Corte di Giustizia (Grande Sezione) sentenza 7 settembre 2004
«Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche – Nozioni di “ piano” o di “ progetto” – Valutazione dell’ incidenza di taluni piani o progetti sul sito protetto»
Nel procedimento C-127/02,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’ art. 234 CE,
proposta dal Raad van State (Paesi Bassi), con decisione del 27 marzo 2002, registrata l' 8 aprile 2002, nella causa
Landelijke Vereniging tot Behoud van de Waddenzee,
Nederlandse Vereniging tot Bescherming van Vogels
contro
Staatssecretaris van Landbouw, Natuurbeheer en Visserij,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, C. Gulmann (relatore), J.-P. Puissochet, J.N. Cunha Rodrigues, presidenti di sezione, dai sigg. R. Schintgen e S. von Bahr e dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 18 novembre 2003,
viste le osservazioni scritte presentate:
–
per la Landelijke Vereniging tot Behoud van de Waddenzee, dal sig. C.A.M. Rombouts, advocaat;
–
per la Nederlandse Vereniging tot Bescherming van Vogels, dal sig. A.J. Durville, advocaat;
–
per la Coöperatieve Producentenorganisatie van de Nederlandse Kokkelvisserij UA, dal sig. G. van der Wal, advocaat;
–
per il governo olandese, dalla sig.ra H.G. Sevenster e dal sig. N.A.J. Bel, in qualità di agenti;
–
per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. G. Alero Jordana, in qualità di agente, assistito dal sig. J. Stuyck, avocat,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 29 gennaio 2004,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
La domanda di decisione pregiudiziale è relativa all’interpretazione dell’art. 6, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva Habitat»).
2
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Landelijke Vereniging tot Behoud van de Waddenzee (Associazione nazionale di conservazione del Waddenzee; in prosieguo: la «Waddenvereniging») e la Nederlandse Vereniging tot Bescherming van Vogels (Associazione olandese per la protezione degli uccelli; in prosieguo: la «Vogelbeschermingsvereniging») al Staatssecretaris van Landbouw, Natuurbeheer en Visserij (Segretario di Stato per l’agricoltura, il patrimonio naturale e la pesca; in prosieguo: il «Segretario di Stato») relativa alle licenze che quest’ultimo ha rilasciato alla Coöperatieve Producentenorganisatie van de Nederlandse Kokkelvisserij UA (Organizzazione cooperativa dei produttori per la pesca di cuori eduli nei Paesi Bassi; in prosieguo: la «PO Kokkelvisserij») per la pesca meccanica di cuori eduli nella zona di protezione speciale (in prosieguo: la «ZPS») del Waddenzee, classificata ai sensi dell’art. 4 della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1; in prosieguo: «la direttiva Uccelli»).
Contesto normativo
Direttiva Uccelli
3
L’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva Uccelli impone agli Stati membri di classificare come ZPS i territori più idonei rispetto ai criteri ornitologici fissati in tali disposizioni.
4
L’art. 4, n. 4, della direttiva Uccelli così recita:
«Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercheranno inoltre di prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione».
Direttiva Habitat
5
L’art. 6 della direttiva Habitat così dispone:
«1. Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.
2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.
3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.
4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.
Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».
6
Ai termini dell’art. 7 della direttiva Habitat, «gli obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva [Uccelli], per quanto riguarda le zone classificate a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva [Uccelli] qualora essa sia posteriore».
Diritto nazionale
7
Ai sensi dell’art. 12, n. 1, del Natuurbeschermingswet (legge per la tutela della natura) è vietato, senza una licenza rilasciata dal Minister van Landbouw, Natuurbeheer en Visserij (Ministro per l’agricoltura, il patrimonio naturale e la pesca, in prosieguo: il «Ministro») o in contrasto con le condizioni fissate in una licenza del genere, compiere, far compiere o lasciar compiere attività che sono dannose per le bellezze naturali o per l’interesse scientifico di un monumento naturale protetto ovvero che lo deturpino. Ai sensi del n. 2 del medesimo articolo sono in ogni caso considerate dannose per le bellezze naturali o per l’interesse scientifico di un tale monumento le attività che ledano i caratteri essenziali, menzionati in una decisione di designazione, di una monumento naturale protetto.
