TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 436 del 9 giugno 2020
Beni Culturali.Tutela indiretta
L’azione di tutela indiretta va contenuta nella misura concretamente necessaria per il raggiungimento degli obiettivi di tutela diretta; va cioè posta in rapporto all’esigenza conservativa che ha causato il vincolo diretto e dunque alle caratteristiche dell’oggetto materiale di quello; dal che consegue la necessità che il perimetro delle prescrizioni di tutela indiretta ricomprenda al suo interno esclusivamente i terreni necessari a garantire la conservazione materiale e la visibilità complessiva del bene culturale, preservandolo da antropizzazioni in contrasto con il suo stile e il suo significato storico-artistico, garantendo in tal modo la continuità storica e stilistica tra il monumento e la situazione ambientale in cui è contestualizzato.
Pubblicato il 09/06/2020
N. 00436/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00202/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 202 del 2014, proposto da
Carla Horstmann e Brigitte Mirelle Pierette Verhelst, rappresentate e difese dall'avvocato Maria Ughetta Bini, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Ferramola, 14;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia, via S. Caterina, 6;
nei confronti
Comune di Limone Sul Garda, Parrocchia di San Benedetto di Limone Sul Garda, Silvio Fava, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
- del decreto del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia del 3 dicembre 2013 di dichiarazione di interesse culturale storico-artistico particolarmente importante ai sensi dell’art. 10 comma 3 lettera a) e dell’art. 13 del D. Lgs. n. 42/2004 dell’”Ambito costituito dalla Chiesa di San Pietro in Olivero ed aree limitrofe catastalmente identificato al Comune di Limone sul garda (BS), Fg. 919 particelle n. 2444, 734, 665, 1089, 738, 1770, 1769, 1218, 666, 697, 698, 1771, 739, 1772, 1773, 347, 741, 699, 1239 tratto di strada provinciale n. 115 delimitato dalla dividenda A-B”, comprensivo degli allegati costituiti da planimetria catastale e relazione storico-artistica a firma dell’arch. Bodini e del Soprintendente per i Beni Culturali e Paesaggistici di Brescia, Cremona e Mantova trasmesso con nota MBAC-DR-LOM vincoli 0013429 del 6 dicembre 2013 Cl 34-07-007/82 del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, nella parte in cui include il predetto “Ambito” assoggettato a vincolo diretto di tutela i terreni di proprietà delle ricorrenti identificati al Fg 19 del Catasto Terreni del Comune di Limone del Garda dai mappali n. 697, 698, 699 e 1239 o quantomeno i terreni identificati dai mappali 699 e 1239;
- di ogni altro atto presupposto connesso e/o endoprocedimentale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Ariberto Sabino Limongelli nella camera di consiglio decisoria del 13 maggio 2020, sostitutiva dell’udienza pubblica ai sensi dell’art. 84 comma 5 del d.l. n. 18/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con decreto del 2 dicembre 2013, il Direttore Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia ha dichiarato l’interesse storico-artistico particolarmente importante, ai sensi degli artt. 10 comma 3 lettera a), 13 e 14 del D. Lgs. n. 42/2004, del compendio immobiliare denominato “Ambito costituito dalla Chiesa di San Pietro in Oliveto ed aree limitrofe”, sito nel Comune di Limone sul Garda (BS) e distinto in catasto al “Foglio 9 mappali nn. 2444, 734, 665, 1089, 738, 1770, 1769, D, 1218, 666, 697, 698, 1771, 739, 1772, 1773, 347, 741, 699, 1239, tratto di strada provinciale n. 115 delimitata dalla dividenda A-B”.
Al provvedimento sono state allegate la planimetria catastale e la relazione storico-artistica a firma dell’arch. Bodini e del Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Brescia, Cremona e Mantova.
Il provvedimento, assistito da articolata motivazione, è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento notificata ai proprietari interessati e dall’acquisizione delle osservazioni presentate da taluni di essi, a cui l’Amministrazione ha replicato nella motivazione del provvedimento conclusivo.
