Cons. Stato, Sez. IV n. 4926 del 17 settembre 2012
Urbanistica. Illegittimità esclusione VAS per centro di distribuzione e logistica merci.
E’ illegittima l’esclusione della VAS per la realizzazione di un centro di distribuzione e logistica merci, su di un’area inferiore a 40 ettari, con variante per insediamenti produttivi e relativa convenzione urbanistica. Anche se le disposizioni di cui all’art. 6, co. 3, del D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152 consente di escludere la VAS per i piani e i programmi che determinano l'uso di piccole aree a livello locale, ai sensi dell’ultima parte del comma 3 dell’art. 6 citato la valutazione ambientale é necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento (vicinanza di un’area protetta). E ciò vale anche per le aree locali “piccole” secondo l’aggettivo normativamente utilizzato, inferiori a 40 ettari.
Secondo le disposizioni di cui all'art. 11, comma 5 del D.L.vo n. 152/2006 la VAS costituisce, per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge. Deve pertanto affermarsi che dall’illegittimo omesso espletamento della VAS in seno alla procedura SUAP (e correlativa illegittimità del provvedimento recante verifica di esclusione dalla VAS per la realizzazione di un centro di distribuzione e logistica merci) e dalla non “surrogabilità” di tale omissione con la VAS espletata in seno al PGT discende la illegittimità derivata della deliberazione conclusiva di approvazione della variante semplificata per insediamenti produttivi, del permesso di costruire, della convenzione urbanistica e degli atti unilaterali accessori. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
04926/2012REG.PROV.COLL.
N. 09967/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9967 del 2011, proposto da:
Safer Spa, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Riccardo Villata, Andreina Degli Esposti, Yvonne Messi, con domicilio eletto presso Riccardo Villata in Roma, via L. Bissolati 76;
contro
Comune di Capriano del Colle, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Innocenzo Gorlani, Mario Gorlani, Claudio Chiola, con domicilio eletto presso Claudio Chiola in Roma, via della Camilluccia 785; Parco Regionale del Monte Netto, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Gorlani, Innocenzo Gorlani, Claudio Chiola, con domicilio eletto presso Claudio Chiola in Roma, via della Camilluccia 785; Comune di Dello, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Ramadori, Fiorenzo Bertuzzi, con domicilio eletto presso Giuseppe Ramadori in Roma, via Marcello Prestinari, 13; Legambiente Onlus, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Garbarino, con domicilio eletto presso Consiglio Di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;
nei confronti di
Provincia di Brescia, Comune di Azzano Mella;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. della LOMBARDIA – Sezione Staccata di BRESCIA - SEZIONE I n. 01568/2011, resa tra le parti, concernente REALIZZAZIONE DI UN CENTRO DI DISTRIBUZIONE E LOGISTICA MERCI - VARIANTE INSEDIAMENTI PRODUTTIVI - CONVENZIONE URBANISTICA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Capriano del Colle, del Parco Regionale del Monte Netto, del Comune di Dello e di Legambiente Onlus;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2012 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli Avvocati Riccardo Villata, Fiorenzo Bertuzzi e Claudio Chiola;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza n. 1568/2011 del 16 novembre 2011 in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo della Lombardia –Sede di Brescia - ha deciso, previa riunione, due distinti ricorsi di primo grado (corredati da numerosi motivi aggiunti) avversanti gli atti sottesi al progetto di realizzare nel territorio del Comune di Azzano Mella (al confine con quello di Dello, ed a poca distanza da quello di Capriano), in un’area classificata come agricola dal previgente strumento di piano e destinata prevalentemente alla coltura del mais, un centro di distribuzione e logistica merci.
Segnatamente, con il ricorso n. 692 del 2009 (corredato da tre ricorsi per motivi aggiunti) il comune di Capriano del Colle ed il Parco Regionale del Monte Netto avevano chiesto l’annullamento (con il ricorso principale) del provvedimento prot. 1932 in data 8/4/2009, recante verifica di esclusione dalla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) per la realizzazione di un centro di distribuzione e logistica merci, nonchè di ogni altro atto connesso.
Con il primo ricorso per motivi aggiunti avevano gravato la deliberazione del Consiglio comunale di Azzano Mella del 20. 2. 2010 di approvazione della variante per insediamenti produttivi ex d.p.r. 447/98 relativa al polo logistico ed atti connessi; con il secondo ricorso per motivi aggiunti avevano gravato la convenzione urbanistica tra Comune di Azzano Mella e Sa.fer. del 1. 10. 2010, degli atti unilaterali d’impegno di Sa.fer. di pari data e del permesso di costruire del 5. 10. 2010 e, con il terzo ricorso per motivi aggiunti della deliberazione del 23. 9. 2010 del Consiglio comunale di Azzano Mella di approvazione del P.G.T. (e con esso la delibera di adozione e gli atti relativi alla valutazione ambientale strategica).
Con il ricorso n. 509 del 2010 (corredato da due ricorsi per motivi aggiunti) il Comune di Dello aveva chiesto l’annullamento: (con il ricorso principale) della delibera del Consiglio Comunale n. 3 del 20/2/2010, recante esame ed approvazione del nuovo centro di distribuzione e logistica merci presentato dalla Soc. SA-FER S.p.A., nonchè di ogni altro atto connesso; della convenzione del 1. 10. 2010 tra il Comune di Azzano Mella e la Sa.fer., gli atti unilaterali d’obbligo, ed il permesso di costruire del 5. 10. 2010 rilasciato alla controinteressata (con il primo ricorso per motivi aggiunti);
della delibera del Consiglio comunale di Azzano Mella del 26. 3. 2010 recante adozione del P.G.T. e la delibera 23. 9. 2010 recante approvazione del P.G.T(con il secondo ricorso per motivi aggiunti).
Il primo giudice, ha, in primo luogo, perimetrato il thema decidendi elencando e raggruppando per argomento le questioni devolute alla propria cognizione (in proposito rimarcando che il ricorso principale del Comune di Dello era sovrapponibile al primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano del Colle e del Parco Regionale del Monte Netto, il primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Dello era sovrapponibile al secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano del Colle e del Parco, mentre il secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Dello era sovrapponibile al terzo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano del Colle e del Parco) ed ha altresì fatto presente che il Comune di Capriano del Colle ed il Parco Regionale del Monte Netto avevano proposto anche, con il ricorso principale, l’impugnativa della delibera originaria di esclusione dalla V.A.S. resa nel procedimento di variante per insediamenti produttivi ex d.p.r. 447/98 (in realtà, anche il Comune di Dello aveva proposto impugnativa contro tale provvedimento, ma con separato ricorso 691/2009, che non era stato riunito agli altri due).
Il Tribunale amministrativo ha quindi provveduto (capo II della sentenza) a dare conto delle dimensioni dell’iniziativa edificatoria controversa, ed ha chiarito che nell’area non erano presenti vincoli paesaggistici, ma in prossimità dell’area oggetto dell’intervento vi era il vincolo ex lege della fascia di rispetto del fiume Mella, mentre il limitrofo Comune di Capriano del Colle ricadeva nel territorio del Parco regionale del Monte Netto.
La collina del Monte Netto era anche vincolata come bellezza d’insieme da uno specifico decreto ministeriale del 1976 (D.M. 24. 3. 1976), che in parte ricomprendeva anche il Comune di Azzano Mella, in cui si progettava l’intervento. Sempre nella stessa area altro specifico decreto ministeriale del 1958 (D.M. 5. 11. 1958) aveva apposto un vincolo di tutela di un bosco di querce.
Risolte in senso negativo (capo III della impugnata decisione) talune eccezioni di inammissibilità del mezzo di primo grado volte a dubitare della legittimazione attiva delle amministrazioni comunali odierne appellate, il primo giudice ha esaminato la prima questione di merito, riposante nelle connesse censure attingenti la delibera di esclusione dalla V.A.S. adottata nel corso della variante semplificata per insediamenti produttivi.
Il Tribunale amministrativo ha quindi accolto sul punto il gravame (n. 692/2009) proposto dal Comune di Capriano del Colle e dal Parco Regionale del Monte Netto, affermando che il piano doveva essere sottoposto a V.A.S., che la decisione di escluderla era stata illegittima, e che comunque la esclusione dalla V.A.S. era avvenuta secondo modalità procedurali non conformi a legge.
Ciò perché le dimensioni dell’opera travalicavano le prescrizioni di cui all’art. 6, co. 3, del d.Lgs 3 aprile 2006 n. 152 che consentiva di escludere la V.A.S. “per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale”.
La stessa circostanza che alla Conferenza di servizi convocata per decidere se procedere o meno alla V.A.S. ex art. 9 codice dell’ambiente, fossero stati invitati, anche a causa dell’impatto considerevole sulla viabilità della realizzazione del polo logistico, ben cinque comuni confinanti (tra cui i due comuni odierni appellati), era ulteriore indice della circostanza della impossibilità di considerare il progetto in esame come un piano che determinava l’uso di una piccola area a livello locale.
Peraltro il Parco regionale del Monte Netto neanche era stato convocato per la Conferenza di servizi citata ( nonostante il suo perimetro ricadesse in parte nel territorio di Capriano del Colle – comune, quest’ultimo, che invece la stessa autorità procedente per la V.A.S. aveva riconosciuto essere coinvolto nel progetto, tanto da invitarlo alla Conferenza-).
Ne discendeva, ad avviso del primo giudice, che, in punto di esclusione dalla V.A.S., il ricorso principale del Comune di Capriano e del Parco del Monte Netto doveva essere accolto relativamente al terzo (non applicabilità della norma sulle piccole aree locali), quarto (mancata convocazione del Parco) ed undicesimo (violazione del principio dello sviluppo sostenibile) motivo di ricorso, con assorbimento degli ulteriori motivi proposti contro la esclusione dalla V.A.S..
Ad analoghi convincimenti perveniva (capo V della impugnata sentenza) il primo giudice con riferimento alle censure contenute nel secondo motivo del ricorso principale del Comune di Capriano e del Parco anche per ciò che riguardava la decisione del Comune di Azzano Mella di escludere (non solo la V.A.S., ma anche) la V.I.A.
A tale statuizione il Tribunale amministrativo è pervenuto richiamando l’art. 6, co. 7 lett. c , del d.Lgs 3 aprile 2006 n. 152 laddove si faceva riferimento all’allegato IV del codice dell’ambiente predetto, che comprendeva anche i “progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari” ( ossia 400.000 m2).
Posto che l’estensione del progetto del polo logistico di Azzano Mella era pari a 394.950 m2 l’intervento sarebbe stato escluso dalla V.I.A. per circa 5.000 m2, ovvero soltanto per circa 1/80 del totale.
Ulteriori perplessità in ordine alla esclusione della V.I.A. nascevano, ad avviso del primo giudice, dalla circostanza che l’area in esame era affiancata da altra area di 117.300 m2 - pure appartenente alla stessa società che intendeva realizzare l’intervento, anche se apparentemente non interessata dal progetto di edificazione- .
In ogni caso, se il co. 6 del d.Lgs 3 aprile 2006 n. 152 citato si limitava a restringere la discrezionalità tecnica dell’amministrazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per procedere alla V.I.A., prevedendo dei casi in cui essa era obbligatoria, la norma generale rinvenibile nel co. 5 dell’art. 6 ne imponeva comunque l’effettuazione per quei “progetti che potevano avere impatti significativi e negativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale”.
Ne conseguiva che il Comune di Azzano Mella non avrebbe dovuto soltanto verificare se il progetto rientrasse tra quelli previsti dagli allegati II, III, ed (a certe condizioni) anche IV del codice dell’ambiente, ma avrebbe dovuto verificare se il progetto proposto dalla controinteressata potesse “avere impatti significativi e negativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale”.
Tale ultima circostanza - contrariamente a quanto ritenuto dalle amministrazioni procedenti – non era, ad avviso del primo giudice, revocabile in dubbio, dal che discendeva anche sotto tale profilo la positiva delibazione dei mezzi di primo grado.
Dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale del Comune di Capriano e del Parco doveva discendere del pari l’accoglimento del quattordicesimo motivo contenuto nei primi motivi aggiunti del ricorso del Comune di Capriano e del Parco, che riproponeva l’argomento della mancanza di V.I.A. anche con riferimento alla delibera del 20 febbraio 2010 di approvazione della variante per insediamenti produttivi.
