PROGETTI E IDEE PER IL PROSSIMO VERTICE DI CANCUN
di Luigi Antonio PEZONE
A meno di 50 giorni dalla prossima conferenza mondiale dell’ONU sui cambiamenti climatici del 29 novembre a Cancùn (Messico), e a pochissimi giorni della riunione dei ministri dell’ambiente UE del 14/10 per trovare una posizione comune in vista di quel vertice, il direttore del ministro dell’ambiente, Corrado Clini, a margine del convegno dedicato al cambiamento climatico organizzato a Roma il 4/10 dalla Fondazione Formiche ha dichiarato: “Mi sembra molto azzardato sostenere che il protocollo di Kyoto abbia prodotto risultati in termini di abbattimento di emissioni. Intanto gli Usa non hanno aderito all’accordo e poi il trend in calo registrato in Europa è dovuto principalmente al cambio delle tecnologie nel settore dei trasporti e della produzione di energia”. “Il protocollo di Kyoto viceversa – dice provocatoriamente Clini – ha prodotto miliardi di emissioni in termini di viaggi effettuati dalle 130 delegazioni internazionali per partecipare ai negoziati: solo quest’anno, e siamo solo a ottobre, abbiamo avuto 100 giorni di meeting tra Messico, Cina Usa e Europa”. Per quello che riguarda il futuro Clini è stato molto esplicito. “I ministri europei dell’ambiente - ha infatti proseguito, dovrebbero cominciare a porsi nell’ottica che il nucleare è una tecnologia utile per ridurre le emissioni. (http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=1214159).
Il sottoscritto concorda pienamente con le affermazioni del direttore Clini sul fallimento degli obiettivi di Kyoto che, purtroppo, non si possono negare, ma per quanto riguarda il passaggio al nucleare, senza entrare nel merito delle legittime scelte governative, vorrebbe far notare all’egregio direttore, che difficilmente l’Italia potrà condizionare la Germania, paese guida europeo, a ritornare al nucleare abbandonato nel 2000. Ciò premesso, si domanda perché si continuano a prospettare sempre le stesse soluzioni, senza prenderne altre, più sostenibili, in considerazione? In un recente articolo, pubblicato su www.lexambiente.it, dal titolo COME DEPURARE I FUMI E IL CO2 DELLE CENTRALI TERMICHE FOSSILI E I GAS DI SCARICO DEGLI AUTOVEICOLI NEI DEPURATORI DELLE ACQUE COPERTI, il sottoscritto, crede di aver dimostrato che è possibile ottenere energia pulita anche con i combustibili fossili (compreso il carbone), se si abbinano le centrali termiche ai grandi impianti di depurazione coperti descritti in un altro articolo dal titolo: DEPURATORI COPERTI PER ACQUE FLUVIALI E URBANE CON CONSUMO DI CO2 E PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA SOLARE NEL CONTESTO DI UNA DEPURAZIONE GLOBALE.
In questo articolo, il sottoscritto, cercherà di essere ancora più esplicito su queste proposto aggiungendo nuovi elaborati.
Il vero problema dell’umanità è l’acidificazione oceanica, non fosse altro che per la dimensione del fenomeno, che riguarda i due terzi della superficie del pianeta e ben 1.320.000.000 km3 di acqua Gli oceani immagazzinano calore, acqua, sale e diossido di carbonio, e trasportano questi componenti nelle varie zone della superficie del pianeta. L'acqua degli oceani conserva all'incirca un migliaio di volte il calore conservato dall'atmosfera. Gli scienziati concordano che le intensificazioni delle attuali catastrofi climatiche dipendono anche e soprattutto dalle importanti variazioni subite dal binomio Oceani - CO2. Controllando l’alcalinità degli Oceani, controlleremo anche le emissioni di CO2, molto al di la di ogni aspettativa di Kioto. Sarebbe ora che il nostro paese si presentasse a un vertice importante con un progetto veramente innovativo, sostenibile, condivisibile e di portata mondiale.