2. Con ricorso portato alla notifica il 10 febbraio 2014 e depositato il 26 febbraio 2014, le signore Hortsmann Carla e Verhelst Brigitte Mirelle Pierette hanno impugnato il predetto decreto e ne hanno chiesto l’annullamento nella parte in cui ha incluso nel predetto “Ambito”, assoggettato a vincolo diretto di tutela, i terreni di loro comproprietà identificati dai mappali nn. 697, 698, 699 e 1239 o quantomeno quelli identificati dai mappali 699 e 1239, terreni inseriti nel Documento di Piano del P.G.T. del Comune di Limone sul Garda (integralmente quelli di cui ai mappali 699 e 129, parzialmente quelli di cui ai mappali 697 e 698) nell’”Ambito di trasformazione 5.1” a destinazione residenziale, con previsione di edificazione di tre fabbricati per le esigenze esclusive di famiglie residenti nel territorio comunale, con una volumetria definita di mc 1.050,00 e con obbligo di cessione al Comune di ampia porzione del mappale 699 adiacente alla Chiesa di San Pietro in Oliveto da conservare a uliveto inedificabile e altra porzione destinata a verde privato inedificabile.
3. Il ricorso è stato affidato a quattro motivi, con cui le ricorrenti hanno dedotto vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto plurimi profili; in particolare:
3.1) con il primo motivo, le ricorrenti hanno dedotto la violazione e la falsa applicazione degli artt. 10 e 13 del D. Lgs. n. 42/2004, nonché vizi di eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione; secondo le ricorrenti, la relazione storico-artistica allegata al provvedimento impugnato avrebbe dato per assunto il collegamento storico esistente tra la chiesa e i terreni circostanti, senza però aver condotto alcun approfondimento in ordine alla proprietà originaria dei beni; sarebbe stato omesso ogni approfondimento istruttorio e ogni motivazione in ordine all’originario collegamento funzionale tra la chiesa e i terreni circostanti; anzi, per quanto concerne i mappali di proprietà delle ricorrenti, i titoli di proprietà in loro possesso risalenti al 1905 e quelli successivi attestano che sono sempre stati di proprietà privata; la motivazione del predetto collegamento storico e funzionale contenuta nel provvedimento impugnato sarebbe insufficiente perché generica e apodittica, e così anche l’inciso teso a valorizzare la denominazione toponomastica di Oratorio San Pietro “in Oliveto”, soprattutto in relazione ai mappali di proprietà delle ricorrenti che sono i più distanti dall’edificio di culto; in ogni caso, secondo le ricorrenti non sussistevano i presupposti per la dichiarazione di interesse particolarmente importante ai sensi dell’art. 3 comma 3 del D. Lgs. n. 42/2004 in relazione ai terreni diversi da quelli costituenti il sedime e la pertinenza della chiesetta, dal momento che la tutela dei beni immobili di carattere culturale concerne esclusivamente manufatti che siano realizzazioni dell’uomo, espressione del suo ingegno e della sua creatività; il provvedimento impugnato avrebbe pertanto violato anche i principi di proporzionalità e ragionevolezza che devono contraddistinguere l’agire dell’Amministrazione;
3.2) con il secondo motivo, le ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità degli atti impugnati per carenza e difetto di motivazione in ordine all’estensione del vincolo diretto, nonché per irrazionalità, illogicità e violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza; le valutazioni poste a fondamento del vincolo sarebbero arbitrarie e immotivate, dal momento le particelle 699 e 1239 non si trovano in alcun rapporto percettivo con la chiesetta; l’amministrazione avrebbe omesso di motivare le ragioni per le quali sono stati sottoposti a tutela, assieme alla chiesetta, terreni per una estensione di oltre 11.000 mq;
3.3) con il terzo motivo, le ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 45 del D. Lgs. n. 42/2004 nonché vizi di eccesso di potere per difetto dei presupposti ed esercizio arbitrario del potere; le esigenze dedotte dal Ministero “di preservare le condizioni di ambiente e decoro della Chiesa di San Pietro…” avrebbero potuto essere soddisfatte attraverso l’imposizione di un vincolo indiretto, che non avrebbe inciso (quanto meno) sui mappali nn. 699 e 1239, i quali non sarebbero in rapporto visivo con il piccolo oratorio;
3.4) infine, con il quarto motivo, le ricorrenti hanno lamentato che in sede di redazione del P.G.T., sia la Direzione Regionale per i Beni Culturali per la Lombardia sia la Soprintendenza di Brescia, invitate a esprimere il parare sulla V.A.S., non avessero formulato obiezioni in merito alla previsione di espansione edificatoria relativa alle aree adiacenti e limitrofe alla chiesetta di San Pietro in Oliveto; sicchè la successiva imposizione del vincolo culturale sarebbe finalizzata ad impedire a posteriori l’attuazione delle previsioni edificatorie, con sviamento di potere e violazione dei principi di trasparenza, buona amministrazione e affidamento.
4. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo si è costituito in giudizio depositando documentazione e memoria difensiva, chiedendo il rigetto del ricorso.
5. Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica in vista dell’udienza pubblica del 18 marzo 2020, poi rinviata d’ufficio al 13 maggio 2020. In prossimità di quest’ultima, la difesa di parte ricorrente ha depositato brevi note ai sensi dell’art. 84 comma 5 del d.l. 18/2020.
6. Alla camera di consiglio decisoria del 13 maggio 2020, sostitutiva dell’udienza pubblica ai sensi dell’art. 84 comma 5 del d.l. n. 18/2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. E’ oggetto del presente giudizio il provvedimento con cui il Ministero dei beni e delle attività culturali ha sottoposto a vincolo “diretto” di tutela, in quanto ritenuto “di interesse storico-artistico particolarmente importante”, l’intero compendio immobiliare sito nel Comune di Limone sul Garda costituito dalla Chiesa medievale di San Pietro in Oliveto e dalle “aree limitrofe”, costituite da una serie di particelle catastali appartenenti a diversi proprietari privati e destinate nella quasi totalità ad uliveto.
2. Il provvedimento è stato adottato in espressa applicazione dell’art. 10 comma 3 lettera a) del Codice dei beni Culturali e del Paesaggio (D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), il quale prevede che “Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'articolo 13: a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1” [cioè diversi dallo Stato, dalle regioni, dagli altri enti pubblici territoriali, da altri enti ed istituti pubblici e dalle persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti]-.
3. Il provvedimento è stato affidato ad un’articolata motivazione, attinta dalla relazione storico-artistica ad esso allegata, nella quale sono state diffusamente illustrate le ragioni (storiche, documentali, toponomastiche e morfologiche) che hanno indotto il Ministero a sottoporre a tutela diretta, non soltanto la chiesa di San Pietro in Oliveto, edificata presuntivamente in epoca carolingia (e sulla cui natura di bene culturale non viene formulata alcuna contestazione da parte delle ricorrenti), ma anche l’intero uliveto circostante, e precisamente:
- considerazioni di natura storica: stretta connessione esistente tra l’edificio di culto, di impianto rurale, e il contesto rurale di riferimento, caratterizzato da una “struttura e un’organizzazione sociale ed economica regolata per “case massaricie”, case sparse e coltivi, per i quali l’edificio religioso costituiva, oltre che luogo di culto, luogo di rifugio e di conservazione delle riserve alimentari in caso di pericolo”;
- riscontri di natura documentale: si richiama la documentazione storica catastale “costituita dalle mappe e dai relativi registri immobiliari (sommarioni – tavole censuarie), consultabili presso gli Archivi di Stato di Brescia e Milano”, i quali “attestano attraverso le varie epoche (Napoleonico 1809, Lombardo-Veneto 1848-1852, italiano antico 1898), la continuità di ciò che per lungo tempo fu la vera e peculiare natura del luogo”; tant’è che “nei verbali della visita apostolica di S. Carlo Borromeo, intrapresa tra i mesi di aprile e maggio del 1580 (…), il luogo di culto è descritto in forma sintetica come “ecclesia campestris et vetus”; di modo che “L’attuale situazione dell’ambito in rapporto al suo contesto rispecchia quella storicamente documentata”;
