44170 del 28/10/2009, Cani, non massimata), giacché anche in tale decisione è stato ribadito il suddetto indirizzo ermeneutico circa la legittimità del porto di un'arma anche se attuato non per l'esercizio della caccia per cui ne era stato autorizzato il porto, ritenendolo però non applicabile al caso di specie nel quale la licenza era stata rilasciata per porto di fucile, ma solo per uso di caccia, nella specie non ravvisabile (in quanto l'imputato aveva trasportato sulla propria auto, notte tempo, in condizioni di ubriachezza, il fucile in questione, dunque in condizioni di tempo e di luogo incompatibili con l'uso della caccia).
Ora, nella vicenda in esame, il Tribunale ha accertato, in punto di fatto, che le armi portate dagli imputati erano state regolarmente denunciate e che gli stessi erano in possesso di valido porto d'armi per uso caccia, escludendo, di conseguenza, l'illegalità del porto d'arma, in quanto nella specie effettuato a fine di caccia, sia per pure in periodo di divieto generale all'esercizio della attività venatoria (essendo stato rinvenuto a bordo dell'autoveicolo su cui si trovavano gli imputati uno zaino che conteneva un esemplare di cinghiale adulto, ucciso da una fucilata, ancora caldo). Tale affermazione costituisce corretta applicazione dei principi ricordati, non versandosi in una ipotesi di totale estraneità od assoluta incompatibilità all'uso per il quale il porto d'arma era stato rilasciato (nella quale potrebbe essere ravvisato il reato di porto illegale d'arma), con la conseguente insussistenza della violazione di legge denunciata dal Pubblico Ministero, il cui ricorso deve, in definitiva, essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del Pubblico Ministero.
Così deciso il 20/1/2016