TAR Calabria (CZ) Sez.I n. 682 del 21 marzo 2018
Ambiente in genere.Valutazione di incidenza e rischio di pregiudizio del sito interessato
A norma dell'art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva 92/43/CEE, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione di un SIC o una ZPS ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. La necessità di un'opportuna valutazione delle incidenze di un piano o progetto è subordinata alla condizione che questo sia idoneo a pregiudicare significativamente il sito interessato. Ora, tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste allorché non possa essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che il suddetto piano o progetti pregiudichi significativamente il sito interessato
Pubblicato il 21/03/2018
N. 00682/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00573/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 573 del 2015, proposto da:
Comune di Rovito, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Calzone, elettivamente domiciliato presso lo Studio dell’avvocato Giovanna Diaco, in Catanzaro, alla via Padre Antonio da Olivadi, n. 15;
contro
Regione Calabria, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Nicola Greco, domiciliata presso l’Avvocatura regionale, in Catanzaro, alla Cittadella regionale;
nei confronti di
Mi.Ga. S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Emilio Martucci e Franco Getano Scoca, elettivamente domiciliata presso lo Studio del primo, in Catanzaro, alla via Madonna dei Cieli, n. 32;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Comune di Spezzano della Sila, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Valerio Zicaro, elettivamente domiciliato presso lo Studio dell’avvocato Francesco Pullano, in Catanzaro, alla via Purificato, n. 18;
Comune di Celico, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Spataro, domiciliato ex art. 25 c.p.a.;
Comune di Lappano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Livio Calabrò, elettivamente domiciliato presso lo Studio dell’avvocato Francesco Pullano, in Catanzaro, alla via Purificato, n. 18;
per l'annullamento
del decreto del Dirigente del Dipartimento Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria del 27 ottobre 2014, n. 12587, con il quale è stata aggiornata l’autorizzazione integrata ambientale per il polo industriale e di servizi di recupero/smaltimento di rifiuti non pericolosi con annessa discarica di servizio sito in località S. Nicola del Comune di Celico.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Calabria, di Mi.Ga S.r.l., dei Comuni di Spezzano della Sila, Celico e Lappano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2018 il dott. Francesco Tallaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.
FATTO
1. – Con il decreto meglio indicato in epigrafe la Regione Calabria ha rinnovato, ai sensi dell’art. 29-octies d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) a suo tempo rilasciata a Mi.Ga. S.r.l. in ordine al polo industriale e di servizi di recupero/smaltimento di rifiuti non pericolosi con annessa discarica di servizio sito in località S. Nicola del Comune di Celico.
2. – Il Comune di Rovito, limitrofo a quello in cui l’impianto è ubicato, ha impugnato per una pluralità di motivi tale provvedimento, domandando a questo Tribunale Amministrativo Regionale che esso venga annullato.
3. – Costituitisi per resistere al ricorso la Regione Calabria e Mi.Ga. S.r.l., il Tribunale ha rigettato, con ordinanza del 21 maggio 2015, n. 211, l’istanza cautelare proposta dal comune ricorrente.
In vista della discussione nel merito del ricorso si sono costituiti ad adiuvandum i Comuni di Spezzano della Sila, di Celico e di Lappano.
La decisione sul ricorso, discusso all’udienza pubblica del 14 marzo 2018, è stata riservata dal Collegio.
DIRITTO
4. – Occorre in primo luogo esaminare le questioni preliminari.
4.1. – Mi.Ga. S.r.l. ha eccepito il difetto di legittimazione attiva del Comune di Rovito, posto che l’impianto è collocato sul territorio di un differente Comune e non è dimostrata l’esistenza di un concreto pregiudizio per l’Ente ricorrente e per le popolazioni da esso rappresentate.
Sugli stessi presupposti, invece, la Regione Calabria ha dedotto il difetto di interesse al ricorso.
