Cass. Sez. III Sent. 34151 del 6 settembre 2007 (Cc 5 lug. 2007)
Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. P.M. in proc. Ascolese.
Urbanistica. Reato di violazione di sigilli aggravata - Prova dello stato di flagranza - Necessità che l'indagato sia colto nell'atto di violare i sigilli - Esclusione - Semplice presenza all'interno dell'immobile abusivamente realizzato - Sufficienza - Ragioni.

Nel delitto di violazione di sigilli aggravata, lo stato di flagranza non deve essere valutato dal giudice della convalida al momento della materiale rottura dei sigilli, ma a quello in cui l'indagato, introducendosi nell'immobile abusivo e facendone uso, ha violato il vincolo di indisponibilità mediante l'arbitraria disposizione "in atto" al momento dell'intervento della polizia giudiziaria.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio

Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 05/07/2007

Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA

Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 792

Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - REGISTRO GENERALE

Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 11118/2007

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI NOLA;

nei confronti di:

1) ASCOLESE SALVATORE, N. IL 17/03/1971;

avverso ORDINANZA del 18/01/2007 TRIBUNALE di NOLA;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DE MAIO Guido;

lette le conclusioni del P.G. che ha chiesto l'annullamento con rinvio.

MOTIVAZIONE

Il giorno 17.1.2007 i CC. della stazione di S. Giuseppe Vesuviano sorpresero Salvatore Ascolese mentre insieme ad altra persona era intento a confezionare trapunte, capi di biancheria per la casa ed altro all'interno di un manufatto industriale abusivo, già più volte sequestrato in precedenza in riferimento a svariati interventi di edificazione operati senza il permesso di costruire in zona vincolata (D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 31 - 44, lett. c, e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181). In occasione dei precedenti atti di sequestro dell'immobile, con relative apposizione di sigilli, l'Ascolese era stato nominato e confermato custode del manufatto. Pertanto, la p.g., ritenendo verificata, alla data indicata del 17.1.2007, l'ennesima violazione dei sigilli ad opera del custode, procedettero all'arresto dello stesso nella flagranza del reato di cui all'art. 349 c.p., comma 2, considerate la gravità del fatto e l'esigenza di impedire il protrarsi dell'abuso.

Disposto l'inizio del giudizio direttissimo, il Giudice monocratico del Tribunale di Nola con provvedimento del 18.1.2007 non convalidò l'arresto ritenendo insussistente l'estremo della flagranza del reato (in quanto "all'atto dell'intervento della P.G., l'arrestato era intento allo svolgimento di attività lavorativa all'interno dell'immobile abusivamente realizzato, ma non è stato colto nell'atto di violare i sigilli apposti all'atto del precedente sequestro.").

Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il suddetto Tribunale, il quale ha dedotto con unico motivo che il primo Giudice aveva erroneamente negato la sussistenza dello stato di flagranza, dal momento che "oggetto della sanzione penale è il mancato rispetto dello stato di custodia e di intangibilità e/o conservazione del bene assicurati con il sequestro e l'apposizione dei sigilli" e che tale finalità è frustrata anche mediante il semplice uso del bene medesimo, che osta all'esigenza della sua conservazione, per cui anche nella fattispecie in esame era ravvisabile lo stato di flagranza.

Il Proc. Gen. presso questa Corte ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. Il ricorso è fondato, in quanto il primo Giudice ha negato la convalida dell'arresto ritenendo erroneamente insussistente la flagranza del reato. Infatti, è pacifico che la condotta costitutiva del delitto di cui all'art. 349 c.p., non è solo quella, materiale, consistente nella rottura o manomissione del sigillo, ma anche quella diretta a disporre del bene in contrasto con il vincolo di indisponibilità di cui il sigillo è il segno visibile;

conseguentemente, la fattispecie può realizzarsi anche senza la materiale effrazione del sigillo, come anche è possibile che dopo la materiale violazione del sigillo si verifichino altri atti di disposizione del bene indisponibile, i quali daranno vita ad altri, autonomi reati eventualmente legati al primo dal vincolo della continuazione. Occorre ribadire che nel delitto in questione oggetto della tutela penale non è solo la cosa assicurata dai sigilli stessi, bensì anche il mezzo giuridico che ne sancisce l'assoluta indisponibilità; ciò perché la ratio della norma incriminatrice risiede nella necessità di presidiare con la sanzione penale il mancato rispetto dello stato di custodia, nel quale vengano a trovarsi determinate cose, mobili o immobili, per effetto della manifestazione di volontà della P.A. espressa nell'apposizione dei sigilli. Quindi, la finalità "di assicurare la conservazione della cosa sigillata, alla quale fa riferimento l'art. 349 c.p., viene frustrata anche mediante il semplice uso di essa, perché il concetto di conservazione comprende non solo la categoria

dell'indisponibilità, ma anche quella dell'interdizione dell'uso (in tali sensi è la consolidata interpretazione di questa Corte: cfr., ad esempio, sez. 3^, 17.11.2004 n. 15114; 18.6.2003 n. 26185;

8.11.2002 n. 37570; 31.5.2002 n. 21405; 8.10.2001 n. 36210). Esattamente, quindi, il P.M. ricorrente ha osservato che il requisito della flagranza nel caso in esame andava verificato con riguardo non al momento della materiale rottura dei sigilli (o anche a quello in cui l'attività abusiva era stata ripresa), ma al momento in cui l'imputato, introducendosi nel bene e facendone uso, violava il vincolo di indisponibilità del bene mediante appunto l'arbitraria disposizione in atto al momento dell'intervento degli operanti. Conseguentemente, l'ordinanza impugnata, che ha erroneamente escluso la sussistenza della flagranza, va annullata con rinvio allo stesso Giudice, tenuto ex art. 627 c.p.p., comma 3, nella conseguente nuova valutazione, ad uniformarsi al principio, qui enunciato in tema di flagranza del reato di cui all'art. 349 c.p., secondo cui qualsiasi condotta che si concretizzi nell'elusione dell'obbligo di indisponibilità del bene è idonea a integrare il delitto di cui all'art. 349 c.p..

P.Q.M.

La Corte annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Nola.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2007.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2007