Consiglio di Stato Sez. II n. 5795 del 4 luglio 2025
Urbanistica.Condono in aree vincolate
Il condono previsto dall’art. 32 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 del 2003 è possibile, in base al combinato disposto dei commi 26, 27 e 43 del predetto articolo, nelle aree sottoposte a vincoli esclusivamente a fronte d’interventi edilizi di minore rilevanza indicati ai numeri 4), 5) e 6) dell’allegato 1 al medesimo decreto legge (ovverosia restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e in presenza, tra altri requisiti, del rilascio di un previo parere favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo. Al contrario, altre tipologie di abuso non sono sanabili, pur laddove le opere risultino conformi alla normativa e agli strumenti urbanistici (il che invece ha favorevole rilievo per gli abusi minori), se l’area d’insistenza dell’opera sia sottoposta a vincolo di inedificabilità, anche solo relativa, già prima dell’intervento abusivo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5973 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avvocati Domenico Antonio Gambatesa, Antonio Laprocina, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Vieste, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 00024/2022,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, c.p.a.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 2 luglio 2025 il Cons. Francesca Picardi e uditi per le parti gli Avvocati Domenico Antonio Gambatesa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.-OMISSIS-ha impugnato il diniego definitivo di condono edilizio del Comune di Vieste per la sanatoria di “un manufatto residenziale in cls armato ad un piano seminterrato ed un piano fuori terra di forma irregolare in agro del Comune di Vieste, alla Loc. Petto, Via Santa Margherita, su terreno distinto in Catasto al Foglio -OMISSIS- Particella -OMISSIS-”.
Il Comune non si è costituito.
2. Il T.a.r. ha rigettato il ricorso, in adesione all’orientamento giurisprudenziale secondo cui “in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, …. il condono previsto dall’art. 32 del decreto legge n. 269 del 2003 è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del citato decreto (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti. Nella sentenza si è precisato che “il terreno su cui insiste il manufatto è sottoposto a vincolo paesaggistico preesistente (sin dal 1991 - 1995) in virtù della legge n. 394/1991 (cfr. in particolare art. 34) e del D.P.R. 5 giugno 1995 istitutivi rispettivamente del Parco Nazionale del Gargano e dell’Ente Parco Nazionale del Gargano”; che “l’ipotetico accoglimento dell’istanza di condono paesaggistico non avrebbe comunque potuto spiegare efficacia sull’istanza di condono edilizio”; che “l’invocato meccanismo del silenzio assenso ex art. 32, comma 37, decreto legge n. 269/2003 non può operare in mancanza della ricorrenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi del condono edilizio (nel caso di specie realizzazione di abuso “non minore” [rectius un manufatto residenziale in cls armato ad un piano seminterrato ed un piano fuori terra di forma irregolare] in area vincolata all’interno del Parco Nazionale del Gargano..)”.
3. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’originario ricorrente, deducendo: 1)l’erroneo rigetto del primo e del secondo motivo del ricorso introduttivo, in considerazione della violazione dell’art. 32, commi 26, 27, 35 e 43, della legge n. 369 del 2003, di conversione del d. l. n. 326 del 2003, e più in generale dei principi in materia di condono straordinario, dell’art. 2, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 28 del 2003 e 4 della legge Regione Puglia n. 19 del 2004, della legge n. 47 del 1985, oltre all’eccesso di potere, essendo condonabili anche gli abusi maggiori realizzati in aree sottoposte a vincolo di inedificabilità relativa con parere favorevole dell’autorità di tutela, nel caso di specie non acquisito con evidente lacuna dell’istruttoria espletata (in particolare il Comune non ha neppure accertato l’anteriorità del vincolo rispetto alle opere, mai ammessa dal ricorrente, che si è limitato ad allegare la realizzazione in epoca utile ai fini del condono e, cioè, tra il 1994 ed il 2003); 2) l’erroneo rigetto del terzo motivo di ricorso, per violazione dell’art. 1, comma 37, della legge n. 308 del 2004, oltre che per eccesso di potere, in quanto, pur essendo il procedimento di condono paesaggistico/sanatoria ambientale e quello condono edilizio formalmente autonomi, l’accertamento sulla compatibilità paesaggistica delle opere è identico in entrambi i procedimenti e la valutazione di ammissibilità di un abuso edilizio sotto il profilo paesaggistico può spiegare effetti anche ai fini del condono edilizio; 3) la violazione dell’art. 32, comma 37, decreto legge n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, essendosi formato il silenzio assenso sull’istanza presentata, in assenza di richieste di integrazione documentale.
Anche in questo giudizio di appello il Comune non si è costituito.