Secondo molti autorevoli studi, con i tassi attuali di inquinamento e di emissione di CO2 il pH degli oceani dovrebbe scendere di altre 0,3-0,5 unità entro il 2100: prima che l’oceano ritorni naturalmente ai livelli d’acidità precedenti al 1.800 occorrerebbero almeno 10.000 anni di sana politica ambientale
Un gruppo di geologi dell’Università Statale di Milano e Zurigo ha analizzato un evento di circa 120 milioni di anni fa, assodando che l’evento produsse importantissime “mutazione genetiche” di alcune specie: divenute nane o malformate probabilmente come strategia adattativa per sopravvivere in acque divenute acide. Dal punto di vista evolutivo, la crisi di questi organismi non produsse estinzioni. Tuttavia, gli studiosi ricordano che gli esempi geologici presi in considerazione si sono sviluppati su archi temporali di decine di migliaia di anni, il che ha dato agli organismi la possibilità di adeguarsi a concentrazioni di CO2 così alte, mentre i cambiamenti in atto stanno avvenendo a tassi molto più veloci e dunque non è certo che gli organismi avranno a disposizione tempi sufficientemente lunghi per adottare strategie di vita vincenti. Dobbiamo aggiungere alle considerazioni fatte dagli studiosi, che 120 milioni di anni fa, oltre al CO2, non c’era l’inquinamento provocato dall’uomo, che attraverso i fiumi trasportano negli oceani composti sostanze inquinanti di tutti i tipi, anziché trasportare i carbonati per combattere l’acidificazione. Probabilmente è questo il fattore che ha accelerato la velocità di acidificazione dei nostri tempi anche se nessuno lo dice per non processare i sistemi depurativi, attuali, chi li ha concepiti e chi non li vuole cambiare. Infatti, se andiamo ad esaminare il PH oceanico questo è minimo in corrispondenza delle coste (fino a un valore 7,5) ed è costante (8,1) al largo dei vari oceani. Questo significa che esistono fenomeni naturali (immissioni di acque dolci) e antropici (inquinamento) che influiscono localmente sull’acidificazione a prescindere dalle emissioni di CO2, che avrebbero comportato un più uniforme abbassamento del PH in tutte le acque del pianeta. Essendo gli oceani paragonabili a una gigantesca soluzione tampone , che segue una curva di acidificazione logaritmica il cui primo tratto è quasi orizzontale, se non vogliamo proseguire nel tratto di discesa esponenziale del PH, appena imboccato, dobbiamo ripristinare la soluzione tampone dovunque mostri cedimenti. O meglio, avremmo dovuto farlo già da molto tempo. Se non lo facciamo l’ alternativa è una lenta apocalisse alla quale le generazioni future non potranno porre rimedio pur adottando le stesse soluzione, se verranno comprese almeno da loro.
Nell’illustrazione dei progetti dei depuratori coperti, ha già descritto il funzionamento degli impianti di depurazione e alcalinizzazione, prevedendoli sia in versione urbana che fluviale, non aveva ritenuto possibile la possibilità di realizzare questi impianti direttamente lungo le coste, dove maggiormente c’è bisogno. Ma, venendo a conoscenza di gradi opere sul mare a scopi turistici come a Dubai, dove in penisole artificiali sono ospitabili 500.000 turisti, ha ritenuto opportuno aggiornare il proprio progetto prospettando anche le versioni marine. L’ambiente, più del turismo, merita queste grandi opere. Con gli alcalinizzatori depuratori marini, avremo la possibilità di intervenire sul risanamento dell’acidità oceanica con maggiore incisività di qualsiasi altro sistema, non dovendoci basare solo sulle depurazioni e sulla quantità di carbonati che potrebbero trasportare i fiumi come ipotizzato nel precedente articolo. Inoltre, se realizzassimo tali impianti più vicini alle grandi centrali termiche (compresi termovalorizzatori, inceneritori ecc), potremmo utilizzare l’acqua anche per il raffreddamento e la depurazione dei fumi, oltre che per il raffeddamento delle turbine. Trascurando l’aspetto del raffreddamento, risolvibile dai progettisti delle centrali termiche, poniamo l’attenzione sui fumi che, una volta raffreddati e depolverati, potranno essere convogliati nelle serre di Ossi-nitrificazione e fotosintesi dei depuratori, dove, ripresi dalle elettrosoffianti, saranno immessi nell’acqua in sostituzione dell’aria atmosferica. I componenti inquinanti principali contenuti nei fumi: CO2, SO2, NO, No2, NO3, CO, idrocarburi incombusti (HC), ecc, sono tutti compatibili per essere abbattuti con i processi di ossi-nitrificazione, e fotosintesi già previsti, compresi gli ossidi di zolfo: SO2 + H2O → H2SO3 (acido solforoso); CaCO3 + H2SO3 → CaSO3 + CO2·H2O H2SO3 + Ca(OH)2 ---> CaSO3 (solfito di calcio) + 2H2O. In presenza di ossigeno ed acqua nei gas, il solfito di calcio reagisce in parte con essi producendo solfato di calcio idrato (cioè gesso): CaSO3 + (1/2)O2 + 2H2O → CaSO4·2H2O ; CaSO3 + (1/2)H2O → CaSO3·(1/2)H2O; CaCO3 + SO2 + (1/2)H2O → CaSO3·2H2O + CO2.