8
Dalla decisione 17 novembre 1993, di designazione di monumento naturale statale del Waddenzee e dalle note esplicative di tale decisione, che costituiscono parte integrante della stessa, risulta che la politica in materia di licenze e di esoneri sulla base della Natuurbeschermingswet è abbinata alla politica che viene attuata nell’ambito della Planologische Kernbeslissing Waddenzee (decisione chiave in materia di assetto territoriale del Waddenzee, in prosieguo: la «PKB-Waddenzee»). Secondo le note esplicative viene in tal modo definito un quadro adeguato per valutare, attraverso le procedure della Natuurbeschermingswet, attività eventualmente dannose per lo scopo principale della PKB-Waddenzee, vale a dire la tutela e lo sviluppo durevoli del Waddenzee quale area naturale e in particolare delle zone di approvvigionamento, di cova e di riposo degli uccelli. Entro tale ambito sono possibili attività umane aventi interesse economico, purché siano valutate a sufficienza rispetto allo scopo principale. Le attività che si intende intraprendere nel Waddenzee devono pertanto essere valutate alla luce delle finalità e degli orientamenti politici menzionati e ponderate in funzione di questi.
9
Il capitolo della PKB Waddenzee dedicato alla gestione della pesca costiera è sviluppato ulteriormente nella decisione governativa 21 gennaio 1993, la Structuurnota Zee- en kustvisserij «Vissen naar evenwicht». In tale Nota viene esposta la politica in materia di pesca di molluschi per il periodo 1993-2003, segnatamente nel Waddenzee. In essa sono contenuti provvedimenti limitativi riguardo alla pesca di cuori eduli. In un certo numero di zone di tale monumento naturale statale è vietata in permanenza la pesca di cuori eduli, e anche in anni di scarsità alimentare, il 60% delle necessità alimentari degli uccelli sotto forma di cuori eduli e mitili è ad essi riservato. La ragione per la quale non è riservato a questi ultimi il 100% delle necessità alimentari medie risiede nel fatto che gli uccelli utilizzano anche altre fonti di alimentazione (tellinidi, spisule e granchi di spiaggia).
10
Secondo la PKB Waddenzee, risulta dal principio di precauzione che, quando le migliori informazioni disponibili lasciano sussistere un dubbio manifesto relativo all’assenza di eventuali conseguenze negative rilevanti per l’ecosistema, il beneficio del dubbio farà pendere la bilancia a favore della conservazione del Waddenzee. Dall’ordinanza di rinvio emerge che la maggior parte degli studi scientifici disponibili consultati non rivelano univocamente l’esistenza di importanti ripercussioni negative per l’ecosistema del detto mare legate alla pesca meccanica di cuori eduli.
Controversia principale e questioni pregiudiziali
11
Con decisione 1º luglio 1999 e 7 luglio 2000 (in prosieguo: le «decisioni in questione nel procedimento principale») il Segretario diStato ha rilasciato alla PO kokkelvisserij, a certe condizioni, licenze per la pesca meccanica di cuori eduli nella ZPS del Waddenzee durante i periodi, rispettivamente, dal 16 agosto al 25 novembre 1999 e dal 14 agosto al 30 novembre 2000.
12
La Waddenvereniging e la Vogelbeschermingsvereniging hanno contestato tali decisioni dinanzi al Segretario di Stato il quale, con decisioni del 23 dicembre 1999 e del 19 febbraio 2001, ha dichiarato che le censure formulate avverso le decisioni in questione nel procedimento principale erano infondate e ha respinto il ricorso diretto contro le stesse.
13
Le dette associazioni di tutela dell’ambiente hanno proposto un ricorso contro tali decisioni di rigetto dinanzi al Raad van State. Esse hanno fatto valere, in sostanza, che la pesca di cuori eduli, come autorizzata dalle decisioni in questione nel procedimento principale, pregiudicava durevolmente la geomorfologia, la flora e la fauna del fondale del Waddenzee. Esse hanno inoltre sostenuto che la detta pesca intaccava le riserve alimentari degli uccelli che si nutrono di molluschi, comportando una diminuzione della loro popolazione, in particolare quella di beccacce di mare e edredoni. La Waddenvereniging e la Vogelbeschermingsvereniging hanno inoltre fatto valere che le dette decisioni contrastavano con le direttive Habitat e Uccelli.
