TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 42 del 12 gennaio 2016
Ambiente in genere.Procedimento di bonifica e garanzie finanziarie
Riguardo alla quantificazione degli oneri di messa in sicurezza e non di bonifica il generico riferimento all’esistenza di rischi non preventivamente quantificabili di estensione della contaminazione alle acque di falda, appare motivazione sufficiente a giustificare l’applicazione della misura massima
N. 00042/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00265/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 265 del 2015, proposto da:
Tamoil Raffinazione S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Mauro Ballerini, Riccardo Villata e Andreina Degli Esposti, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio del primo, v.le Stazione, 37;
contro
Comune di Cremona, rappresentato e difeso dagli avv.ti Edoardo Boccalini e Enrico Cistriani, con domicilio eletto in Brescia presso la Segreteria del T.A.R., Via Carlo Zima, 3;
nei confronti di
Regione Lombardia, Provincia di Cremona, non costituite in giudizio;
per l'annullamento
- del decreto prot. n. 61046 del 2/12/2014 con cui il Dirigente del Settore Lavori Pubblici, Mobilità e Ambiente del Servizio Ambiente del Comune di Cremona ha determinato l'importo della garanzia finanziaria di cui al’art. 242, comma 7 del d. lgs. 152/2006 in misura pari al 50% dei costi degli interventi di messa in sicurezza operativa;
- ove occorrer possa, della nota del Comune di Cremona del 27 novembre 2014, con cui tale determinazione è stata preannunciata;
- nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale a quello impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cremona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente è proprietaria di un sito su cui è insediata una raffineria, rispetto alla situazione ambientale del quale la stessa ha deciso, già parecchi anni or sono, di autodenunciare l’inquinamento ai sensi dell’art. 17, comma 13 bis del d. lgs. 22/97.
Dopo anni di approfondimenti e indagini, nel 2007 la società ha provveduto alla realizzazione di un’opera di contenimento, capace di impedire la migrazione dei contaminanti al di fuori dell’area occupata dallo stabilimento, costituita da una barriera idraulica di quindici pozzi, estesa su un fronte di circa 900 metri.
Successivamente, entrato in vigore il codice dell’ambiente, l’iter amministrativo è proseguito con l’effettuazione dell’analisi di rischio sito specifica e l’approvazione del progetto di Messa in Sicurezza Operativa (di seguito anche MISO), in buona parte fondato sul mantenimento in funzione dell’opera di barrieramento idraulico suddetta, ma comprendente un piano di monitoraggio di acque sotterranee, soil gas e aria ambiente, il proseguimento dell’attività di recupero del prodotto surnatante, la pavimentazione di alcune aree e la riperforazione di un piezometro, per un costo totale di 15 milioni di euro.
Da ultimo, la società ricorrente ha optato (cogliendo l’occasione data dal D.L. 5/2012) per la dismissione degli impianti di raffinazione e la trasformazione del sito in deposito di olii minerali, così potendo avvantaggiarsi dell’esonero dall’esecuzione delle opere di bonifica.
Ne discende che a carico della stessa permane, dunque, il completamento delle sole opere di messa in sicurezza, per un importo complessivo stimato in 15.000.000 di euro.
Ciò premesso, il provvedimento che ha quantificato in sette milioni di euro l’importo della garanzia fideiussoria relativa al completamento delle opere di MISO sarebbe illegittimo per le seguenti ragioni di diritto:
1. violazione e falsa applicazione dell’art. 242, comma 7 del d. lgs. 152/2006 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, in quanto la scelta di calcolare l’importo della cauzione sul costo totale della messa in sicurezza, senza decurtare le somme spese per gli interventi già realizzati (6.330.000 euro) sarebbe irragionevole ed illogica, in quanto comporterebbe, tra il resto, la prestazione della garanzia, in linea di principio dovuta per la realizzazione dei lavori, anche con riferimento ad opere già eseguite;
2. carenza di motivazione, in quanto la fissazione dell’importo base a 14 milioni sarebbe priva di ogni logica e contatto con la realtà fattuale, anche perché , contrariamente a quanto asserito dal Comune, i costi futuri ben potrebbero essere calcolati sulla base delle opere già realizzate e dei costi per esse sostenuti;
3. carenza di motivazione ed irragionevolezza, in quanto il Comune non avrebbe giustificato la scelta dell’applicazione della percentuale di garanzia massima, nonostante la stessa Tamoil avesse prodotto, nel corso del procedimento, la nota del Ministero dell’Ambiente del 21 gennaio 2013, con cui il Ministero, con riferimento all’analoga situazione del SIN di Porto Marghera, ha ritenuto congruo “il calcolo della garanzia finanziaria basato sul 10 % del costo della bonifica” da applicarsi a “soggetti privati che intendono procedere alla riconversione/reindustrializzazione delle aree in disponibilità”.
