Beni Ambientali. Attività estrattive
Su annullamento Piano regionale delle attività estrattive della Campania
(segnalata dall'Avv. M. Balletta)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
DELLA CAMPANIA – NAPOLI
PRIMA SEZIONE
Registro Sentenze: 454 /08
Registro Generale: 7170/06
nelle persone dei Signori:
dott. ANTONIO GUIDA Presidente
dott. PAOLO CORCIULO Primo Referendario
dott. PAOLO SEVERINI Primo Ref., rel. ed est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 7170/06 R. G., proposto dal
COMUNE DI SALA CONSILINA
in persona del Sindaco – legale rappresentante p. t.
rappresentato e difeso da:
RICCARDI GIOVANNI
con domicilio eletto in Napoli
GALLERIA UMBERTO I° N. 8
presso
CONTINISIO ROBERTO
contro
REGIONE CAMPANIA
in persona del legale rappresentante p. t.
rappresentata e difesa da:
PALMA ROSARIA
MARZOCCHELLA ANGELO
con domicilio eletto in Napoli
VIA SANTA LUCIA N. 81
presso
AVVOCATURA REGIONALE
PROVINCIA DI SALERNO
in persona del legale rappresentante p. t.
rappresentata e difesa da:
CASELLA ANGELO
CORNETTA UGO
TEDESCO FRANCESCO
con domicilio eletto in Napoli
VIA F. CRISPI N. 80
presso
GIAMMARINO STANISLAO
MORRONE EDUARDO
IN QUALITA’ DI COMMISSARIO AD ACTA DEL.
CON DECR. ASS. REG. LL. PP. N. 439 DEL 6.09.05
non costituito in giudizio;
e nei confronti di
DETTA ANTONIO & C. S.N.C.
in persona del legale rappresentante p. t.
non costituita in giudizio;
con l’intervento ad opponendum di
CEMENTI MOCCIA S.P.A.
in persona del legale rappresentante p. t.
rappresentata e difesa da:
LAMBERTI ANTONIO
con domicilio eletto in Napoli
VIA S. PASQUALE A CHIAIA N. 55
presso
LAMBERTI ANTONIO
per l’annullamento
- dell’ordinanza commissariale n. 12 del 6/7/2006, avente ad oggetto la rettifica dell’ordinanza n. 11, recante l’approvazione del PRAE, nonché degli atti connessi;
- dell’ordinanza n. 11 del 7/6/2006, recante l’approvazione del Piano regionale delle attività estrattive (P.R.A.E.) della Regione Campania ad opera del Commissario ad acta, ing. Eduardo Morrone;
- del P.R.A.E. approvato con l’ordinanza suddetta, in uno a tutti gli elaborati che lo compongono, inclusi in particolare (ALL. A) relazione integrativa del commissario ad acta, norme d’attuazione, linee guida, relazione illustrativa, relazione calcolo del fabbisogno medio annuo di materiale calcareo nell’attività edilizia in Regione Campania, calcolo superfici occorrenti per soddisfare il fabbisogno per un ventennio dei materiali di cava estratti in Campania, verifica del valore del fabbisogno medio annuo nella Regione Campania del materiale calcareo, motivazioni tecniche circa la rettifica degli incrementi percentuali relativi al calcare occorrente per gli edifici residenziali e non residenziali della Regione Campania, cartografia scala 1:200.000, tavole 1 – 8, cartografia scala 1:100.000;
- d’ogni atto presupposto, collegato, connesso e consequenziale;
nonché per l’annullamento
(giusta i motivi aggiunti proposti dal Comune ricorrente)
- delle deliberazioni di Giunta regionale n. 7325 del 2001, n. 3093 del 2003 e n. 1544 del 2004, con le quali la G. R. ha licenziato una bozza di P.R.A.E., rimettendola al Consiglio per l’approvazione;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti i motivi aggiunti;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e della Provincia di Salerno;
visto l’atto d’intervento della società Cementi Moccia s.p.a.;
viste le memorie difensive ed i documenti prodotti dalle parti;
visti gli atti tutti di causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 21/11/2007, relatore il dr. P. Severini, gli avvocati presenti, come da verbale d’udienza.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.
