Pres. Papa Est. Petti Ric. Del Pesce
Caccia e animali. Uccellagione (differenza con attività venatoria)
L'adozione di una rete se è idonea alla cattura indiscriminata di volatili, dà luogo all'attività di uccellagione e non all'esercizio venatorio con mezzo non consentito perché l'uccellagione non presuppone necessariamente l'uso di un complesso sistema di estese reti essendo sufficiente l'adozione di reti, ancorché di modesta grandezza, purché idonee alla cattura indiscriminata e non momentanea di volatili. Solo se trattasi di rete di limitatissima portata di per sé inidonea alla cattura indiscriminata si potrebbe escludere l'uccellagione e ritenere configurabile l'esercizio venatorio con mezzo vietato.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 21/03/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 903
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 36223/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di DEL PESCE Giordano, nato a Brescia il 22 aprile del 1979;
avverso la sentenza del tribunale di Brescia del 24 febbraio del 2006;
udita la relazione svolta del Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Sostituto Procuratore Generale nella persona del Dott.
Gioacchino Izzo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata.
Osserva quanto segue:
IN FATTO
Con sentenza del 24 febbraio del 2006, il tribunale di Brescia
condannava Del Pesce Giordano alla pena di Euro 600,00 di ammenda,
quale responsabile del reato di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo
30, lettera E), per avere esercitato l'uccellagione utilizzando n. 5
reti a tramaglio per la cattura degli uccelli. Fatto accertato in
Lumezzano il 4 ottobre del 2002.
Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata il
prevenuto era stato sorpreso mentre catturava pettirossi utilizzando
cinque reti dell'ampiezza di dieci metri ciascuna e disposte in forma
circolare in un'area estesa circa 70-80 metri all'interno della quale
erano state deposte quattro gabbie contenenti pettirossi vivi che
fungevano da richiamo.
Il tribunale, premessa l'anzidetta ricostruzione, osservava che la
prova della responsabilità si desumeva dalla testimonianza
del verbalizzante, il quale aveva sorpreso il prevenuto in flagranza di
reato; che la contravvenzione contestata non poteva essere derubricata
in quella di cui alla lettera h) del medesimo articolo ossia in
esercizio della caccia con mezzo non consentito, secondo la richiesta
dell'imputato, per la natura dei mezzi usati. Ricorre per Cassazione
l'imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:
l'erronea qualificazione del fatto che andava invece inquadrato
nell'ipotesi di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo 30, lettera h),
posto che l'uccellagione presuppone la cattura degli uccelli seguita
dalla loro uccisione mentre nella fattispecie i volatili erano
catturati per essere detenuti vivi;
illogicità della motivazione in ordine al tipo di reti
utilizzate che vengano definite "a tramaglio" senza ulteriore
specificazione e quindi non si trattava di reti da uccellagione.
IN DIRITTO
Il ricorso va respinto perché entrambi i motivi sono
infondati. La L. n. 157 del 1992 distingue l'uccellagione, che a norma
dell'articolo 3 è sempre vietata, dall'attività
venatoria che è consentita se esercitata nei tempi e nei
modi previsti dalla legge (artt. 12 e 13). Costituisce uccellagione
qualsiasi sistema di cattura degli uccelli con mezzi fissi, di impiego
non momentaneo, e comunque diversi da armi da sparo (reti, panie,
ecc.), diretto alla cattura di un numero indiscriminato di volatili.
Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto alla cattura di
singoli esemplari di fauna selvatica. L'elemento che distingue
l'uccellagione, sempre vietata, dall'esercizio venatorio con strumenti
non consentiti, è costituito dall'uso e dalla particolare
offensività degli strumenti usati nel senso che
l'uccellagione è diretta alla cattura di un numero
indiscriminato di esemplari con possibilità di colpire ogni
specie di volatile e quindi anche quella specie per la quale la cattura
non è in alcun modo consentita, mentre la caccia con mezzo
vietato di volatili è diretta alla cattura di singoli
esemplari. Non è quindi la destinazione dell'esemplare
catturato - uccisione o conservazione in vita - che distingue le due
forme di attività ma la maggiore offensività del
mezzo illecito adoperato (cfr Cass nn. 4918 e 8698 del 1996; n. 9607
del 1999; 6343 del 2006).
L'adozione di una rete, se è idonea alla cattura
indiscriminata di volatili, da luogo all'attività di
uccellagione e non all'esercizio venatorio con mezzo non consentito
perché l'uccellagione non presuppone necessariamente l'uso
di un complesso sistema di estese reti essendo sufficiente l'adozione
di reti, ancorché di modesta grandezza, purché
idonee alla cattura indiscriminata e non momentanea di volatili (cfr.
Cass. n. 1713 del 1996). Solo se trattasi di rete di limitatissima
portata di per sè inidonea alla cattura indiscriminata si
potrebbe escludere l'uccellagione e ritenere configurabile l'esercizio
venatorio con mezzo vietato. Trattasi comunque di un'indagine di fatto
che si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente
motivata. Il problema posto dal ricorrente con il secondo motivo in
ordine alla natura della rete e quindi alla distinzione tra
l'uccellagione e la cattura di un volatile per mezzo di una rete ossia
con un mezzo non consentito si pone quindi allorché sia
stata utilizzata una rete di limitatissima portata di per sè
inidonea alla cattura indiscriminata. Nella fattispecie il giudice del
merito ha escluso l'ipotesi prospettata dall'imputato perché
erano state installate cinque reti delle dimensioni di metri 10
ciascuna che coprivano un'area di 70-80 metri opportunamente ripulita
all'interno della quale erano stati collocati cinque gabbie con
pettirossi che fungevano da richiami vivi È quindi palese
che trattasi di uccellagione e non dell'esercizio della caccia con un
mezzo vietato.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'articolo 616 c.p.p. RIGETTA il ricorso e condanna il ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2007.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2007