La nuova procedura estintiva delle contravvenzioni previste dal testo unico dell’ambiente introdotta dalla legge n. 68/2015 Alla ricerca di alcune utili indicazioni operative
di Andrea FALCONE

Abstract. La legge n. 68/2015 si è sin da subito imposta all’attenzione degli osservatori per l’elevato valore di orientamento culturale, anche in chiave generalpreventiva, dell’introduzione di “nuove” fattispecie di ecodelitti, pesantemente sanzionate, nel codice penale. Detta legge, tuttavia, ha immediatamente captato l’attenzione degli operatori anche per una previsione destinata ad incidere sui “vecchi” reati contravvenzionali contemplati dal d.lgs. n. 152/2006 e, più esattamente, per quelli di essi che non abbiano recato danno o pericolo di danno alle risorse ambientali, urbanistiche e paesaggistiche protette. Si tratta di un meccanismo di estinzione del reato analogo a quello previsto per le contravvenzioni in violazione di norme prevenzionistiche in materia di lavoro di cui al d.Lgs. n. 758/1994. Anche in questo specifico ambito, la legge si caratterizza per un insufficiente grado di determinatezza e la presenza di zone grigie ha provocato l’emanazione di direttive (di segno diverso) da parte delle procure della repubblica ed orientamenti (anch’essi non sempre convergenti) delle ARPA. In un contesto siffatto, pure a fronte della diffusa invocazione di un non più eludibile intervento chiarificatore del legislatore, il presente lavoro – che riproduce, in forma sintetica, il lavoro di tesi redatto dall’autore nel giugno 2016, sotto la guida del professor Vincenzo Bruno Muscatiello, nell’ambito del Master in Diritto penale dell’impresa dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, XVII ed. – si propone di offrire alcune utili indicazioni operative.

 

Sommario: 1.- La parte sesta bis del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152: una mappa dell’articolato normativo. 2.- L’ambito di applicazione della nuova disciplina (art. 318 bis). 2.1 Quali le contravvenzioni ammesse al beneficio. 2.2.- La condizione dell’assenza di danno o pericolo attuale e concreto di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette. 3.- Gli organi accertatori (artt. 318 ter e 318 quinquies). 3.1- Il problema dello status giuridico del personale ARPA: il parere del C.d.S. n. 3387 del 27 luglio 2012. 4.- L’asseverazione e l'individuazione dell’ente asseveratore (art. 318 ter). 5.- Finalità, forma e contenuto delle prescrizioni (art. 318 ter). 5.1.- Il carattere obbligatorio della prescrizione. 6.- Prescrizione e procedimento penale: la sospensione (art. 318 sexies). 7.- La verifica dell’adempimento (art. 318 quater). 8.- Il pagamento e l’estinzione del reato. 9.- Le norme di coordinamento e transitorie (art. 318 octies). 10.- Auspicati interventi chiarificatori: prospettive de jure condendo.

1. La parte sesta bis del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152: una mappa dell’articolato normativo.

La legge n. 68/2015 ha introdotto dopo la parte sesta del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 una parte sesta bis, in cui è stato previsto un procedimento per l’estinzione delle contravvenzioni di cui al così detto codice dell’ambiente, collegato all’adempimento da parte del responsabile della violazione di una serie di prescrizioni, nonché al pagamento in sede amministrativa di una somma di denaro. Per espressa ammissione del legislatore, il procedimento1 è stato ispirato dal positivo esempio già previsto in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ove il contravventore può evitare il giudizio penale adempiendo alle prescrizioni dell’organo di controllo ed effettuando il pagamento nella misura prevista2. Essendo chiaramente individuato il modello di riferimento, i primi interpreti ne hanno sin da subito dedotto la possibilità di ricavare utili principi orientativi, salve le specificità e criticità proprie della nuova disciplina in commento, dalla giurisprudenza formatasi sul meccanismo estintivo previsto nel settore degli infortuni sul lavoro.

Si tratta di un nuovo esempio di legislazione premiale, oltre che prescrizionale, la quale tiene conto del fatto che il processo penale è una risorsa scarsa, da destinare esclusivamente alle fattispecie connotate da oggettiva gravità e che suscitano maggiore allarme sociale3 e mira ad intervenire in maniera rapida, efficace e “restitutiva” rispetto alle contravvenzioni che non abbiano suscitato danno o pericolo4. Ma la qualità del risultato auspicato, come amaramente fatto notare da uno dei primi commentatori, dipende dalla precisa definizione dell’ambito applicativo, laddove invece le pertinenti norme introdotte nel codice dell’ambiente spiccano per incertezza e rimangono subordinate alla discrezionalità amministrativa5.

La parte sesta bis, rubricata “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale” consta di sette articoli (artt. 318 bis – 318 octies6). L’art. 318 bis, in evidente distonia rispetto alla menzionata rubrica, circoscrive l’ambito di applicazione della discipline alle sole contravvenzioni in materia ambientale7, previste dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che non abbiano causato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette8. La disciplina del procedimento è dettata dagli articoli successivi, più in particolare: - l’art. 318 ter concerne le prescrizioni da impartire al contravventore, la cui competenza è individuata in capo all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria, il termine per la regolarizzazione, l’obbligo di comunicazione della notitia criminis al pubblico ministero; - il successivo articolo riguarda la verifica dell’adempimento e gli adempimenti conseguenti, a seconda dell’esito positivo o negativo della verifica; - l’art. 318 quinquies contempla obblighi di comunicazione all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria in capo al pubblico ministero cui pervenga la notizia della contravvenzione ed analoghi obblighi di comunicazione al p.m. in capo all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria, ove questi ultimi vengano per primi a conoscenza della notizia di reato; - l’art. 318 sexies regolamenta la sospensione del procedimento penale, facendo salve le esigenze investigative; - l’art. 318 septies prevede l'estinzione della contravvenzione e l’archiviazione del procedimento da parte del p.m., ove la prescrizione abbia avuto buon esito e sia stata corrisposta la sanzione amministrativa, lo stesso articolo prevede, inoltre l’ipotesi di tardivo adempimento o di adempimento con modalità diverse da quelle prescritte, cui consegue la possibilità di applicare un’oblazione ridotta rispetto a quanto previsto dall’art. 162 bis del codice penale; - una norma transitoria, l’art. 318 octies, prevede che la disciplina per l’estinzione delle contravvenzioni non debba applicarsi ai procedimenti già in corso all’entrata in vigore della legge n. 68/2015.

2.- L’ambito di applicazione della nuova disciplina (art. 318 bis).

2.1 Quali le contravvenzioni ammesse al beneficio.

Il d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, all’art. 19, reca una inequivoca definizione dell’ambito delle contravvenzioni per cui è applicabile il procedimento estintivo, circoscrivendolo ai reati in materia di sicurezza e di igiene del lavoro puniti con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda in base alle norme indicate nell’allegato I.

Ai sensi dell’art. 318 bis, invece, testualmente, l’applicabilità del nuovo procedimento estintivo è circoscritta alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni9, ove, come già anticipato, queste non abbiano cagionato un danno o un pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, requisito ulteriore su cui ci si soffermerà oltre. Certamente escluse, perciò, tutte le contravvenzioni ambientali che non siano incluse nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Assodata questa esclusione, si tratta, comunque, di un ambito definito dal legislatore con insufficiente nitore, atteso che se il meccanismo estintivo, all’art. 318 quater, subordina l’esito estintivo al pagamento di una somma pari ad un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa (comma 2, primo periodo), non è precisato se l’estinzione possa operare rispetto alle contravvenzioni sanzionate con la sola ammenda ovvero a quelle punite alternativamente con l’arresto o con l’ammenda o, ancora, alle contravvenzioni per cui sia prevista la sanzione dell’arresto e dell’ammenda.

In difetto di un’espressa esclusione, è sembrato possibile inferire l’applicabilità della nuova procedura estintiva anche in caso di pena alternativa. Ciò in quanto il combinato disposto della norma in commento con l’art. 318 octies che, al comma 3, in caso di adempimento tardivo o di rimozione delle conseguenze dannose o pericolose secondo modalità diverse da quelle prescritte, prevede che la condotta ripristinatoria posta in essere possa essere valutata ai fini dell’applicazione dell’oblazione di cui all’art. 162 bis del codice penale, che è disposizione applicabile alle contravvenzioni punite con pene alternative. Sul punto, l’espresso richiamo dei lavori preparatori alla procedura estintiva prevista in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, ove il meccanismo estintivo è operante anche rispetto a contravvenzioni punite con pena alternativa, costituisce un’ulteriore elemento che milita nel senso della conclusione enunciata, cioè dell’applicabilità anche rispetto a contravvenzioni punite con pena alternativa, con l’esclusione, secondo alcuni degli interpreti, delle contravvenzioni che siano cumulativamente punite con l’arresto e con l’ammenda10.