Continuando nell’esame del merito, il primo giudice al capo VI della impugnata decisione ha dichiarato la fondatezza del primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano del Colle e del Parco regionale del Monte Netto presentato contro la deliberazione di approvazione della variante semplificata per insediamenti produttivi.
E ciò sia per illegittimità derivata dalla omessa effettuazione della V.A.S. ex art. 11, co. 5 del d.Lgs 3 aprile 2006 n. 152, che per vizi propri.
Tali ultimi vizi riposavano (censura compendiata nel tredicesimo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano del Colle e del Parco del Monte Netto) nella violazione di legge ( in particolare degli artt. 2 e 5 del d.p.r. n. 447/1998) e comunque nell’eccesso di potere per difetto di motivazione ed istruttoria, in quanto il Comune aveva accolto una richiesta di localizzare con la variante semplificata una attività produttiva in deroga alle norme di piano sul solo presupposto della inesistenza di aree idonee a localizzarla e senza vagliare se tale nuova area produttiva rispondesse ai fabbisogni della domanda (endogena) della comunità locale.
Ad avviso del primo giudice, quindi, il Comune di Azzano Mella– ricevuta la richiesta della Sa.fer. - non avrebbe dovuto limitarsi a verificare (soltanto) se vi fossero aree disponibili nel territorio comunale per realizzare l’insediamento produttivo richiesto, ma avrebbe dovuto anzitutto accertare se il progettato insediamento fosse o meno proporzionato per le esigenze di sviluppo della comunità locale.
Tale lacuna ed omissione di ponderazione integrava i vizi di difetto di motivazione e di istruttoria.
Il Tribunale amministrativo, (capo VII della impugnata decisione) ha altresì accolto le censure incentrate sulla posizione di conflitto d’interessi dell’arch. Mauro Salvadori e sui vizi di legittimità da ciò discendenti sulla delibera di approvazione della variante per insediamenti produttivi del 20. 2. 2010, disponendo la trasmissione della sentenza alla locale Procura della Repubblica, ed ha quindi preso in esame (capo VIII della sentenza) le conseguente delle riscontrate anomalie sugli ulteriori atti impugnati, consistenti nella convenzione urbanistica, negli atti unilaterali d’impegno, e nel permesso di costruire rilasciato alla controinteressata società.
Ad avviso del primo giudice, inoltre, era evidente la fondatezza del ventunesimo motivo contenuto nel secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano e del Parco e nel primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Dello, in quanto il permesso di costruire, la convenzione urbanistica e gli atti unilaterali che ad essa accedevano trovavano il loro fondamento urbanistico nella variante per insediamenti produttivi approvata il 20. 2. 2010, della quale era stata affermata la illegittimità.
La circostanza che nel momento in cui erano stati emessi la convenzione urbanistica, gli atti unilaterali ed il permesso di costruire, fosse in corso l’iter di approvazione del P.G.T., (che era stato approvato pochi giorni prima ma era ancora in regime di mera salvaguardia verosimilmente per la decorrenza dei termini per la pubblicazione), non era utile in alcun modo per sanare l’illegittimità.
Ciò in quanto il P.G.T. in fase di salvaguardia, poteva esplicare effetto immediato soltanto per restringere l’edificazione ma non per le prescrizioni che consentivano l’edificazione (per la cui operatività era necessario attendere l’entrata in vigore del Piano).
Alla stregua di tali deduzioni è apparsa quindi corretta, al Tribunale amministrativo, altresì la deduzione contenuta nel ventitreesimo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano e del Parco, secondo cui la pretesa del Comune – parzialmente esplicitata nella parte motiva del permesso di costruire - di sanare i vizi della procedura di variante per insediamenti produttivi fondando il permesso di costruire direttamente sul P.G.T. (all’epoca non ancora efficace) non era accoglibile.
Analogamente (capo IX della sentenza) è stato rilevato che la V.A.S. esperita nel corso della procedura di approvazione del P.G.T. non avrebbe potuto comunque spiegare alcun effetto “sanante” delle illegittimità riscontrate a monte della procedura, in quanto a propria volta intrinsecamente illegittima (art. 6 e 11 del codice dell’ambiente) atteso che l’autorità procedente era stata nominata ad hoc pochi giorni prima della conclusione del procedimento di valutazione ambientale strategica inserita in seno al P.G.T., (ed al solo fine di sottoscrivere atti redatti da altri soggetti).
Sotto il profilo cronologico, infatti, appariva dirimente notare che l’autorità procedente cui era stata imputata la valutazione ambientale strategica era stata nominata soltanto il 9. 9. 2010 (quando l’ing. Vavassori, estraneo all’amministrazione di Azzano Mella, aveva sostituito come responsabile della V.A.S. l’ing. Ferrari, tecnico interno al Comune), ed il 16. 9. 2010 essa aveva concluso i lavori stendendo il documento finale di V.A.S. (che poi una settimana dopo era confluito nell’approvazione finale del P.G.T.).
Nell’ultimo capo della impugnata decisione, infine, e per esigenze di completezza espositiva, il Tribunale amministrativo ha vagliato la dedotta tematica della compatibilità dell’insediamento del polo logistico con la previsione del P.T.C.P. (piano territoriale di coordinamento provinciale) che classificava come aree agricole strategiche i terreni su cui il Comune di Azzano Mella avrebbe voluto insediare il polo logistico.
Anche con riguardo a tale articolato complesso di censure, rapportato sia alla variante semplificata per insediamenti produttivi che al P.G.T., il Tribunale amministrativo ha espresso un convincimento accoglitivo delle dedotte censure, annullando quindi –anche per tale motivo- gli atti gravati.
Conclusivamente quindi, la impugnata decisione ha accolto (dei trentuno motivi di censura complessivamente proposti dal Comune di Capriano del Colle e dal parco del Monte Netto con il ricorso n. r. 602/2009 ed i tre successivi atti di motivi aggiunti) i motivi nn. 3, 4 e 11 (in tema di esclusione del SUAP dalla VAS); 2 e 14 (in tema di omessa VIA sul progetto), 13 e 15 (relativi alla motivazione dell’utilizzo del procedimento SUAP); 17 e 28 (circa l’applicazione in salvaguardia del PTCP adottato dalla Provincia di Brescia nel 2009), 21 e 23 (sull’illegittimità derivata del permesso di costruire e degli atti convenzionali), 26 (sulla VAS del PGT) dichiarando assorbite le altre censure, mentre, per ciò che concerneva la impugnazione proposta dal Comune di Dello (il riunito ricorso n. r. 509/2010 ed i due successivi atti di motivi aggiunti composti complessivamente da 15 motivi di censura) il primo giudice ha scrutinato favorevolmente accolto i motivi 0 (zero), 4 e 6 del ricorso introduttivo, i motivi 1, 2 e 3 dei primi motivi aggiunti ed i motivi 1 e 2 del secondo atto di motivi aggiunti assorbendo le ulteriori censure.
Avverso la suddetta decisione la Safer SPA ha proposto un articolato appello, premettendo in fatto, che l’area ove insisteva il progettato complesso era stata in passato adibita ad allevamento di suini ed in atto era utilizzata per la coltivazione di granturco non destinato a consumo umano.
La detta area, priva di pregio ambientale e collocata in un ambiente “compromesso” in quanto adibito ad insediamenti produttivi, era estranea al territorio del Comune di Capriano del Colle e non ricompresa nel perimetro del Parco del Monte Netto e neppure in grado di interferire con la visuale di quest’ultimo.
I vincoli paesaggistici ad essa più vicini si collocavano a ragguardevole distanza dalla predetta area.
Inoltre, contrariamente a quanto in via di illazione ipotizzatosi, non era preconizzabile alcun futuro progetto volto ad ampliare ulteriormente la entità dell’intervento “estendendolo” ad altra area limitrofa, del pari di pertinenza dell’odierna appellante, né la superficie dell’intervento era stata artificiosamente “contenuta” (per mantenerla al di sotto di 400.000 mq evitando così di dovere sottoporre il progetto a Vas e Via) in quanto il progetto di intervento teneva conto delle dimensioni ottimali del polo logistico.
L’appellante società ha quindi ricostruito, sotto il profilo anche cronologico, la complessa vicenda per cui è causa ed ha proposto numerosi motivi di censura avversanti la motivazione della detta decisione.
In particolare, ha riproposto la eccezione di inammissibilità degli originari ricorsi di primo grado per carenza di legittimazione attiva e di interesse ad agire sia dei Comuni di Capriano del Colle e di Dello, che del Parco del Monte Netto e della interveniente Legambiente sostenendo che essa era stata respinta dal primo giudice a cagione di una inammissibile identificazione delle problematiche urbanistiche con quelle ambientali e con la erronea equiparazione delle aree agricole a quelle ambientali.
Quanto al capo della impugnata decisione che aveva dichiarato illegittimo l’esonero dal procedimento di Vas, ha richiamato i principi discendenti dalla decisione di questa Sezione del Consiglio di Stato n. 133/2011 secondo non v’era coincidenza tra cui i progetti soggetti a SUAP e quelli assoggettati a Vas ex art. 6 comma 2 del d.Lgs 152/2006.
Ciò perché, ai sensi degli artt. 12 e 6 comma 3 del citato d.Lgs n. 152/2006 per le opere soggette a Vas doveva effettuarsi, unicamente, la c.d. “verifica di esclusione” (che aveva puntualmente avuto luogo).
Del pari errato doveva dichiararsi il capo della impugnata decisione che aveva dichiarato illegittimo l’esonero dal procedimento di Via in quanto le dimensioni dell’intervento erano inferiori a quelle fissate dalla legge regionale n. 20 del 3 settembre 1999 che richiamava l’ allegato B al dPR 12 aprile 1996.
Conseguentemente anche il capo di sentenza che aveva dichiarato illegittima sia in via derivata (per la omessa effettuazione della procedura di Via e Vas) che in via autonoma (per assenza di ponderazione e motivazione) la variante per insediamenti produttivi, meritava ampia censura.
L’assenza di motivazione era certamente da escludersi, avuto riguardo alla circostanza che l’impatto dell’ opera stessa era stato valutato bilanciandolo con le favorevoli ricadute occupazionali: ogni asserito vizio di ponderazione era pertanto insussistente.
Neppure era ravvisabile il vizio di conflitto di interessi in capo all’ arch. Salvatori che, certamente, non aveva mai assunto un ruolo decisionale per conto del Comune.
Posto che nessun vizio della procedura era sussistente, ne discendeva la infondatezza della declaratoria di illegittimità derivata del permesso di costruire e della convenzione urbanistica; mentre la riscontrata fondatezza della censura attingente la Vas effettata all’interno del procedimento di approvazione del PGT, al più sarebbe stata idonea ad incidere sul predetto PGT, ma non già sul procedimento SUAP ovvero sul permesso di costruire o sulla convenzione urbanistica.
Il procedimento di Vas sotteso al Pgt era comunque pienamente legittimo, anche alla luce di quanto statuito dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 133/2011.
In ultimo (motivo d’appello XI) l’appellante società ha confutato il capo di sentenza che ha annullato gli atti gravati per l’asserita violazione del PTCP del 2009 in salvaguardia nell’ambito del quale l’area in questione era stata ricompresa tra le “aree agricole strategiche”.
La censura mossa in primo grado era, da un canto inammissibilie, perché articolata con semplice memoria (mentre nei ricorsi introduttivi si era fatto esclusivo riferimento alla –inesistente- violazione del PTCP del 2004) e, per altro verso, errata nel merito, anche per l’assorbente ragione che la legislazione regionale non contemplava la eventualità che l’adozione del PTCP possedesse effetto in salvaguardia, né tale principio poteva ricavarsi (come erroneamente ritenuto dal primo giudice) dal disposto di cui all’art. 12 del dPR n. 380/2001.
Conclusivamente, l’appellante ha chiesto che, in riforma della impugnata decisione, venissero dichiarati inammissibili e comunque respinti tutti i ricorsi di primo grado proposti.
Legambiente ha depositato una articolata memoria ribadendo la propria legittimazione ad agire ed interesse, ed evidenziando che era inaccoglibile la tesi appellatoria postulante la carenza di legittimazione ed interesse degli enti territoriali e del Parco del Monte Netto in quanto confinanti o contermini (ovvero - come il Parco del Monte Netto- enti che vedevano parte del proprio territorio interessata dall’intervento relativo al polo logistico).