4.2. – Pacifico e notorio che il Comune di Rovito sia limitrofo a quello di Celico, in cui l’impianto è allocato, il Tribunale aderisce a quell’orientamento giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 31 maggio 2012, n. 3254) per il quale, ancorché un impianto di trattamento di rifiuti ricada in altro vicino Comune, non può negarsi che esso arrechi o sia astrattamente in grado di arrecare disagi e danni non solo agli appartenenti del Comune di ubicazione, ma anche ai cittadini dei Comuni limitrofi; devono pertanto essere riconosciuti la legittimazione e l'interesse ad agire anche al Comune limitrofo a quello in cui è ubicata o deve essere ubicata una discarica di rifiuti, quale ente esponenziale della collettività stanziata sul proprio territorio e portatore in via continuativa degli interessi diffusi radicati sul proprio territorio, non potendo la legittimazione ad agire essere subordinata alla prova di una concreta pericolosità dell'impianto.
4.3. – La Regione Calabria, dal canto suo, ha eccepito l’irricevibilità del ricorso per tardività.
Infatti, il provvedimento è stato approvato il 27 ottobre 2014, mentre il ricorso è stato notificato solo il 23 marzo 2015; dell’esistenza del provvedimento, peraltro, il Comune di Rovito era a conoscenza, perché ad esso si riferivano due note trasmessegli dalla A.r.p.a.Cal. in data 17 dicembre 2014 e dalla Regione Calabria in data 30 dicembre 2014.
4.4. – L’eccezione è infondata.
Il provvedimento, non notificato individualmente al Comune di Rovito, è stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale Regionale solo in data 23 gennaio 2015 e quindi il ricorso è stato notificato entra 60 giorni da detta pubblicazione.
Nelle due note cui la Regione Calabria fa riferimento, d’altra parte, vi è un cenno ai “lavori di adeguamento dell’impianto autorizzati con DDG 12587 del 27/10/23014” e all’ “AIA DDG n. 12587 del 17.10.2014”; si tratta, evidentemente, di elementi da cui non è possibile inferire la piena conoscenza, da parte del Comune ricorrente, del provvedimento nella sua concreta portata lesiva.
4.5. – Mi.Ga. S.r.l., infine, ha dedotto l’inammissibilità del ricorso per via della manata impugnazione dei precedenti provvedimenti di autorizzazione all’apertura dell’impianto.
4.6. – Anche tale eccezione è priva di pregio, posto che la procedura di rinnovo dell’AIA è autonoma rispetto a sia quella originaria di rilascio della stessa, sia al procedimento che, nel 1998, ha portato all’autorizzazione all’apertura dello stabilimento.
La mancata impugnazione di quei provvedimenti non preclude, pertanto, la proposizione dell’odierno ricorso.
5. - Venendo finalmente alla censure avanzate dal Comune di Rivuto, possono essere esaminati congiuntamente i primi due motivi di ricorso.
5.1. – Con il primo si lamenta che il rilascio del provvedimento di rinnovo non sia stato preceduto, come invece richiesto dalla direttiva 92/43/CEE e dell’art. 5 d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, dalla valutazione di incidenza (VINCA) dell’impianto sui siti di interesse comunitario (SIC) Monte Curcio, Serra Stella, Acqua di Faggio, Pineta di Camigliatello e sulla zona di protezione speciale (ZPS) Sila Grande.
5.2. – Con il secondo motivo si evidenza che, proprio in ragione del mancato esperimento della valutazione di incidenza, l’amministrazione regionale non ha alcuna contezza circa gli effetti che l’impianto di smaltimento di rifiuti ha sulla fauna e sulla flora ospitati nei SIC e nella ZPS allocati sull’altipiano della Sila.
5.3. - Occorre ricordare che, a norma dell'art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva 92/43/CEE, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione di un SIC o una ZPS ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. La necessità di un'opportuna valutazione delle incidenze di un piano o progetto è subordinata alla condizione che questo sia idoneo a pregiudicare significativamente il sito interessato. Ora, tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste allorché non possa essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che il suddetto piano o progetti pregiudichi significativamente il sito interessato (cfr. CGUE 20 ottobre 2005, causa C-6/04, Commissione c. Regno Unito; CGUE 10/01/2006, causa C-98/03, Commissione c. Repubblica federale di Germania).