Per quanto bene argomentata, tuttavia, questa conclusione non è unanimemente condivisa, poiché si è osservato che il dato testuale della disposizione sembra non escludere alcun tipo di contravvenzione, atteso che il procedimento estintivo si applica “alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto” (art. 318 bis) e prevede, ai sensi dell’art. 318 quater, secondo comma, il pagamento di “un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa”, con ciò dovendosi testualmente intendere della sola ammenda, anche quando prevista in via congiunta o alternativa. Chi aderisce a questa diversa tesi ritiene escluse non già le contravvenzioni punite cumulativamente con l’arresto e con l’ammenda, bensì le contravvenzioni punite con il solo arresto, poiché per esse, riferendosi la norma alla “ammenda stabilita”, non si potrebbe far capo al criterio di conversione di cui all’art. 135 del codice penale11, sebbene simile opzione ampliatrice delle maglie di applicabilità delle prescrizioni estintive finisca col trascurare completamente la sanzione dell’arresto, ove prevista congiuntamente, in apparente violazione del principio di legalità delle pene12.

Le circolari emanate dalla diverse procure italiane, certamente autorevoli ma non dotate di efficacia autoritativa, differiscono sul punto in esame. Ad una rapida ricognizione delle circolari13 ivi prese in esame, è stato possibile riscontrare una simile disparità di conclusioni: le Procure della Repubblica presso il Tribunale di Asti14, Firenze e Foggia, infatti, ritengono la procedura inapplicabile nel caso in cui sia prevista la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda; di contro, tuttavia, sostengono la tesi della applicabilità anche nel caso predetto, le Procure di Siena, Torino, Trento e Velletri, le quali ritengono siano escluse, nel novero delle contravvenzioni del codice dell’ambiente, le sole ipotesi di contravvenzione per cui sia prevista esclusivamente la pena dell’arresto, sia pure col supporto di argomentazioni non sempre coincidenti15.

In un recente convegno, tenutosi presso l’Ordine degli avvocati di Torino16, a testimonianza di quanto disorientamento sia stato prodotto dalla riforma e di quanto grave sia lo stato di incertezza, si è riferito che: - sarebbero il 56% le procure italiane per cui la procedura estintiva si applica alle contravvenzioni punite con ammenda, ammenda o arresto (pena alternativa). Secondo queste procure sono quindi escluse dal campo di applicazione le contravvenzioni punite con l’arresto o con la pena congiunta (ammenda e arresto); - sarebbero il 26% delle procure la procedura estintiva si applica alle contravvenzioni punite con ammenda, ammenda o arresto (pena alternativa), ammenda e arresto (pena congiunta). Secondo queste altre procure, sono quindi escluse dal campo di applicazione le sole contravvenzioni punite con l’arresto. Residuerebbe, infine, il 18% di procure che, ad oggi, non ha fornito indicazioni tramite alcun atto di indirizzo.

2.2.- La condizione dell’assenza di danno o pericolo attuale e concreto di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

La parte ancor meno nitida della disposizione sembra, comunque, essere quella relativa alla condizione negativa dell’assenza di danno o pericolo attuale e concreto di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette17, che connota, quale peculiare e problematico elemento ulteriore, il modello di prescrizioni estintive ambientali rispetto a quello di cui al d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758. Le ricadute applicative sono evidenti, essendo rimessa al soggetto preposto, non sempre adeguatamente qualificato, la verifica di detta non cristallina condizione negativa e, quindi, in concreto l’ammissione al beneficio della fuoriuscita dal circuito processuale penale18, conseguenza di non trascurabile conto, viene fatta dipendere da una simile valutazione. Il giudizio critico dei primissimi osservatori si è appuntato non solo sulla tecnica con cui il procedimento è strutturato, ma anche sulla sottrazione di poteri di coordinamento, impulso e controllo in capo al pubblico ministero19, poteri che almeno sotto forma di coordinamento le circolari hanno tentato di riaffermare. Sorprende, anche, come una previsione analoga non sia stata prevista nel d.lgs. n. 748/2008, dove, pertanto, è possibile il ricorso al meccanismo estintivo delle prescrizione anche rispetto ad infrazioni che abbiano provocato un danno effettivo all’incolumità delle maestranze o che possono comportare un pericolo concreto per le medesime20. A fronte della delicatezza dei beni giuridici tutelati anche dalle contravvenzioni di cui al d.lgs. n. 748/2008, questa diversità di previsioni nei due ambiti normativi si palesa per molti profili criticabile, quando non scopertamente irragionevole. È stata anche criticata la sbrigativa “esportazione” del modello prescrizionale previsto dal d.lgs. 748/2008 in un ambito notevolmente diverso come quello delle contravvenzioni ambientali, per la profonda diversità tipologica degli illeciti: gli illeciti in materia di lavoro sono usualmente permanenti e commessi da soggetti noti, laddove le contravvenzioni ambientali sono sovente istantanee, con effetti permanenti e poste in essere da soggetti ignoti21. Si fa notare, poi, come pure è stato criticata l’aggettivazione “protette”, che parrebbe circoscritta alle sole risorse paesaggistiche, accanto alle quali figura; tecnicamente, beni paesaggistici sono quelli specificati dall’art. 134 del d.lgs. n. 42/2004 e, quindi, a prescindere dalla forma legale, provvedimentale o pianificatoria, formano oggetto di regimi di tutela22.

L’intervento penale in materia di ambiente, salute ed altri beni di interesse collettivo si attua nella forma dei reati di pericolo astratto o presunto, strutturando dei tipi di illeciti in cui tutto ruota intorno alla condotta, a differenza dei reati di danno o di pericolo concreto in cui l’evento-conseguenza rappresenta uno dei principali elementi costitutivi. Cionondimeno, come evidenzia la Procura di Asti nelle proprie linee-guida, anche in queste ipotesi criminose, eccettuate le ipotesi di violazioni meramente formali, può riscontrarsi una modificazione della realtà materiale. In questa prospettiva, la norma di cui all’art. 318 bis sarebbe da intendersi come relativa al danno o al pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette riferito alla condotta materialmente posta in essere, atteso che il danno o il pericolo di danno non è sic et simpliciter collegabile alla mera integrazione della condotta. Ne conseguono due rischi: o ritenere che tutte le contravvenzioni non rechino un pregiudizio consistente per il bene ambientale, erroneamente pretendendo per l’inammissibilità al beneficio che le contravvenzioni attualizzino una soglia di pregiudizio all’ambiente quasi coincidente con quello recato dalle più gravi ipotesi delittuose introdotte dalla legge n. 68/2015 o, di contro, ritenere tutte le contravvenzioni ammissibili al beneficio, confondendo il danno come elemento di fattispecie, quello proprio dei delitti di evento, col danno conseguenza materiale della condotta cui la norma in commento sembra fare riferimento. La norma, cui si è tentato di offrire più ampi margini di chiarezza in sede interpretativa, porta comunque alla necessità, come verrà ribadito, di valutazioni in concreto, da effettuarsi caso per caso.

Alcune procure23 hanno indicato una preferenza per l’emanazione della prescrizione in tutti i casi in cui l’evidenza del danno o pericolo non sia coglibile tanto per ragioni legate a difficoltà tecnico-operative quanto per l’ipotesi in cui gli operatori non siano capaci di dare prova della ricorrenza del danno o pericolo. La non attivazione di una disciplina di favore per il reo potrebbe trovare giustificazione soltanto nell’ipotesi in cui ricorra l’impossibilità di rimuovere la condizione di irregolarità, per essersi già irrimediabilmente realizzato il danno o pericolo, circostanza di cui dovrà darsi dettagliatamente atto nella motivazione del provvedimento, sebbene non espressamente previsto dalla norma.

Frutto di un apparente difetto di coordinamento si mostra, poi, l’art. 318 ter, il quale al terzo comma prevede che con la prescrizione l’organo accertatore può imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività “potenzialmente” pericolose, laddove l’assenza di qualsiasi danno o pericolo concreto ed attuale parrebbe costituire condizione di operatività del nuovo istituto, sebbene taluni interpreti abbiano valorizzato proprio l’avverbio impiegato, per sostenere che l’istituto non possa operare in tutti i casi in cui il pericolo non sia apprezzabile concretamente, ma sussista una mera potenzialità pericolosa.