- considerazioni di natura toponomastica: il provvedimento impugnato sottolinea che “la stessa denominazione dell’oratorio, San Pietro in Oliveto, stabilisce il forte carattere storico-identitario tra l’edificio e il suo contesto e offre la misura della sia identificazione, anche toponomastica tra i due elementi”;
- considerazioni relative alla specifica morfologia del territorio, rilevanti anche ai fini della definizione del perimetro del vincolo: il provvedimento impugnato rileva, sotto questo profilo, che, “Con riferimento poi alla definizione del perimetro, i criteri alla base della sua identificazione sono stati per lo più determinati, oltre che dalle considerazioni di natura storica sopra esplicitate, dalla morfologia specifica del territorio in questione, dalla concorrenza di ogni particella catastale individuata alla costituzione del contesto naturalistico indispensabile alla conservazione dell’ambito nelle sue caratteristiche storiche. La collocazione delle particelle di proprietà lungo la strada di accesso all’oratorio e in terreni coltivati ad uliveto, caratteristica che – ricordiamo – definisce il bene nella sua compitezza, ha determinato il loro inserimento a pieno titolo nel perimetro della proposta di provvedimento”.
Sull’inclusione dell’uliveto nell’oggetto del vincolo di tutela diretta, la relazione storico-artistica così conclude: “La determinazione di avviare il procedimento di tutela diretta, nasce dalla necessità di preservare nei loro caratteri distintivi, le condizioni di ambiente e di decoro della Chiesa di San Pietro in Oliveto e degli ambiti circostanti, da tempo vocati ad un uso prettamente agricolo, in particolare per la coltivazione dell’ulivo, tradizionalmente presenti in loco come in gran parte del territorio lacuale, contraddistinti oltre che da una rilevante importanza storico-artistica, anche da una pregevole qualità d’insieme, così da consentire il mantenimento del rapporto esistente tra il monumento ed il suo contesto. Necessitano quindi al fine di preservare tali residue caratteristiche da eventuali improprie trasformazioni apposita assicurazione di tutela, attraverso una specifica dichiarazione, nel riconoscimento dell’interesse culturale”.
4. Nel presente giudizio le ricorrenti non contestano la legittimità della sottoposizione a vincolo di tutela “diretta” della chiesetta medievale di San Pietro in Oliveto, né contestano l’esigenza di sottoporre a vincolo di tutela “indiretta” i terreni agricoli situati nell’immediato intorno della chiesetta, al fine di preservare l’integrità del bene culturale, impedendo utilizzazioni improprie (edificatorie, in primis) dell’area contigua che possano influire negativamente sulla conservazione e sulla fruibilità del bene culturale, in termini di integrità, di percezione visiva e prospettica, di preservazione delle condizioni di luce, di aria, di ambiente e di decoro. Ciò che le ricorrenti contestano è, invece, la possibilità per l’Amministrazione di sottoporre a vincolo di tutela “diretta” un terreno agricolo (di oltre 11.000 mq), di per sé privo di connotazioni storiche o culturali, in virtù del mero rapporto di contiguità con il bene culturale propriamente detto, in tal modo estendendo il perimetro del vincolo oltre quello che sarebbe ragionevolmente necessario per preservare le condizioni di conservazione e di fruibilità pubblica (fisica e visiva) del bene culturale, in particolare includendovi anche alcune particelle di loro proprietà assai distanti dalla chiesetta e in nessun rapporto percettivo con quest’ultima, con conseguente violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità dell’agire amministrativo.