14
Quanto alla questione se l’art. 6, nn. 2-4, della direttiva Habitat sia stata correttamente attuata nell’ordinamento giuridico olandese, il Raad van State osserva che l’art. 12 della Natuurbeschermingswet, benché non sia esplicitamente diretto ad attuare gli obblighi previsti dall’art. 6, n. 2, della direttiva Habitat, può essere interpretato in modo conforme a tale disposizione. Allo stesso modo, nemmeno la Natuurbeschermingswet conterrebbe le norme di attuazione dell’art. 6, nn. 3 e 4, della detta direttiva. Non esisterebbero nemmeno regole generalmente vincolanti dirette ad attuare le disposizioni di tali due paragrafi, che si applicherebbero in altro modo al Waddenzee.
15
Il giudice del rinvio ricorda anche che, secondo la Waddenvereniging e la Vogelbeschermingsvereniging, tenuto conto dell’estensione della pesca dei cuori eduli nella ZPS del Waddenzee vi è un «piano o progetto» che deve essere sottoposto ad «un’opportuna valutazione» ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat mentre, secondo il Segretario diStato, l’attività in questione, poiché esiste da diversi anni senza essersi intensificata, rientra nell’ambito dell’art. 6, n. 2, di questa direttiva.
16
Quanto alla relazione tra i nn. 2 e 3 dell’art. 6 della direttiva Habitat, la Waddenvereniging e la Vogelbeschermingsvereniging avrebbero fatto valere che, benché l’attività per la quale sono state rilasciate le licenze debba essere qualificata come «piano» o «progetto» ai sensi del n. 3 di questo articolo, essa deve tuttavia essere valutata con riferimento al n. 2 dello stesso. Occorrerebbe dunque esaminare se il detto n. 3 debba essere considerato una modalità specifica delle norme di cui al detto n. 2, e pertanto entrambi i paragrafi possono essere applicati cumulativamente o se debba essere considerato una disposizione con una portata speciale, indipendente, nel senso che l’art. 6, n. 2, riguarda l’uso esistente e il n. 3 i nuovi piani o progetti.
17
Il Raad van State si interroga inoltre sulla questione a che condizioni occorra effettuare una «opportuna valutazione» dell’incidenza del piano o del progetto sul sito interessato. Inoltre, tale giudice si chiede quali siano i criteri per poter valutare se si possa parlare di «opportune misure», o di «opportuna valutazione», tenuto anche conto del fatto che nell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat è contenuta la norma secondo cui le autorità competenti possono dare il loro accordo sul piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa.
18
Infine, il detto giudice ritiene utile sapere se l’art. 6, nn. 2 e 3, della direttiva Habitat produca un effetto diretto.
19
Ciò premesso il Raad van State ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali
«1) a)
Se le nozioni di «piano» o «progetto» di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, debbano essere interpretate nel senso che esse comprendono anche un’attività esercitata già da diversi anni, per la quale, tuttavia, in linea di principio ogni anno viene rilasciata una licenza per un periodo limitato, previa valutazione ? ogni volta operata ex novo ? della questione se ed eventualmente in quali aree del sito tale attività possa essere esercitata
b) In caso di soluzione negativa della questione sub 1a, se l’attività di cui trattasi debba essere considerata quale «piano o progetto» qualora nel corso degli anni sia aumentata la sua intensità, ovvero tale aumento sia reso possibile dalle licenze.
2) a)
Per il caso in cui dalla soluzione della prima questione risulti che ci si trova in presenza di un «piano o progetto» ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, se l’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat debba essere considerato una specificazione delle disposizioni di cui al n. 2, ovvero una norma speciale con una portata distinta ed autonoma, ad esempio nel senso che:
i)
il n. 2 si riferisce all’uso esistente e il n. 3 ai nuovi piani o progetti, oppure
ii)
il n. 2 si riferisce alle misure di gestione mentre il n. 3 ad altri provvedimenti, oppure
iii)
il n. 3 si riferisce a piani o progetti e il n. 2 ad attività d’altro tipo.
b) Qualora l’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat debba essere considerato una specificazione delle disposizioni di cui al n. 2, se il n. 2 e il n. 3 possano essere applicati cumulativamente.
3) a)
Se l’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat debba essere interpretato nel senso che si possa già parlare di un «piano o progetto» nel caso in cui una determinata attività possa avere incidenze su un sito (e perciò debba essere effettuata una «opportuna valutazione» per verificare se le incidenze siano «significative»), oppure se in base a tale disposizione si debba effettuare una «opportuna valutazione» solo qualora si debba ritenere (con sufficiente probabilità) che un «piano o progetto» possa avere incidenze significative.
b)
In base a quali criteri si debba valutare se un piano o progetto ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito, possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti.
