Sez. 3, Sentenza n. 25825 del 10/06/2005 Ud. (dep. 14/07/2005 ) Rv. 231820
Presidente: Postiglione A. Estensore: Gentile M. Relatore: Gentile M. Imputato: Arcerito ed altro. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
(Rigetta, App. Catania, 22 Ottobre 2004)
CACCIA - IN GENERE - Aree protette ai sensi della Legge n. 394 del 1991 - Divieto di caccia - Reato di cui agli artt. 21 e 30 Legge n. 157 del 1992 - Segnalazione dell'area - Necessità - Esclusione - Fondamento.

In tema di divieto di caccia nelle aree protette ai sensi della Legge 6 dicembre 1991 n. 394, la mancanza di specifici segnali o cartelli indicanti sul posto i limiti della zona protetta non escludono la integrabilità del reato previsto dagli artt. 21 e 30 della Legge 11 febbraio 1992 n. 157, atteso che l'obbligo di conoscenza da parte del contravventore del perimetro interdetto discende dalla pubblicazione sulla Gazzetta della carta topografica relativa a quella specifica area. (Fattispecie relativa all'esercizio della caccia nella Riserva naturale del Bosco di San Pietro, istituita con decreto Regione Sicilia 23/03/1999 e la cui carta topografica risultava pubblicata nella G.U.R.S.). (Fonte CED cassazione)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 10/06/2005
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 1267
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 46998/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ARCERITO SALVATORE, nato il 12/09/66;
Riccobene Maurizio, nato il 21/05/63;
Avverso la Sentenza Corte di Appello di Catania, emessa il 22/10/04;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Mario Gentile;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. IZZO Gioacchino che ha concluso per Inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore Avv. PATANÈ Antonio, difensore di fiducia dei ricorrenti, Arcerito Salvatore e Riccobene Maurizio. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Catania, con sentenza emessa il 22/10/04, confermava la sentenza del Tribunale di Caltagirone, in data 04/04/03, appellata da Arcerito Salvatore e Riccobene Maurizio, imputati del reato di cui agli artt. 21 lett. b) e 30 lett. d) L. 157/92 e condannati alla pena di gg. ventiquattro di arresto ed E. 400,00 di ammenda, ciascuno; pena sospesa; confisca dei fucili e delle munizioni in sequestro.
Gli interessati proponevano ricorso per Cassazione deducendo:
Violazione dell'art. 606, lett. b) ed e) cpp.
In particolare i ricorrenti, mediante articolate argomentazioni, esponevano:
1. che gli imputati, all'atto dell'intervento dei CC, si trovavano presso località Cucchi, area esclusa dalla zona di preriserva e riserva di caccia de qua;
2. che, comunque, la zona in questione ove sono stati rinvenuti i due imputati era priva di segnalazione tabellare, indicante zona sottoposta a tutela, con conseguente esclusione della responsabilità penale degli stessi in ordine ai fatti in esame;
3. che la confisca dei fucili e delle munizioni in sequestro era illegittima perché non prevista dalle norme de quibus. Tanto dedotto, i ricorrenti chiedevano l'annullamento della sentenza impugnata.
Con successiva memoria difensiva del 25/05/05, i predetti Arcerito e Riccobene insistevano nelle precedenti richieste. Il P.G. della Cassazione, nella pubblica udienza del 10/06/05, ha chiesto il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
La sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla decisione di 1^ grado - i due provvedimenti si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile - mediante un procedimento argomentativo privo di errori di diritto e di vizi logici, ha motivato in modo esauriente in ordine a tutti i punti determinanti della decisione.
In particolare, i giudici di merito hanno accertato che gli imputati sono stati sorpresi in data 15/01/2001 nel mentre esercitavano la caccia in località Sasselle, zona che rientrava nella riserva naturale del Bosco di San Pietro, istituito con decreto della Regione Siciliana - Assessorato al Territorio Ambientale - del 23/03/99. Detta normativa vietava l'introduzione di armi nonché l'esercizio della caccia nella citata riserva naturale (art. 2 lett. L e N). Ricorrevano, pertanto, gli elementi costitutivi della contravvenzione di cui agli artt. 21 lett. b) e 30 lett. d) L. 157/92.
