Cass. Sez. III n. 2112 del 20 gennaio 2009 (Ud. 2 dic. 2008)
Pres. Grasso Est. Amoresano Ric. Pizzolante
Urbanistica. D.i.a. e manufatti abusivi
Non è applicabile il regime della D.I.A. a lavori edilizi che interessino manufatti abusivi che non siano stati sanati né condonati, in quanto gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell\'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente
SENTENZA N. 2407
REG. GENERALE n.025164/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Aldo GRASSI Presidente
Dott. Pierluigi ONORATO Consigliere
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Mario GENTILE Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1)Pizzolante Antonio nato l\'11.8.1946
avverso la sentenza del 17.4.2008
della Corte di Appello di Firenze
sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentito il P.G. dr Francesco M.Bua
che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
sentito il difensore, avv. Aldo Soldani,
che ha concluso per l\'accoglimento del ricorso.
OSSERVA
1) Con sentenza del 17.4.2008 la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza 7.6.2007 del Tribunale di Grosseto, sez. dist. di Orbetello, con la quale Pizzolante Antonio era stato condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di giorni 12 di arresto ed euro 26.000,00 di ammenda per i reati di cui agli artt.44 lett.c) D.P.R. 380/01 e 181 D.L.vo 42/04, per aver realizzato in zona soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale un manufatto, composto da un corpo principale e, in aderenza allo stesso, un vano bagno ed un vano ad uso magazzino, in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione ambientale. Riteneva la Corte che l\'opera abusivamente realizzata fosse in corso di ultimazione alla data del sopralluogo nell’agosto 2004, per cui era destituita di fondamento la tesi difensiva, secondo cui l\'immobile preesisteva e che vi era stato, in detta epoca, solo un intervento di manutenzione straordinaria.
2) Propone ricorso per cassazione il difensore del Pizzolante, denunciando con il primo motivo la illogicità, lacunosità e contraddittorietà manifesta della motivazione e la violazione dell\'art.192 c.p.p. Dalla stessa ricostruzione effettuata dalla Corte territoriale risulta evidente che il manufatto era oggetto di lavori di manutenzione. In effetti la Corte di merito è pervenuta a diverse conclusioni sulla base di illazioni e congetture, indotte dalla testimonianza del teste Burla, senza tener conto delle dichiarazioni dei testi Caruso e Malandrini.
Con il secondo motivo denuncia la violazione degli artt.516 e 521 c.p.p. e l\'omessa motivazione in ordine alla richiesta preliminare di trasmissione degli atti al P.M., essendo il fatto diverso da quello oggetto di imputazione.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.
.
3) Va premesso che, per giurisprudenza pacifica di questa Corte, il reato di costruzione in difetto di permesso di costruire ha natura permanente e la permanenza cessa con l\'ultimazione dell\'opera ivi comprese le rifiniture, giacchè la nozione di ultimazione contenuta nell\'art.31 L.47 del 1985 (che anticipa tale momento a quello della ultimazione della struttura) è funzionale ed applicabile solo in materia di condono edilizio (cfr. "ex multis" Cass.pen.sez.3 n.33013 del 3.6.2003).
La Corte di Appello, con valutazione di merito, ha ritenuto che l\'opera alla data del sopralluogo dell’agosto 2004 fosse ancora in corso di ultimazione.
Sul punto l\'indagine di legittimità è circoscritta, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato all’accertamento dell’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata senza possibilità di verificare l\'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula infatti dai poteri della Corte quello di una "rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e per il ricorrente più adeguata valutazione delle risultanze processuali (Cass.sez.un.n.06402 del 2.7.1997).
3.1) Con argomentazioni coerenti ed immuni da vizi logici, la Corte territoriale, sulla base della testimonianza dell\'ispettore Burla e dei rilievi fotografici, ha ritenuto che il manufatto fosse fresco di rifiniture interne ed esterne e che il tetto risultasse appena ultimato (come emergeva dai tabelloni nuovi posti in opera su travetti in legno ancora da trattare). Completava il "quadro probatorio la presenza di sacchi di cemento, di impasto, di rena e calce con pala inficiata, di blocchi in cemento precompresso per l\'erezione dei muri perimetrali e la stuccatura in corso della pavimentazione"; nonché l\'appena ultimata installazione dei sanitari del bagno. Sulla base di siffatte risultanze i giudici di merito, correttamente, hanno valutato che ci si trovasse in presenza non di un intervento di manutenzione straordinaria, ma del completamento di un fabbricato con opere strutturali e di rifinitura.
Il ricorrente ripropone in questa sede una diversa interpretazione delle risultanze processuali, sulla base della documentazione fotografica prodotta e delle dichiarazioni dei testi Malandrini e Caruso, che già la Corte ha disatteso con motivazione congrua e non illogica. Peraltro la tesi del ricorrente è, in ogni caso, infondata in diritto. Se anche si fosse trattato di interventi di manutenzione su un fabbricato già precedentemente completato nella sua struttura e nelle rifiniture (il che è stato escluso come si è visto dai giudici di merito), non per questo verrebbe meno l\'illecito penale. Va, infatti, ricordato che questa Corte ha più volte affermato che "non è applicabile il regime della D.I.A. a lavori edilizi che interessino manufatti abusivi che non siano stati sanati né condonati, in quanto gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell\'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente" (cfr.Cass.pen.sez.3 n.21490 del 19.4.2006).
3.1) Quanto al secondo motivo di ricorso, non vi è stata alcuna immutazione del fatto contestato, avendo la Corte ritenuto che l\'opera fosse in corso di ultimazione (con opere strutturali e di rifinitura) nell’agosto 2004.
3.2) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell\'art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 2 dicembre 2008
Deposito in Cancelleria il 20/01/2009