In particolare ha chiesto di respingere le censure avversanti il capo di sentenza che aveva stigmatizzato la circostanza che il progetto non fosse stato sottoposto a Vas, in quanto era evidente che la proposta di variante al PRG vigente del Comune di Azzano Mella, presentata dalla società SAFER Spa, ai sensi dell'art. 5 D.P.R. 477/98, per la realizzazione di un centro di logistica per le merci con una superficie pari a mq. 394.950,00 (ovvero di pochissimo inferiore ai 40 ettari -400.000,00 mq.- ) era stata contenuta strumentalmente sotto la detta soglia proprio al fine di evitarne la sottoposizione a VAS.
In ogni caso, ai sensi dell’art. 6 co. 3 D.Lgs. 152/2006 (“per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento”) posto che l’impatto sull’ambiente era certamente significativo esso avrebbe dovuto essere sottoposto a Vas.
Né era esatto affermare che i contenuti della procedura di esclusione erano stati comunque ripresi nella procedura di VAS del PGT in quanto la VAS relativa al nuovo strumento di governo del territorio comunale non poteva sopperire alla VAS relativa al progetto SUAP in quanto la visione complessiva e generale della valutazione delle conseguente ambientali del PGT sull’intero territorio comunale non poteva mettere in evidenza gli aspetti specifici che invece avrebbe evidenziato e approfondito la valutazione mirata al singolo piano urbanistico e alle sue conseguenze sulla pur limitata porzione territoriale interessata.
Analoghe affermazioni dovevano valere per la immotivata esclusione della procedura di Via e ciò anche in considerazione della circostanza che l’area affiancata a quella del progetto (pari ad ulteriori 117.300 mq) apparteneva alla stessa società Sa.fer e che non apparivano convincenti le affermazioni secondo cui essa non avrebbe dovuto essere giammai utilizzata, in quanto con successiva variante, anche l’area in un primo tempo non trasformata, avrebbe potuto subire la stessa sorte ed essere collegata a quella già esistente, essendo omogenea la destinazione d’uso.
Anche il capo della impugnata decisione che aveva annullato il PGT del Comune di Azzano per illegittimità derivata dalla illegittimità della procedura di VAS meritava conferma, in quanto l’Autorità procedente era stata nominata pochissimi giorni prima della conclusione del procedimento di VAS al fine esclusivo di sottoscrivere atti redatti da altri era immune da vizi, come anche gli altri capi demolitori della impugnata sentenza che, conclusivamente, meritava integrale conferma.
Il Comune di Capriano del Colle ed il Parco di Monte Netto hanno depositato una articolata memoria ricostruendo anche sotto il profilo cronologico la complessa vicenda per cui è causa e chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato.
Hanno inoltre riproposto il primo motivo del ricorso introduttivo (volto a postulare la violazione o erronea applicazione di legge -con particolare riguardo agli artt. 4-5-6 della Direttiva 2001/42/CEE, agli artt.11 e 12 del d.lgs. 152/06- e punti 2-5.2 - 5.5 - 5.11 degli Indirizzi generali per la valutazione di piani e programmi approvati dal Consiglio regionale con la delibera n. VIII/0351 del 13 marzo 2007 per quanto atteneva al cumulo delle funzioni di responsabile del procedimento con quelle di Autorità competente per la VAS, avendo l’ing.Valentina Ferrari esercitato contemporaneamente e contestualmente le due funzioni”) e il motivo 27 contenuto nel terzo ricorso per motivi aggiunti (violazione o falsa applicazione di legge -con particolare riguardo alle disposizioni degli artt. da 6 a 11 del Codice dell’ambiente e dell’art. 4 l.r. n. 12/05 e delle deliberazioni regionali in materia dGR VIII/6420 e dGR VIII/10971- concernente il procedimento di PGT nel corso del quale la stessa persona – l’ing. Valentina Ferrari –aveva cumulato le funzioni di autorità procedente e di autorità competente determinando una situazione di conflitto e di incompatibilità denunciate in entrambi i motivi.).
E’ stato altresì riproposto il motivo rubricato al n. 12 (sulla proprietà delle aree interessate dal SUAP, laddove si lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 4, della l.reg. n. 12/05 e 11 del t.u. n. 380/01 in relazione al difetto dei titoli di proprietà”.
Il Comune di Dello ha depositato una articolata memoria ricostruendo anche sotto il profilo cronologico la complessa vicenda per cui è causa e chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato.
Ha inoltre riproposto i motivi 1, 2 e 3 del ricorso introduttivo nonché il motivo 3 del secondo atto di motivi aggiunti.
Sono state quindi riproposte dal detto Comune le doglianze postulanti il vizio di violazione di legge sotto il profilo della mancata e/o falsa applicazione dell’art. 4 della legge regionale n. 12 del 2005 e art. 6 del decreto legislativo n. 152 del 2006 s.m.i. e di eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà ed illogicità manifesta (ivi sostanzialmente è stato ribadito l’obbligo di procedere alla Vas); quella di violazione di legge sotto il profilo della mancata applicazione dell’art. 6, comma 7 del decreto legislativo n. 152 del 2006, violazione di legge sotto il profilo della falsa applicazione dell’art. 97 della legge regionale n. 12 del 2005, dell’art. 5 del DPR n. 447 del 1998, dell’art. 14 ter, comma 4, della legge n. 241 del 1990 s.m.i ed eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della causa tipica (con la quale si è ribadito l’obbligo di procedere a Via).
E’ stata del pari riproposta la censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione sotto i profili della contraddittorietà ed illogicità manifesta e di perplessità (per omessa valutazione dagli effetti dell’opera sul sistema viabilistico della zona).
Infine ( riproposto terzo motivo del secondo atto di motivi aggiunti notificato il 25 febbraio 2011) si è ribadito il vizio di violazione dell’art. 13 della legge n. 1150 del 1942 e di eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà ed illogicità manifesta e di violazione del principio di tipicità e nominatività degli strumenti urbanistici” ( ivi sostenendosi la contraddittorietà della prescrizione del Documento di Piano in forza della quale la realizzazione delle opere afferenti agli ambiti di trasformazione ATP1 sub A e sub B avrebbe potuto attuarsi a “discrezione del soggetto attuatore attraverso la presentazione di Piano Attuativo o attraverso procedura di SUAP conforme al piano ai sensi del D.lgs. 447/1998” in quanto di fatto rimetteva al soggetto attuatore la scelta se procedere tramite uno strumento di pianificazione attuativa preventiva o tramite intervento edilizio diretto).
Con una articolata memoria di replica l’appellante Safer ha evidenziato le argomentazioni che si opponevano all’accoglimento dei motivi di censura proposti in primo grado, assorbiti dal primo giudice, e riproposti ex art. 101 comma 2 del codice del processo amministrativo, rispettivamente dal Comune di Capriano del Colle unitamente al Parco di Monte Netto e dal Comune di Dello ed ha chiesto di dichiarare la inammissibilità dell’intervento in giudizio di Legambiente Onlus in quanto ai sensi del dLgs. 152/2006 soggetto legittimato a proporre autonoma impugnazione.
Alla pubblica udienza del 3 aprile 2012 la trattazione della causa è stata differita alla odierna pubblica udienza del 10 luglio 2012 in accoglimento della richiesta proposta dall’appellato comune di Dello.
L’appellante ha depositato una memoria di sintesi ribadendo le proprie argomentazioni a sostegno del gravame.
Anche l’appellata amministrazione comunale di Capriano del Colle e Legambiente hanno depositato memorie di replica chiedendo la reiezione del gravame.
Alla odierna pubblica udienza del 10 luglio 2012 il ricorso è stato posto in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1.L’appello principale è infondato e deve essere respinto nei termini di cui alla motivazione che segue, il che comporta la improcedibilità delle censure incidentalmente riproposte dagli appellati: la impugnata decisione deve essere pertanto confermata sia pure con le precisazioni che verranno esposte in motivazione.
1.1. In via preliminare rileva il Collegio che le critiche avanzate dall’appellante principale in punto di legitimatio ad causam ed interesse a ricorrere nei confronti degli enti territoriali comunale, dell’Ente Parco e di Legambiente, e volte a stigmatizzare la decisione di primo grado laddove non ha dichiarato la inammissibilità dei ricorsi proposti, non sono accoglibili.
1.1.1. La – giammai negata dall’appellante, per il vero- imponenza della struttura progettata, ed importanza della stessa anche in un’ottica di possibile futuro sviluppo economico, la circostanza che essa interessasse una pluralità di enti territoriali limitrofi, e che fossero state ritenute necessarie opere viarie imponenti a corredo della medesima, scoraggia -già sotto un profilo eminentemente logico e tenuto presente il criterio della “vicinitas” e la proteformità degli interessi di cui i comuni sono portatori – la possibile favorevole delibazione della eccezione.
1.2. Inoltre ulteriori aspetti decisivi, seppur di più contenuta portata, militano a sfavore dell’accoglimento della eccezione.
1.2.1.Quanto al Comune di Capriano (ed al Comune di Dello, nella incontestata affermazione che l’intervento ricade in area prossima e confinante al territorio di quest’ultimo) assume un rilievo di per sé decisivo la circostanza che questi fosse stato invitato dal comune di Azzano Mello non solo alla conferenza di servizi del 4 marzo 2009, con altri quattro Comuni confinanti prossimi alla erigenda struttura e membri del S.U.S. 1, ma anche alla procedura di concertazione con la Provincia.
Si rammenta in proposito la pacifica, quanto condivisa opzione ermeneutica giurisprudenziale secondo cui “dalla previsione della partecipazione di un ente ad un procedimento amministrativo, si deve evincere la sua legittimazione ad impugnare il provvedimento conclusivo ritenuto lesivo. Non invece il contrario (Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 1999, n. 217; sez. IV, 3 dicembre 1992, n. 1001 Consiglio di stato, sez. IV, 06 ottobre 2001 , n. 5296).
Per quanto riguarda gli altri enti territoriali e l’Ente Parco si rammenta che il criterio della vicinitas, è stato in passato positivamente scrutinato (Consiglio Stato , sez. VI, 20 maggio 2004 , n. 3263: un impianto di consistenti dimensioni preposto alla produzione di energia elettrica radica in capo al comune finitimo la legittimazione ad agire, poiché non può essere subordinata alla produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità dell'impianto, reputandosi sufficiente la prospettazione delle temute ripercussioni su un territorio comunale collocato nelle immediate vicinanze della centrale da realizzare.) al fine di radicare la legittimazione e l’interesse dei comuni viciniori, il che esclude alcun dubbio in ordine alla legittimazione ad agire del detto comune, del viciniore comune di Dello e dell’Ente Parco.
Quanto a quest’ultimo, rileva il Collegio che il Monte Netto è tutelato dal 24 marzo 1976 con la “Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una zona nei comuni di Poncarale, Flero, Capriano del Colle, Azzano”.
Il Parco quindi, esplica funzioni di tutela paesaggistica e ambientale anche nei confronti di Azzano (il comune sul cui territorio - ancorchè non si tratti della porzione direttamente tutelata dall’Ente Parco – è stato progettato l’intervento) il che ne legittima le iniziative processuali.
Peraltro fra i Comuni tenuti al rispetto delle bellezze naturali del Monte Netto e del cono visivo che lo (ri)guarda c’è anche Azzano Mella, il che rafforza la superiore prospettazione.
Non ignora il Collegio le pronunce citate dall’appellante in punto di insufficienza del criterio della vicinitas a radicare la legittimazione ad agire, ovvero comunque un interesse rilevante alla impugnativa degli atti di pianificazione.
La detta tesi, non esprime tuttavia un principio assoluto (come, del resto,la vicinitas esprime una relazione interferenziale relativa che dipende da molteplici fattori -ampiezza dell’intervento,natura e tipologia di eventuali emissioni, potenzialità che lo stesso produca effetti anche in aree lontane, etc-.
Essa è stata dettata al condivisibile fine di evitare il proliferare di ricorsi non effettivamente rispondenti al principio della “tutela di un interesse qualificato”: si è pertanto rilevato come nelle controversie attinenti alla realizzazione di interventi che incidono sul territorio, se è vero che l'ordinamento riconosce una posizione qualificata e differenziata a tutti coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento con la zona interessata, è anche vero che, in concreto, devono ritenersi titolati all'impugnativa solo i soggetti che possono lamentare una rilevante e pregiudizievole alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio, per effetto della realizzazione dell'intervento controverso. Il pregiudizio che può conseguire ad un intervento di pianificazione può consistere nella possibile diminuzione di valore del proprio immobile o nella peggiore qualità ambientale: una volta accertata la vicinitas, rappresentata dal collegamento territoriale, vanno valutate le implicazioni urbanistiche dell'intervento e le conseguenze prodotte sulla qualità della vita di coloro che per residenza, attività lavorative e simili ragioni, sono in durevole rapporto con la zona interessata dall'intervento.