La censura, osserva il collegio, è fondata e assorbente.
4.1. E’ bene precisare che il Collegio ha ben presenti - e condivide - i principi elaborati da consolidata giurisprudenza amministrativa secondo cui il giudizio che presiede all'imposizione di una dichiarazione di interesse (c.d. vincolo) culturale è connotato da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l'applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari (della storia, dell'arte e dell'architettura) caratterizzati da ampi margini di opinabilità; ne consegue che l'apprezzamento compiuto dall'Amministrazione preposta alla tutela è sindacabile in sede giudiziale esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l'aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto (T.A.R. Lazio-Roma, sez. II, 22/06/2017, n. 7310; T.A.R. Catania, sez. I, 02/03/2017, n. 414; T.A.R. Cagliari, sez. II, 03/02/2016, n. 97; Consiglio di Stato, sez. VI, 22/05/2008, n. 2430).
4.2. Peraltro, è principio altrettanto consolidato - e condiviso da questo Collegio – quello per cui, “pur nell'ampia sfera di discrezionalità di cui dispone l'Amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali, l’esercizio di tale potere non resta sottratto a criteri di ragionevolezza, di proporzionale bilanciamento degli interessi coinvolti del potere esercitato e di adeguatezza al caso concreto" (Consiglio di Stato, sez. VI, 19 ottobre 2018, n. 5986; Cons. Stato, sez. VI, 12 aprile 2011 n. 2243).
5. Ritiene il collegio che nel caso di specie i predetti parametri di ragionevolezza e di proporzionalità non siano stati pienamente osservati dall’Amministrazione, alla luce delle considerazioni che seguono.
5.1. Le condizioni in presenza delle quali un terreno agricolo può essere sottoposto a vincolo “diretto” di tutela culturale sono state precisate, nel periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 42/2004, dallo stesso Ministero per i beni e le Attività Culturali nel parere prot. 12089 del 30 giugno 2004 del suo Ufficio legislativo.
In tale parere, dopo aver chiarito che i beni oggetto di tutela in base al Codice dei beni Culturali “sono necessariamente manufatti realizzati dall’uomo”, si precisa che un terreno agricolo può essere sottoposto a vincolo “diretto” di tutela storico-artistica essenzialmente in due casi: 1) quando il terreno, pur mantenendo la sua destinazione agricola, sia collegato a fatti della storia, e cioè sia stato “inciso dai fatti della storia di cui è stato testimone, vuoi per la presenza di resti delle vicende che vi si sono svolte, vuoi per la erezione di cippi, monumenti ed altri segni a testimonianza degli avvenimenti”; 2) quando il terreno presenti di per sé valenza storica, essendo caratterizzato “da una permanenza di utilizzazioni storiche ancora leggibili”, essendo stato oggetto di “interventi realizzati dall’uomo anche in epoche risalenti” che abbiano modificato il terreno nella sua conformazione originaria, “cosicchè tale terreno non è più qualificabile come terreno agricolo, ma è invece da ascrivere alla categoria delle cose [di interesse culturale] di cui si è detto”.
In sostanza, nel primo caso il bene di natura diviene oggetto di tutela culturale, non per le sue caratteristiche intrinseche, ma in quanto reca la testimonianza di fatti o avvenimenti storici; nel secondo per essere stato oggetto nel corso del tempo “di cure e adattamenti umani, anch’essi caratterizzazioni particolari dello spirito e dell’ingegno (…), per i quali il fatto che la componente naturalistica rimanga quantitativamente dominante non rileva ad escludere i relativi vincoli, perché ciò che conta per questa qualificazione è l’intervento creativo umano che li origina, li modella, li condiziona e li guida” (cfr. Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 3 luglio 2012 n. 3983).