Un’ulteriore disposizione dissonante è, poi, quella contenuta nell’art. 318 septies, terzo comma, il quale stabilisce che l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza è valutata ai fini dell’applicazione dell’art. 162 bis del codice penale, disposizione da cui si inferisce che la prescrizione sia stata impartita benché vi fossero, all’atto del controllo, conseguenze dannose o pericolose “eliminabili”. Parrebbe, pertanto, che l’organo preposto all’accertamento possa impartire la prescrizione al contravventore tutte le volte in cui il danno o il pericolo prodotti dalla condotta del reo, pur presente, sia eliminabile mediante l’adozione di comportamenti virtuosi da parte del reo, ferma la delicatezza circa la valutazione del danno o del pericolo da parte dell’operatore competente, con i conseguenti, a quadro normativo vigente, inevitabili margini di imprevedibilità di una simile valutazione24.

Potrebbe soccorrere, in funzione di argine ad un’eccessiva discrezionalità, il riferimento all’art. 300 , dlgs. 152/2006, il quale, nel definire il danno ambientale come deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima, lega la ricorrenza del danno all’integrazione del carattere di significatività dello stesso. Sebbene anche detto carattere possa presentare margini di equivocità, ha il pregio di ribadire l’esclusione dei pregiudizi che quella soglia non raggiungano e che possano essere qualificati quali condotte pregiudizievoli di entità minore. Ulteriore indice normativo, quanto alla nozione di danno ambientale, è inoltre il nuovo delitto di inquinamento ambientale di cui all’art. 452 bis c.p., introdotto proprio dalla legge n. 68/2015, il quale fa ambiguamente riferimento alla compromissione o deterioramento rilevante dello stato del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria, dell’ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna selvatica.

In concreto, l’apparente rimediabilità dell’offesa, come nel caso di violazioni formali e carenti di offensività concreta, ovvero la ricorrenza di un’offesa soltanto potenziale e rimediabile con un intervento realizzabile ed economicamente sostenibile del contravventore parrebbe giustificare il ricorso alla prescrizione25.

Anche a questo proposito, è stata elaborata una stima26 che, per quanto empirica, ancora una volta certifica le difficoltà operative che sta incontrando l’applicazione del nuovo articolato normativo. Il 56% delle procure si sarebbe orientato verso l’applicazione della procedura di estinzione con riguardo non solo alle contravvenzioni formali, ma anche a quelle sostanziali, i cui effetti possono essere rimossi attraverso l’adempimento di prescrizioni. Per il 18% delle procure la procedura si applicherebbe, oltre che nel caso di contravvenzioni formali, solo nei casi di contravvenzioni sostanziali che non abbiano comportato alcuna modifica ambientale oppure, per il 12%, che abbiano comportato modifiche ambientali marginali tali da poter essere rimosse facilmente e immediatamente.

Oltre all’equivocità della condizione negativa ivi esaminata, rimane comunque incerta la stessa valenza del superamento dei limiti tabellari, rispetto alle ipotesi contravvenzionali che lo prevedono come elemento della fattispecie, fermo restando che, per le ragioni più sopra dette il mero superamento non dovrebbe costituire, per la sua sola ricorrenza, un pericolo di danno. Ulteriore profilo problematico è, poi quello delle relazioni tra procedura di estinzione del reato e la bonifica dei siti inquinati, poiché le due tempistiche parrebbero non essere compatibili.

Allo stato attuale della normativa, parrebbe fondata la critica mossa da uno dei primi osservatori, secondo cui la valutazione di inoffensività condotta caso per caso dalla polizia giudiziaria e/o dall’organo di vigilanza lascia a queste ultime un enorme spazio di discrezionalità, in cui la polizia giudiziaria non agisce sotto le direttive del p.m., bensì in una quasi illogica parità col magistrato requirente27. Qualche procura, invero, si è spinta fino a proporre come necessario che ai fini dell’individuazione concreta delle situazioni legittimanti la procedura estintiva il competente ufficiale di polizia giudiziaria debba consultare pregiudizialmente, in prima battuta e nell’immediatezza dell’accertamento del reato, il sostituto procuratore di turno, al fine di verificare insieme a lui la sussistenza di presupposti di fatto tali da far escludere danno o pericolo concreto, nonché per valutare l’opportunità di procedere a sequestro preventivo dell’area interessata dall’illecito ambientale28; si tratta, evidentemente, di una posizione sorretta dalla collocazione ordinamentale propria del magistrato requirente, ma che sembra spingersi sino a forzare il tenore letterale delle norme in commento, le quali riconoscono la polizia giudiziaria ovvero l’organo di vigilanza quale protagonista del procedimento volto ad impartire le prescrizioni. Anticipando quanto verrà chiarito in seguito, le procure, del resto, anche attraverso le linee-guida, hanno tentato di recuperare un ruolo di centralità, impartendo orientamenti preventivi con funzione orientativa, anche allo scopo di evitare decisioni disarmoniche da parte degli organi accertatori.

3.- Gli organi accertatori (artt. 318 ter e 318 quinquies).

L’art. 318 ter individua in capo all’accertatore, l’organo di vigilanza nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria ovvero la polizia giudiziaria, ritenuta la sussistenza del presupposto di cui si è parlato nel paragrafo precedente, di impartire l’apposita prescrizione. Oltre a non esservi un’espressa previsione normativa che faccia menzione del p.m., di solito, non si è ancora realizzato il coinvolgimento del pubblico ministero quando l’organo accerta la violazione contravvenzionale e impartisce la prescrizione, attività che dovrebbe avere luogo nell’immediatezza del riscontro ovvero nel più breve tempo necessario agli eventuali accertamenti tecnici necessari. Anche su questo punto si coglie la differenza con le norme dettate in tema di vigilanza per la sicurezza sul lavoro, ove organo competente è lo SPRESAL costituito in seno alle ASL ed è perciò è facile stabilire la sua competenza esclusiva in materia di prescrizioni. Nella materia antinfortunistica si riconosce alla prescrizione natura di atto di polizia giudiziaria29 non impugnabile in alcuna sede, amministrativa o giudiziaria. Cionondimeno, ove possibile, in quanto non precluso dalla norma, sarebbe auspicabile nella materia delle contravvenzioni ambientali un dialogo tra organo accertatore e p.m., stante la maggiore delicatezza, come visto, delle valutazioni implicate, ferma la non necessità di un’interlocuzione formale col p.m. in merito alla valutazione di ricorrenza della condizione ostativa di cui al punto che precede.

Ricorrendone i presupposti, pertanto, la polizia giudiziaria “ovvero” l’organo di vigilanza nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’art. 55 c.p.p. sono tenuti ad impartire la prescrizione. Il potere di prescrizione da parte dell’organo di vigilanza rimane subordinato all’affidamento della vigilanza a personale con funzioni di polizia giudiziaria, quindi la possibilità o meno di esercitare questo potere dipende dal riconoscimento di questa funzione30. Nel settore ambientale non esiste una competenza esclusiva, ma una pluralità di organismi cui spetta la vigilanza sulla materia ambientale: ne consegue che i compiti di vigilanza spettino, senza alcuna competenza selettiva che determini una esclusività in capo ad un organo, sia ai soggetti ai quali l’art. 57 c.p.p. attribuisce la qualifica di Agente e di Ufficiale di Polizia Giudiziaria, quali gli appartenenti alla Polizia di Stato (compresa la Polizia stradale), all’Arma dei Carabinieri (compresi il N.O.E. e il N.A.S.), alla Guardia di Finanza, al Corpo Forestale dello Stato, alla Polizia Municipale, sia ai funzionari degli enti pubblici incaricati di effettuare controlli in materia ambientale.

3.1- Il problema dello status giuridico del personale ARPA: il parere del C.d.S. n. 3387 del 27 luglio 2012.

Quanto alle funzioni di p.g. dell’organo di vigilanza si ripropone il problema dello status giuridico del personale delle ARPA, agenzie regionali per l’ambiente, cui non spetterebbe la qualifica di organo avente funzioni di p.g. poiché nulla dice in proposito la legge n. 61/1994 di riordino dei controlli ambientali, posizione questa avallata autorevolmente dal parere del Consiglio di Stato n. 3387 del 27 luglio 201231. Come noto, l’istituzione delle agenzie regionali è avvenuta con apposite leggi regionali32 per l’esercizio di attività e compiti in materia di prevenzione e tutela ambientale, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1993, n. 177, ai fini della salvaguardia delle condizioni ambientali soprattutto in funzione della tutela della salute dei cittadini e della collettività. Proprio la richiamata legge statale 61/94 nel prevedere che il personale delle ARPA svolga funzioni di controllo e vigilanza, possa richiedere le informazioni ed i documenti necessari per l’espletamento delle proprie funzioni, prevedendo altresì che a tali operatori non possa essere opposto il segreto industriale e non possa essere impedito di accedere agli impianti produttivi, attribuisce a tali tecnici molte delle funzioni tipiche della polizia giudiziaria, senza tuttavia conferire espressamente una simile qualifica.