4) a)
In sede di applicazione dell’art. 6 della direttiva Habitat, in base a quali criteri si debba verificare se si sia in presenza di «opportune misure» ai sensi del n. 2 di tale disposizione, ovvero di una «opportuna valutazione», tenuto conto della certezza richiesta per l’accordo su un piano o progetto ai sensi del n. 3.
b)
Se le nozioni «opportune misure» e «opportuna valutazione» abbiano un significato autonomo, ovvero se per intenderle correttamente si debba tener conto anche dell’art. 174, n. 2, CE, e in particolare del principio di precauzione ivi menzionato.
c)
Per il caso in cui si debba tener conto del principio di precauzione menzionato nell’art. 174, n. 2, CE, se ciò implichi che una determinata attività, quale la pesca di cuori eduli di cui trattasi, possa essere autorizzata qualora non vi siano dubbi evidenti sull’assenza di possibili incidenze significative, oppure possa essere autorizzata solo qualora non sussista alcun dubbio sull’assenza di tali incidenze, o ancora solo qualora tale assenza possa essere stabilita con certezza.
5)
Se l’art. 6, n. 2, e/o n. 3, della direttiva Habitat abbia effetto diretto nel senso che i singoli possano invocare tali disposizioni dinanzi al giudice nazionale e questi, come già stabilito, tra l’altro, nella sentenza [14 dicembre 1995, causa C-312/93] Peterbroeck [Racc. pag. I-4599], debba accordare la tutela giuridica che deriva per i singoli dall’effetto diretto».
20
Con ordinanza 28 aprile 2004, la domanda della PO Kokkelvisserij di essere autorizzata a depositare osservazioni scritte in seguito alle conclusioni presentate dall’avvocato generale o a essere messe in grado, in altro modo, di rispondere a tali conclusioni è stata respinta.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
Sulla questione sub 1a)
21
Con la sua questione 1a, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la pesca meccanica di cuori eduli, esercitata da molti anni, ma per la quale viene rilasciata, ogni anno, una licenza per un periodo limitato che implica ogni volta una nuova valutazione sia della possibilità di esercitare tale attività sia del sito in cui essa può essere esercitata, rientri nella nozione di «piano» o di «progetto» figuranti all’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat.
22
Ai sensi del decimo ‘considerando’ della direttiva Habitat, «qualsiasi piano o programma che possa avere incidenze significative sugli obiettivi di conservazione di un sito già designato o che sarà designato deve formare oggetto di una valutazione appropriata». Tale ‘considerando’ trova la sua espressione nell’art. 6, n. 3, di questa direttiva, che prevede, in particolare, che piano o un progetto che possa pregiudicare significativamente il sito interessato non può essere autorizzato senza una preventiva valutazione della sua incidenza sullo stesso.
23
La direttiva Habitat non definisce le nozioni di «piano» e di «progetto».
24
La direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), il cui sesto ‘considerando’ indica che l’autorizzazione dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente va concessa solo previa valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull’ambiente, definisce all’art. 1, n. 2, la nozione di progetto nel seguente modo:
«– a realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,
–
altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo».
25
Un’attività come quella della pesca meccanica di cuori eduli è compresa nella nozione di «progetto» come definita all’art. 1, n. 2, secondo trattino, della direttiva 85/337.
26
Orbene, una tale nozione di «progetto» è rilevante al fine di trarne la nozione di piano o di progetto ai sensi della direttiva Habitat che, come emerge da quanto precede, come la direttiva 85/337, mira soprattutto ad evitare che attività che possa pregiudicare l’ambiente siano autorizzate senza preventiva valutazione delle loro incidenze sullo stesso.
27
Di conseguenza, un’attività come la pesca meccanica di cuori eduli è coperta dalla nozione di piano o di progetto figurante all’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat.
28
Il fatto che la detta attività sia praticata periodicamente da molti anni nel sito interessato e che il suo esercizio richieda, ogni anno, l’ottenimento di una licenza il cui rilascio esige ogni volta una nuova valutazione sia della possibilità di esercitare questa attività sia del sito in cui questa può essere esercitata, non osta di per sé a che questa possa essere considerata, al momento di ciascuna domanda, un piano o un progetto distinto ai sensi della direttiva Habitat.