La dottrina ha rilevato, al riguardo, che gli elementi che, eccezionalmente, possono fare di un bene di natura (oltre che, se del caso, un bene paesaggistico) un bene culturale e che legittimano, altrettanto eccezionalmente, un regime di tutela più consistente di quello del bene paesaggistico sono costituiti dall’originalità, dall’artificialità, dalla storicità e dal collegamento del bene in questione con lo spazio culturale; evideziando come si tratti di casi sostanzialmente marginali, di cui costituiscono esempio:
- i percorsi dei tratturi abruzzesi, molisani, pugliesi e lucani, vincolati in gran parte, tra il 1976 e il 1983, come beni archeologici ai sensi dell’art. 2 l. 1 giugno 1939, n. 1089;
- il vigneto Baver di Pianzano di Codega Sant’Urbano (Treviso), vincolato dalla Direzione regionale BCP del Veneto nel 2013 ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 42 del 2004 per l’interesse etnoantropologico [«le cose immobili […] che presentano interesse [….] etnoantropologico particolarmente importante […]»];
- i Sassi di Matera, vincolati ai sensi della l. n. 1089 del 1939 e della l. 28 febbraio 1967, n. 126;
- il sistema artificiale dei laghi fluviali di Mantova, vincolati con decreto della Soprintendenza per i BCP di Brescia, Cremona e Mantova nel 2009 ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. d), d.lgs. n. 42 del 2004 come complesso “che rivest[e] un interesse particolarmente importante a causa del […] riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere [c.d. vincolo storico-relazionale], ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose” [c.d. vincolo storico-identitario].
5.2. Nel caso di specie, l’”uliveto” di cui si discute non presenta alcuna di tali caratteristiche, trattandosi di un terreno non legato a particolari vicende storiche né caratterizzato da “utilizzazioni storiche ancora leggibili”. La stessa relazione storico-artistica allegata al decreto di vincolo non individua un solo elemento di carattere storico, o più genericamente culturale, in grado di associare specificamente la Chiesa di San Pietro all’”uliveto” circostante, al fuori dell’argomento meramente “toponomastico” rappresentato dal nome dell’edificio (“San Pietro in Oliveto”), a cui, tuttavia, non è possibile attribuire alcuna valenza storica stante la totale assenza di fonti documentali che ne attestino l’utilizzo in epoche risalenti, tanto da non potersi escludere, conseguentemente, un’attribuzione solo recente o addirittura contemporanea; in particolare:
- l’argomento di carattere “storico”, utilizzato dal Ministero nella motivazione dell’atto impugnato, fa leva sulla stretta connessione esistente in epoca medievale tra l’edificio di culto “e il contesto rurale di riferimento”, caratterizzato da “case massariciae, case sparse e coltivi”, sottolineando come l’edificio venisse utilizzato dal contado, non solo come luogo di culto, ma anche come luogo di rifugio e di conservazione delle riserve alimentari in caso di pericolo; nulla si dice, tuttavia, in ordine all’esistenza, sin da epoca risalente, dell’”uliveto”; la stessa citazione tratta dai verbali della visita apostolica di San Carlo Borromeo del 1580 riferisce unicamente dell’esistenza in loco di un’antica chiesa “campestre” (”ecclesia campestris et vetus”), non di una chiesa immersa specificamente in un “uliveto”;
- a sua volta l’argomento di carattere “documentale” fa leva su ricerche svolte su mappe catastali storiche, le quali, tuttavia, attestano esclusivamente che la chiesetta era già inserita in un contesto rurale, ma non contengono alcun riferimento specifico all’esistenza di un uliveto sin da epoca risalente;
- anche le considerazioni spese dal Ministero per illustrare i criteri seguiti nella definizione del perimetro del vincolo in relazione alla “specifica morfologia del terreno” si risolvono, in definitiva, in un generico riferimento alla circostanza che “ogni particella catastale” individuata nel provvedimento di vincolo contribuirebbe “alla costituzione del contesto naturalistico indispensabile alla conservazione dell’ambito nelle sue caratteristiche storiche”, senza che, tuttavia, venga chiarito sulla base di quali elementi siano state desunte tali presunte “caratteristiche storiche” del contesto naturalistico, coincidente con l’intera estensione dell’uliveto.