La questione affrontata dal Consiglio di Stato prendeva spunto da alcune sentenze della Corte Costituzionale33, con cui era stata affermata la competenza esclusiva statale in materia di riconoscimento della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, a seguito delle quali la Regione Lombardia aveva abrogato le norme regionali disciplinanti l’attribuzione della qualifica di ufficiali di p.g. al personale ARPA34 e procedeva alla revoca dei decreti con i quali si era in precedenza attribuita detta qualifica al menzionato personale. Il Consiglio di Stato concludeva nel senso di ritenere l’assenza, allo stato, nell’ordinamento di norme di livello statale che attribuiscano in via generale la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria al personale ARPA e che individuino l’autorità competente ad attribuire espressamente tale incarico.

Il Consiglio di Stato, in particolare, ha ritenuto impossibile operare per il personale ARPA il richiamo alla disciplina del personale sanitario di cui all’art. 21, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, stante la sua natura settoriale di norma relativa al solo personale sanitario. Si tratta della disposizione che devolve al prefetto la competenza di stabilire su proposta del presidente della regione, quali addetti ai servizi di ciascuna unità sanitaria locale, assumano ai sensi delle leggi vigenti la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, in relazione alle funzioni ispettive e di controllo da essi esercitate relativamente all’applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro. Per quanto concerne la Regione Puglia, soltanto talune ARPA sono dotate di unità con qualifica di ufficiale di p.g. per i controlli di loro competenza, proprio in base alla già richiamata legislazione statale in materia di organizzazione del servizio sanitario35, che alla luce dell’argomentato parere del Consiglio di Stato non è tuttavia pacifico invocare a fondamento del potere prescrizionale in materia ambientale.

4.- L’asseverazione e l'individuazione dell’ente asseveratore (art. 318 ter).

L’art. 318 ter introduce quale requisito della prescrizione l’asseverazione tecnica da parte dell’ente specializzato competente nella materia trattata. L’asseverazione consiste36 in una dichiarazione scritta di pertinenza ed efficacia della prescrizione al fine di eliminare gli effetti delle condotte illecite tenute, nonché di congruità del termine concesso per l’adempimento, in altri termini, si tratta di un accertamento circa l’adeguatezza tecnica della prescrizione rispetto alla necessità di rimuovere la violazione accertata ed i suoi effetti negativi37. Da un punto di vista lessicale, il significato del vocabolo rimanda a una dichiarazione/certificazione, nei modi previsti dalla legge, con cui ci si fa garanti della veridicità di quanto asserito in un testo, ovvero ad una certificazione che attesti la corrispondenza tra quanto prescritto dall’organo accertatore e le norme tecniche vigenti nel settore cui può ricondursi la violazione accertata. Detto inedito requisito è introdotto dal legislatore proprio per fare fronte all’esigenza di garantire omogeneità e correttezza tecnica alle prescrizioni.

Su questo così delicato punto, tuttavia, si aprono nuovi, problematici scenari, poiché nel nostro ordinamento vigente l’individuazione di questo organismo non è affatto chiara, gli stessi compiti e competenze delle ARPA essendo differenziati su base regionale38. Anche in questo caso, come già visto avuto riguardo all’organo di vigilanza ed alla polizia giudiziaria, sembra emergere l’intento del legislatore di non centralizzare le competenze in capo ad un unico organo. Per l’effetto, parrebbe che l’individuazione dell’organo andrebbe effettuata caso per caso39: si è ritenuto che laddove il reato afferisca ad attività per cui sia previsto apposito regime autorizzatorio sia proprio all’ente titolare del potere autorizzatorio che ci si dovrà rivolgere per l’ottenimento dell’asseverazione; mentre in casi di attività sottoposta a poteri di vigilanza e repressivi, ci si potrà rivolgere all’ente titolare del potere sanzionatorio per l’ottenimento dell’asseverazione. La Procura di Foggia ha, all’uopo, stilato un’apposita tabella meramente orientativa di quale possa, in relazione a ciascuna contravvenzione, essere l’ente asseveratore.

In generale, si registra una certa convergenza delle linee-guida emanate dalle procure nel ritenere che se l’accertamento della violazione è svolto da un organo della p.g. non specializzata, l’asseverazione tecnica verrà posta in essere dagli enti specializzati, (quali, ad esempio, l’ARPA o il NOE), se, viceversa, l’accertamento della violazione è svolto da un organo di p.g. specializzata, l’asseverazione verrà posta in essere dallo stesso ente di appartenenza; nel primo caso viene comunque auspicata un’azione congiunta che realizzi un tempestivo coinvolgimento degli enti specializzati nell’azione della polizia giudiziaria.

5.- Finalità, forma e contenuto delle prescrizioni (art. 318 ter).

L’art. 318 ter individua quale scopo della prescrizione “l’eliminazione della contravvenzione accertata”. Più esattamente, come è stato fatto notare40, mediante la prescrizione non si elimina la contravvenzione, ma si interviene per far cessare la condotta che integra la contravvenzione in atto al momento del controllo, giacché gli illeciti ambientali solitamente costituiscono un reato permanente, oppure per rimuovere gli eventuali effetti della condotta già esaurita (cfr. l’ambiguo art. 318 ter, comma 3).

Poiché contenuto tipico della prescrizione è la fissazione di modalità e termini, dovranno evitarsi formule stereotipate o generiche e dovranno essere indicate in maniera il più possibile specifica le attività necessarie a far cessare la condotta, ove questa abbia carattere permanente, o ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose. Il legislatore valuta l'adempimento realizzato in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'articolo 318-quater, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza ai fini dell'applicazione dell'articolo 162 bis del c.p., prevedendo, in tal caso, la somma da versare è ridotta alla metà del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa (art. 318 septies, comma3). Detta previsione prevede un regime meno premiale per il contravventore, facendo discendere dal solo esatto adempimento delle prescrizioni, all’esito della verifica, la possibilità di ottenere l’estinzione del reato dietro il pagamento di una somma commisurata ad un quarto del massimo dell’ammenda prevista (art. 318 quater, comma 2).

Potrebbero insorgere problemi nell’ipotesi in cui la regolarizzazione sia subordinata al comportamento di un soggetto terzo rispetto al contravventore, come nel caso della necessità di acquisizione di provvedimenti autorizzatori; in proposito, il legislatore non ha riprodotto nel codice dell’ambiente l’art. 20, primo comma, ultima parte del dlgs. n. 758/1994 prevede la possibilità di concedere una proroga anche quando l’ingiunto non abbia ottemperato nel termine per circostanze non imputabili al contravventore, con la conseguenza di addossare al contravventore anche l’eventuale ritardo dell’Amministrazione nella emanazione del provvedimento richiesto.

Potrebbe, poi, porsi il caso di accertamento di una contravvenzione già cessata, senza che ricorrano ulteriori effetti da rimuovere, ove è evidente come non vi sarebbe la possibilità per impartire una prescrizione, non essendovi nulla da regolarizzare. Sul punto è utile richiamare una risalente pronuncia della Corte Costituzionale che ha ritenuto ammissibili al beneficio, con riferimento al d.lgs. n. 758/1994, anche le contravvenzioni del tutto consumate ed esaurite, poiché la sottrazione del contravventore alla specifica procedura estintiva determinerebbe una irragionevole e deteriore disparità di trattamento rilevante sotto il profilo del divieto costituzionale di disciplinare in modo diverso situazioni analoghe41. Una siffatta interpretazione ha ottenuto anche l’avallo della Corte di Cassazione42. L’organo di vigilanza, salvo che non valuti la condotta esaurita comunque produttiva di un danno grave per l’ambiente, dovrà, mediante il meccanismo c.d. ‘‘ora per allora’’, ammettere il contravventore al pagamento della somma determinata dalla norma violata in modo che l’autore dell’illecito possa usufruire della causa di estinzione del reato43

Il meccanismo previsto prende forma in un subprocedimento amministrativo trifasico così articolato: 1) nella prima fase i soggetti preposti, ritenuta la ricorrenza dei presupposti per l’imposizione della prescrizione, impongono la prescrizione; 2) nella seconda fase si realizza la verifica dell’esatto adempimento della prescrizione; 3) l’esito del positivo riscontro dell’adempimento realizza l’estinzione del reato. Copia della prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio nel quale opera il contravventore (art. 318 ter, comma 2); una siffatta previsione si ricollega al dovere del soggetto collocato in posizione apicale di impedire che siano commessi reati nell’ambito dell’organizzazione che sovrintende e questo obbligo è rilevante ex art. 40, secondo comma, c.p. per fondare una sua responsabilità per omesso impedimento del fatto del terzo.