Nella decisione n. 8364/2010, in particolare, è stata rammentata l’attualità dell’orientamento secondo cui il mero criterio della vicinitas di un fondo o di una abitazione all'area oggetto dell'intervento urbanistico-edilizio non può ex se radicare la legittimazione al ricorso, dovendo sempre fornire il ricorrente, in casi come quello in esame, la prova concreta del vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, in termini, ad esempio, di deprezzamento del valore del bene o di concreta compromissione del diritto alla salute ed all'ambiente (cfr., sul principio, anche se espresso in relazione ad impianto di smaltimento rifiuti, Consiglio di Stato, sez. V^, 14 giugno 2007, n. 3191 e 16 aprile 2003, n. 1948).
Nel caso in esame, tuttavia, la non contenuta ampiezza dell’intervento progettato, la circostanza che fossero state previste misure di viabilità necessariamente intersecanti i territori viciniori, legittimano un giudizio di sussistenza dei requisiti della legitimatio ad causam e dell’interesse a ricorrere in capo ai comuni ed all’ente Parco ricorrenti di primo grado, costituendo semmai questione di merito verificare se l’azione amministrativa potesse in concreto arrecare lesione agli interessi di tutela e salvaguardia del territorio di cui questi ultimi erano portatori (si rammenta in proposito, a titolo esemplificativo, che la provincia Regionale, sostanzialmente, “impose” – con il parere di compatibilità del 16 dicembre 2009- rilevanti misure di potenziamento viabilistico insistenti sulla vasta area interessata, per un importo assai elevato -Euro 9.600.000-a testimonianza della vastità e complessità dell’intervento).
E, conclusivamente sul punto, ritiene in ogni caso il Collegio di rimarcare che gli interessi esponenziali di cui gli enti locali sono portatori rendano ravvisabile l’interesse degli stessi non soltanto ad avversare processualmente interventi modificativi dell’assetto territoriale asseritamente illegittimi sotto il profilo “oggettivo”, ma anche a sollecitare il vaglio giudiziale sulla correttezza del dipanarsi dell’azione amministrativa sottesa all’intervento.
Per dirla in altre parole, è ben legittimo che un Comune solleciti il vaglio giudiziale anche laddove sia convinto che – pur senza eventualmente esprimere giudizi negativi sul “merito” dell’intervento progettato - l’intervento potesse essere assentito, eventualmente, seguendo altre modalità, maggiormente garantistiche degli interessi potenzialmente confliggenti (ad esempio - il che si lega strettamente alla odierna vicenda processuale - sottoponendo l’intervento medesimo alla procedura di verifica di compatibilità ambientale denominata Vas,al fine di sgombrare il campo da temuti pericoli di compromissione ambientale ed adottare tutti gli accorgimenti eventualmente ritenuti necessari, e non già immotivamente escludendo la medesima procedura).
Invero, soprattutto allorchè un Ente viciniore prospetti un interesse fondato sulla necessità che una eventuale procedura autorizzativa insistente su aree di altro comune si svolga vagliando compiutamente ed attentamente tutti gli interessi coinvolti ed interessati (non altrimenti è dato qualificare, ad esempio, la tesi ricorsuale volta ad affermare il necessario espletamento della Vas - impregiudicato l’esito cui quest’ultima avrebbe potuto approdare, ove effettuata- ) la legittimazione dello stesso potrebbe essere esclusa soltanto allorchè risulti icto oculi pretestuosa la detta pretesa, a cagione del fatto che giammai lo stesso avrebbe potuto essere in qualsivoglia modo interessato dall’intervento.
Nel caso si specie non è certamente così – ed anzi, come si vedrà di seguito le emergenze processuali sono di segno del tutto opposto-.
Le censure vanno quindi disattese e la impugnata decisione merita, sul punto, condivisione.
Per altro verso, l‘assenza di autonomia delle prospettazioni enucleate da Legambiente nel proprio atto di intervento consente di prescindere dall’esame della eccezione proposta dall’appellante principale con riguardo alla modalità di partecipazione della Onlus suddetta al processo di appello (eccezione, lo si rammenta, fondata sul principio affermato in passato da Consiglio Stato sez. IV 23 agosto 2010 n. 5908 secondo cui “è inammissibile l' intervento "ad adiuvandum" in grado di appello nel processo da parte del soggetto che sia "ex se" legittimato a proporre direttamente il gravame in via principale, non facendo l'interveniente in tale ipotesi valere un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all'impugnazione di capi della sentenza immediatamente lesivi, azionabile solo mediante la proposizione dell' appello nei prescritti termini d'impugnazione.”).
2. Ciò premesso, e passando all’esame del merito della causa, al fine di illustrare l’approccio valutativo in relazione alle molteplici doglianze proposte, si ritiene di ribadire la condivisione da parte del Collegio dell’orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui “allorché sia controversa la legittimità di un provvedimento fondato su una pluralità di ragioni di diritto tra loro indipendenti, l'accertamento dell'inattaccabilità anche di una sola di esse vale a sorreggere il provvedimento stesso, sì che diventano, in sede processuale, inammissibili per carenza di interesse le doglianze fatte valere avverso le restanti ragioni.”(Consiglio Stato , sez. IV, 30 maggio 2005 , n. 2767).
Tale orientamento implica peraltro il corollario per cui, laddove in sede di ricorso avversante un atto complesso, sia ravvisata la fondatezza di una censura ostativa alla valutazione di legittimità dell’atto gravato, ciò sia sufficiente a dichiarare la illegittimità del medesimo, senza che si debba proseguire oltre nello scrutinio degli ulteriori profili di illegittimità prospettati.
Tale principio, è stato in passato, talora, derogato dalla giurisprudenza amministrativa, al condivisibile fine di chiarire aspetti controversi di una vicenda processuale (seppur definita con pronuncia demolitoria) complessa, e quale orientamento alla futura, possibile attività amministrativa.
Nel caso di specie, peraltro, con riguardo a talune delle censure proposte in primo grado, la avversata decisione del Tribunale amministrativo ha accolto le doglianze anche per profili che –come di seguito si cercherà di meglio chiarire- non appaiono al Collegio condivisibili.
L’appello principale - peraltro impeccabilmente redatto in modo da separare il più possibile gli argomenti logici sostanzianti le diverse censure- non ha potuto fare a meno di raggruppare le medesime, laddove insistenti su uno stesso segmento infraprocedimentale oggetto della statuizione demolitoria.
Per tale ragione, il Collegio, nel confermare la statuizione demolitoria gravata e nell’assorbire la trattazione di alcune questioni perché superflue o, addirittura non rilevanti con il tema di causa ritiene di dovere evidenziare (anche) taluni profili della statuizione di primo grado che non appaiono reggere alla analitica critica prospettata nell’appello della Safer.
3. Sotto il profilo logico - e discostandosi dall’ordine espositivo contenuto nella impugnata decisione - devono essere prioritariamente esaminate le censure avversanti il capo VII della sentenza che ha dichiarato la illegittimità della delibera di approvazione della variante per insediamenti produttivi del 20. febbraio 2010 a cagione del conflitto di interessi l’arch. Mauro Salvadori (ciò perché, ritiene il Collegio, detta statuizione -ove confermata- sarebbe idonea a spiegare una portata viziante assorbente sull’intero iter procedimentale seguito).
Si è ipotizzato in sentenza, a carico di questi la violazione al disposto di cui all’art. 41 bis della legge 17 agosto 1942 n. 1150 (“I professionisti incaricati della redazione di un piano regolatore generale o di un programma di fabbricazione possono, fino alla approvazione del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione, assumere nell'ambito del territorio del Comune interessato soltanto incarichi di progettazione di opere ed impianti pubblici. Ogni violazione viene segnalata al rispettivo Consiglio dell'ordine per i provvedimenti amministrativi del caso)” .
3.1. Senonchè ritiene il Collegio di dovere evidenziare la inesattezza della predetta statuizione (e, di converso, la condivisibilità dell’atto di appello in parte qua).
Nel rilevare, infatti, che il predetto architetto non ha votato alcunché, ma ha contribuito a redigere atti da altri soggetti approvati, non si vede come l’eventuale illecito disciplinare da quest’ultimo commesso (e che, per quel che risulta dagli atti processuali non è stato sinora neppure accertato dal competente Ordine professionale) potrebbe ridondare sulla avversata delibera.
Come esattamente rilevato dalla sentenza della Cassazione civile , sez. I, 08 marzo 1991 , n. 2481 (pur citata dal primo giudice), il legislatore del 1967, introducendo (con l'art. 14 della legge n. 765) “ l'art. 41 bis nella legge n. 1150 del 1942, non ha comminato alcuna sanzione, in via diretta, per la violazione di tale norma, in quanto ha rimesso ai competenti consigli degli ordini professionali la valutazione in ordine alla opportunità ed alla natura della sanzione amministrativa del caso".
Nella detta norma, quindi, non soltanto non è stata prevista né quantificata direttamente alcuna sanzione per il professionista, ma men che meno è stato ipotizzato che il “conflitto di interessi”, ex se considerato, potesse inficiare gli atti deliberativi approvativi del progetto da questi redatto.
I precedenti giurisprudenziali citati dal Tribunale a conforto della statuizione demolitoria contenuta in detto capo, sono del tutto inconferenti, attendo ad una posizione riguardante “amministratori locali” (così, sul punto, la citata decisione della Sezione n. 693/2011, che infatti cita l’art. 78 del TUEL: “come emerge dal tenore letterale dell'art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000 e dalla sua ratio, la regola generale è che l'amministratore debba astenersi al minimo sentore di conflitto di interessi, reale o potenziale che sia; la deroga divisata per gli atti generali e normativi, oltre a non essere assoluta -perché qualora si profili il concreto interesse personale si ripristina l'obbligo di astensione-, è da considerarsi tassativa ed incapace quindi, di incidere sul perimetro della fattispecie ampliandolo internamente” -Consiglio Stato , sez. V, 13 giugno 2008 , n. 2970-, ma anche quella del Tar Sardegna, che riguardava la posizione di quattro consiglieri comunali).
In sintesi: il citato architetto non era amministratore; non ha votato alcun progetto; non ha approvato né concorso ad approvare alcunché. L’eventuale illecito disciplinare da questi perpetrato non poteva riverberarsi sulle delibere amministrative approvative dei progetti predetti.
Ne deriva sul punto la condivisibilità dell’appello e la correzione del predetto capo VII della avversata decisione e del successivo capo VIII con il quale si è dichiarata la illegittimità derivata della convenzione urbanistica, degli atti unilaterali d’impegno e del permesso di costruire rilasciati.
4. Proseguendo nella disamina delle doglianze proposte avverso la impugnata decisione, la prima complessa censura da scrutinare concerne il capo di sentenza che ha ritenuto illegittimo che non si sia proceduto ad effettuare la Vas sul progetto di cui trattasi in sede di procedura Suap (annullando quindi la delibera di esclusione n. 1932 dell’8 aprile 2009), anche stigmatizzando la circostanza che il Parco regionale del Monte Netto neanche fosse stato convocato per la Conferenza di servizi citata (con riferimento a tale ultimo profilo si rammenta che l’appellante ha evidenziato che l’area in questione era estranea al perimetro di detto Parco e per di più priva di qualsiasi pregio: ex art. 12, co.2, d.Lgs. n. 152/06 tale ente, quindi, non doveva essere affatto invitato a partecipare al procedimento).
4.1. La articolata censura proposta dalla Safer Spa è infondata, sia pure con le precisazioni che verranno di seguito fornite.
4.2. Ritiene in primo luogo il Collegio di sgombrare il campo da un equivoco (che ha permeato di sé non solo il predetto capo della impugnata decisione ma anche quello successivo in punto di Dia) riposante nella affermazione secondo cui, a cagione della circostanza che l’appellante possedeva una vasta area viciniore a quella oggetto di intervento, l’esame delle dedotte censure in primo grado potesse e/o dovesse tenere in conto detta emergenza processuale preconizzando future ( e nuove) varianti volte ad ampliare l’area oggetto di intervento (vedasi memoria di Legambiente, e memoria del Comune di Capriano e del Parco).
Il Collegio ritiene di dovere discostarsi decisamente da tale approccio: un progetto va valutato per quello che è al momento in cui viene presentato, senza che possano su tale valutazione assumere rilievo future, incerte, ipotetiche, ulteriori iniziative.