29
Occorre dunque risolvere la questione sub 1a, nel senso che la pesca meccanica di cuori eduli, esercitata da molti anni, ma per la quale viene rilasciata, ogni anno, una licenza per un periodo limitato che implica ogni volta una nuova valutazione sia della possibilità di esercitare questa attività sia del sito in cui essa può essere esercitata, rientra nella nozione di «piano» o di «progetto» ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat.
Sulla questione 1b
30
Tenuto conto della risoluzione della questione sub 1a, non occorre risolvere la questione sub 1b.
Sulla seconda questione
31
Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede in sostanza quale sia la natura della relazione esistente tra i nn. 2 e 3 dell’art. 6 della direttiva Habitat.
32
Occorre ricordare che l’art. 6, n. 2, della direttiva Habitat, in combinato disposto con l’art. 7 della stessa, impone agli Stati membri di adottare opportune misure per evitare, nelle ZPS, il deterioramento degli habitat nonché le perturbazioni significative incidenti sulle specie per le quali tali zone sono state designate.
33
Quanto all’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, esso prevede che le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su un piano o progetto, non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, soltanto dopo aver avuto la certezza, mediante un’opportuna valutazione, che esso non pregiudicherà l’integrità di tale sito.
34
Quest’ultima disposizione introduce quindi un procedimento diretto a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, può essere autorizzato solo se esso non pregiudicherà l’integrità di tale sito.
35
Orbene, il fatto che un piano o un progetto sia stato autorizzato secondo il procedimento di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat rende superflua, per quanto riguarda l’intervento sul sito protetto interessato dal detto piano o progetto, un’applicazione concomitante della norma di protezione generale di cui al n. 2 del medesimo articolo.
36
Infatti l’autorizzazione di un piano o di un progetto, accordata ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, presuppone necessariamente che esso sia stato considerato come non idoneo a pregiudicare l’integrità del sito interessato e, di conseguenza, come nemmeno idoneo a causare deterioramenti o perturbazioni significative ai sensi del n. 2 del detto articolo.
37
Non si può tuttavia escludere che, in seguito, un piano o progetto di tale tipo si riveli, anche in assenza di qualsiasi errore imputabile alle autorità nazionali competenti, idoneo a comportare deterioramenti o perturbazioni di tale tipo. Ciò premesso, l’applicazione dell’art. 6, n. 2, della direttiva Habitat consente di rispondere all’obiettivo essenziale della preservazione e della protezione della qualità dell’ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali nonché della fauna o della flora selvatiche, come enunciato al primo ‘considerando’ di questa stessa direttiva.
38
La seconda questione va quindi risolta nel senso che l’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat introduce un procedimento diretto a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, può essere autorizzato solo se esso non pregiudicherà l’integrità di tale sito mentre l’art. 6, n. 2, della detta direttiva stabilisce un obbligo di protezione generale consistente nell’evitare deterioramenti nonché perturbazioni che potrebbero avere effetti significativi rispetto agli obiettivi della direttiva e non può essere applicato contemporaneamente al n. 3 del medesimo articolo.
Sulla terza questione
Sulla questione sub 3a
39
Va ricordato che, ai sensi dell’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva Habitat, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo.
40
Così, il requisito di un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o progetto è subordinato alla condizione che questo sia idoneo a pregiudicare significativamente il sito interessato.
41
Di conseguenza l’azionamento del meccanismo di tutela dell’ambiente previsto dall’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat non presuppone, come emerge peraltro dal manuale di interpretazione di tale articolo redatto dalla Commissione intitolato «La gestione dei siti Natura 2000. Guida all’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva Habitat 92/43/CEE», la certezza che il piano o il progetto considerato pregiudica significativamente il sito interessato, ma risulta dalla semplice probabilità che un tale effetto derivi dal detto piano o progetto.
42
Quanto all’art. 2, n. 1, della direttiva 85/337, la cui lettera è sostanzialmente simile a quella dell’l’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, prevede che «[g]li stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante (…) formino oggetto di una valutazione del loro impatto», la Corte ha considerato che sono questi i progetti che rischiano di avere incidenze notevoli sull’ambiente (v., in tal senso, sentenza 29 aprile 2004, causa C-117/02, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-0000, punto 85).
43
Ne consegue che l’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva Habitat subordina il requisito di un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest’ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato.