L’art. 318 quinquies prevede una forma di raccordo informativo tra procura ed organo di vigilanza o polizia giudiziaria, per cui se è il pubblico ministero a prendere notizia di una contravvenzione suscettibile di rientrare nel campo di applicazione della nuova parte sesta bis, perché l’apprende di propria iniziativa o perché la riceva da privati o pubblici ufficiali diversi dall’organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria, ne dà comunicazione a questi ultimi; analogamente, con l’ulteriore precisazione che l’obbligo di comunicazione deve essere espletato “senza ritardo”, l’organo di vigilanza o la polizia giudiziaria che abbiano comunque preso notizia di un’analoga contravvenzione ne danno comunicazione al p.m., ferma la sospensione del procedimento penale, ai sensi dell’art. 318 sexies, sino all’esito delle procedure di verifica, ove la prescrizione sia stata impartita. Poiché fra i reati presupposto, per effetto della legge n. 68/2015, vi sono anche molti dei reati per cui è applicabile il meccanismo estintivo, come si vedrà meglio oltre in apposito paragrafo, il p.m. cui comunque pervenga la notizia di reato dovrà valutare la ricorrenza di responsabilità amministrativa in capo all’ente e procedere, ove dovuto, all’iscrizione del relativo fascicolo.

La prescrizione non si limita ad indicare il termine per l’eliminazione della contravvenzione, come evincibile dalla lettura dell’art. 318 ter, ma reca anche l’indicazione della modalità con cui operare una siffatta rimozione, come è possibile evincere dal comma 1 dell’art. 318 quater. Al contravventore che ne faccia istanza motivata è consentito ottenere un’unica proroga, per un periodo comunque non eccedente i sei mesi. L’art. 318 ter riferisce testualmente l’esigenza di motivazione provvedimento ammissivo della proroga, ma così rende evidente come anche la correlativa istanza debba essere corredata di valide ragioni a supporto. Il provvedimento di proroga è, inoltre, comunicato immediatamente al pubblico ministero.

L’art. 318 ter, comma 3, nel prevedere la possibilità che l’organo accertatore imponga “specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose”, sembra fare riferimento ad indicazioni prescrittive ulteriori rispetto al contenuto per così dire “ordinario” della prescrizione, da impartire nei casi in cui ricorrano situazioni di pericolo o potenzialmente pericolose.

5.1.- Il carattere obbligatorio della prescrizione.

Quella circa il carattere obbligatorio o meno della prescrizione è una problematica già emersa avuto riguardo al d.lgs. 758/1994 e sulla quale si erano registrati diversi orientamenti giurisprudenziali44. Si allude, più esattamente, alla doverosità o meno da parte dei soggetti preposti all’attività di controllo e da parte della polizia giudiziaria, della formulazione della prescrizione, ricorrendone i presupposti. Il tenore lessicale della proposizione, nell’impiegare l’indicativo presente “impartisce” farebbe ritenere la prescrizione un atto dovuto; detto altrimenti, la disposizione, nel descrivere la condotta dell’organo di vigilanza, prescrive la condotta dovuta. Nella medesima direzione conducono, peraltro i principi in tema di imparzialità e legalità dell’azione dei pubblici poteri, salva l’ipotesi già vista dell’impossibilità della prescrizione per la mancanza di una condotta da regolarizzare.

Secondo una risalente pronuncia di legittimità45, poiché le finalità perseguite dalla norma vanno individuate tanto nel ripristino di legalità e sicurezza a tutela dei lavoratori quanto nel permettere l’estinzione amministrativa del reato, anche quando non vi sono regolarizzazioni da fare perché il reato è istantaneo o perché la regolarizzazione è già spontaneamente avvenuta, nel caso in cui l’autorità amministrativa non abbia posto in essere gli adempimenti ai quali era subordinata la comunicazione al p.m. della notizia di reato, non può ritenersi verificata la condizione di procedibilità cui era subordinato l’esercizio dell’azione penale, che pertanto non avrebbe potuto essere iniziata46. La tesi ci appare, invero, ardita stante la tipicità del novero delle condizioni di procedibilità e il difetto di una simile qualificazione con riferimento alla prescrizione di cui al d.lgs. n. 758/1994, sebbene se ne comprenda la lodevolezza di intenti.

Altra parte della giurisprudenza47, in casi aventi ad oggetto ipotesi in cui l’organo di vigilanza non aveva impartito alcuna prescrizione, ha asserito che “la prescrizione può - non necessariamente deve - essere impartita dall’organo di vigilanza” e su questa premessa ha sviluppato la propria analisi: il contravventore non ha alcun ‘‘diritto’’ a ricevere la prescrizione perché è comunque tenuto a ‘‘regolarizzare’’ - ossia a rispettare le norme di prevenzione in materia di sicurezza e di igiene del lavoro - anche se alla prescrizione di legge non si aggiunga la prescrizione dell’organo di vigilanza; se l’organo di vigilanza non ha impartito alcuna prescrizione, il trasgressore, che abbia adottato misure equiparabili a quelle che l’organo di vigilanza avrebbe potuto impartirgli e perciò ha regolarizzato l’illecito, può chiedere all’organo di vigilanza di essere ammesso all’oblazione in sede amministrativa o successivamente, può comunque chiedere al giudice di essere ammesso all’oblazione in misura ridotta, beneficio che non gli è precluso dal fatto che nessuna prescrizione di regolarizzazione gli sia stata impartita dall’organo di vigilanza.

Recentemente, Cass. 21 aprile 2015, Rabitti, (sempre relativa alla materia della prevenzione degli infortuni sul lavoro) ha riconfermato che l'omessa indicazione, ad opera dell'organo di vigilanza, delle prescrizioni di regolarizzazione non è causa di improcedibilità dell'azione penale.

Le Sezioni Unite della Cassazione Civile, in una sentenza che ivi è già stata richiamata in nota più sopra, la n. 3694 del 9 marzo 2012, hanno affermato che, sempre in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, la prescrizione di regolarizzazione impartita dall'organo di vigilanza non è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria, non connotato da alcuna discrezionalità, neppure tecnica, ed emesso sotto la direzione funzionale dell'autorità giudiziaria ex art. 55 c.p.p. Se è enunciato il carattere di doverosità della prescrizione, non subordinata ad alcuna discrezionalità, dalla natura di atto di polizia giudiziaria della prescrizione consegue anche che il relativo verbale non può essere impugnato davanti al giudice amministrativo, restando ogni questione devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario penale, presso il quale ogni doglianza può essere fatta valere nel procedimento conseguente all'eventuale inottemperanza della prescrizione.

Tuttavia, venendo alla nuova disciplina in tema di contravvenzioni ambientali, tanto ove l’organo di vigilanza abbia semplicemente omesso di attivarsi per l’applicazione delle prescrizioni quanto nel caso in cui ritenga che semplicemente non vi siano gli estremi per richiedere la regolarizzazione la normativa non prevede alcuna impugnazione su iniziativa del contravventore o del p.m. Proprio per scongiurare il pericolo di eccessi di soggettività nelle valutazioni, le linee-guida esaminate paiono convergere nel senso di sollecitare nell’organo di vigilanza contatti preventivi perlomeno rispetto a tutte le situazioni in cui la complessità della situazione renda difficoltosa una decisione immediata circa l’opportunità di impartire la prescrizione, nonché, in seconda battuta, circa i concreti contenuti della prescrizione.

In base a quanto sancito dalla Cassazione, il trasgressore che abbia provveduto in via autonoma alla regolarizzazione potrà chiedere all’organo di vigilanza di essere comunque ammesso all’oblazione in sede amministrativa e, in caso negativo, potrà reiterare al giudice la richiesta di essere ammesso all’oblazione di cui all’art. 162 bis c.p. Come affermato in tema di definizione amministrativa delle violazioni contravvenzionali in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, infatti, la facoltà concessa all'imputato di chiedere l'oblazione di cui all'articolo 162 bis c.p. non esclude quella prevista dalle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 758 del 1994 e non è alternativa ad essa, ma può sempre essere esercitata quando non ricorrono le condizioni per applicare l'oblazione prevista dal d.lgs. n 758/1994 o quando il contravventore non ha ritenuto di avvalersi dell'oblazione speciale prevista dal citato decreto legislativo, fermo restando però che tale la procedura deve comunque essere esperita e spetta al giudice prima di pronunciare sentenza di condanna per una delle contravvenzioni previste dal citato decreto legislativo48.