Tale affermazione non verrà ripetuta nel corso della presente decisione, ma vale a chiarire in via generale la non condivisibilità da parte del Collegio di ogni richiamo a tali non provate e solo preconizzate evenienze. Tale ipotetico ampliamento, infatti non può (ne poteva) costituire oggetto di valutazione processuale ad alcun fine, non essendo stato lo stesso previsto né dal SUAP né, men che meno, dal permesso di costruire del 5 ottobre 2010.
Analoghe argomentazioni ben possono essere trasposte all’affermazione, che pure affiora negli scritti delle parti appellate a più riprese ( e che a tratti è stata ripresa nell’impugnata sentenza) secondo cui le dimensioni dell’intervento sarebbero state “artificiosamente contenute” (seppur di poco) sotto il limite di 400.000 mq per “evitare” la obbligatoria sottoposizione a Vas ed a Via.
In disparte la esattezza di tale ultima proposizione, anche qui ci si trova al cospetto di affermazioni distoniche dalla realtà progettuale presentata, volte ad ipotizzare non provate (né allo stato influenti, ad avviso del Collegio) “intenzioni di parte” che non possono guidare l’esame del Collegio, unicamente limitato allo scrutinio delle norme di legge applicabili.
4.2.1. Semmai, per concludere, sul punto, può rilevarsi che non sarebbe comunque precluso all’Amministrazione, laddove l’azione amministrativa fosse stata ritenuta esente da vizi nell’odierno giudizio, ed in futuro fosse stato presentato un “progetto” analogo per il fondo limitrofo, vagliare unitariamente l’intera vicenda amministrativa, valutando complessivamente l’impatto delle opere e ricomprendendo nella valutazione quelle in passato già separatamente autorizzate.
4.2.2. A ben guardare, comunque, tale “pericolo” era stato paventato nel giudizio di primo grado dal Comune di Dello e costituiva la ratio del secondo motivo del mezzo di primo grado assorbito dal primo giudice e riproposto dal Comune di Dello medesimo (nell’ambito del quale, lo si rammenta per incidens stante la improcedibilità per difetto di interesse di detto mezzo a cagione della reiezione del ricorso in appello principale, si sosteneva l’avvenuta violazione dell’art. 13 della legge n. 1150/1942 e la conseguente violazione del principio di tipicità e nominatività degli strumenti urbanistici ad opera del PGT approvato). Per il vero però, - ed in disparte la stessa formulazione ipotetica e “precauzionale” della censura- l’inciso contenuto nel documento di Piano che aveva spinto l’appellato comune di Dello a riproporre la censura in relazione alla supposta “oscurità” della previsione ivi contenuta, parrebbe invece al Collegio avvalorare conclusioni opposte, apparendo prescrivere che le eventuali future iniziative insistenti sugli ambiti ATP1 sub A e ATP1 sub B non avrebbero potuto essere assistite “semplicemente” da un permesso di costruire ordinario, ma avrebbero necessitato la intrapresa delle (maggiormente garantite) procedure di Suap ovvero la presentazione di un piano attuativo.
4.3. Ciò premesso, stabilisce l’art. 6 del d.Lgs 3 aprile 2006, n. 152, ai primi due commi, che “La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale.
Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi:
a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualita' dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV del presente decreto;
b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalita' di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni.”.
Come è agevole riscontrare, il comma 3 della predetta disposizione, si ricollega al comma secondo prima citato, specificando/modificandone le prescrizioni, in quanto stabilisce che: “Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale e' necessaria qualora l'autorita' competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilita' ambientale dell'area oggetto di intervento.”.
Il concetto di “piccola area di livello locale” si lega al comma secondo quindi; e poiché ivi non è direttamente definito il concetto opposto di “non piccola area di livello locale” non facendosi riferimento ad alcun dato dimensionale, ad avviso del Collegio il referente corrispondente va individuato con riguardo alla prescrizione, contenuta sempre al comma 2 della citata disposizione, che richiama gli allegati II, III, IV del decreto.
Nell’allegato IV, in particolare, al punto 7 (“progetti di infrastrutture”) è dato riscontrare il correlativo referente del concetto di “piccole aree a livello locale” mancante nel testo del comma 2 laddove sono stati indicati (quale oggetto di obbligatoria sottoposizione a Vas):
“a) progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari;
b) progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all'interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari; costruzione di centri commerciali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 "Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59"; parcheggi di uso pubblico con capacità superiori a 500 posti auto;”.
L’art. 12 del citato decreto, a propria volta richiamato dal comma 3 prevede che: “nel caso di piani e programmi di cui all'articolo 6, commi 3 e 3-bis, l'autorita' procedente trasmette all'autorita' competente, su supporto informatico ovvero, nei casi di particolare difficolta' di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, un rapporto preliminare comprendente una descrizione del piano o programma e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o programma, facendo riferimento ai criteri dell'allegato I del presente decreto.
L'autorita' competente in collaborazione con l'autorita' procedente, individua i soggetti competenti in materia ambientale da consultare e trasmette loro il documento preliminare per acquisirne il parere. Il parere e' inviato entro trenta giorni all'autorita' competente ed all'autorita' procedente.
Salvo quanto diversamente concordato dall'autorita' competente con l'autorita' procedente, l'autorita' competente, sulla base degli elementi di cui all'allegato I del presente decreto e tenuto conto delle osservazioni pervenute, verifica se il piano o programma possa avere impatti significativi sull'ambiente.
L'autorita' competente, sentita l'autorita' procedente, tenuto conto dei contributi pervenuti, entro novanta giorni dalla trasmissione di cui al comma 1, emette il provvedimento di verifica assoggettando o escludendo il piano o il programma dalla valutazione di cui agli articoli da 13 a 18 e, se del caso, definendo le necessarie prescrizioni.
Il risultato della verifica di assoggettabilita', comprese le motivazioni, deve essere reso pubblico.
La verifica di assoggettabilita' a VAS ovvero la VAS relative a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani o programmi gia' sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilita' di cui all'art. 12 o alla VAS di cui agli artt. da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati”
4.3.1. Dalla combinata lettura delle dette disposizioni,ad avviso del Collegio, discende che: se, quanto ai limiti dimensionali, la Vas è obbligatoria per aree superiori a 40 ettari, ne deriva di necessità che ciò che è dimensionalmente inferiore rientri nel concetto di “piccola area locale” (per cui non è obbligatoria la predetta procedura di Vas).
Si potrebbe a lungo disquisire sulla felicità della espressione aggettivante “piccola” laddove utilizzata per aree di poco inferiori a 40 ettari e quindi consistentemente estese: ma certo non si potrebbe sostituire per tal via in sede giudiziale il proprio convincimento a quello legislativo, affermando che se un’area è di poco inferiore a 40 ettari essa non è “piccola” e quindi potrebbe essere considerata assoggettata a vas obbligatoria perché in tal modo si svuoterebbe di contenuto il referente dimensionale richiamato ex lege.
4.4. Nel rimarcare che la valutazione ambientale strategica (VAS) di cui alla Direttiva 42/2001/Ce del Parlamento europeo, è volta garantire che gli effetti sull'ambiente di determinati piani e programmi siano considerati durante l'elaborazione e prima dell'adozione degli stessi, così da anticipare nella fase di pianificazione e programmazione quella valutazione di compatibilità ambientale che, se effettuata (come avviene per la valutazione di impatto ambientale) sulle singole realizzazioni progettuali, non consentirebbe di compiere un'effettiva valutazione comparativa, mancando in concreto la possibilità di disporre di soluzioni alternative per la localizzazione degli insediamenti e, in generale, per stabilire, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, le modalità di utilizzazione del territorio evidenzia il Collegio che la verifica –svolta a tratti in termini non del tutto condivisibili nella motivazione della impugnata decisione -che avrebbe dovuto essere svolta,in relazione alle censure prospettate appare al Collegio sintetizzabile nei termini che seguono immediatamente.
4.4.1. In primo luogo ci si sarebbe dovuti interrogare in ordine alla riconducibilità dell’intervento al comma 2 dell’art. 6 citato.
Ciò è certamente escluso avuto riguardo al limite dimensionale dell’intervento.
Su tale conclusione a tratti parrebbe concordare anche lo stesso primo giudice: ancorchè nel detto capo di decisione non sia espressamente specificato tale convincimento, infatti, ciò pare potersi evincere dal testo della citata decisione (posto che il primo giudice richiama la consistenza territoriale dell’intervento e la colloca sotto al limite di 40 ettari di cui al punto 7 lett. A dell’allegato IV al decreto citato).
Da tale conclusione (secondo cui l’intervento progettato era normato ex art. 6 comma 3) discendeva il corollario per cui la procedura da esperirsi era quella di cui all’art. 12 del citato d.lgs. n. 152/2006
A questo punto, nel constatare che la detta procedura – quantomeno formalmente- era stata effettivamente esperita, il passaggio successivo demandato al primo giudice sarebbe stato quello di valutare sotto il profilo sostanziale gli esiti di detta valutazione ex art. 12 e chiarire perché, eventualmente, non risultava corretta/logica la scelta adottata ai sensi del comma 4 del citato art. 12 (id est: l’esclusione della Vas).
4.4.2. La sentenza impugnata ha seguito un percorso in parte difforme da quello tratteggiato, in quanto è sembrata cumulare due “argomenti” a sostegno della necessità di effettuare la Vas dei quali soltanto uno appare condivisibile .
Essa è infatti pervenuta al convincimento che dovesse essere effettuata la Vas attraverso affermazioni di segno incompatibile, in parte affermando, appunto, che non trattavasi di progetto interessante una “piccola area locale” (e quindi lasciando presupporre che dovesse ricadere nel comma 2 dell’art. 6 - affermazione, quest’ultima della quale si è dimostrata l’erroneità-) obliando di fatto il referente normativo dimensionale richiamato.
In parte (e contraddittoriamente rispetto alla negazione che tratta vasi di “piccola area a livello locale”), affermando che, comunque, ai sensi dell’ultima parte del comma 3 dell’art. 6 citato “la valutazione ambientale e' necessaria qualora l'autorita' competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilita' ambientale dell'area oggetto di intervento.”.
E’ ciò anche per le aree locali (“piccole” secondo l’aggettivo normativamente utilizzato) inferiori a 40 ettari.
4.4.3. Ritiene il Collegio, invece, che soltanto tale secondo segmento motivazionale sia esatto, dovendosi riconoscere che la procedura seguita, ex art. 12 del decreto legislativo citato, avuto riguardo ai limiti dimensionali dell’intervento, era stata formalmente corretta e che neppure – in termini strettamente formali -era accoglibile la doglianza incentrata sull’omesso invito all’ente Parco posto che il perimetro dell’intervento era al di fuori dell’area soggetta a tutela.
4.4.3.1.Quest’ultima affermazione, per il vero, merita una precisazione: ferma restando la necessità di sottoporre a tutela il cono visuale della collina, non risultando processualmente provato che l’insediamento interferisse con quest’ultimo e risultando incontestato che l’insediamento autorizzando fosse al di fuori dai confini dell’Ente parco, la circostanza che quest’ultimo esercitasse le proprie competenze in una porzione (seppur distinta) del comune di Azzano non poteva implicare l’obbligo di convocare il predetto Ente ai lavori della conferenza.
L’ulteriore caposaldo del capo demolitorio della impugnata sentenza (quello cioè, volto a stigmatizzare il mancato invito alla conferenza valutativa della necessità – o meno- di procedere a Vas del Parco regionale del Monte Netto) non appare condivisibile.
E’ incontestato, infatti, che il perimetro del Parco non è inciso dall’intervento progettato: la circostanza che parte del territorio dell’Ente Parco ricada in un comune (Capriano)a sua volta interessato dall’intervento non giustificava la necessaria presenza dell’ente Parco, trattandosi di intervento non ricadente nel perimetro dello stesso.
Nulla avrebbe vietato, peraltro (e forse il principio di leale collaborazione lo avrebbe addirittura consigliato) che anche detto Ente Parco venisse invitato.