Per di contro le censure dedotte nel ricorso sono errate. In particolare la questione relativa alla esatta individuazione del luogo ove sono stati sorpresi gli imputati - secondo cui gli stessi si trovavano in zona Cucchi, località esclusa dalla Riserva del Bosco di San Pietro - è infondata, perché in contrasto con quanto accertato e motivato dai giudici di merito. Detta questione, comunque, costituisce censura in punto di fatto poiché non attiene ad errori di diritto e vizi logici della motivazione, bensì alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva dei ricorrenti. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità.
Parimenti è infondata l'eccezione relativa all'asserita carenza di cartelli indicanti i limiti della zona vietata alla caccia. In primo luogo, si osserva che gli imputati erano consapevoli di trovarsi in località sita nella riserva naturale del Bosco di San Pietro, all'interno della quale vigeva il divieto di caccia. In secondo luogo si rileva che la delimitazione dell'area protetta era riportata in una carta topografica allegata al decreto istitutivo della riserva naturale denominata Bosco di San Pietro; decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 21/02/2000. La mancanza di specifici segnali o cartelli indicanti sul posto i limiti della zona vietata alla caccia, non escludeva, comunque, l'obbligo di conoscenza - derivante dalla pubblicazione nella G.U.R.S. della carta topografica relativa alla Riserva naturale de qua - da parte degli imputati della esatta delimitazione del Bosco di San Pietro, con conseguente consapevolezza del divieto di caccia. Per quanto attiene, poi, all'ulteriore assunto difensivo secondo cui la località Sasselle - a seguito della nuova perimetrazione del Bosco di San Pietro di cui al provvedimento n. 1572/2003 - non rientrava più nella zona di riserva di caccia, si osserva che trattasi di circostanza non idoneamente provata. Detto assunto, peraltro, costituisce circostanza di fatto non deducibile in sede di legittimità.
Si evidenzia, ad abundantiam, che l'assunto, comunque, non è rilevante ai fini della decisione, poiché la località Sasselle, all'epoca dei fatti, rientrava nella riserva naturale del Bosco di San Pietro, con conseguente divieto di caccia.
L'eventuale successiva esclusione della citata località dalla riserva di caccia, non esplica efficacia giuridica retroattiva sulla fattispecie criminosa di cui all'art. 30 lett. d) L. 157/92, già compiutamente realizzata nei suoi elementi costitutivi all'epoca dei fatti (15/01/01).
Ancora, la confisca delle armi e delle munizioni è obbligatoria ai sensi dell'art. 28, 2 comma, L. 157/92.
Le argomentazioni finora svolte sono determinanti ed esaustive ai fini della decisione, senza necessità di esame analitico delle ulteriori questioni dedotte nel ricorso.
Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da Arcerito Salvatore e Riccobene Maurizio, con condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2005.
Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2005

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 10/06/2005 Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 1267 Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 46998/2004 ha pronunciato la seguente: SENTENZA/ORDINANZA sul ricorso proposto da: ARCERITO SALVATORE, nato il 12/09/66; Riccobene Maurizio, nato il 21/05/63; Avverso la Sentenza Corte di Appello di Catania, emessa il 22/10/04; Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso; Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Mario Gentile; Udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. IZZO Gioacchino che ha concluso per Inammissibilità del ricorso; Udito il difensore Avv. PATANÈ Antonio, difensore di fiducia dei ricorrenti, Arcerito Salvatore e Riccobene Maurizio. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO La Corte di Appello di Catania, con sentenza emessa il 22/10/04, confermava la sentenza del Tribunale di Caltagirone, in data 04/04/03, appellata da Arcerito Salvatore e Riccobene Maurizio, imputati del reato di cui agli artt. 21 lett. b) e 30 lett. d) L. 157/92 e condannati alla pena di gg. ventiquattro di arresto ed E. 400,00 di ammenda, ciascuno; pena sospesa; confisca dei fucili e delle munizioni in sequestro. Gli interessati proponevano ricorso per Cassazione deducendo: Violazione dell'art. 606, lett. b) ed e) cpp. In particolare i ricorrenti, mediante articolate argomentazioni, esponevano: 1. che gli imputati, all'atto dell'intervento dei CC, si trovavano presso località Cucchi, area esclusa dalla zona di preriserva e riserva di caccia de qua; 2. che, comunque, la zona in questione