Cass. Sez. III n. 30481 del 15 luglio 2015 (Cc 14 mag 2015)
Presidente: Franco Estensore: Andreazza Imputato: Gigli
Aria. Emissioni in atmosfera e misurazione del carbonio organico totale
In tema di inquinamento atmosferico, ai fini della valutazione del superamento dei valori di emissione di sostanze inquinanti da parte di impianti nei quali sono utilizzati combustibili gassosi, nella misurazione del valore di emissione COT (carbonio organico totale) deve tenersi conto anche della componente metanica, costituendo il COT un indice di qualità della combustione in cui devono includersi tutte le forme di carbonio organico che rivelino la presenza di idrocarburi non combusti.
RITENUTO IN FATTO
1. Gigli Claudio, quale legale rappresentante delle società VBI01 S.r.l. società agricola e VBI02 S.r.l. società agricola, ha proposto ricorso avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Macerata con cui è stata rigettata la richiesta di riesame proposta avverso il decreto di sequestro preventivo delle centrali a biogas site in Corridonia e in Loro Piceno del G.i.p. del Tribunale di Macerata del 14/10/2014 sul presupposto del superamento dei valori di emissione in atmosfera in relazione ai reati di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 272 e 279.
2. Lamenta, con un primo motivo, la violazione di legge in riferimento al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 272, comma 1, art. 279 comma 2 e artt. 321 e 125 c.p.p. in ordine alla configurabilità del fumus del reato sotto il profilo del rispetto dei limiti per le emissioni in atmosfera di carbonio organico totale. Nel censurare il fatto che la pronuncia abbia ritenuto che il riferimento onnicomprensivo operato ai valori del c.o.t. da parte del D.Lgs. n. 152 del 2006, parte 3 dell'allegato 1 alla parte 5, imponga di valutare ogni componente metallica o no, a base di carbonio, lamenta come il Tribunale abbia completamente trascurato di valutare elementi addotti dalla ricorrente sia nella richiesta di riesame che nei motivi aggiunti corredati di memoria tecnica. D'altra parte, operando diversamente, il Tribunale avrebbe dovuto concludere che nel calcolo del c.o.t. debba essere scorporata la componente metallica non potendo esistere altrimenti in tutto il mondo un solo impianto in grado di rispettare il valore di 150 mg/Nm3, come del resto chiarito dalla Arpam di Macerata secondo cui il valore limite è previsto per il solo c.o.t. non metallico. Il metano, in quanto gas ad effetto serra, non andrebbe considerato nella quantificazione dei c.o.v. e del c.o.t.; d'altra parte ove il parametro c.o.t. imposto per legge non fosse da considerarsi esclusivamente per la componente non metallica, lo stesso dovrebbe essere applicato anche ai motori a combustione interna alimentati da gas naturale.
Deduce inoltre che per gli impianti di combustione alimentati a biogas di cui all'allegato 10 alla parte 5 del D.Lgs. n. 152 del 2006 di potenza termica nominale inferiore o uguale a 3 Mw, non è previsto il rilascio dell'autorizzazione alle emissioni in atmosfera, ma vige l'obbligo di effettuare controlli annuali su determinati inquinanti tra cui il carbonio organico totale. Lo stesso legislatore comunitario, con la direttiva 84/360/CEE, nel limitare le emissioni in atmosfera delle sostanze rilasciate dalle centrali termiche e da altri impianti di combustione con un potere calorifico nominale di oltre 50 Mw, ha previsto chiaramente e univocamente che tra le sostanze organiche fosse da escludere la presenza del metano. Anche in altre direttive la Comunità europea ha precisato che onde assicurare una maggiore protezione dell'ambiente e della salute umana i composti organici volatili da considerare ai fini del controllo dei limiti alle emissioni in atmosfera sono tutti i composti organici derivanti da attività umane, escluso il metano, che possono produrre ossidanti fotochimici reagendo con gli ossidi di azoto in presenza di luce solare. La differenza tra la componente metallica e quella non metallica dei composti organici sembrerebbe invece essere stata omessa dal legislatore nazionale in quanto non esplicitamente riportata. Sicché il Tribunale avrebbe dovuto coordinare la normativa nazionale con quella comunitaria per una corretta interpretazione ed applicazione della stessa; il collegio ha fatto riferimento alla direttiva 2003/87/CEE senza considerare che la stessa è stata successivamente modificata dalla direttiva 2009/29/CEE la quale ha ulteriormente chiarito che i limiti imposti