FATTO
Giova premettere che:
- con delibere di Giunta regionale n. 7253 del 27/12/2001, n. 3093 del 31/10/2003 e n. 1544 del 6/8/2004 la Giunta Regionale della Campania ha adottato la proposta per il Consiglio Regionale del Piano Regionale delle attività estrattive (P.R.A.E.) sulla base di un progetto elaborato dall’Università degli Studi di Napoli Federico II, all’uopo incaricata dalla Regione e recepito con delibera di Giunta Regionale n. 634 dell’8/2/2000;
- con ordinanza n. 719 del 2/8/2005, dopo aver accolto il ricorso proposto, ai sensi dell’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971, dalla società Cementi Moccia s.p.a., operante nel settore dell’attività estrattiva, il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania ha disposto la nomina di un Commissario ad acta, in relazione alla perdurante inerzia dell’Amministrazione Regionale, circa l’approvazione del P.R.A.E.;
- con ordinanza n. 11 del 7/06/06, il Commissario ad acta ha provveduto all’approvazione del P.R.A.E., indi rettificato con successiva ordinanza, dello stesso Commissario, n. 12 del 6/07/06.
Con ricorso, notificato il 12/9/2006, il Comune di Sala Consilina ha impugnato gli atti, specificati in epigrafe.
La Regione Campania si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso.
Si è costituita, altresì, la Provincia di Salerno, pure destinataria della notifica del ricorso, con memoria difensiva ad adiuvandum rispetto alle tesi esposte dal Comune ricorrente.
Con atto, notificato il 30/10/2007, è intervenuta ad opponendum la società Cementi Moccia s.p.a.
La domanda incidentale di sospensione non è stata trattata, essendo stata cancellata dal ruolo cautelare.
All’udienza pubblica del 21 novembre 2007 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Nel merito il Comune ricorrente deduce censure che possono essere così riassunte:
- le articolate e puntuali osservazioni presentate dal Comune ricorrente e da numerose altre amministrazioni locali non risulterebbero debitamente valutate e comunque risulterebbero immotivatamente disattese; il Comune ricorrente e le comunità locali sarebbero state estromesse dal processo decisionale; ciò si sarebbe verificato, in contrasto con l’art. 2, co. 1, della legge regionale n. 54 del 1985, nella parte in cui prevede che i Comuni siano “sentiti”;
- sarebbe mancata l’attivazione del procedimento di valutazione ambientale strategica (VAS) disciplinato dalla direttiva comunitaria 2001/42/CE, recepita dalla legge regionale n. 16 del 2004 (art. 47);
- non sarebbe stato acquisito il parere preventivo obbligatorio dell’Autorità di Bacino;
- le stesse previsioni del P.R.A.E., relativamente al Comune di Sala Consilina, sarebbero viziate da eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione, perplessità, contraddittorietà intrinseca, violazione del principio d’economicità nello sfruttamento delle risorse non rinnovabili ed irragionevolezza.
Con i motivi aggiunti, diretti avverso gli atti precisati in epigrafe, il Comune ricorrente ha lamentato che la Giunta Regionale, nell’agosto 2004, aveva riattivato la procedura di redazione della proposta di piano, innovando profondamente la bozza di P.R.A.E. già trasmessa al Consiglio per l’approvazione, ma sulla nuova proposta sarebbe stato completamente pretermesso il confronto con gli enti locali.