ove sono stati rinvenuti i due imputati era priva di segnalazione tabellare, indicante zona sottoposta a tutela, con conseguente esclusione della responsabilità penale degli stessi in ordine ai fatti in esame; 3. che la confisca dei fucili e delle munizioni in sequestro era illegittima perché non prevista dalle norme de quibus. Tanto dedotto, i ricorrenti chiedevano l'annullamento della sentenza impugnata. Con successiva memoria difensiva del 25/05/05, i predetti Arcerito e Riccobene insistevano nelle precedenti richieste. Il P.G. della Cassazione, nella pubblica udienza del 10/06/05, ha chiesto il rigetto del ricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso è infondato. La sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla decisione di 1^ grado - i due provvedimenti si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile - mediante un procedimento argomentativo privo di errori di diritto e di vizi logici, ha motivato in modo esauriente in ordine a tutti i punti determinanti della decisione. In particolare, i giudici di merito hanno accertato che gli imputati sono stati sorpresi in data 15/01/2001 nel mentre esercitavano la caccia in località Sasselle, zona che rientrava nella riserva naturale del Bosco di San Pietro, istituito con decreto della Regione Siciliana - Assessorato al Territorio Ambientale - del 23/03/99. Detta normativa vietava l'introduzione di armi nonché l'esercizio della caccia nella citata riserva naturale (art. 2 lett. L e N). Ricorrevano, pertanto, gli elementi costitutivi della contravvenzione di cui agli artt. 21 lett. b) e 30 lett. d) L. 157/92. Per di contro le censure dedotte nel ricorso sono errate. In particolare la questione relativa alla esatta individuazione del luogo ove sono stati sorpresi gli imputati - secondo cui gli stessi si trovavano in zona Cucchi, località esclusa dalla Riserva del Bosco di San Pietro - è infondata, perché in contrasto con quanto accertato e motivato dai giudici di merito. Detta questione, comunque, costituisce censura in punto di fatto poiché non attiene ad errori di diritto e vizi logici della motivazione, bensì alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva dei ricorrenti. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità. Parimenti è infondata l'eccezione relativa all'asserita carenza di cartelli indicanti i limiti della zona vietata alla caccia. In primo luogo, si osserva che gli imputati erano consapevoli di trovarsi in località sita nella riserva naturale del Bosco di San Pietro, all'interno della quale vigeva il divieto di caccia. In secondo luogo si rileva che la delimitazione dell'area protetta era riportata in una carta topografica allegata al decreto istitutivo della riserva naturale denominata Bosco di San Pietro; decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 21/02/2000. La mancanza di specifici segnali o cartelli indicanti sul posto i limiti della zona vietata alla caccia, non escludeva, comunque, l'obbligo di conoscenza - derivante dalla pubblicazione nella G.U.R.S. della carta topografica relativa alla Riserva naturale de qua - da parte degli imputati della esatta delimitazione del Bosco di San Pietro, con conseguente consapevolezza del divieto di caccia. Per quanto attiene, poi, all'ulteriore assunto difensivo secondo cui la località Sasselle - a seguito della nuova perimetrazione del Bosco di San Pietro di cui al provvedimento n. 1572/2003 - non rientrava più nella zona di riserva di caccia, si osserva che trattasi di circostanza non idoneamente provata. Detto assunto, peraltro, costituisce circostanza di fatto non deducibile in sede di legittimità. Si evidenzia, ad abundantiam, che l'assunto, comunque, non è rilevante ai fini della decisione, poiché la località Sasselle, all'epoca dei fatti, rientrava nella riserva naturale del Bosco di San Pietro, con conseguente divieto di caccia. L'eventuale successiva esclusione della citata località dalla riserva di caccia, non esplica efficacia giuridica retroattiva sulla fattispecie criminosa di cui all'art. 30 lett. d) L. 157/92, già compiutamente realizzata nei suoi elementi costitutivi all'epoca dei fatti (15/01/01). Ancora, la confisca delle armi e delle munizioni è obbligatoria ai sensi dell'art. 28, 2 comma, L. 157/92. Le argomentazioni finora svolte sono determinanti ed esaustive ai fini della decisione, senza necessità di esame analitico delle ulteriori questioni dedotte nel ricorso. Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da Arcerito Salvatore e Riccobene Maurizio, con condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 10 giugno 2005. Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2005