per il controllo delle emissioni di gas ad effetto serra, e quindi anche il metano, non debbano essere imposti alle unità di combustione con potenza termica nominale inferiore a 3Mw e che utilizzano esclusivamente biomassa. Inoltre il Tribunale non avrebbe tenuto conto del D.M. 7 luglio 1990 e del D.P.C.M. 8 marzo 2002 giacché nel primo di essi, all'allegato 1, tra le sostanze inquinanti da monitorare, non è presente il metano e, nel secondo, sono stati integrati i contenuti del primo andandosi a specificare che le emissioni in atmosfera degli impianti di combustione devono essere tarate anche a fronte del combustibile impiegato e non solo della tecnologia implementata. In ogni caso, precisa che nell'individuazione del parametro c.o.t. così come riportato nella parte 3 dell'allegato 1 del D.Lgs. n. 152, considerato che lo stesso rappresenta la concentrazione in massa di sostanze organiche in forma gassosa e vaporosa e che la parte 2 riporta la specifica anagrafica di quali di questi composti sono considerati inquinanti, fra questi non figurando il metano ma essendo elencati solo composti organici non metallici, è evidente che il legislatore non abbia considerato tale composto nella fissazione del limite in questione in linea con le discipline europee di riferimento. Sicché, proprio in considerazione dei contenuti della parte 1 e della parte 2 dell'allegato 1 di cui sopra il metano non è stato considerato come inquinante da rilevarsi e da quantificarsi nella verifica dei limiti descritti nelle parti successive del medesimo allegato. Illustra poi, a raffronto, le discipline di alcuni Stati europei membri nonché degli Stati Uniti e le discipline regionali condivise a tutti i livelli e mai impugnate per contrasto con la normativa nazionale. Da ultimo evidenzia che è in fase di predisposizione una bozza di decreto che prevede l'esclusione del metano dai composti organici volatili.
3. Con un secondo motivo lamenta la violazione di legge per inosservanza del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 272, comma 1, art. 279, comma 2 e degli artt. 321 e 125 c.p.p. in relazione al fumus e al periculum in mora sotto il profilo del ritenuto possibile impatto ambientale negativo e del possibile aggravamento delle conseguenze dannose dell'illecito penale. Evidenzia che sul punto il Tribunale si è limitato a ritenere il rischio concreto di una protrazione della condotta criminosa di emissioni in atmosfera di sostanza inquinante senza in realtà verificare l'effettiva sussistenza di tale rischio e senza tenere in alcun modo conto delle argomentazioni svolte nei motivi aggiunti e nella memoria allegata. In particolare, non si è tenuto conto che il metano non ha effetti sull'ambiente a livello del suolo come ritenuto proprio dall'Arpam di Macerata e che, sempre secondo tale agenzia, le condizioni di esercizio delle centrali in questione non comportano circostanze o incrementi di concentrazione nell'aria apprezzabili o significativi ovvero in grado di incidere negativamente sulla qualità ambientale locale; lo stesso provvedimento di sequestro ha affermato non risultare dimostrate le conseguenze immediatamente negative per la salute umana.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Va premesso che la parte 3 dell'allegato 1 alla parte 5 del D.Lgs. n. 152 del 2006 fissa, secondo quanto del resto precisato dalle
disposizioni generali della parte 1, i "valori di emissione minimi e massimi per le sostanze inquinanti di alcune tipologie di impianti e le relative prescrizioni". In tale ambito, al punto 1.3 della suddetta parte 3 si prevede, per gli impianti nei quali sono utilizzati combustibili gassosi, in riferimento al parametro del carbonio organico totale (COT), il limite, per impianti di potenza termica nominale installata pari od inferiore a 3MW, di 150 mg/Nm3. Nella specie, indiscusso che il valore accertato con riguardo agli impianti in sequestro sia stato superiore al predetto limite, il ricorrente con il primo motivo contesta sostanzialmente che ai fini del superamento si sia tenuto conto, da parte del provvedimento impugnato, della componente metallica lamentando che tale interpretazione si porrebbe in contrasto con la ratio della normativa da interpretarsi alla luce di altre disposizioni di legislazione interna nonché di fonte europea.
Tale assunto non è tuttavia condivisibile.
Va osservato che, seppure è vero che nella tabella di cui al punto 1.3. già ricordato sopra viene indicato il mero parametro del COT senza alcuna specificazione, ciò non significa che da ciò possa desumersi la volontà del legislatore di escludere da esso le componenti metalliche.