5.3. Sicchè, in definitiva, nel contesto dell’intero provvedimento impugnato, l’unico argomento motivazionale specificamente riferito all’”uliveto” sembra essere quello toponomastico, ma in termini palesemente insufficienti, secondo il Collegio, a giustificare la sottoposizione di quest’ultimo a vincolo “diretto” di tutela, quale bene di rilevante interesse storico-artistico, in mancanza di ogni riscontro documentale in ordine alla genesi di tale denominazione e al suo utilizzo anche in epoca risalente, e, più in generale, in assenza di ulteriori elementi in grado di avvalorare una intrinseca valenza “culturale” dell’uliveto, per la sua connessione ad eventi storici o per la permanenza di tracce tuttora percepibili di utilizzazioni storiche.
5.4. Del resto, appaiono illuminanti, in tale contesto, le conclusioni rassegnate nella relazione storico-artistica allegata al provvedimento impugnato, laddove si afferma che “La determinazione di avviare il procedimento di tutela diretta nasce dalla necessità di preservare nei loro caratteri distintivi le condizioni di ambiente e di decoro della Chiesa di San Pietro in Oliveto e degli ambiti circostanti (…) così da consentire il mantenimento del rapporto esistente tra il monumento e il suo contesto”; affermazioni da cui è inevitabile desumere che la ragione sostanziale che ha indotto l’Amministrazione a sottoporre a vincolo l’intero uliveto contiguo alla chiesetta medievale non è stata quella di tutelare un bene culturale per la sua intrinseca valenza storico-artistica, bensì l’esigenza di “preservare nei loro caratteri distintivi le condizioni di ambiente e di decoro della Chiesa di San Pietro in Oliveto e degli ambiti circostanti”; esigenza che, tuttavia, come giustamente eccepito dalla parte ricorrente, avrebbe giustificato l’imposizione, non già di un vincolo di tutela “diretta”, ma se mai di prescrizioni di tutela “indiretta”, e negli stretti limiti necessari a “ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”, secondo quanto prevede l’art. 45 comma 1 del D. Lgs. n. 42/2004.
L’azione di tutela indiretta, infatti, va contenuta nella misura concretamente necessaria per il raggiungimento degli obiettivi di tutela diretta; va cioè posta in rapporto all’esigenza conservativa che ha causato il vincolo diretto e dunque alle caratteristiche dell’oggetto materiale di quello; dal che consegue la necessità che il perimetro delle prescrizioni di tutela indiretta ricomprenda al suo interno esclusivamente i terreni necessari a garantire la conservazione materiale e la visibilità complessiva del bene culturale, preservandolo da antropizzazioni in contrasto con il suo stile e il suo significato storico-artistico, garantendo in tal modo la continuità storica e stilistica tra il monumento e la situazione ambientale in cui è contestualizzato.
6. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto con il conseguente annullamento dell’atto impugnato limitatamente ai mappali di proprietà di parte ricorrente. Resta peraltro salvo il potere dell’Amministrazione resistente di rieditare il proprio potere in relazione a detti mappali ai fini dell’eventuale imposizione di prescrizioni di tutela indiretta ai sensi dell’art. 45 del D. Lgs. n. 42/2004, negli stretti limiti ragionevolmente necessari a preservare l’integrità della Chiesa di San Pietro in Oliveto e ad impedire che ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.
7. Attesa la relativa novità della questione esaminata, le spese di lite possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla in parte qua il provvedimento impugnato nei sensi, nei limiti e per gli effetti indicati in motivazione.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2020 con l'intervento dei magistrati:
Angelo Gabbricci, Presidente
Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, Estensore
Alessandra Tagliasacchi, Primo Referendario