La difesa regionale ha obiettato che:
- la normativa regolante il P.R.A.E. è contenuta nella legge regionale n. 54 del 1985, il che porta escludere ogni interferenza della legge regionale n. 16 del 2004 in generale e dell’art. 47 in particolare;
- è pure da escludere che la direttiva comunitaria 2001/42/CE abbia carattere self executing, per cui il P.R.A.E. non sarebbe soggetto a VAS;
- in ogni caso la pianificazione approvata sarebbe sostanzialmente conservativa e rivolta al massimo grado di tutela ambientale;
- i Comuni sarebbero stati ascoltati nella fase dell’elaborazione della proposta della Giunta Regionale, poi tradotta, senza stravolgimenti, nel Piano approvato dal Commissario ad acta;
- con le osservazioni formulate, i Comuni ricorrenti pretendevano d’assoggettare la pianificazione regionale alle proprie esigenze urbanistiche;
- l’obbligo di “sentire” i Comuni dovrebbe intendersi nel senso di un mero simulacro della partecipazione, in funzione meramente consultativa;
- l’obbligo di acquisire il parere dell’Autorità di Bacino non sarebbe contemplato in una norma di legge; il P.R.A.E. non intaccherebbe le previsioni del Piano stralcio e dei vincoli idrogeologici; né la pianificazione di settore d’altre autorità potrebbe incidere sulle potestà, in materia urbanistica, spettanti alla competenza regionale;
- il Commissario ad acta avrebbe amplissimi poteri di sostituzione dell’amministrazione inadempiente, assorbendo in sé ogni competenza ed ogni funzione per superare l’impasse determinata dall’inerzia della Regione;
- la materia delle cave e miniere esulerebbe dalla pianificazione urbanistico – edilizia; le scelte in materia sarebbero latamente discrezionali, non richiederebbero una motivazione particolare oltre quella desumibile dai criteri generali seguiti nell’impostazione del piano, costituirebbero apprezzamenti di merito sottratti al sindacato del giudice amministrativo salvo che per vizi di manifesta irrazionalità o di travisamento dei fatti;
- il Commissario ad acta, nei brevi termini concessi, avvalendosi della struttura di supporto, avrebbe compiuto un’adeguata attività istruttoria mediante l’integrazione del progetto di P.R.A.E. già adottato dalla Giunta Regionale.
1.1. E’ opportuno premettere una ricognizione del quadro normativo che disciplina la materia.
Il Piano Regionale delle Attività Estrattive è originariamente contemplato e regolato dall’art. 2 della legge regionale n. 54 del 1985 (come modificata dalla legge regionale n. 17 del 1995), avente ad oggetto la coltivazione di cave e torbiere: tale norma prevede, al primo comma, che “il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, previo parere della Commissione consultiva regionale di cui all’art. 3 della presente legge sentiti i Comuni, le Comunità montane ed i comprensori interessati e le Province, approva il piano regionale del settore estrattivo, nel quadro delle esigenze generali di difesa dell'ambiente, del diritto alla salute dei cittadini, di recupero del patrimonio architettonico e monumentale dei borghi e dei centri storici della Campania, di sviluppo economico regionale ed in linea con le politiche comunitarie in materia, per attuare una politica organica d’approvvigionamento e di razionale utilizzazione delle risorse delle materie di cava”.
E’ poi sopravvenuta la legge regionale n. 16 del 2004, con la quale è stata complessivamente riformata la normativa riguardante il “governo del territorio”, avente ad oggetto non solo, ovviamente, la materia urbanistica, ma più in generale tutta la disciplina relativa all'uso, all’assetto, alla tutela ed alla trasformazione del territorio, attraverso una pianificazione comprendente “tutte le attività di iniziativa sia pubblica che privata che comportano una trasformazione significativa del territorio” (cfr. artt. 1, 2 e 3).
La nuova legge regionale è entrata in vigore il 29 dicembre 2004 e sono previste disposizioni transitorie per i piani in itinere, unicamente per gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale (art. 45).
La normativa del 1985 non è stata abrogata, ma continua a restare in vigore “per quanto non previsto” dalla legge regionale del 2004 (art. 49), vale a dire nella misura in cui sia compatibile con i principi e le disposizioni dettate dalla legge fondamentale che la Regione s’è data, per regolare il governo del proprio territorio.
Alla luce di tali considerazioni, la nuova normativa trova applicazione al P.R.A.E. impugnato, che rientra, a pieno titolo, tra i piani settoriali regionali, di cui all’art. 14 della legge in questione.
1.2. Orbene, l’art. 47 della ripetuta legge regionale n. 16 prevede che i piani territoriali di settore siano accompagnati dalla valutazione ambientale di cui alla direttiva 42/2001/CE del 27 giugno 2001, da effettuarsi durante la fase di redazione dei piani.
Con tale disposizione la Regione Campania ha adempiuto, per quanto di propria competenza, all’obbligo di dare attuazione alla cennata direttiva comunitaria, per la quale l’art. 13 prevedeva, come termine d’adeguamento, la scadenza del 21/7/2004.