4.5. Ribadita quindi la correttezza procedurale dell’iter seguito ( e la non sussistenza del vizio di legittimità a cagione dell’omessa convocazione dell’Ente parco) il Collegio ritiene che le censure avanzata avverso la parte del percorso motivazionale del primo giudice dedicata a dimostrare che l’intervento produceva un significativo impatto sull’ambiente e quindi ai sensi del comma 3 dell’art. 6 avrebbe necessitato l’esperimento della Vas non colgano nel segno e che appaia palese che l’Autorità competente abbia errato in sede di procedura ex art. 12, a non avere ritenuto che “venissero prodotti significativi effetti sull’ambiente” tali da determinarne la necessità di sottoporre il progetto a Vas.
Contrariamente a quanto sostenutosi nell’appello principale della Safer, non si tratta, nel caso di specie, di desumere detto ultimo elemento da elementi congetturali od ipotetici, ma di prendere atto che la consistenza dimensionale del progetto la necessità di un ampio intervento di natura viabilistica, il coinvolgimento di più comuni (già ex se fonte di problematiche di rilevante complessità, in relazione alle specificità possedute da ciascun territorio comunale) la modifica in senso rilevante della destinazione dell’area comportando la variazione di destinazione urbanistica da zona E - agricola a zona D3 – produttiva rendevano necessario l’esperimento della Vas.
E’ ben vero, che tale “cambio di destinazione” è insito in ogni variante: non è senza effetto, però, ai fini precauzionali e preventivi che costituiscono la ratio della introduzione della Vas nel sistema e che presiedono alla genesi dell’istituto in sede comunitaria, che possa ben essere diversamente apprezzata e ponderata una variante che implichi “nuova” urbanizzazione ed antropizzazione di un’area agricola rispetto a quella che, semplicemente, muti la destinazione di una area già urbanizzata o a tali fini destinata in sede previsionale.
Non coglie nel segno, quindi, la critica appellatoria secondo cui il primo giudice avrebbe immotivatamente sostituito il proprio convincimento a quello dell’organo tecnico deputato a svolgere la verifica di sottoponibilità fondandolo sulle citate circostanze.
4.5.1. L’appello indugia, con indubbia abilità, nell’evidenziare alcune affermazioni della impugnata decisione.
Esso, però, non oppone argomenti sostanziali alla considerazione del primo giudice che ha oggettivamente ravvisato una carenza valutativa, nell’ impatto “percentuale” dell’opera sul territorio del comune di Azzano Mella, che in virtù dell’assentito intervento le aree produttive sarebbero passate dal 26% circa del totale delle aree urbanizzate al 41% delle stesse (la superficie complessiva di Azzano Mella è di circa 10,5 km2) ed evidenzia l’impatto della detta “trasformazione”, nella non contestabile constatazione che ogni insediamento di aree produttive, (ed a fortiori se delle dimensioni di quello per cui è causa) è per sua natura portatore di un aggravio dei carichi urbanistici.
La verifica preliminare di sottoponibilità a Vas svolta, invece, sebbene dipanatasi in più occasioni (4 marzo e 31 marzo) e con il contributo anche di soggetti estranei al novero di quelli che avrebbero dovuto necessariamente parteciparvi, non appare immune dal (dimostrato, ad avviso del Collegio) vizio di omessa valutazione della possibile incidenza del progetto sull’ambiente (ed i richiami di cui alle pagg. 32 e 33 dell’appello in ordine ai chiarimenti richiesti alla Safer non fanno che rafforzare detta considerazione) tale da implicare l’intrapresa della procedura di Vas.
Il Collegio non può esimersi dal rilevare, che – anche soltanto avuto riguardo alla circostanza che le opere di viabilità necessarie nell’istruttoria di compatibilità svolta dalla Provincia non erano certamente modeste, tanto da rendere necessario trasformare in bretella autostradale la provinciale 19 raddoppiare le corsie della provinciale 9, realizzare una controstrada alla provinciale 9, allargare la provinciale 16 realizzare la variante all’abitato di Dello- la decisione di non pervenire alla Vas escludendola appare frutto di considerazioni in parte insufficienti ed in parte icto oculi apodittiche, e senz’altro collidenti con il precetto di cui al comma 3 del più volte citato art. 6 del codice ambiente e che tale parte dell’appello, pertanto, non meriti condivisione.
Ciò anche laddove si consideri che una pluralità di enti pubblici partecipanti a detta procedura di verifica di assoggettabilità avevano richiesto chiarimenti, espresso perplessità e dubbi, manifestato intendimento non favorevole alla scelta di concludere la verifica di assoggettabilità escludendo la Vas, il che rafforza vieppiù la convinzione che il provvedimento prot. 1932 in data 8/4/2009, recante verifica di esclusione dalla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) per la realizzazione di un centro di distribuzione e logistica merci fosse viziato.
4.6. Sebbene i riproposti motivi delle appellate sul punto siano improcedibili stante la conferma in parte qua della statuizione demolitoria, per mera aspirazione alla completezza ritiene il Collegio di non doversi sottrarre dall’esprimere il proprio convincimento con riguardo ai motivi di censura assorbiti in primo grado e riproposti dalle parti appellate afferenti alla procedura di Vas relativa al progetto SUAP.
4.6.1. A tale proposito, si rileva che non appariva accoglibile la censura riproposta dal Comune di Capriano del Colle e dal Parco regionale del Monte Netto a pag 23 della memoria di costituzione e tesa ad affermare la illegittimità della procedura di Vas a cagione del cumulo di funzioni (responsabile del procedimento e autorità competente per la Vas) rivestite dall’Architetto Ferrari.
In sede di illustrazione del motivo riproposto parte appellata fa riferimento ad una incompatibilità “logica, prima che giuridica” (pag 24 della memoria datata 10 febbraio 2012).
Senonchè il Collegio non ravvisa ragioni di discostarsi da quanto di recente affermato dalla Sezione nella decisione n. 133/2011 (che pure parte appellata richiama nella propria memoria e che di seguito verrà nuovamente menzionata) secondo cui “Poiché la valutazione ambientale strategica (v.a.s.) non è configurata come un procedimento o un subprocedimento autonomo rispetto alla procedura di pianificazione è legittima e anzi quasi fisiologica l'evenienza che l'autorità competente alla v.a.s. sia identificata in un organo o ufficio interno alla stessa autorità procedente.”
Da tale principio si è fatto condivisibilmente discendere il corollario per cui l'autorità competente alla VAS non deve essere necessariamente individuata in una pubblica amministrazione diversa da quella avente qualità di "autorità procedente"; se dalle definizioni di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 152/2006 risulta infatti chiaro che entrambe le autorità de quibus sono sempre "amministrazioni" pubbliche, in nessuna definizione del Testo Unico. ambientale si trova affermato in maniera esplicita che debba necessariamente trattarsi di amministrazioni diverse o separate (e che, pertanto, sia precluso individuare l'autorità competente in diverso organo o articolazione della stessa, amministrazione procedente). Tale conclusione appare confortata dalle modifiche apportate al d.lgs. n. 152 del 2006 dal recentissimo d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, laddove già a livello definitorio si distingue tra il "parere motivato" che conclude la fase di VAS [art. 5, comma 1, lett. m)], e il "provvedimento" di VIA [art. 5, comma 1, lett. p)]: a conferma che solo nel secondo caso, e non nel primo, si è in presenza di una sequenza procedi mentale logicamente e ontologicamente autonoma.
In sede di confutazione del motivo riproposto, peraltro, l’appellante società ha condivisibilmente evidenziato che avuto riguardo alle dimensioni del comune procedente (Azzano Mella è abitato da meno di 2000 abitanti) non sarebbe razionale una previsione contraria, avuto riguardo al numero contenuto di funzionari costituenti l’amministrazione comunale della quale è possibile disporre. L’aspirazione alla “assoluta terzietà” che traspare nel motivo di ricorso riproposto non può essere avulsa da valutazioni relative al contesto nell’ambito del quale ci si trova ad operare: in carenza di un regime di incompatibilità normativamente prefissato ovvero evincibile in via interpretativa da disposizioni comunitarie cogenti.
5. Così respinto, in parte, il primo caposaldo dell’appello, ed affermata la illegittimità del provvedimento prot. 1932 in data 8/4/2009, recante verifica di esclusione dalla Valutazione Ambientale Strategica e della deliberazione del Consiglio comunale di Azzano Mella del 20. 2. 2010 di approvazione della variante per insediamenti produttivi ex d.p.r. 447/98 relativa al polo logistico in questione appare necessario esaminare in questa sede l’ulteriore profilo della critica appellatoria (ribadito a pag. 15 dell’articolata memoria dell’ appellane datata 1 marzo 2012) relativo alla supposta “equipollenza” della Vas espletata sul PGT in quanto quest’ultimo era comprensivo del progetto sottoposto a SUAP le cui valutazioni sostanziali furono “recepite” (nel senso dell’assenza di pericoli di compromissione ambientale) sia il 23/11/2009 che con la deliberazione nella sostanza confermativa in data 17/9/2010 sulla quale comunque di seguito ci si soffermerà.
La detta tematica è stata esaminata al capo IX della impugnata decisione ( nel cui incipit il primo giudice così ha tratteggiato la problematica allo stesso devoluta:” la difesa della controinteressata molto ha insistito sulla circostanza che, approvato il P.G.T., sarebbero state sanate le asserite irregolarità della procedura in variante semplificata, ma in realtà nulla è stato sanato, non fosse altro che perché anche il P.G.T. è, a sua volta, illegittimo.”).
5.1 Va anzitutto ribadito che tale prospettazione ontologicamente “subordinata” avanzata dall’appellante era stata già esplicitata in primo grado, e riveste, sostanzialmente la portata di una eccezione “paralizzante” rispetto ai motivi di ricorso prospettati dalle appellate in primo grado, che sottolineavano la contraddittorietà degli atti abilitativi rilasciati in quanto contraddittoriamente fondati sulla esclusione della Vas in sede di Suap e sulla Vas espletata in sede di Pgt, e sui vizi propri attingenti tale ultimo procedimento.
Ritiene pertanto il Collegio che si debba apprezzare complessivamente la valenza della doglianza, esaminando congiuntamente i detti aspetti (il primo motivo di censura riproposto dal Comune di Dello ribadisce e ripropone il profilo della doglianza di primo grado teso a stigmatizzare la contraddittorietà della delibera approvativa del progetto laddove questa, da un canto richiamava il procedimento di esclusione della Vas in seno al SUAP e poi faceva comunque riferimento alla vas effettuata in seno al PGT del Comune di Azzano).
5.1.1. Ciò però, nei limiti in cui la complessa questione riveste interesse nell’ambito del presente giudizio.
Invero deve essere considerato che è rimasta incontestata l’affermazione del primo giudice secondo cui il titolo legittimante la realizzazione del progetto di cui trattasi non si rinviene nel PGT ma nel provvedimento di approvazione della variante del 20.2.2010 (e successivo permesso di costruire del 5 ottobre 2010).
Invero allorchè si procedette al rilascio del permesso di costruire (e coeva convenzione urbanistica, gli atti unilaterali ) era in corso l’iter di approvazione del P.G.T.
Esso era stato approvato pochi giorni prima (23 settembre 2010) ma era ancora in regime di mera salvaguardia (per la decorrenza dei termini per la pubblicazione) e non era ancora entrato in vigore per ciò che concerne le misure ampliative.
Ne consegue che – non potendo il permesso di costruire trovare fonte nel Pgt- la verifica del Collegio sarà limitata al punto di interesse nodale per il presente procedimento, rappresentato dalla verifica della fondatezza della prospettazione della Safer secondo cui se anche si fosse ritenuto che si era errato nell’ escludere l’effettuazione della Vas in sede di Suap, l’avvenuta effettuazione (positiva)della Vas sul Pgt “nuovo”, comprensiva del progetto di che trattasi avrebbe eliso ogni irregolarità.
5.2. E’ il caso di rilevare, di converso, che ove il Collegio avesse ritenuto immune da censure il procedimento seguito ex art. 12 del d.Lgs 152/2006 sfociato nella delibera di non sottoposizione del progetto a Vas non vi sarebbe stata ragione di esaminare detto profilo apparendo evidente che la dichiarata illegittimità del PGT del Comune di Azzano Mello non avrebbe potuto implicare la conseguente illegittimità della delibera approvativa della variante Suap e degli atti ad essa consequenziali e connessi.
La condivisione, da parte di questo Collegio, e nei limiti prima precisati, del convincimento del primo giudice secondo cui si sarebbe dovuto sottoporre a vas il progetto in sede di Suap stante gli innegabili impatti significativi sull'ambiente che la imponente opera era in grado di produrre impone la delibazione in ordine anche a tale profilo.
