Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1779, del 8 aprile 2015
Beni Culturali.Lo stato di parziale distruzione o di cattiva manutenzione o conservazione di un bene non osta alla dichiarazione d’interesse ex art. 10 d.lgs., n. 42 del 2004
In linea di diritto, si osserva che lo stato di parziale distruzione o di cattiva manutenzione o conservazione di un bene non osta alla dichiarazione di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante ai sensi dell’art. 10 d.lgs., n. 42 del 2004, restando rimesso all’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione preposta all’imposizione e gestione del vincolo la valutazione dell’idoneità delle rimanenze ad esprimere il valore che si intende tutelare; potere tecnico-discrezionale, nella specie correttamente e attendibilmente esercitato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01779/2015REG.PROV.COLL.
N. 01114/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 1114 del 2015, proposto da:
Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Caserta e Benevento, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Atellanae s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaele Ferola e Andrea Rallo, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, 18;
nei confronti di
Comune di Orta di Atella, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Tommaso Sorvillo, con domicilio eletto presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, p.za Capo di Ferro, 13;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sezione VII, n. 3495/2014, resa tra le parti e concernente: imposizione di vincolo storico-artistico;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2015, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Clemente e l’avvocato Raffaele Ferola;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con la sentenza in epigrafe, ha accolto il ricorso n. 1174 del 2010, proposto dalla Atellanae s.r.l. avverso il decreto della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania n. 649 dell’11 novembre 2009, con cui l’immobile di proprietà della ricorrente, denominato ‘Palazzo Bugnano’ e sito nel Comune di Orta di Atella, via Bugnano n. 29, nel centro del borgo di Casapuzzano nelle immediate vicinanze del palazzo Ducale denominato ‘Castello’, era stato dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a), d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e dunque sottoposto a vincolo storico-artistico.
In linea di fatto, occorre rilevare che:
- prima dell’apposizione del vincolo, l’immobile, sulla base di regolare permesso di costruire n. 66 del 23 marzo 2007 per opere di demo-ricostruzione, rilasciato dal Comune alla società ricorrente, era stato sottoposto ad interventi di demolizione, che avevano comportato la distruzione di oltre il 70% della sua consistenza;
- i lavori erano stati sospesi con provvedimento soprintendentizio n. 23148 del 25 ottobre 2007 (in seguito a segnalazione della locale stazione dei Carabinieri, che, in pari data, aveva sottoposto il cantiere a sequestro) ai sensi dell’art. 28 d.lgs. n. 42 del 2004;
- con avviso del 16 maggio 2008 era stato avviato un primo procedimento di apposizione del vincolo, decaduto per la mancata conclusione del procedimento entro il termine di legge (risultando il correlativo provvedimento conclusivo asseritamente smarrito dalle Poste);
- con nota del 29 maggio 2009 era stato avviato un nuovo procedimento, sfociato nel qui impugnato n. 649 dell’11 novembre 2009.
L’adìto Tribunale amministrativo regionale ha, in particolare, accolto la censura di difetto d’istruttoria, carenza ed errore sui presupposti, travisamento dei fatti, illogicità e difetto di motivazione, sulla base dei testuali rilievi, di dichiarata natura assorbente, che «non risulta che l’amministrazione abbia tenuto debito conto delle opere di demolizione delle strutture preesistenti, eseguite a seguito del permesso di costruire rilasciato dal Comune anteriormente all’imposizione del vincolo», e che «non risulta pertanto che la determinazione impugnata derivi da una effettiva valutazione della situazione di fatto realmente ed attualmente esistente, in quanto debitamente rilevata o almeno verificata negli accertamenti istruttori successivi e conseguenti all’avvio del procedimento che viene concluso con l’apposizione del vincolo» (v. p. 7 dell’appellata sentenza);
2. Avverso tale sentenza ha interposto appello l’Amministrazioni soccombente, censurando il travisamento dei fatti e l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie, e chiedendo, previa sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza e in sua riforma, la reiezione dell’avversario ricorso di primo grado.
3. Si è costituito in giudizio l’originaria ricorrente, contestando la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione e riproponendo espressamente i motivi assorbiti di primo grado.
Si è, altresì, costituito in giudizio il Comune di Orta di Atella, aderendo alla posizione dell’Amministrazione appellante e chiedendo l’accoglimento dell’appello.
4. All’odierna udienza camerale, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, le parti sono state avvisate dell’eventualità della pronuncia di una sentenza breve, al che la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Premesso che, giusta segnalazione alle parti, sussistono i presupposti per la definizione della causa con sentenza in forma semplificata, si osserva che l’appello è fondato.
5.1. Da un attento esame del decreto di vincolo n. 649/2009 e dell’ivi richiamata relazione storico-artistico emerge che, contrariamente a quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, l’Amministrazione, in sede di apposizione del vincolo, aveva tenuto conto della consistenza dell’immobile costituito da ‘Palazzo Bugnana’, quale risultante dalle intervenute demolizioni.