5.4. – La valutazione di incidenza è, per sua natura, uno strumento preventivo rispetto alla realizzazione del progetto.
Ciò ha delle evidenti conseguenze nel caso di specie, in cui l’impianto di recupero/smaltimento dei rifiuti era stato autorizzato sin dall’anno 1998, l’AIA era stata rilasciata nel 2008 e il provvedimento impugnato si limita a riconfermarne l’efficacia, senza peraltro che vi siano significative modifiche alla struttura dello stabilimento o alle modalità di esercizio.
Infatti, se la valutazione d’incidenza è uno strumento preventivo, sarebbe privo di significato richiederla con riferimento a uno stabilimento già in funzione da diversi anni.
5.5. – Né vale obiettare che la valutazione di incidenza, così come la VIA, possa anche essere effettuata ex post (cfr., sulla VIA, CGUE, sentenza 26 luglio 2017 in cause C-196/16 e C-197/16).
Infatti, il riconoscimento della possibilità di operare in via postuma la valutazione è ricollegata alle ipotesi in cui l’amministrazione l’abbia omessa ancorché doverosa. Nell’ipotesi in esame, invece, l’esame della normativa induce a escludere che l’amministrazione dovesse procedere ala valutazione di inciedenza.
6. – Con il terzo motivo di ricorso ci si duole che alle conferenze di servizi convocate ai fini del rinnovo dell’AIA non siano stati convocati, né abbiano partecipato l’Ente Parco della Sila e il Dipartimento Agricoltura della Regione Calabria.
Il motivo è infondato.
Lo stabilimento di cui si tratta si colloca al di fuori del perimetro del Parco della Sila, sicché l’Ente preposto alla sua gestione, il quale non ha competenze generali in materia di tutela dell’ambiente, non aveva alcun titolo per partecipare alla conferenza di servizi.
Quanto alla mancata partecipazione del Dipartimento Agricoltura, va premesso che i vari Dipartimenti della Regione Calabria sono mere articolazione interne dell’amministrazione regionale, prive di autonoma soggettività. Alla conferenza di servizi era pertanto tenuta a partecipare l’amministrazione regionale nella sua unitarietà, non le strutture nelle quali essa si articola.
7. – Con il quarto motivo ci si duole che la Mi.Ga. S.r.l. non abbia presentato, unitamente alla domanda di rinnovo dell’AIA,la relazione di riferimento richiesta dall’art. 29-ter, comma 1, lett. m) d.lgs. n. 152 del 2006.
L’amministrazione regionale e Mi.Ga. S.r.l. ribattono che al momento dell’emanazione del provvedimento impugnato (27 ottobre 2014) non era ancora stato emanato il decreto del Ministero dell’Ambiente del 27 ottobre 2014, n. 272, che chiarisce i contenuti della relazione di riferimento.
7.1. – Rileva il Collegio che Mi.Ga.S.r.l. ha presentato la domanda di rinnovo dell’AIA in data 13 maggio 2013.
Solo con l’entrata in vigore del d.lgs. 4 marzo 2014, n. 46, l’11 aprile 2014, è stato previsto che, se l’attività oggetto di AIA o di rinnovo comporta “l'utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose e, tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterrane nel sito dell'installazione”, il richiedente deve depositare “una relazione di riferimento elaborata dal gestore prima della messa in esercizio dell'installazione o prima del primo aggiornamento dell'autorizzazione rilasciata, per la quale l'istanza costituisce richiesta di validazione. L'autorità competente esamina la relazione disponendo nell'autorizzazione o nell'atto di aggiornamento, ove ritenuto necessario ai fini della sua validazione, ulteriori e specifici approfondimenti” (art. 29-ter, comma 1, lett. m) d.lgs. n. 152/2006, come modificato).