5.2.1. Si rammenta in proposito che la impugnata decisione ha da un canto dichiarato illegittimo il PGT del comune di Azzano per asserite irregolarità della procedura di Vas espletata in seno al procedimento di approvazione dello stesso (non è ben chiaro al Collegio se da tale declaratoria il primo giudice avesse fatto – o meno- discendere conseguenze anche sull’avversato progetto); si ribadisce altresì, come già segnalato nella parte in fatto della presente decisione, che anche il Comune di Capriano con la propria memoria di costituzione (secondo motivo di censura ivi contenuto) ha riproposto le tematiche relative alla situazione di incompatibilità in cui versava l’autorità che ha effettuato la Vas sottesa al PGT.
5.3. Pur non volendo indulgere in superflue ripetizioni va in proposito ribadito (la cronologia degli accadimenti è essenziale al fine di comprendere il sovrapporsi dei diversi procedimenti amministrativi) che il procedimento ex art. 12 del d.Lgs. 152/2006 teso a verificare la sottoponibilità a Vas del progetto presentato in sede di SUAP ebbe a culminare nella delibera di esclusione dell’ 8 aprile 2009 (la richiesta di permesso di costruire era stata presentata dalla Safer il 7 ottobre 2008; la richiesta di variante SUAP il 29 novembre 2008;la conferenza di servizi SUAP indetta il 9 febbraio 2009 si era riunita una prima volta il 15 aprile 2009 e si concluse il 22 dicembre 2009; la delibera di approvazione definitiva della variante da parte del Comune è del 20 febbraio 2010 ).
Prima che le dette richieste fossero state presentate, in data 3 novembre 2007, con delibera giuntale n. 86 il Comune di Azzano Mella aveva avviato il progetto di approvazione del PGT; parimenti prima della richiesta avanzata dalla Safer volta ad ottenere il permesso di costruire, in data 2 gennaio 2008 venne pubblicato l’avviso dell’avvio della procedura di Vas che si articolò in tre segmenti (tutti antecedenti alla presentazione della richiesta di permesso di costruire da parte dell’appellante, nell’anno 2008) e che in data 27 ottobre 2009 diede luogo ad una ulteriore conferenza di valutazione.
In detta ultima occasione, effettivamente, gli elaborati di piano davano conto della richiesta presentata dalla Safer e del progetto sino a quel momento progredito in seno alla procedura SUAP: l’autorità competente alla procedura Vas sottesa al PGT, nell’esaminare l’insieme, diede atto della circostanza che l’intervento oggetto del SUAP era compatibile con l’ambiente.
5.3.1 Fermandosi per un attimo ad esaminare le conseguenze di detto intersecarsi del procedimento SUAP con quello di approvazione del PGT, sostengono le parti appellate che detto procedimento Vas espletato in seno al PGT non varrebbe (contrariamente a quanto sostenutosi nell’appello) a “sanare” la mancanza espressa di Vas in seno al Suap, e che anzi risulterebbe contraddittorio che la delibera di approvazione della variante facesse riferimento, da un canto, alla esclusione della Vas in seno al procedimento Suap “dedicato” allo specifico progetto, e, poi, alla Vas “positiva” in relazione al PGT.
5.3.2. Il Collegio – che prima ha rimarcato la illegittimità della esclusione della Vas in sede di procedimento SUAP- concorda con la superiore prospettazione.
5.3.2.1. Va premesso che il d.Lgs n. 152/2006 non dispone espressamente alcunché sul punto. E d’altro canto la eventualità che la valutazione su un progetto autonomo in sede di SUAP coincida temporalmente con la (giocoforza più ampia, in via di principio) valutazione delle problematiche ambientali sottese all’approvazione del PGT (che finisca con il ricomprendere anche la progettata variante SUAP) non è evenienza che si presti ad essere specificamente normata.
Nel dare atto che il comma 1 dell’art. 6 più volte citato fa riferimento indifferentemente ai “piani od ai programmi” non ravvisa il Collegio alcun elemento ostativo a che, in via puramente teorica, gli esiti di una Vas espletata sul PGT, ove comprensivi del singolo progetto in variante, possano essere “traslati” (sia l’esito di quest’ultima favorevole o sfavorevole, ovviamente) su quest’ultimo.
5.3.3. Senonchè, trascura l’appellante Safer di prendere in considerazione un rilevante aspetto della problematica, che non involge valutazioni meramente formali o nominalistiche.
Essa infatti (che ha peraltro richiamato a pag. 5 della propria memoria datata 9 marzo 2012 la recente pronuncia del Tar della Lombardia n. 3170/2011 che avvalorerebbe la prospettazione appellatoria) si spinge ad affermare la tesi secondo cui la Vas (comprensiva del progetto in variante SUAP) espletata sul PGT in corso di approvazione, consentendo di valutare le ricadute del progetto in variante sotto un angolo prospettico più ampio possa essere maggiormente utile rispetto ad una Vas sul singolo progetto in variante (quest’ultima giocoforza rapportata al PRG vigente all’epoca e destinato ad essere superato dal PGT adottato ed approvato).
L’appellante oblia così di considerare che la valenza dell’intervento progettato non era meramente comunale, ma investiva un’area più ampia di quella coincidente con il comune di Azzano Mella, come pacificamente riconosciutosi per tabulas in precedenza, proprio in sede di conferenza di servizi in sede di Suap, laddove non a caso erano stati invitati anche altri comuni (Capriano del Colle, ed il comune di Dello stante la circostanza che l’intervento ricadeva in area assai prossima al confine di quest’ultimo).
La “insurrogabilità” della (omessa) Vas in sede di suap con quella (effettivamente espletata) sottesa al PGT non riposa nella (insussistente) dimostrazione che il progetto SUAP tenuto presente dalla Vas sottesa al PGT fosse diverso da quello approvato in sede di variante nel febbraio 2010, ma scaturisce dal fatto che la Vas sottesa al PGT, in quanto ontologicamente limitata ad apprezzare aspetti di interesse strettamente afferenti a quel singolo territorio comunale, non teneva conto della portata sovracomunale degli interessi ambientali “interessati” dal progetto ( stante la ampiezza di questo, la necessità di opere viabilistiche di potenziamento di natura provinciale, etc) e la specifica Vas in seno al SUAP in quanto incentrata sul progetto medesimo avrebbe potuto apprezzare anche le sue ricadute sovracomunali (elementi questi, non pertinenti alla Vas relativa al PGT relativa all’intero territorio comunale di Azzano Mello, e solo a quest’ultimo).
Di converso, la Vas sottesa al Pgt, oltre a non ponderare gli interessi sovracomunali intersecantisi con il progetto, in quanto rapportata ad una ambito territoriale coincidente con il (solo) comune procedente, non appare idonea a valutare compiutamente le specificità delle problematiche afferenti al singolo progetto (come sarebbe invece giocoforza dovuto avvenire laddove fosse stata effettuata la Vas sottesa al Pgt: più specifica, maggiormente centrata sull’ambito territoriale di interesse, ed altresì idonea a ponderare gli interessi sovracomunali coinvolti, estranei al Pgt).
La “ontologica diversità” delle procedure di Vas esperibili sostenuta nelle proprie memorie dalle appellate, non appare petizione di principio non supportata da riscontro, e postulante una duplicazione di procedure, sebbene incidenti sugli stessi effetti, ed una visione formalistica della valutazione ambientale strategica lontana dagli scopi e dalle funzioni di tale procedimento: la oggettiva non coincidenza degli interessi valutati (e valutabili) nelle due occasioni cui si è fatto cenno più volte impedisce di affermare la fungibilità della procedura di cui illegittimamente si è negata la necessità in sede di Suap con quella in seguito espletata (e, stante la natura precauzionale e preventiva della Vas neppure potrebbe fondatamente affermarsi che la verifica approvativa sovraordinata, intervenendo ex post, avrebbe garantito la ponderazione degli interessi e delle problematiche sovra comunali riconosciute sussistenti, pacificamente, in sede di Suap).
5.4. Anche tale articolazione “subordinata” dell’appello della Safer, conclusivamente, non merita condivisione, dovendosi incidentalmente rimarcare che la (invocata dall’appellante) decisione del Tar della Lombardia n. 3170/2011 non avvalora convinzioni diverse e non appare del tutto pertinente alla fattispecie oggetto della odierna delibazione (in quanto ivi si faceva riferimento ad interventi tutti interni al comune di San Donato Milanese ed il fulcro della detta pronuncia riposa nell’affermazione per cui “la diversità del titolo in forza del quale è attuata la cessione delle aree -il p.i.i. prevede il trasferimento delle aree poste in località Monticello a scomputo di standard monetizzati, mentre il p.g.t. ne dispone il trasferimento a titolo di perequazione- non si traduce, quindi, in una differente dotazione di standard. Pertanto ripetere la valutazione ambientale strategica, già effettuata con riferimento a previsioni sostanzialmente analoghe, nel corso del procedimento di adozione del piano di governo del territorio, avrebbe rappresentato un'inutile e gravatoria duplicazione.”).
E’ evidente la non accostabilità e men che meno sovrapponibilità delle detta vicenda processuale a quella oggetto della detta delibazione.
5.4.1.Da quanto si è finora esposto discende, con le conseguenze che meglio saranno precisate di seguito, il convincimento che non soltanto (come prima chiarito) il processo di Vas sia illegittimamente mancato in sede di Suap, ma che tale lacuna non sia colmabile “utilizzando” la Vas del Pgt e non già – come sostenutosi nell’appello che tende a sminuire se non ad obliare la sussistenza di tale non coincidenza degli interessi valutabili -per motivi meramente formali e nominalistici, ma per ragioni sostanziali afferenti alla circostanza che gli interessi ed i profili che sarebbe stato necessario esaminare in sede di Vas afferente alla procedura Suap erano ben più ampi, compositi, e soggettivamente molteplici, rispetto a quelli relativi al (solo) territorio comunale di Azzano Mello.
5.5. Il primo giudice nell’affermare sussistente la lamentata contraddittorietà dell’atto abilitativo rilasciato, ha inoltre escluso la regolarità del procedimento di Vas sotteso al PGT e, per conseguenza, ex art. 11 comma 5 del d.Lgs n. 152/2006 la illegittimità di quest’ultimo.
5.5.1. Il Collegio, a fini di mera completezza per quanto si è evidenziato prima, rileva che, ferma la non “traslabilità” della Vas effettuata sul PGT con portata “surrogante” della omessa effettuazione in sede di Suap, non possono condividersi le motivazioni sottese alla riscontrata illegittimità “intrinseca” del detto procedimento di Vas sotteso al PGT e, conseguentemente, la statuizione demolitoria attingente il detto atto.
5.5.2. La ratio dell’accoglimento della censura da parte del primo giudice è compendiata nelle proposizioni che di seguito per esteso si riportano: “ la procedura di valutazione ambientale strategica in seno al P.G.T. è iniziata il 22. 1. 2008, e si è snodata attraverso una serie di passaggi procedurali, fino al 26. 3. 2010 (data di adozione del P.G.T.) ed al 23. 9. 2010 (data di approvazione finale dello stesso);eppure, l’autorità procedente cui è stata imputata la valutazione ambientale strategica è stata nominata soltanto il 9. 9. 2010 (quando l’ing. Vavassori, estraneo all’amministrazione di Azzano Mella, ha sostituito come responsabile della V.A.S. l’ing. Ferrari, tecnico interno al Comune), ed il 16. 9. 2010 ha concluso i lavori stendendo il documento finale di V.A.S. che poi una settimana dopo è confluito nell’approvazione finale del P.G.T.; è impossibile non notare come la V.A.S. sia stata condotta da soggetto diverso da quello cui si è deciso di imputarla formalmente; un simile modo di procedere non è conforme al dettato degli invocati artt. 6 e 11 del codice dell’ambiente, che pur non escludendo espressamente la possibilità di sostituire in corso d’opera il soggetto responsabile della V.A.S., non concentrano le attribuzioni relative alla valutazione ambientale strategica soltanto nel provvedimento finale, ma le spalmano sulla intera procedura”.
Pare al Collegio che le conclusioni cui è approdata la impugnata decisione – le cui essenziali articolazioni motive sono state sinora pedissequamente richiamate- non tengano conto né delle circostanze in cui è maturata la “sostituzione” dell’autorità competente ad effettuare la Vas, né della decisione di questa Sezione del Consiglio di Stato n. 133/2011, di riforma della sentenze del T.A.R. della Lombardia nn. 1526/2010 e n. 1554/2010.