Infatti, nella relazione storico-artistica, facente parte integrante del decreto di vincolo, si fa espresso riferimento a documentazione fotografica risalente al 18 febbraio 2008, dunque a epoca successiva alle opere di demolizione eseguite fino al 25 ottobre 2007, quando le stesse erano state sospese.
A suffragio della circostanza, che l’istruttoria posta a base del decreto di vincolo sia stata eseguita non prima, ma dopo le intervenute demolizioni (parziali) dell’immobile, militano anche alcuni significativi passaggi testuali della relazione storico artistica, quali «l’organismo storico in questione, sopravvissuto alle demolizioni già attuate dei manufatti più recenti, costituisce residua testimonianza della trasformazione della cultura materiale locale», «la struttura conserva sostanzialmente inalterata l’articolazione planimetrica documentata dalla pianta del catasto di fine Ottocento», oppure «il corpo edilizio a due livelli conserva (…) inalterati gli orizzontamenti intermedi in strutture voltate». La rilevata circostanza è ulteriormente avvalorata dal tenore della comunicazione di avvio del procedimento (v. nota n. 11974 del 29 maggio 2009), da cui risulta che gli aspetti di interesse storico-artistico del bene sono considerati dalla Soprintendenza in relazione alle «caratteristiche di integrità che ancora possiede».
Le valutazioni attorno alla rilevanza storico-artistica della parte dell’immobile sopravvissuta agli interventi di demolizione risultano, poi, compiute in sede procedimentale conclusasi con l’adozione dell’impugnato decreto (di cui la relazione storico-artistica fa parte integrante), non rilevando al riguardo l’individuazione della data esatta – ossia, se successiva o anteriore all’avvio del procedimento di sottoposizione al vincolo – del compimento degli atti di accertamento e della formazione delle fonti di prova su cui tale valutazione si fonda, purché, come sopra dimostrato, successivi agli interventi di demolizione parziale, in quanto tali idonei a fornire una rappresentazione dell’attuale consistenza effettiva del complesso edilizio sottoposto a tutela.
L’impugnato decreto (come integrato dalla relazione storico-artistica) è, altresì, sorretto da un adeguato e coerente impianto motivazionale – peraltro, aderente ai criteri tecnico-scientifici del settore storico-artistico –, laddove pone in rilievo il valore di «testimonianza della trasformazione della cultura materiale locale» espresso dal complesso edilizio, «la cui costruzione risale, secondo le fonti bibliografiche, ai secoli XVII-XVIII», e la cui «struttura, sorta presumibilmente come masseria rurale, viene adibita, fino ad epoca recente, alla lavorazione della canapa» che «conosce origini antichissime», aggiungendo che «l’espressione emblematica della centralità della produzione della canapa è rappresentata dalla tipologia edilizia, comune all’intera area atellana e testimoniata dal complesso edilizio in questione, della casa a corte, in cui il cortile rustico era sede della lavorazione dei prodotti agricoli, oltre che zona di incontro» (v. così, testualmente, la relazione storico-artistica), così ponendo in risalto il valore di testimonianza architettonica di particolare importanza dell’immobile.
In linea di diritto, si osserva che lo stato di parziale distruzione o di cattiva manutenzione o conservazione di un bene non osta alla dichiarazione di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante ai sensi dell’art. 10 d.lgs., n. 42 del 2004, restando rimesso all’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione preposta all’imposizione e gestione del vincolo la valutazione dell’idoneità delle rimanenze ad esprimere il valore che si intende tutelare; potere tecnico-discrezionale, nella specie correttamente e attendibilmente esercitato.
Per le esposte ragioni, deve ritenersi errata la statuizione di accoglimento delle censure di difetto d’istruttoria e di motivazione, difetto di presupposti, illogicità e travisamento, adottata dal Tribunale amministrativo regionale, con la precisazione che la natura recessiva degli interessi privati coinvolti è immanente alla motivata qualificazione del complesso edilizio (nella sua attuale consistenza) quale bene di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante.
5.2. In reiezione dei riproposti motivi di illegittimità procedimentale (assorbiti nella sentenza di primo grado) è sufficiente rilevare che la tempestiva comunicazione (con nota del 29 maggio 2009) di avvio del procedimento, contenente l’indicazione degli elementi di identificazione e di valutazione della cosa risultanti dagli eseguiti sopralluoghi, l’indicazione degli effetti cautelari connessi, nonché l’assegnazione di un termine di centoquaranta giorni per la presentazione di eventuali osservazioni, risponde ai requisiti partecipativi di cui all’art. 14 d.lgs. n. 42 del 2004, mentre non è ravvisabile alcuna efficienza viziante nella semplice circostanza che il procedimento sfociato nell’impugnato decreto sia stato preceduto da altro procedimento poi decaduto per mancata conclusione nel termine di legge (per asserito smarrimento del relativo provvedimento conclusivo), attesa la rilevata rispondenza del nuovo procedimento ai crismi di legge.
5.3. Conclusivamente, in accoglimento dell’appello e in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso di primo grado deve essere disatteso.
6. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto (ricorso n. 1114 del 2015), lo accoglie e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado; dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2015, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
|
|
|
|
|
|
L'ESTENSORE |
|
IL PRESIDENTE |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)