Si deve aggiungere che, prevedendo il sistema delle prescrizioni una sicura individuazione dell’indagato, l’iscrizione dovrebbe essere avvenuta a “noti – mod. 2149.

6.- Prescrizione e procedimento penale: la sospensione (art. 318 sexies).

Come visto, in base all’art. 318 ter l’obbligo accertatore deve riferire “senza ritardo” al p.m. la notizia di reato relativa alla contravvenzione e, ai sensi dell’art. 318 sexies, il procedimento penale rimane sospeso dall’iscrizione e sino a quando il p.m. non riceva una delle comunicazioni di cui all’art. 318 quater, commi 2 e 3. Le disposizioni richiamate prevedono, in sequenza temporale, prima, l’attivazione del procedimento di prescrizione e, successivamente, la presentazione della notitia criminis. L’espressione “senza ritardo” non indica termini precisi per adempiere all’obbligo di prescrizione, ma è evidente come in ipotesi di urgenza la comunicazione andrà effettuata immediatamente e senza indugi; in consimili casi, ricorrendo situazioni di danno o pericolo concreto, potrà ritenersi inapplicabile la prescrizione.

L’art. 318 sexies prevede che la sospensione del procedimento comunque non preclude la richiesta di archiviazione, né l’assunzione di prove con incidente probatorio, né il compimento di atti urgenti di indagine preliminare o la richiesta di sequestro preventivo.

6.1- Sospensione e procedura amministrativa a carico dell’ente responsabile ex d.lgs. n. 231/2001.

L’art. 25 undecies del d.lgs. n. 231/2001 è stato parzialmente modificato proprio dalla legge n. 68/2015, prevedendo, per alcuni reati ambientali accanto ed oltre alla responsabilità dell’autore del reato anche la responsabilità della società nell’interesse o a vantaggio della quale l’autore del reato presupposto abbia agito. Nel novero dei reati ambientali presupposto della responsabilità amministrativa vi sono anche alcuni di quelli per cui è operativo il meccanismo di cui agli artt. 318 bis e seguenti.

In proposito, è immediatamente evidente come il legislatore, pur avendo previsto la sospensione del procedimento penale, nulla abbia disposto in merito alla parallela procedura amministrativa a carico dell’ente. L’omessa previsione espressa della sospensione, coordinata col principio di autonomia tra i due procedimenti, enunciato dall’art. 8 d.lgs. n. 231/200150, fa ritenere che il procedimento a carico dell’ente prosegua e che, anche qualora l’autore conseguisse l’estinzione del reato in conseguenza del corretto adempimento della prescrizione, possa giungersi comunque all’applicazione di una sanzione nei confronti dell’ente.

Quanto alla responsabilità dell’ente non è previsto un meccanismo estintivo analogo a quello contemplato per la persona fisica che abbia integrato la contravvenzione, tuttavia eventuali condotte riparatrici dell’ente potranno rientrare tra i “casi di riduzione della sanzione pecuniaria” previsti dall’art. 12 del d.lgs. n. 231/2012, ove, tra l’altro, si prevede la riduzione da un terzo alla metà della sanzione ove l’ente abbia risarcito integralmente il danno ed abbia eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si sia comunque efficacemente adoperato in tal senso, nonché ove sia stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (così, l’art. 12, comma 2, lett. A e B); ove ricorrano entrambe le condizioni previste dalle lettere A e B la sanzione è ridotta, ulteriormente, dalla metà ai due terzi.

7.- La verifica dell’adempimento (art. 318 quater).

Entro sessanta giorni, termine ordinatorio, l’organo accertatore verifica se la violazione è stata eliminata nel termine e secondo le modalità stabilite nella prescrizione. Se risulta l’adempimento, l’organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine perentorio e improrogabile di trenta giorni, una somma corrispondente ad un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Sull’analogo termine previsto per il pagamento è possibile ricorrere all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il termine di cui all’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 758/1994 è da ritenersi perentorio51.

Entro il termine ordinatorio di centoventi giorni dal termine fissato in prescrizione, l’organo accertatore comunica al p.m. l’adempimento della prescrizione nonché l’eventuale pagamento della somma. Se risulta l’inadempimento della prescrizione, l’organo accertatore ne dà comunicazione al p.m. ed al contravventore entro il termine ordinatorio di novanta giorni dal termine fissato nella prescrizione.

L’inadempimento della prescrizione è sempre ostativo al passaggio alla fase successiva, tuttavia, si prevede che l’organo accertatore comunichi al magistrato requirente se l’adempimento è avvenuto in un tempo superiore a quello fissato in prescrizione o con modalità diverse, purché siano state rimosse le conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione accertata. L’art. 318 septies, comma 3, fa rinvio ad una valutazione di congruità del termine fissato a norma dell’art. 318 quater, lasciando intendere che l’adempimento tardivo possa comunque ritenersi “congruo” laddove giustificato, ad esempio, da esigenze tecniche. Il riferimento all’art. 318 quater sembra, tuttavia, una svista del legislatore, atteso che parrebbe più pertinente il rinvio alla disposizione di cui all’art. 318 ter, cioè al periodo di tempo “tecnicamente necessario per provvedere”. L’organo accertatore deve, cioè, valutare se esigenze tecniche hanno comportato un ritardo “giustificabile”.

Il terzo comma dell’art. 318 septies dispone che gli adempimenti “irregolari”, ma che abbiano conseguito l’obiettivo sostanziale avuto di mira dalla prescrizione, possano essere valutati ai fini dell’applicazione dell’art. 162 bis c.p. Sul punto, mentre il d.lgs. n. 758/1994 prevede che la somma da versare sia ridotta al quarto del massimo dell’ammenda, la legge 68/2015 stabilisce per questa ipotesi che la somma da versare è ridotta alla metà del massimo, previsione ridondante, perché fa riferimento esattamente al versamento ridotto nella misura già prevista dall’art. 162 bis. Si è rilevato come la norma possa essere frutto di una svista del legislatore, altrimenti può inferirsi una preferenza accordata dal legislatore per l’adempimento esatto delle prescrizioni, salva la valutazione di adempimenti irregolari ma comunque effettivi, con la previsione di una sanzione pecuniaria più mite, ma comunque “maggiore” di quella prevista per il caso di esatto adempimento della prescrizione, anche se rimane difficilmente giustificabile la diversa previsione del d.lgs. n. 758/1994. Se si tratta di errore nella redazione del testo, è comunque un errore non emendabile in sede di interpretazione.

Sia pure in assenza di dettagliate statistiche ufficiali, l’analisi empirica condotta da Legambiente a quasi un anno dall’entrata in vigore della legge n. 68/2015 riferisce che nella maggior parte dei casi le prescrizioni sono adempiute in termini52.

8.- Il pagamento e l’estinzione del reato.

Una volta esattamente adempiuta la prescrizione impartita, la contravvenzione si estingue se il contravventore provveda al pagamento previsto dall’art. 318 quater, secondo comma. Quanto alla prova dell’avvenuto pagamento, si ritiene sufficiente che l’organo che gestisce la procedura acquisisca, dietro presentazione dallo stesso interessato, la copia del versamento effettuato. L’avvenuto pagamento è comunicato dall’organo accertatore al p.m. competente, il quale procede con l’archiviazione.

Nel sistema della sicurezza sul lavoro, per espressa previsione dell’art. 13, comma 6, d.lgs. n. 81/2008, l’importo delle somme che l’ASL, in quanto organo di vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa integra l’apposito capitolo regionale per finanziare l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali. Legambiente, nel già menzionato dossier, ha proposto l’istituzione di un fondo nazionale presso il Ministero dell’Ambiente, in cui far confluire tutte le sanzioni pecuniarie versate per l’estinzione dei reati minori una volta ottemperata la prescrizione, da destinare alla bonifica del così detti “siti orfani”, sul modello del “Superfund” statunitense istituito nel 1980.

9.- Le norme di coordinamento e transitorie (art. 318 octies).