44
Orbene, tenuto conto, in particolare del principio di precauzione, che è uno dei fondamenti della politica di un elevato livello di tutela perseguita dalla Comunità in campo ambientale, conformemente all’art. 174, n. 2, primo comma, CE e alla luce del quale deve essere interpretata la direttiva Habitat, un tale rischio esiste poiché non può essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che il detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato (v., per analogia, in particolare sentenza 5 maggio 1998, causa C-180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I-2265, punti 50, 105 e 107). Una tale interpretazione della condizione a cui è subordinata la valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un determinato sito, che implica che in caso di dubbio quanto alla mancanza di effetti significativi, va effettuata una tale valutazione, permette di evitare efficacemente che vengano autorizzati piani o progetti che pregiudichino l’integrità del sito interessato e contribuisce in tal modo a realizzare, conformemente al terzo ‘considerando’ e all’art. 2, n. 1, della direttiva Habitat, l’obiettivo principale della medesima, vale a dire assicurare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche.
45
Tenuto conto di quanto precede, occorre risolvere la questione sub 3b, dichiarando che l’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva Habitat deve essere interpretata nel senso che qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito forma oggetto di un’opportuna valutazione dell’incidenza che ha sullo stesso tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo, quando non possa essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti.
Sulla questione sub 3b
46
Come emerge dal combinato disposto dell’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva Habitat, e del decimo ‘considerando’ della stessa, la significatività dell’incidenza su un sito di un piano o di un progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito viene messo in relazione con gli obiettivi di conservazione di quest’ultimo.
47
Inoltre, quando un tale piano o progetto, pur avendo un’incidenza sul detto sito non rischia di compromettere gli obiettivi di conservazione dello stesso, esso non può essere considerato idoneo a pregiudicare significativamente il sito in questione.
48
Al contrario, quando un tale piano o progetto rischia di compromettere gli obiettivi di conservazione del sito interessato, deve essere necessariamente considerato idoneo a pregiudicare significativamente quest’ultimo. Nell’ambito della valutazione in prospettiva degli effetti conseguenti al detto piano o progetto, la significatività di questi deve essere determinata, come ha in sostanza sostenuto la Commissione, in particolare alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto.
49
Occorre di conseguenza risolvere la questione sub 3b nel senso che, in virtù dell’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva Habitat, quando un piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito rischia di compromettere gli obiettivi di conservazione dello stesso, deve essere considerato idoneo a pregiudicare significativamente tale sito. La valutazione del detto rischio deve essere effettuata in particolare alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da un tale piano o progetto.
Sulla quarta questione
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Con la sua questione sub 4a , b e c, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte di precisare, da una parte, le nozioni, rispettivamente di «opportune misure», ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva Habitat, nonché di «opportuna valutazione» ai sensi del n. 3 di tale articolo e, dall’altra, a quali condizioni possa essere autorizzata un’attività come la pesca meccanica di cuori eduli.
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Alla luce del contesto in cui si inserisce la controversia principale, così come dalle precedenti considerazioni, e in particolare delle risoluzioni delle prime due questioni, non è necessario, come ricordato dall’avvocato generale al paragrafo 116 delle sue conclusioni, risolvere la quarta questione per quanto riguarda l’art. 6, n. 2, della direttiva Habitat.
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Quanto alla nozione di «opportuna valutazione» ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, va rilevato che quest’ultima non definisce alcun metodo particolare per l’attuazione di una tale valutazione.
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Tuttavia, secondo la lettera di tale disposizione, un’opportuna valutazione delle incidenze sul sito interessato del piano o progetto deve precedere l’autorizzazione di questo e tener conto degli effetti cumulativi che derivano dalla combinazione di tale piano o progetto con altri piani o progetti tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito interessato.
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Una tale valutazione implica quindi che devono essere identificati, tenuto conto delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto che possono, da soli o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudicare i detti obiettivi. Orbene, tali obiettivi possono, come emerge dagli artt. 3 e 4 della direttiva Habitat e, in particolare, dal n. 4 di quest’ultima disposizione, essere determinati in funzione in particolare dell’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturali di cui all’allegato I o di una o più specie di cui all’allegato II e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce dei rischi di degrado e di distruzione che incombono su detti siti.
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Quanto alla questione a quali condizioni un’attività come la pesca meccanica di cuori eduli possa essere autorizzata, va ricordato che, tenuto conto dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat e della risoluzione della prima questione, spetta alle autorità nazionali competenti approvare un tale piano o progetto, tenuto conto delle conclusioni della valutazione delle incidenze del piano o progetto sul sito interessato, solo dopo essersi assicurate che non pregiudicherà l’integrità del detto sito.