7.2. – Tuttavia, nel sistema vigente il procedimento amministrativo è regolato dal principio del tempus regit actum, secondo il quale i provvedimenti dell'amministrazione, in quanto espressione attuale dell'esercizio di poteri rivolti al soddisfacimento di pubblici interessi, devono uniformarsi, sia per quanto concerne i requisiti di forma e procedimento, sia per quanto riguarda il contenuto sostanziale delle statuizioni, alle norme giuridiche vigenti nel momento in cui vengono posti in essere, e tanto in applicazione del principio della immediata operatività delle norme di diritto pubblico; di conseguenza quando la legge sopravvenuta riguarda gli atti del procedimento, quelli già compiuti conservano validità se si inseriscono in una fase procedimentale o in un subprocedimento già esauriti; se, invece, la normativa sopravvenuta riguarda i presupposti degli atti, questa deve essere applicata in sede di provvedimento finale.
Poiché all’entrata in vigore del d.lgs. n. 46 del 2014 l’AIA non era stata ancora rilasciata, né risultava conclusa una fase procedimentale dotata di unitarietà, era necessario assicurare il rispetto della normativa sopravvenuta, sicché la Regione Calabria avrebbe dovuto richiedere l’integrazione della domanda mercé il deposito della relazione di riferimento.
7.3. – È poi vero che, alla data di emanazione del provvedimento impugnato, non risultava emanato il decreto del Ministero dell’Ambiente che, ai sensi dell’art. 29-sexies, comma 9-sexies d.lgs. n. 152 del 2006, stabilisce le modalità per la redazione della relazione di riferimento.
Nondimeno, prima dell’emanazione di tale decreto ministeriale non era impossibile redigere la relazione di riferimento, in quanto, l’art. 5, comma 1, lett. v-bis d.lgs. n. 152 del 2006, nel dettare la definizione di relazione di riferimento, stabilisce che “nella redazione della relazione di riferimento si terrà conto delle linee guida eventualmente emanate dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE”.
Ebbene, poiché tali linee guida erano state già dettate con comunicazione della Commissione 2014/C 136/01, pubblicate sulla GUE del 6 maggio 2014, risultava possibile, e quindi doveroso, acquisire al procedimento di cui si tratta la relazione di riferimento.
7.4. – Tuttavia, tale rilievo non comporta, a parere del Collegio, l’illegittimità del provvedimento autorizzativo impugnato.
Infatti, la relazione di riferimento, che l’amministrazione procedente deve limitarsi a “validare”, non serve a verificare la compatibilità ambientale dell’impianto da realizzare. Essa, piuttosto, è finalizzata fornire “informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione definitiva delle attività” (cfr. art. 5, comma 1, lett. v-bis, citato).
Dunque, la mancata acquisizione di tale importante documento non si riverbera nell’illegittimità dell’AIA, ma nella necessità dell’amministrazione, al fine di conformarsi al dettato della legge, di acquisirlo e di procedere alla sua validazione.
8. – Il quinto motivo di ricorso si incentra sulla mancata indicazione, nel c.d. piano di monitoraggio e controllo allegato all’AIA, di un valore limite alle emissioni odorigene.
8.1. – Sul punto occorre una precisazione.
Tanto l’Ente locale ricorrente, tanto le amministrazioni intervenute ad adiuvandum hanno posto l’accento su eventi successivi all’emanazione del provvedimento impugnato, allorché la Regione Calabria ha sospeso l’AIA rilasciata alla Mi.Ga. S.r.l. in ragione della ritenuta intollerabilità delle emissioni odorigene.
Vi è, però, che questo Tribunale è chiamato a valutare la legittimità del provvedimento impugnato hic et nunc, e dunque non può trarre argomenti a favore dell’illegittimità del provvedimento da eventi successivi alla sua venuta in esistenza.