L’art. 318 octies esclude l’applicabilità del procedimento estintivo ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge. Il discrimen ai fini dell’applicabilità del nuovo procedimento è costituito dal dato procedimentale della pendenza in atto del procedimento al momento dell’entrata in vigore della legge, il 29 maggio 2015, anche se con riferimento a fatti precedenti. Contrasterebbe col dettato normativo, infatti, considerare pendenti i procedimenti iscritti dopo l’entrata in vigore, ma pregressi quanto alla data di commissione del fatto o, parimenti, l’identificazione della pendenza del procedimento con la data di trasmissione della notizia di reato al p.m. o, ancora, col momento di acquisizione della notizia di reato da parte della polizia giudiziaria. Alla stregua del codice di rito, infatti il momento iniziale del procedimento penale non può che essere individuato nel momento in cui avviene l’iscrizione della notizia di reato ai sensi dell’art. 335 c.p.p.53 Il criterio, tuttavia, non si sottrae a critiche, facendo dipendere dal dato formale dell’iscrizione, condizionato da una pluralità imponderabile di fattori, l’accesso alla procedura estintiva.

10.- Auspicati interventi chiarificatori: prospettive de jure condendo.

Come visto, l’articolato normativo presenta numerosi punti critici ed il proliferare di direttive contrastanti, cui è agevole presumere che polizia giudiziaria ed organi di vigilanza presenti in ciascun circondario presteranno ossequio, ha prodotto tentativi di offrire indicazioni operative in direzioni non sempre coincidenti a livello nazionale. Le linee-guida, pur costituendo un autorevole parametro per gli operatori, si mostrano inadeguate per sopperire alle manchevolezze del testo di legge, soprattutto in quanto relative alla materia penale. A questo scopo, in tempi recenti, l’applicazione concreta della legge sui delitti ambientali è stata oggetto di una recente iniziativa di coordinamento assunta dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione fondata sull’art. 6 d.lgs. 106/2006. A questo scopo, il 14-15 aprile 2016, presso la Procura generale delal Cassazione, in Roma, si è tenuto un incontro alla presenza dei ventisei procuratori generali, presente anche il Ministro della Giustizia, ove sono stati affrontati diversi aspetti, tra cui il procedimento di estinzione delle contravvenzioni ai sensi degli artt. 318 bis e ss. del d.lgs. n. 152/2006. Il Ministero della Giustizia ha promosso, tramite la Direzione generale degli affari penale, la raccolta di dati statistici sull’applicazione della legge n. 68/2015.

Anche il Parlamento ha avviato, con la Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo illecito dei rifiuti e gli illeciti ambientali, insieme alle strutture della Camera dei deputati, nel mese di aprile 2016, una raccolta di dati. La raccolta dei dati sarà relativa a quattro circondari, differenziati geograficamente e per dimensioni, mentre a livello distrettuale, su base nazionale, verranno raccolte segnalazioni su eventuali criticità. L’acquisizione di dati e segnalazioni critiche dovrà consentire al Parlamento di avere contezza delle problematiche emerse e delle risorse che sarà necessario dispiegare.

Sempre al livello delle iniziative legislative, il progetto di legge in discussione al Senato sul sistema delle ARPA potrebbe finalmente determinare uniformità su tutto il territorio nazionale , migliorando il sistema dei controlli pubblici.

 

Elenco delle linee guida elaborate dalle procure italiane prese in esame

Per la redazione del presente lavoro sono state consultate le seguenti linee-guida, in ordine alfabetico per località:

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Asti, Linee guida in tema di prescrizioni ed estinzione delle contravvenzioni previste dal d.leg. (sic) n. 68/15, ottobre 2015.

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, Linee guida, 2015.

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, Linee guida in materia di reati ambientali, 2015.

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Macerata, Direttive in materia ambientale a seguito dell’entrata in vigore degli artt. 318 bis e ss., d.to l.vo 152/2006, 24 giugno 2015.

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena, Linee guida in tema di prescrizioni ed estinzione delle contravvenzioni ambientali ai sensi degli artt. 318 bis – 318 octies del D.lgs. 152/2006.

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, Gruppo Reati contro la Pubblica Amministrazione, Linee guida in tema di prescrizioni ex legge 22 maggio 2015 n. 68.

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento, Prescrizioni in materia di reati ambientali, 4 giugno 2015.

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri, Direttiva alla p.g. sulle procedure di definizione delle contravvenzioni ambientali, 15 settembre 2015.

 

1 Servizio Studi della Camera dei Deputati, Delitti contro l’ambiente A.C. 342 e abb.-B, Schede di lettura n. 34/2, 18 marzo 2015.

2 Si tratta del meccanismo previsto nel Capo II, rubricato “Estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro, artt. 19-25, d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 26 gennaio, n. 21), recante “Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro”. Detto meccanismo è richiamato anche dall’art. 301, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

3 Si veda l’intervento di Giuseppe BATTARINO, pp. 117-118, in COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI, Delitti contro l’ambiente, atti del Convegno tenutosi in Roma il 23 marzo 2015.

4 Così, ancora, BATTARINO, cit.

5 Così, in un editoriale ampiamente critico sull’intero complesso normativo di cui alla legge n. 68/2015, PADOVANI, T., La legge sugli ecoreati, un impianto inefficace che non aiuta l’ambiente, in Guida al diritto 32-2015, pp. 10-13.

6 Nel prosieguo del testo gli artt. 318 bis – 318 octies del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, collocati nella nuova parte VI bis, introdotta con legge n. 68/2015, per maggiore semplicità, verranno indicati senza specificare in ogni ricorrenza la loro appartenenza al d.lgs. n. 152/2006, cui d’ora innanzi ci si riferirà anche soltanto come al “codice dell’ambiente”.

7 Non anche, quindi, alle ipotesi di illecito amministrativo, contrariamente a quanto evincibile dalla sola lettura della intitolazione della parte sesta bis.

8 Incidentalmente, quale nota di inquadramento sistematico, si fa notare come, stanti i limiti di pena previsti per la sua applicazione (“reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena”), molte delle contravvenzioni ambientali, ricorrendone gli ulteriori presupposti, soggiacciono anche all’applicabilità del diverso istituto di cui all’art. 131 bis, rubricato “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”, introdotto ex novo nel codice penale dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, recante “Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67”. Inoltre, per le contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, il contravventore può essere ammesso all’oblazione facoltativa ai sensi dell’art. 162 bis, la quale prevede il pagamento di una somma corrispondente alla metà del massimo; per le contravvenzioni per cui sia stabilita la sola ammenda è, inoltre, applicabile l’art. 162 c.p., a mente del quale il contravventore è ammesso a pagare una somma corrispondente alla terza parte del massimo della pena stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento.

9 Il testo originario, successivamente emendato al Senato, estendeva l’ambito applicativo a tutte le contravvenzioni ambientali, non solo a quelle contenute nel testo unico.

10 È la conclusione cui perviene AMOROSO, M. C., La nuova procedura estintiva dei reati contravvenzionali previsti dal d.lgs. 152/2006. Quali direttive per gli organi accertatori?, in www.penalecontemporaneo.it, che ritiene il meccanismo estintivo applicabile alle seguenti fattispecie previste dal codice dell’ambiente: - l’articolo 137 comma 1, comma 7 (nel caso di rifiuti non pericolosi), comma 9, comma 10 comma 12 comma 14; - l’articolo 256 comma 1 lettera a), comma 2 ( in riferimento al comma 1 lettera a), comma 4 ( in riferimento al comma 1 lettera a), comma 6 primo periodo, l’articolo 257 comma 1, l’articolo 261 bis comma 8 ( prima parte) comma 9 comma 10 comma 11, l’articolo 279 comma 1 comma 2 comma 3, comma 4 comma 6, L’articolo 296 comma 1 lett. a).

11 È questa la tesi sostenuta da BATTARINO, G., La prima fase di applicazione della legge 22 maggio 2015 n. 68. Un bilancio dopo i primi dieci mesi di intervento delle nuove norme sui reati contro l'ambiente, in Questione Giustizia, 26 maggio 2016.

12 La preoccupazione è espressa nelle linee-guida della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Asti.

13 Per un elenco delle circolari prese in esame si veda l’elenco riportato in fine.

14 Nel prosieguo, per maggiore speditezza, si farà riferimento semplicemente alla Procura di Asti ed analogamente verranno indicate le altre procure.

15 Tale è, a titolo di esempio, la contravvenzione di cui all’art. 255, co. 3, del codice dell’ambiente.

16 Si tratta dell’incontro formativo tenutosi presso la sede del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del capoluogo piemontese del 13 maggio 2016, a cura di Arpa Piemonte, dal titolo I nuovi reati ambientali. Questioni ed esperienze applicative. Le nuove fattispecie ed il Testo Unico ambientale. L’esperienza applicativa delle agenzie ambientali, reperibile in www.ordineavvocatitorino.it.