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Risulta quindi che l’autorizzazione del piano o del progetto in questione può essere concessa solo a condizione che le autorità nazionali competenti abbiano acquisito la certezza che esso sia privo di effetti pregiudizievoli per l’integrità del sito interessato.
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Così, quando sussiste un’incertezza quanto alla mancanza di effetti pregiudizievoli per l’integrità del detto sito legati al piano o al progetto considerato, l’autorità competente dovrà rifiutare l’autorizzazione dello stesso.
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Al riguardo, è giocoforza constatare che il criterio di autorizzazione previsto dall’art. 6, n. 3, seconda frase, della direttiva Habitat integra il principio di precauzione (v. sentenza 5 maggio 1998, causa C-157/96, National Farmers’ Union e a., Racc. pag. I-2211, punto 63) e consente di prevenire efficacemente i pregiudizi all’integrità dei siti protetti dovuti ai piani o progetti previsti. Un criterio di autorizzazione meno rigoroso di quello in questione non può garantire in modo così efficace la realizzazione dell’obiettivo di protezione dei siti a cui tende la detta disposizione.
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Così ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, le autorità nazionali competenti, tenuto conto delle conclusioni dell’opportuna valutazione delle incidenze della pesca meccanica di cuori eduli sul sito interessato con riferimento agli obiettivi di conservazione di quest’ultimo, autorizzano una tale attività solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che essa sia priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità di tale sito. Ciò avviene quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti (v., per analogia, sentenza 9 settembre 2003, causa C-236/01, Monsanto Agricoltura Italia e a., Racc. pag. I-0000, punti 106 e 113).
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In caso contrario, la pesca meccanica di cuori eduli potrebbe eventualmente essere autorizzata a titolo dell’art. 6, n. 4, della direttiva Habitat, purché vengano soddisfatte le condizioni ivi stabilite.
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Alla luce di quanto precede occorre risolvere la quarta questione nel senso che, in virtù dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, un’opportuna valutazione delle incidenze sul sito interessato del piano o progetto implica che, prima dell’approvazione di questo, devono essere identificate, tenuto conto delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto che possono, da soli o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione di tale sito. Le autorità nazionali competenti, tenuto conto dell’opportuna valutazione delle incidenze della pesca meccanica di cuori eduli sul sito interessato con riferimento agli obiettivi di conservazione di quest’ultimo, autorizzano questa attività solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che essa sia priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità del detto sito. Ciò avviene quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti.
Sulla quinta questione
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Tenuto conto della constatazione effettuata al punto 51 della presente sentenza, non è necessario, nella fattispecie, esaminare la quinta questione nella parte in cui si riferisce all’art. 6, n. 2, della direttiva Habitat.
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Occorre di conseguenza limitarsi ad esaminare la detta questione nella parte in cui si riferisce all’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat.
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Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se quando un giudice nazionale è chiamato a verificare la legittimità di un’autorizzazione relativa ad un piano o un progetto ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, esso possa controllare se i limiti posti alla discrezionalità delle autorità nazionali competenti da questa disposizione siano stati rispettati, sebbene questa non sia stata attuata nell’ordinamento giuridico dello Stato interessato malgrado la scadenza del termine previsto a tale effetto.
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Al riguardo va ricordato che l’obbligo di uno Stato membro di adottare tutti i provvedimenti necessari per raggiungere il risultato prescritto da una direttiva è un obbligo cogente, prescritto dall’art. 249, terzo comma, CE e dalla direttiva stessa. Tale obbligo di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari vale per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nell’ambito delle loro competenze, quelli giurisdizionali (v. sentenza 24 ottobre 1996, causa C-72/95, Kraaijeveld e a, Racc. pag. I-5403, punto 55).
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Per quanto riguarda il diritto, per il singolo, di avvalersi di una direttiva e, per il giudice nazionale, di prenderla in considerazione, esso sarebbe incompatibile con l’effetto vincolante che l’art. 249 CE riconosce alla direttiva di escludere, in linea di principio, che l’obbligo da essa imposto possa esser fatto valere dalle persone interessate. Particolarmente nei casi in cui le autorità comunitarie abbiano, mediante direttiva, imposto agli Stati membri di adottare un determinato comportamento, l’effetto utile dell’atto sarebbe attenuato se ai cittadini comunitari fosse precluso di valersene in giudizio ed ai giudici nazionali di prenderlo in considerazione in quanto elemento del diritto comunitario allo scopo d’ accertare se il legislatore nazionale, nell’esercizio della facoltà ad esso riservata quanto alla forma ed ai mezzi per l’attuazione della direttiva, sia rimasto entro i limiti di discrezionalità tracciati dalla direttiva stessa (v. sentenza Kraaijeved e a., citata, punto 56). Lo stesso avviene quando si tratta di verificare se, in mancanza di un’attuazione nel diritto nazionale della disposizione pertinente della direttiva interessata, l’autorità nazionale che ha adottato l’atto impugnato sia rimasta entro i limiti di discrezionalità tracciati dalla detta disposizione.