8.2. – Ciò posto, la giurisprudenza (T.A.R. Veneto, Sez. III, 5 maggio 2014, n. 573) ha rilevato come per le emissioni odorigene in base alla normativa nazionale vigente non è prevista la fissazione di limiti di emissione né di metodi o di parametri idonei a misurarne la portata; tuttavia ciò non significa che in sede di rilascio delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera non possano essere oggetto di considerazione i profili attinenti alle molestie olfattive al fine di prevenire e contenere i pregiudizi dalle stesse causati: infatti, l'art. 268, comma 1, lett. a), d.lg. 3 aprile 2006 n. 152 (che sul punto richiama l'art. 2 d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203) fa proprio un concetto ampio di inquinamento atmosferico e, pertanto, anche se non è rinvenibile un riferimento espresso alle emissioni odorigene, le stesse debbono ritenersi ricomprese nella definizione di "inquinamento atmosferico" e di "emissioni in atmosfera", poiché la molestia olfattiva intollerabile è al contempo sia un possibile fattore di "pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente", che di compromissione degli "altri usi legittimi dell'ambiente", ed in sede di rilascio dell'autorizzazione, dovendo essere verificato il rispetto delle condizioni volte a minimizzare l'inquinamento atmosferico (infatti per l'art. 296, comma 2, lett. a, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, il progetto deve indicare le tecniche adottate per limitare le emissioni e la loro quantità e qualità), possono pertanto essere oggetto di valutazione anche i profili che arrecano molestie olfattive facendo riferimento alle migliori tecniche disponibili.
8.3. – Nel caso di specie, risulta che l’amministrazione abbia svolto specifica istruttoria circa la problematica delle emissioni odorigene, provvedendo altresì a definire alcune soluzioni di carattere pratico e a predisporre un complesso sistema di monitoraggio e controllo ambientale.
Non era invece possibile, come invece richiesto dal Comune ricorrente, fissare dei limiti specifici alle emissioni di sostanze odorigene, in assenza di metodi o di parametri idonei a misurarne la portata.
Il motivo di ricorso è, conseguentemente, infondato.
9. – Con il sesto motivo si lamenta la violazione dell’art. 50, comma 1, e 51, comma 3, lett. d) l.r. 16 aprile 2002, n. 19, e del d.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, allegato 1, punto 2.
L’amministrazione non avrebbe tenuto in debito conto che l’area in cui è allocato lo stabilimento di cui si tratta ricade in zona agricolo, nella quale la legge regionale citata vieta il deposito di rifiuti. Inoltre, l’altopiano della Sila rappresenta una zona da cui provengono prodotti I.G.P. (le patate della Sila) e D.O.P. (il caciocavallo silano), in quanto tali non idonee all’allocazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti.
La censura è però infondata, sol che si consideri che l’impianto è stato autorizzato nell’anno 1998 e le normative invocate sono sopravvenute alla realizzazione e attivazione dello stabilimento su cui si controverte.
10. – Con l’ultimo motivo di ricorso il Comune di Rovito si duole del mancato rispetto dell’ordinanza del Commissario Straordinario per l’Emergenza Ambientale nella Regione Calabria del 13 ottobre 1998, n. 243, ancora in vigore, che impone una distanza minima delle discariche dai centri abitati di m. 1.000.
Nel caso di specie, infatti, la distanza dell’impianto e dell’annessa discarica sarebbe inferiore sia con riferimento al centro abitato di Celico, sia con rifermento al cento abitato di Rovito.
Il motivo di ricorso è destituito di fondamento.
Deve ancora una volta ribadirsi che la realizzazione dello stabilimento di cui si tratta è stata autorizzata sin dal 1998, sicché l’eventuale violazione delle distanze minime dai centri abitati si sarebbe verificata già all’epoca del rilascio di tale autorizzazione, che però non è stata impugnata.
Ciò comporta che il provvedimento oggetto dell’attuale impugnativa sfugge alla censura mossagli.
11. – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
La complessità delle questioni trattate e la sensibilità degli interessi in gioco giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese e competenze di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Salamone, Presidente
Francesco Tallaro, Referendario, Estensore
Germana Lo Sapio, Referendario