17 Già in costanza dell’iter parlamentare di approvazione della legge n. 68/2015 si era avvertita la necessità dell’individuazione specifica dei reati; in questo senso si era espresso anche CASTELLANO, F., p. 130, in COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI, Delitti contro l’ambiente, atti del Convegno tenutosi in Roma il 23 marzo 2015.

18 Sul punto si veda la relazione di Raffaele GUARINIELLO, il quale esprime la necessità di un coordinamento, assieme alla preoccupazione che ogni organismo possa reputarsi una “repubblica autarchica”, al Convegno Ecosin, Ecoreati: la nuova disciplina dei reati ambientali, tenutosi a Roma, 23 ottobre 2015, disponibile in www.youtube.com. PADOVANI, nell’editoriale già citato supra, parla di “discrezionalità amministrativa degna di miglior causa” ed evidenzia come “la scelta delle prescrizioni da avviare al percorso estintivo speciale dipenda da un mero e insindacabile apprezzamento amministrativo”.

19 Così, AMOROSO, M.C., Una rivoluzione destinata a incidere sul contrasto, in Guida al diritto 25-2015, p. 35.

20 Questa nota di irragionevolezza è efficacemente evidenziata nelle linee-guida della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Asti.

21 AMOROSO, M. C., La nuova procedura estintiva dei reati contravvenzionali previsti dal d.lgs. 152/2006, cit.

22 Si vedano le linee-guida della Procura di Foggia.

23 Così, tra le altre, la Procura di Siena.

24 Così, anche la Procura di Torino.

25 Così, tra i primi osservatori, MERLIN, A. e LOSENGO, R., Il nuovo modello per la tutela penale, in Ambiente & Sicurezza, n. 12, 1 luglio 2015, in www.ambientesicurezzaweb.it.

26 Si tratta sempre dei dati offerti in occasione dell’incontro formativo tenutosi presso la sede del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del capoluogo piemontese del 13 maggio 2016, a cura di Arpa Piemonte, cit.

27 FICCO, P., “Fra il “troppo” dei delitti ambientali e il “troppo poco” della tenuità del fatto, le contravvenzioni del “Codice ambientale” rischiano di sparire, editoriale dell’1 luglio 2015, pubblicato sul n. 230 di luglio 2015, sulla rivista Rifiuti e reperibile in www.reteambiente.it.

28 Così, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Macerata, la quale sollecita l’analitica indicazione, in sede di comunicazione di reato, degli elementi di fatto legittimanti in concreto il giudizio di “mancanza di pericolosità o dannosità concreta”, con l’ulteriore onere per la p.g. di produrre in ogni caso documentazione fotografica.

29 Si veda la sentenza n. 3694 del 9 marzo 2012, Sezioni Unite, Cassazione Civile, a mente della quale in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, la prescrizione di regolarizzazione impartita dall'organo di vigilanza ex art. 20 del d.lg. n. 758 del 1994, richiamato dall'art. 15 del d.lg. n. 124 del 2004, non è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria, non connotato da alcuna discrezionalità, neppure tecnica, ed emesso sotto la direzione funzionale dell'autorità giudiziaria ex art. 55 c.p.p. Ne consegue che il relativo verbale non può essere impugnato davanti al giudice amministrativo, restando ogni questione devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario penale, presso il quale ogni doglianza può essere fatta valere nel procedimento conseguente all'eventuale inottemperanza della prescrizione.

30 Si veda, in proposito, l’intervento di Andrea POGGI in Commissione parlamentare di inchiesta suLLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI E SU illeciti ambientali ad esse correlati, Delitti contro l’ambiente, atti del Convegno tenutosi in Roma il 23 marzo 2015, pp. 98 e ss.

31 Il parere riguardava il quesito posto dalla Regione Lombardia in merito alla possibilità di attribuire la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria al personale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale ed esprimeva una posizione conclusiva di questo tenore: “In relazione al quesito posto, dunque, non può che concludersi rilevando, in linea con la prospettazione dell’Amministrazione regionale richiedente, l’assenza, allo stato, nell’ordinamento di norme di livello statale che attribuiscano in via generale la qualifica di u.p.g. al personale ARPA e che individuino l’autorità competente ad attribuire espressamente tale incarico”.

32 In attuazione della legge 21 gennaio 1994, n. 61 ed in armonia con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. L’istituzione dell’ARPA Puglia è avvenuta con legge regionale n. 22 gennaio 1999, n. 6.

33 Si tratta delle sentenze nn. 185/1999; n. 313/2003; n. 167/2010.

34 Con l.r. n. 14/2010, la Regione Lombardia ha abrogato l’art. 16, comma 6, ultimo capoverso, della l.r. n. 16/99, che disciplinava l’attribuzione della qualifica di u.p.g. al personale dell’ARPA.

35 Si vedano le linee-guida della Procura di Foggia.

36 La definizione proposta è quella proposta dalla Procura di Torino.

37 Così, la Procura di Firenze.

38 Così, sempre POGGI, cit.

39 È l’interpretazione, tra gli altri, avallata anche dalla Procura di Foggia nelle proprie linee-guida.

40 Si vedano le linee-guida della Procura di Asti.

41 Ci si riferisce alla sent. C. Cost. 18 febbraio 1998, n. 19.

42 Si veda Cass. 3 maggio 2011, Costantini, ove si è ribadito che la procedura di estinzione prevista dagli artt. 20 e segg. d.lgs. n. 758, trova applicazione anche per le fattispecie cosiddette a condotta esaurita, ossia in presenza di reati istantanei già perfezionatisi, nonché nei casi in cui il trasgressore abbia già autonomamente provveduto all'adempimento degli obblighi di legge, senza attendere l'imposizione della prescrizione da parte dell'organo di vigilanza.

43 È l’indicazione offerta anche dalla Procura di Asti nelle proprie linee-guida.

44 Le linee-guida della Procura di Asti approfondiscono il dibattito giurisprudenziale emerso attorno al tema dell’obbligatorietà con riferimento alle prescrizioni di cui al d.lgs. 758/1994.

45 Secondo Cass. 6 giugno 2007.

46 La stessa sentenza ha bocciato la tesi del pubblico ministero che sosteneva che il giudice, avendo accertato l’omessa comunicazione al contravventore della facoltà di provvedere all’oblazione in sede amministrativa, avrebbe dovuto concedere un termine per il pagamento della sanzione in sede giudiziaria e ha concluso che “il mancato svolgimento, in tutti i suoi passaggi, della procedura amministrativa impedisce al pubblico ministero di richiedere il rinvio a giudizio”.

47 Cass. 12 luglio 2010, Cionna, (seguita, in senso conforme, da Cass. 18 novembre 2010, Zecchino, Cass. 3 novembre 2011, n. 2691).

48Cfr. Sent. Cass. Pen., 29 novembre 2007 (Ud. 24/10/2007), Sentenza n. 44369 in www.ambientediritto.it.

49 Così, BATTARINO, G., cit.

50 Si tratta della disposizione, rubricata “Autonomia delle responsabilità dell’ente”, la quale così dispone: “1. La responsabilità dell'ente sussiste anche quando: a) l'autore del reato non è stato identificato o non e' imputabile; b) il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia. 2. Salvo che la legge disponga diversamente, non si procede nei confronti dell'ente quando è concessa amnistia per un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e l'imputato ha rinunciato alla sua applicazione. 3. L'ente può rinunciare all'amnistia”.

51 Si veda la sent. Cass. 3 maggio 2013, n. 40589, Di Palma, ove si afferma “in tema di prevenzione infortuni ed igiene del lavoro, il termine di giorni trenta entro il quale deve avvenire il pagamento della somma determinata a titolo di oblazione amministrativa ha natura perentoria ed improrogabile con la conseguenza che la speciale causa estintiva prevista dal D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758, art. 24, non opera in caso di pagamento oltre tale termine”; in senso conforme anche sent. Cass. 28 novembre 2012 n. 48798, Vezzoli; Cass. 10 gennaio 2012, Buggiani, n. 7878, che ha precisato che, “spirato il termine per l’oblazione agevolata, non è comunque preclusa l’oblazione prevista dall’art. 162-bis c.p. per le contravvenzioni punite con pene alternative”.

52 LEGAMBIENTE, Ecogiustizia è fatta. Il bilancio dei primi otto mesi di applicazione della nuova legge sugli ecoreati in Italia. Tutti i numeri e le inchieste più significative, Roma, 22 marzo 2016.

53 BATTARINO, G., cit.