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Quanto, più in particolare, ai limiti della discrezionalità tracciati dall’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, risulta da tale disposizione che, in un caso come quello della fattispecie della causa principale, le autorità nazionali competenti, tenuto conto delle conclusioni dell’opportuna valutazione delle incidenze della pesca meccanica di cuori eduli sul sito interessato con riferimento agli obiettivi di conservazione di quest’ultimo, autorizzano una tale attività solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che essa sia priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità di tale sito. Ciò avviene quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti (v. punto 59 della presente sentenza).
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Una condizione di tale tipo non sarebbe, di conseguenza, rispettata nel caso in cui le autorità nazionali competenti dovessero autorizzare la detta attività in presenza di un’incertezza quanto all’assenza di effetti pregiudizievoli per il sito interessato.
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Ne consegue che l’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat può essere presa in considerazione dal giudice nazionale per controllare se l’autorità nazionale che ha rilasciato un’autorizzazione relativa ad un piano o un progetto sia rimasta nei limiti della discrezionalità tracciata dalla disposizione in questione.
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La quinta questione va quindi risolta nel senso che, quando un giudice nazionale è chiamato a verificare la legittimità di un’autorizzazione relativa ad un piano o un progetto ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva Habitat, essa può controllare se i limiti posti alla discrezionalità delle autorità nazionali competenti da questa disposizione siano stati rispettati, sebbene questa non sia stata attuata nell’ordinamento giuridico dello Stato interessato malgrado la scadenza del termine previsto a tale effetto.
Sulle spese
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Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi la Corte (Sezione unica) dichiara:
1) La pesca meccanica di cuori eduli, esercitata da molti anni, ma per la quale viene rilasciata, ogni anno, una licenza per un periodo limitato che implica ogni volta una nuova valutazione sia della possibilità di esercitare questa attività sia del sito in cui essa può essere esercitata, rientra nella nozione di «piano» o di «progetto» ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.
2) L’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43 introduce un procedimento diretto a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso può essere autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito mentre l’art. 6, n. 2, della detta direttiva stabilisce un obbligo di protezione generale consistente nell’evitare deterioramenti nonché perturbazioni che potrebbero avere effetti significativi rispetto agli obiettivi della direttiva e non può essere applicato contemporaneamente al n. 3, del medesimo articolo
3) a)
L’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva 91/43, deve essere interpretato nel senso che qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito forma oggetto di un’opportuna valutazione delle sue incidenze sul medesimo con riferimento agli obiettivi di conservazione di tale sito, quando non possa essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che esso, da solo o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudica significativamente il detto sito.
b) Ai sensi dell’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva 92/43, quando un piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione di un sito rischia di compromettere gli obiettivi di conservazione dello stesso, esso deve essere considerato idoneo a pregiudicare significativamente tale sito. La valutazione del detto rischio deve essere effettuata in particolare alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da un tale piano o progetto.
4) Ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, un’opportuna valutazione delle incidenze sul sito interessato del piano o progetto implica che, prima dell’approvazione di questo, devono essere identificati, tenuto conto delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto che possono, da soli o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione di tale sito. Le autorità nazionali competenti, tenuto conto dell’opportuna valutazione delle incidenze della pesca meccanica di cuori eduli sul sito interessato con riferimento agli obiettivi di conservazione di quest’ultimo, autorizzano questa attività solo a condizione di aver acquisito la certezza che essa sia priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità del detto sito. Ciò avviene quando non sussista alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti.
5) Quando un giudice nazionale è chiamato a verificare la legittimità di un’autorizzazione relativa ad un piano o un progetto ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, essa può controllare se i limiti posti alla discrezionalità delle autorità nazionali competenti da questa disposizione siano stati rispettati, sebbene questa non sia stata attuata nell’ordinamento giuridico dello Stato interessato malgrado la scadenza del termine previsto a tale
effetto