Sennonché lo stesso art. 13 prevede che la valutazione ambientale trova applicazione “ai piani ed ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo alla data” indicata, del 21/07/2004, purché gli stessi vengano approvati prima del 21/07/2006.
Il P.R.A.E. impugnato è stato approvato il 7/06/2006 e il suo primo atto preparatorio risale ad una data anteriore al 21/07/2004.
L’avvio del procedimento in questione, infatti, non può identificarsi con alcun atto del giudizio che ha dato luogo alla nomina del Commissario ad acta, poiché l’intervento di quest’ultimo è stato disposto per sopperire ad un arresto procedimentale, verificatosi dopo che la Giunta Regionale aveva già adottato una proposta di pianificazione.
Tant’è che l’attività dell’organo commissariale è consistita, di fatto, nel riprendere la proposta elaborata dalla Giunta Regionale e nel continuare lo stesso procedimento, già avviato, per condurlo a conclusione.
Ne consegue che, al momento dell’approvazione del piano impugnato, l’applicazione della VAS era ancora transitoriamente sospesa.
1.3. Detto ciò, è da valutare se, sul piano procedimentale, rileva in alcun modo che l’approvazione del piano sia avvenuta ad opera di un Commissario ad acta, nominato per disposizione del giudice amministrativo, che ha sostituito gli organi ordinariamente competenti.
L’intervento dell’organo commissariale trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di superare l’inerzia dell’amministrazione, inadempiente all’obbligo di provvedere in ordine ad una determinata materia, di propria competenza istituzionale.
In coerenza con tale funzione, è agevole comprendere che l’attività del Commissario ad acta è diretta al compimento di tutti e soli quegli adempimenti, rientranti nelle attribuzioni dell’amministrazione che sia stata giudicata inerte.
Con riferimento al caso qui in esame, è evidente che il Commissario ad acta si sostituisce non solo al Consiglio Regionale, che è competente all’emanazione dell’atto conclusivo del procedimento, ma può e deve (se necessario) attivarsi nelle competenze di tutti gli organi e gli uffici che fanno capo all’ente regionale per superare quella condizione d’arresto procedimentale, che si propone di superare lo speciale rimedio del ricorso contro il silenzio, ex art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971.
Quindi, ad esempio, non è da escludere che il Commissario ad acta si sostituisca anche alla Commissione consultiva regionale di cui all’art. 3 della legge n. 54 del 1985, poiché non è ammissibile che un ritardo, dell’organo regionale, nell’emanazione del parere di competenza paralizzi il sollecito corso dell’iter di formazione del piano.
1.4. Ma il Commissario ad acta non ha, ovviamente, il potere di eludere o ingerirsi in funzioni che spettano ad amministrazioni estranee al giudizio contro il silenzio, e che conservano intatte le proprie attribuzioni.
Orbene, l’art. 14 della legge regionale n. 8 del 1994, prevede che “al fine di consentire il necessario coordinamento e la razionalizzazione delle competenze amministrative, il Comitato istituzionale delle Autorità di bacino regionale fino all'approvazione del Piano di bacino, esprime un parere obbligatorio sugli atti di rilievo, di competenza degli Enti rappresentati nel Comitato istituzionale” (tra i quali è compresa la Regione).
Inoltre l’obbligo di acquisire un parere dall’Autorità di bacino è ribadito dal Piano stralcio, approvato ai sensi dell’art. 12 del decreto legge n. 398 del 1993.
La pianificazione in questione, che comprende anche aspetti attinenti all’attività estrattiva (cfr. art. 9 della legge regionale n. 8 del 1994; art. 17 della legge n. 183 del 1989, ed ora art. 65 del d. lgs. n. 152 del 2006), rientra tra i piani territoriali settoriali previsti dall’art. 14 della legge regionale n. 16 del 2004 (cfr. articoli sopra citati) ed è soggetta all’approvazione dell’autorità regionale (cfr. art. 5 della ripetuta legge regionale n. 8).
E’ appena il caso di notare che il piano di stralcio è efficace e vincolante, anche nei confronti della stessa Regione, a prescindere da questioni attinenti alla sua legittimità che andrebbero comunque apprezzate nelle forme e nelle sedi previste dall’ordinamento.