Del pari le memorie delle appellate –ad avviso del Collegio- obliano sul punto i principi di diritto discendenti dalla citata decisione della Sezione, dai quali il Collegio non ravvisa motivo di discostarsi.
5.5.3. Procedendo con ordine, si evidenzia che con delibera n. 112 del 20 dicembre 2008 il Comune di Azzano Mella aveva nominato l’autorità competente per la Vas nella persona del responsabile dell’Area tecnica urbanistica ed Edilizia Privata (Ing. Ferrari).
Ciò in considerazione della circostanza che , nella Regione Lombardia, in attuazione del comma 1 dell’art. 4 della legge regionale nr. 12 del 2005, (“Al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile ed assicurare un elevato livello di protezione dell'ambiente, la Regione e gli enti locali, nell'ambito dei procedimenti di elaborazione ed approvazione dei piani e programmi di cui alla direttiva 2001/42/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente e successivi atti attuativi, provvedono alla valutazione ambientale degli effetti derivanti dall'attuazione dei predetti piani e programmi. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva gli indirizzi generali per la valutazione ambientale dei piani, in considerazione della natura, della forma e del contenuto degli stessi. La Giunta regionale provvede agli ulteriori adempimenti di disciplina, in particolare definendo un sistema di indicatori di qualità che permettano la valutazione degli atti di governo del territorio in chiave di sostenibilità ambientale e assicurando in ogni caso le modalità di consultazione e monitoraggio, nonché l'utilizzazione del SIT.
Sono sottoposti alla valutazione di cui al comma 1 il piano territoriale regionale, i piani territoriali regionali d'area e i piani territoriali di coordinamento provinciali, il documento di piano di cui all'articolo 8, nonché le varianti agli stessi. La valutazione ambientale di cui al presente articolo è effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura di approvazione.
Per i piani di cui al comma 2, la valutazione evidenzia la congruità delle scelte rispetto agli obiettivi di sostenibilità del piano e le possibili sinergie con gli altri strumenti di pianificazione e programmazione; individua le alternative assunte nella elaborazione del piano o programma, gli impatti potenziali, nonché le misure di mitigazione o di compensazione, anche agroambientali, che devono essere recepite nel piano stesso. Sino all'approvazione del provvedimento della Giunta regionale di cui al comma 1, l'ente competente ad approvare il piano territoriale o il documento di piano, nonché i piani attuativi che comportino variante, ne valuta la sostenibilità ambientale secondo criteri evidenziati nel piano stesso".”) erano state emanate dapprima la delibera del Consiglio Regionale nr. VIII/351 del 13 marzo 2007 ("Indirizzi generali per la valutazione di piani e programmi") e quindi la delibera di Giunta Regionale nr. VIII/6420 del 27 dicembre 2007, con cui era stata disciplinata nel dettaglio la procedura di V.A.S.
Per quanto qui interessa, l'art. 3.2 dell'allegato 1 a tale ultima delibera prevedeva: "L'autorità competente per la VAS, avente i requisiti di cui alla lettera i) - punto 2.0 degli Indirizzi generali, è individuata dall'autorità procedente con atto formale reso pubblico mediante inserzione su web (vedi allegato 3). Tale autorità è individuata all'interno dell'ente tra coloro che hanno compiti di tutela e valorizzazione ambientale".
Come è noto, con la decisione n. 1526/2010 il Tar della Lombardia – Sede di Milano- aveva dichiarato illegittime le suindicate disposizioni, alla stregua dell’affermazione per cui “la procedura di valutazione ambientale strategica (v.a.s.), che è preliminare all'adozione di un piano, richiede che l'autorità competente, chiamata a compiere l'attività di valutazione ambientale offra idonee garanzie non solo di competenza tecnica e di specializzazione in materia ambientale, ma anche di imparzialità e di indipendenza rispetto all'autorità procedente che ha elaborato il piano; di conseguenza è illegittimo lo strumento urbanistico generale per la cui valutazione ambientale strategica il Comune abbia designato come "autorità competente" propri dipendenti.”
Con la decisione n. 133/2011 dianzi richiamata il Consiglio di Stato ha annullato la detta decisione del Tribunale amministrativo di Milano, sostanzialmente ribadendo la piena legittimità dell’affidamento a propri dipendenti del parere sulla Vas da parte dell’Autorità procedente.
5.5.4. La suindicata vicenda processuale si innesta nell’odierna controversia sotto un duplice profilo: storico, e giuridico.
Sotto il profilo storico perché, a seguito della citata decisione del Tar Lombardia – Sede di Milano- poi riformata, che riguardava il comune di Cermegnate, l’amministrazione comunale di Azzano Mella (ovviamente ancora non era stata discussa in Consiglio di Stato la causa d’appello avverso la detta decisione, né era stata pubblicata la relativa decisione della Sezione n. 133/2011) sostituì, quale responsabile della Vas, il funzionario prima designato con il responsabile dell’area Tecnica del Comune di Iseo.
Sotto il profilo giuridico perché è evidente che, alla stregua del principio di diritto affermato nella (superveniens, rispetto al momento della sostituzione) decisione della Sezione n. 133/2011 detta sostituzione non sarebbe stata necessaria.
Il Comune ha agito in base ad elementari canoni di prudenza, all’evidenza per evitare che, ove i principi di diritto affermati nella sentenza del Tar Lombardia – Sede di Milano- n. 1526/2010 fossero stati confermati in appello ne venisse caducato il proprio PGT in corso di approvazione.
Ed appare utile rammentare che, proprio nel giudizio d’appello culminato nella sentenza n. 133/2011 era stata avanzata l’eccezione di inammissibilità per acquiescenza, degli appelli ivi proposti dalle Amministrazioni “avendo l'Amministrazione provveduto, in epoca successiva all'impugnata sentenza, a dotarsi di nuove disposizioni relative all'individuazione dell'autorità competente alla valutazione ambientale strategica (V.A.S.), prendendo dunque atto dell'illegittimità delle precedenti determinazioni in materia.”.
Detta eccezione è stata respinta dalla Sezione alla stregua del condivisibile ragionamento per cui “la complessità dell'azione amministrativa ben può imporre, talvolta, all'amministrazione, di adottare statuizioni di amministrazione attiva che si conformino ad una decisione demolitoria pur soggetta ad impugnazione, senza al contempo recedere dal convincimento della esattezza delle determinazioni originariamente poste in essere ed annullate in sede giurisdizionale, con conseguente permanere dell'interesse alla impugnazione;”.
5.5.5. Dato atto di questi pregressi accadimenti può ora facilmente comprendersi perché il Collegio ritenga di non condividere le affermazioni del Tribunale amministrativo attingenti la illegittimità “intrinseca” della Vas espletata.
Sotto un primo profilo, infatti, non può dubitarsi che proprio in virtù del principio di diritto affermato nella sentenza n. 133/2011 della Sezione l’operato dell’Autorità procedente alla Vas, originariamente designato, non fosse in alcun modo censurabile in relazione alla circostanza che era stato designato un dipendente dell’amministrazione procedente.
Se il primo giudice, quindi, riteneva che la Vas fosse stata “imputata” solo formalmente al funzionario (di altro comune) subentrante, ma fosse restata ascrivibile a quello
originariamente designato, conseguenzialmente, avrebbe dovuto ritenere il complessivo agire amministrativo del comune immune da censure, proprio in quanto conforme ai principi di diritto espressi nella decisione della Sezione n. 133/2011.
5.5.6. Ma v’è di più.
Il Collegio non concorda neppure con la affermazione per cui la Vas sul PGT sarebbe stata “imputata” ad altro funzionario che avrebbe“ solo firmato” atti redatti da altri, e che pertanto sarebbe illegittima.
Né nella legge regionale della Lombardia n. 12/2005 né nel d.Lgs n. 152/2006 né, in alcun settore del diritto amministrativo è riscontrabile un principio quale quello che traspare dall’avversato capo della sentenza che postuli la immodificabilità “fisica” dei funzionari preposti ad una data attività.
L’atto amministrativo è “imputato” al soggetto che lo sottoscrive e lo fa proprio, anche se, per avventura, altro funzionario persona fisica avesse concorso ad elaborarlo in tutto od in parte.
Il principio appare coerente alla necessari età, continuità ed indefettibilità dell’azione amministrativa, ed è l’unico che si armonizzi con il precetto di “buona amministrazione” consacrato nell’art. 97 della Carta Fondamentale, impedendo che per accadimenti fisiologici (morte, dimissioni, incompatibilità, trasferimento,) che attingano il singolo funzionario debba verificarsi una retrogradazione degli atti del procedimento alla fase iniziale con pregiudizio alla celerità dell’azione amministrativa.
Nel caso di specie a cagione degli accadimenti di cui si è prima detto, gli atti fino a quel momento compiuti (legittimamente, in base alla più volte citata decisione n. 133/2011) sono stati “ripresi”, e fatti propri, da altro funzionario, dipendente di altro comune.
Nessuna illegittimità può pertanto riscontrarsi da tale doppia valutazione (ancorchè, come è ovvio, il parere vada formalmente e sostanzialmente “imputato” al soggetto sottoscrittore, che ha peraltro fatto propri espressamente gli atti sino a quel momento posti in essere).
Tutte le altre illegittimità ravvisate dalla decisione oggetto della odierna impugnazione sull’argomento, non appaiono al Collegio sussistere: in particolare, la critica alla nomina “ad hoc” dell’autorità competente, in violazione del principio di “predeterminazione”, non tiene conto della situazione concreta in cui la nomina ebbe luogo, e soprattutto, condotta alle estreme conseguenze, sembra ipotizzare quale soluzione possibile, la inaccettabile retrogradazione alla fase iniziale della valutazione Vas, con conseguente rinvio incidente sull’approvazione del PGT.
In ultimo, la circostanza che il “nuovo” responsabile della Vas Ing. Vavassori fosse stato nominato in un torno di tempo immediatamente antecedente al momento in cui rese il parere non implica che le valutazioni stesse non possano essere allo stesso ascrivibili, salvo a volere ipotizzare un difetto di istruttoria (ma forse dovrebbe affermarsi di “studio”) in verità neppure adombrato e comunque difficilmente dimostrabile.
6. Nei termini sinora esposti,e con le precisazioni sinora fornite, e rammentato il disposto di cui all'art. 11, comma 5 del d.l.vo n. 152/2006 ("La VAS costituisce, per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge") deve pertanto affermarsi che dall’illegittimo omesso espletamento della vas in seno alla procedura Suap ( e correlativa illegittimità del provvedimento prot. 1932 in data 8/4/2009, recante verifica di esclusione dalla Valutazione Ambientale Strategica –VAS- per la realizzazione di un centro di distribuzione e logistica merci) e dalla non “surrogabilità” di tale omissione con la Vas espletata in seno al PGT discende la illegittimità derivata della deliberazione conclusiva di approvazione della variante semplificata per insediamenti produttivi del 20. 2. 2010 e del permesso di costruire, la convenzione urbanistica e gli atti unilaterali ad essa accessivi ( che trovano fondamento urbanistico nella variante per insediamenti produttivi approvata il 20. 2. 2010) e deve essere pertanto respinto l’appello principale.
Possono essere assorbite, in virtù di quanto dianzi evidenziato, le ulteriori doglianze ivi contenute relative alla questione dell’omesso espletamento della Via, quelle relative alla riscontrata violazione di legge, (artt. 2 e 5 d.p.r. 447/98) e di eccesso di potere per difetto di motivazione ed istruttoria per omessa ricognizione del fabbisogno di nuovi impianti produttivi con riferimento alla delibera del 20. 2. 2010 di approvazione finale della variante semplificata per insediamenti produttivi, e quelle concernenti la tematica relativa alla asserita illegittimità della predetta variante per insediamenti produttivi di cui alla procedura SUAP e del PGT adottato dal Comune di Azzano Mella– quanto alla allocazione dell’impianto per cui è causa nell’area prescelta- in quanto contrastanti con le previsioni del PTCP.
Devono essere dichiarate improcedibili per carenza di interesse le doglianze incidentalmente formulate dalle parti appellate.
7. Le spese processuali del doppio grado di giudizio, stante la rilevante complessità della controversia e la non integrale soccombenza dell’appellante principale devono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando sull'appello, numero di registro generale 9967 del 2011come in epigrafe proposto, lo respinge nei termini e con le precisazioni di cui alla motivazione e per l’effetto conferma la impugnata decisione,previa declaratoria di improcedibilità delle censure incidentalmente proposte dalle parti appellate.
Spese processuali compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)