La stessa cosa possiamo dire per gli impianti che producono calce riscaldando le rocce calcaree a una temperatura di circa 900 oC. Se si pensa al grande fabbisogno di calce di cui abbiamo bisogno per ridurre le emissioni di CO2 e sanare gli oceani, non possiamo permetterci di disperdere nell’ambiente la grande quantità di CO2 necessaria per produrre la calce: 1 kg di CaO richiede 1,4 - 2,2 kg di roccia, comporta l’emissione di 0, 79 kg di CO2, a cui vanno aggiunte le emissioni del combustibile per riscaldare le pietre. Gli impianti di produzione della calce, come le centrali termiche, dovranno essere realizzati vicino ai depuratori alcalinizzatori, marini e fluviali. Con questo sistema depositeremo nei fanghi il particolato, le polveri, i metalli pesanti e accelerando i processi di ossidazione, nitrificazione con consumo di CO2 ad opera di batteri “nitrobacter” e la fotosintesi clorofilliana. Il CO2 non assorbito dal processo di ossi nitrificazione e fotosintesi stratificherà sulla superficie dell’ acqua, essendo 1,5 volte più pesante dell’aria, mentre questa tenderà a salire verso l’atmosfera. Pertanto, al centro di ogni bacino verrà posizionato un camino con una serranda di regolazione con il grado di apertura regolabile in funzione della pressione differenziale tra l’interno e l’esterno della serra per consentire l’evacuazione dell’aria pulita, eventualmente nello stesso camino potrà essere predisposto un ulteriore sistema di precipitazione a umido del gas che tenderà a sfuggire al trattamento. Il CO2 stratificato sulla superficie dell’acqua, raggiunta una determinata concentrazione, rilevata da sonde, sarà aspirato e inviato tramite altre soffianti al trattamento di carbonatazione negli appositi bacini sottostanti ai sedimentatori e al sistema di disidratazione e stabilizzazione dei fanghi.
Le soluzioni marine sono due:
Con una, sarà possibile alcalinizzare le acque fluviali direttamente nel mare, consentendo la navigazione delle navi e dei pesci nei due sensi con il sistema dei bacini con variazione di livello consecutivi, permettendo anche la realizzazione di un porto fluviale con acqua che si rinnova continuamente passando attraverso l’impianto di alcalinizzazione.
Con l’ altra soluzione, sarà possibile aumentare direttamente alcalinità delle acque del mare, prelevate al largo, al di sotto del fitoplancton e sollevate all’impianto tramite elettropompe idrovore, che potrebbero alimentare anche un bacino per le acque di raffreddamento necessarie alle centrali termiche e di produzione della calce.
Entrambe le soluzioni, come nell’ articolo originale, saranno divise in due settori A e B, di cui solo la sezione A sarà dimensionata per il trattamento del carico inquinante, mentre la sezione B sarà adibita alla semplice alcalinizzazione delle acque. Nelle sezioni A potranno essere convogliati anche scarichi urbani, purché previsti nel progetto. Consentiranno di neutralizzare il CO2 contenuto in serbatoi, nonché produrre energia elettrica solare, con i pannelli di copertura. Questi impianti, potranno correggere gradualmente l’acidificazione degli oceani, riducendo contemporaneamente le emissioni di CO2, antropiche e naturali al di sopra di ogni aspettativa. Installati nei punti strategici lungo le coste del mondo, soprattutto, in corrispondenza delle grandi immissioni di acqua dolce, possono fare meglio della natura stessa, essendo regolabili secondo le necessità ambientali. Inoltre, potranno essere utilizzate come strutture portuali sia marine che fluviali (vedi l’articolo DEPURATORI PORTUALI), consentendo un notevole incremento di tali strutture, senza gli attuali problemi di inquinamento delle acque e dell’aria dei porti. Non dimenticando che possiamo depurare anche l’aria. Altro che progetto C.C.S. (Carbon capture sequestration) che l'Intergorvenmental Panel on Climate Change (IPCC), sta portando avanti con la partecipazione dell’Italia, costato fino ad ora oltre 26 miliardi di dollari senza risultati concreti. Ma pure se ci fossero stati dei risultati apprezzabili, a prescindere dai legittimi dubbi sui rischi geologici, il C.C.S. si limiterebbe all’occultamento del CO2, senza neutralizzarlo, incidendo di una percentuale insignificante sull’acidificazione oceanica che, come detto, è il vero problema ed anche quello che non può essere rimandato. Né tantomeno le opere realizzate per il C.C.S. potranno essere utili per scopi turistici e commerciali, come le opere portuali.
Cordiali saluti
Luigi Antonio Pezone (