È necessario muovere infatti anzitutto dal presupposto logico, correttamente considerato dal provvedimento impugnato ai fini di valutare l'inclusione o meno, all'interno del COT, della componente metallica, secondo cui, costituendo il COT un indice di qualità della combustione, devono necessariamente esservi incluse tutte le forme di carbonio organico che rilevino la presenza di idrocarburi non combusti senza che, d'altra parte, l'esclusione del metano dal composto organico volatile (COV) o dai cosiddetti precursori dell'ozono possa condurre per ciò solo a diverse conclusioni. In tale contesto, allora, assume una significativa valenza, nel senso, invece, come correttamente indicato dal Tribunale, della volontà del legislatore di ricomprendere anche le componenti metaniche, la previsione, nel D.Lgs. n. 152 del 2006, ai fini della misurazione del valore di emissione COT, di due metodi (ovvero Uni En 12619 - 2002 e Uni En 13526 - 2002) entrambi basati
sull'utilizzazione di un rilevatore a ionizzazione di fiamma (c.d. FID) che non è in grado di scomporre la componente metanica del carbonio da quella non metallica (cfr., in tal senso, anche Sez. 5 Consiglio di Stato del 01/07/2014, Provincia di Novara contro Ministero dell'ambiente), circostanza, questa, evidentemente, ben presente al legislatore nel momento in cui si apprestava a stabilire i predetti valori.
Nè tale elemento, di indubbia portata esegetica seconda una lettura logico - razionale della norma, e su cui peraltro il ricorrente non opera doglianze di sorta, può essere utilmente contrastato dai riferimenti ad altre fonti normative nazionali che, in realtà, non sono indice di una precisa volontà del legislatore nel senso preteso dal ricorrente. Ciò deve dirsi in particolare con riguardo al D.Lgs. n. 13 agosto 2010, n. 155 che, seppure, all'art. 2, con riferimento peraltro ai composti organici volatili, ha stabilito che gli stessi debbano intendersi nel senso di "tutti i composti organici diversi dal metano...", ha chiaramente delimitato tale definizione, come ricavabile espressamente dall'incipit dello stesso art. 2, ai fini del decreto stesso, senza possibilità quindi di importare tale nozione nell'ambito del D.Lgs. n. 152 del 2006. Allo stesso modo, non appaiono determinanti i riferimenti al D.M. 7 luglio 1990 e al D.P.C.M. 8 marzo 2002 aventi ad oggetto ambiti
diversi da quelli dei limiti di emissione.
Nè, tanto meno, possono essere valorizzati prassi o modus operandi mai ritenuti sino ad ora illegittimi e che, invece, a detta del ricorrente, dovrebbero, una volta adottata la linea interpretativa contrastata in ricorso, divenire tali (come ad esempio il mancato controllo dei motori alimentati a metano benché presentino comunque emissioni di composti organici ovvero la circolazione sul mercato di prodotti che diverrebbero fuori norma), appartenendo simili considerazioni alla sola sfera del "metagiuridico". Quanto, infine, alla necessità di interpretare la nozione di carbonio organico totale avvalendosi di fonti di matrice europea, va in primo luogo rilevato che, anche a volere interpretare le direttive 84/360/CE, in tema di lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato da impianti industriali con potenza superiore ai 50MW e 2008/50/CE in materia di qualità dell'aria e dell'ambiente nel senso voluto dal ricorrente, resta fermo il potere della legislazione nazionale di assicurare comunque livelli di tutela più restrittivi rispetto agli standard minimali fissati in sede europea. Sullo stesso piano, peraltro, non può trascurarsi la decisione del parlamento europeo e del consiglio n. 406 del 2009 che, all'art. 2,
ha espressamente incluso le emissioni di metano provenienti dalle categorie elencate nell'allegato I tra quelle ad effetto serra, ivi menzionandosi sia il settore dei rifiuti che il settore dell'energia, nel quale è inclusa espressamente anche l'attività di combustione di carburanti. Anzi, proprio in conseguenza di tale decisione è intervenuta la direttiva n. 2009/29/CE che, a modifica della direttiva 2003/87/CE, pur non applicandosi agli impianti alimentati esclusivamente a biomassa, recita che la stessa "non dovrebbe impedire agli stati membri di mantenere o stabilire sistemi nazionali di scambio che disciplinino le emissioni di gas ad effetto serra provenienti da attività diverse da quelle di cui all'allegato 1 o inserite nel sistema comunitario o da impianti temporaneamente esclusi dal sistema comunitario" (considerando n.16). Non va infine trascurato che la circostanza della predisposizione di una bozza di decreto che prevederebbe, a modifica ed integrazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, che i livelli massimi di emissione vadano intesi solo per la frazione non metallica del c.o.t. e non per il metano incombusto appare confermare la linea interpretativa della attuale disciplina nel senso del computo anche della componente metanica.
5. Anche il secondo motivo appare infondato.
Il Tribunale ha posto indiscutibilmente in rilievo, attesa la funzione intrinsecamente connaturata ai beni in sequestro, come la libera disponibilità delle due centrali di biogas ben potrebbe aggravare le conseguenze dannose dell'illecito penale, con il rischio concreto di una protrazione della condotta criminosa di emissione in atmosfera di sostanze inquinanti; ciò che basta, a ben vedere, anche alla luce della non sindacabilità del provvedimento impugnato sotto il profilo motivazionale, per ritenere sussistente il periculum. 6. Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2015.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2015