Si è costituito in giudizio il Comune, che ha eccepito l’infondatezza del ricorso, in quanto il provvedimento impugnato sarebbe scaturito dalla mera applicazione del combinato disposto degli artt. 242, comma 7 e 248 commi 2 e 3 del d. lgs. 152/2006. La detrazione dell’importo già investito dalla società responsabile dell’inquinamento in vista della messa in sicurezza equivarrebbe ad uno svincolo parziale della fideiussione non contemplato dalla norma, in assenza dei presupposti a tale fine previsti e cioè il completamento delle opere di bonifica e la verifica della loro conformità al progetto approvato.
In ogni caso, la garanzia avrebbe comunque un interesse fondamentale per l’ente pubblico, anche in considerazione del fatto che la ricorrente è stata esonerata dal procedere alla bonifica delle aree contaminate.
Il Comune avrebbe, inoltre, già applicato condizioni favorevoli alla ricorrente, avendo rideterminato il costo complessivo degli investimenti per gli interventi di MISO in 14.000.000 e non più 15.000.000, tenuto conto del milione già investito da Tamoil, così riducendo la garanzia dovuta di 500.000 euro. Tale operazione equivarrebbe, secondo il Comune, quanto a risultato, all’applicazione di una percentuale più bassa del 50 % dell’importo complessivo del progetto di messa in sicurezza, come preteso dalla ricorrente.
Precisato di aver provveduto alla presentazione della fideiussione nella misura richiesta, senza che ciò possa far venire meno l’interesse all’annullamento della delibera impugnata nella parte in cui ha quantificato l’importo dovuto a tale scopo, parte ricorrente ha depositato una memoria e una replica in cui ha ribadito come l’art. 242, comma 7, faccia riferimento, come base di calcolo, al “costo stimato dell’intervento”, costo che, nel caso di specie, non sarebbe più quello originario di 15 milioni, grazie ad oneri superiori a 6 milioni di euro già sostenuti dal 2011 ad oggi per la messa in sicurezza del sito.
La decurtazione arbitraria di un milione di euro dall’importo originario sarebbe del tutto irragionevole e ingiustificata.
All’udienza pubblica del 17 dicembre 2015, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’ultima parte dell’ultimo periodo del comma 7 dell’art. 242 del d. lgs. 152/2006 (comma che descrive il procedimento per l’approvazione del documento di analisi di rischio, del progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, delle ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito) stabilisce che, con il provvedimento di approvazione del progetto è fissata anche l'entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell'intervento, che devono essere prestate in favore della Regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi.
I commi 2 e 3 dell’art. 248 del medesimo d. lgs. prevedono che: “Il completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza permanente e di messa in sicurezza operativa, nonché la conformità degli stessi al progetto approvato sono accertati dalla provincia mediante apposita certificazione sulla base di una relazione tecnica predisposta dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente. La certificazione di cui al comma 2 costituisce titolo per lo svincolo delle garanzie finanziarie di cui all'articolo 242, comma 7.”
Il provvedimento impugnato con il ricorso in esame scaturisce dal combinato disposto di tali due norme, ma sarebbe, secondo parte ricorrente, viziato in quanto:
a) l’importo da garantire sarebbe stato calcolato partendo da un’errata base e cioè da una non corretta quantificazione dell’importo cui applicare la percentuale per la determinazione dell’importo che deve essere garantito;
b) esso avrebbe previsto, immotivatamente, l’applicazione della percentuale più alta, laddove la prassi andrebbe nel senso dell’applicazione della diversa percentuale del 10 %, laddove si tratti di interventi su aree di grandi dimensioni e che comportino, conseguentemente, ingenti costi di bonifica.
Tali censure non possono trovare accoglimento.