1.5. Sotto altro profilo, se gli enti locali, secondo quanto prescritto dalla legge n. 54 del 1985, devono essere “sentiti”, è indubbio che né gli organi della Regione, né il Commissario ad acta che li sostituisce, possano sottrarsi al dovere di ascoltare quanto hanno da osservare i Comuni interessati.
A questo punto, per comprendere come intendere questo adempimento è necessario considerare che i Comuni sono gli enti esponenziali delle comunità locali e che hanno la (con)titolarità di potestà fondamentali nella determinazione dell’assetto urbanistico del proprio territorio.
Su tale assetto va incidere la pianificazione delle attività estrattive, secondo quanto previsto dall’art. 2, co. 8, 9 e 10, della citata legge regionale n. 54 del 1985.
Già in base a tale semplice constatazione è agevole comprendere che le amministrazioni locali sono invitate a partecipare al procedimento, non tanto con meri apporti collaborativi (come è il caso delle osservazioni proposte da privati nel procedimento di formazione di uno strumento urbanistico), quanto piuttosto con interventi appropriati e consequenziali alle funzioni che sono demandate all’autorità comunale.
Autorità che non è in un rapporto di subordinazione – soggezione rispetto a quella regionale, per quanto riguarda l’esercizio di propri compiti istituzionali.
In questa prospettiva, il rapporto tra gli enti territoriali è piuttosto regolato dal principio di sussidiarietà, cardine dell’ordinamento comunitario e recepito a livello costituzionale dall’art. 118 Cost., e da quello di leale cooperazione, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (cfr. Corte Cost., 28/07/1993, n. 348).
Questi principi trovano concreta ed espressa applicazione nell’art. 4 della legge regionale n. 16 del 2004 (“tutti i soggetti istituzionali titolari di funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica informano la propria attività ai metodi della cooperazione e dell’intesa”) e nell’art. 8 (“sono demandate ai Comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall’ordinamento e dalla presente legge alla Regione ed alle province”; “alla Regione e alle province sono affidate esclusivamente le funzioni di pianificazione ad esse attribuite dalla legislazione nazionale e regionale che riguardano scelte d’interesse sovracomunale”).
Se queste norme e questi principi danno la chiave di lettura dell’obbligo di “sentire” i Comuni, tale obbligo della Regione (e del Commissario ad acta) comprende quello di prendere in debita considerazione le osservazioni rese dai Comuni.
Rientra, ovviamente, nella responsabile potestà dell’autorità regionale, non sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, di decidere la sorte di queste osservazioni, salvo che le determinazioni non si palesino manifestamente illogiche, o ingiuste, o sproporzionate.
Ma, in base ai principi ed alle regole che governano in generale l’attività amministrativa, anche per poter apprezzare questa logicità, equità e proporzione, occorre che tali decisioni siano, in primo luogo, adeguatamente ponderate, tenendo conto degli interessi pubblici, collettivi e privati coinvolti ed, in secondo luogo, sufficientemente motivate.
Sennonché, nella specie, non solo non risultano le ragioni per le quali siano state disattese le osservazioni, presentate per iniziativa del Comune ricorrente; ma neppure risulta che né la Giunta regionale, nella fase anteriore all’intervento dell’organo commissariale, né lo stesso Commissario ad acta, abbiano preso in considerazione tali osservazioni.
Sotto questo profilo, le doglianze proposte con il ricorso in esame si rivelano pertanto fondate.
1.6. Sono invece inammissibili, in questa sede, tutte le censure che riguardano il contenuto del piano impugnato, essendo evidente che, su questi aspetti, dovrà principalmente focalizzarsi l’attenzione della Regione in sede procedimentale, quando esaminerà, nel merito, le osservazioni in questione.
1.7, Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di causa.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Prima, in accoglimento del ricorso n. 7170/06, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate, fatto salvo il rimborso del contributo unificato, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Napoli, nelle camere di consiglio del 22 novembre e del 5 dicembre 2007,
Il Presidente
(dott. Antonio Guida)
L’estensore
(dott. Paolo Severini)