Parte ricorrente, infatti, sostiene che il Comune avrebbe erroneamente qualificato la pretesa quantificazione della garanzia dovuta assumendo a base di calcolo l’ammontare del costo residuo delle misure di messa in sicurezza come un surrettizio svincolo parziale della garanzia, non ammesso dalla norma.
Al contrario, il Collegio ritiene che quello che si produrrebbe accogliendo la prospettazione della ricorrente sarebbe proprio un effetto sostanzialmente identico a quello che si avrebbe nel caso di svincolo parziale della garanzia e cioè un’inaccettabile riduzione della garanzia prima che sia possibile verificare l’effettiva rispondenza delle opere realizzate al progetto approvato e l’efficacia, in termini di raggiungimento del risultato, ottenuta mediante l’esecuzione delle stesse.
In tal modo si contravverrebbe, dunque, al principio secondo cui la garanzia può essere svincolata dopo aver verificato positivamente l’adeguatezza degli interventi operati.
A prescindere, dunque, dalla corretta individuazione del valore degli interventi di MISO già eseguiti, è il principio stesso, come ricostruito da parte ricorrente, a non poter trovare applicazione.
È pur vero, peraltro, che, alla luce di quanto ora detto, appare priva di giustificazione normativa la riduzione di un milione di euro operata sulla base di calcolo dal Comune resistente, ma, premesso che, ovviamente, la ricorrente non ha interesse a censurare tale riduzione, la parziale contraddittorietà riscontrabile nel comportamento del Comune non può essere ritenuta ragione adeguata e sufficiente a determinare l’illegittimità dell’applicazione della disposizione così come operata dall’ente.
Inoltre, nonostante ciò non abbia alcuna specifica rilevanza in punto di legittimità dei provvedimenti censurati, si ritiene opportuno evidenziare come la ricorrente si sia avvantaggiata del fatto che il Comune ha procrastinato di alcuni anni la richiesta della fideiussione e, dunque, dal 2011 a fine 2014, la Tamoil ha, di fatto, ottenuto di non sostenere i costi della garanzia che avrebbe dovuto essere richiesta, sin dal 2011, per un importo pari a 7,5 milioni di euro.
Per quanto attiene all’applicazione della percentuale massima, giustificata dal Comune con l’esigenza di ottenere la maggior garanzia possibile a tutela dell’area oggetto di intervento, la scelta dell’Amministrazione appare adeguatamente motivata con riferimento al primario interesse ad ottenere la massima garanzia possibile, proprio in ragione della circostanza di fatto puntualizzata da Tamoil nella propria memoria di replica. In essa è stato messo in evidenza come la dismissione della raffineria non abbia comportato alcun “esonero” dalla bonifica del sito, ma l’equiparazione della messa in sicurezza operativa (cioè di un sito in attività) alla bonifica in senso stretto, sia sul piano della tutela ambientale, che della tutela della salute.
Ciò, peraltro, non incide sulla legittimità della scelta di applicare al caso di specie la percentuale massima del 50 %, che deve ritenersi anche quella ordinaria, come si può ben desumere dallo stesso provvedimento ministeriale invocato da parte ricorrente a sostegno del contrario.
La nota contenente i “criteri per la determinazione delle garanzie finanziarie ex art. 242, comma 7, del d. lgs. 152/2006. Accordo di programma 16.04.2012. Articolo 5, comma 15”, infatti, precisa che la percentuale del 10 % è applicata solo nel caso dei soggetti che, pur non avendo effettuato la transazione, hanno sottoscritto l’Accordo sulle Bonifiche per Porto Marghera per incentivare il rilancio dell’area ed agevolare le aziende private che dimostrano la volontà di investire sull’area e quindi di portare a termine gli interventi di bonifica richiesta, specificando che, negli altri casi, la garanzia finanziaria deve essere del 50 %.
Nella fattispecie in esame non è stata dimostrata la sussistenza di un accordo analogo a quello in parola, gli oneri di cui si discute sono quelli di messa in sicurezza e non di bonifica e, comunque, il generico riferimento all’esistenza di rischi non preventivamente quantificabili di estensione della contaminazione alle acque di falda, appare motivazione sufficiente a giustificare l’applicazione della misura massima (cfr. in tal senso TAR Veneto, sentenza n. 2804 del 2008).
Così respinto il ricorso, le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida, a favore del Comune, in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre ad accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)