4. All’udienza di smaltimento del 2 luglio 2025 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
5.La prima censura è infondata, poiché l’opera oggetto di causa, che non può essere ricondotta agli abusi minori, consistendo in un manufatto residenziale in cls armato ad un piano seminterrato ed un piano fuori terra, non rientra nella cornice del condono previsto dall’art. 32 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 del 2003 – condono possibile, in base al combinato disposto dei commi 26, 27 e 43 del predetto articolo, nelle aree sottoposte a vincoli esclusivamente a fronte d’interventi edilizi di minore rilevanza indicati ai numeri 4), 5) e 6) dell’allegato 1 al medesimo decreto legge (ovverosia restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e in presenza, tra altri requisiti, del rilascio di un previo parere favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo. Al contrario, altre tipologie di abuso non sono sanabili, pur laddove le opere risultino conformi alla normativa e agli strumenti urbanistici (il che invece ha favorevole rilievo per gli abusi minori), se l’area d’insistenza dell’opera sia – come nel caso de quo – sottoposta a vincolo di inedificabilità, anche solo relativa, già prima dell’intervento abusivo (cfr., ex aliis, Cons. St., Sez. II, 24 maggio 2024, n. 4655, relativa proprio al Parco del Gargano ed al Comune di Vieste; Cons. St., sez. VI, sentenze 7 agosto 2023, n. 7590 e 14 ottobre 2022, n. 8781). Il consolidato orientamento ermeneutico secondo cui la norma statale sul condono impone l’osservanza di vincoli anche di carattere relativo è stato avallato, con sentenza 27 febbraio 2009, n. 54, anche dalla Corte costituzionale, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di leggi regionali per contrasto con il predetto principio fondamentale della legge statale di cui al citato art. 32, comma 27, per aver limitato il divieto di sanare le opere abusive edificate su aree sottoposte a vincoli di tutela alle sole ipotesi in cui questi ultimi comportassero l’inedificabilità assoluta. Nel medesimo senso si è espressa anche la giurisprudenza penale di legittimità (cfr. Cass. pen., sez. III, 20 maggio 2016, n. 40676).
In ordine alle deduzioni difensive relative all’anteriorità delle opere rispetto all’apposizione del vincolo, va sottolineato che nella sentenza si è precisato che “il terreno su cui insiste il manufatto è sottoposto a vincolo paesaggistico preesistente (sin dal 1991 - 1995) in virtù della legge n. 394 del 1991 (cfr. in particolare art. 34) e del d.P.R. 5 giugno 1995 istitutivi rispettivamente del Parco Nazionale del Gargano e dell’Ente Parco Nazionale del Gargano”, mentre l’appellante ha allegato e ribadito anche in appello che il manufatto è stato realizzato tra il 1994 ed il 2003 e, quindi, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, dopo l’apposizione del vincolo che risale (secondo quanto accertato in sentenza e non oggetto di alcuna specifica impugnazione) al 1991 e non al 5 giugno 1995. Sul punto deve sottolinearsi che l’art. 34 della legge n. 394 del 1991 ha istituito il parco nazionale del Gargano, mentre il d.P.R. 5 giugno 1995, a cui ha fatto riferimento l’appellante ai fini dell’individuazione della decorrenza del vincolo di inedificabilità, ha istituito l’Ente parco nazionale del Gargano, dettandone la relativa disciplina. Tuttavia, i vincoli di inedificabilità derivanti all’istituzione dei parchi derivano già dalla legge n. 394 del 1991, in particolare dall’art. 6, che detta le misure di salvaguardia. A ciò si aggiunga che, in tema di sanatoria, l’onere della prova della data di esecuzione dell’abuso (e conseguentemente della preesistenza dell’intervento edilizio rispetto al vincolo) grava sull’istante (cfr., tra le tante, Cons. St., Sez. VI, sentenze 26 settembre 2022, n. 8290 e 11 novembre 2021, n. 7583; Sez. II, sentenze 4 gennaio 2021, n. 80 e 30 aprile 2020, n. 2766), il quale tuttavia non l’ha concretamente assolta, non avendo svolto specifiche e pertinenti allegazioni sul punto, né tanto meno introdotto in giudizio le relative fonti di prova.
6. Pure il secondo motivo è destituito di fondamento, posto che, anche a voler prescindere dalla circostanza che il procedimento di condono edilizio di cui all’art. 32 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 del 2003, è funzionalmente distinto e autonomo dal condono paesaggistico di cui all’art. 2, comma 37, legge n. 308 del 2004 e si effettua sulla base di presupposti normativi evidentemente differenti, è irrilevante ogni questione circa il dedotto difetto di istruttoria da parte del Comune sull’istanza di condono paesaggistico, non potendo l’ipotetico accoglimento di detta istanza, da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, consentire la sanatoria di cui al citato art. 32 di un intervento edilizio abusivo di tipo non minore in presenza di un preesistente vincolo d’inedificabilità relativa, in base a quanto già illustrato nel precedente paragrafo (nello stesso senso, la già citata Cons. St., Sez. II, 24 maggio 2024, n. 4655, relativa proprio al Parco del Gargano ed al Comune di Vieste).
7. In ordine all’ultimo motivo, va esclusa la formazione del silenzio assenso in quanto l’art. 32, comma 37, decreto legge n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003 (ai sensi del quale il pagamento degli oneri di concessione, la presentazione della documentazione di cui al comma 35, della denuncia in catasto, della denuncia ai fini dell'imposta comunale degli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, nonché, ove dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per l'occupazione del suolo pubblico, entro il 31 ottobre 2005, nonché il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l'adozione di un provvedimento negativo del comune, equivalgono a titolo abilitativo edilizio in sanatoria), deve essere coordinato con il successivo comma 43 dello stesso articolo, che ha modificato l’art. 32 della legge n. 47 del 1985, stabilendo che “fatte salve le fattispecie previste dall'articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso; qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto”. Pertanto, nelle aree, come quella in esame, sottoposte a vincolo non opera la trasformazione del silenzio-rigetto in silenzio-assenso, avendo il legislatore effettuato la diversa scelta di ridurre la fattispecie da silenzio di contenuto negativo (silenzio-rigetto) a silenzio privo di contenuti, cioè semplice strumento per indurre l'amministrazione a provvedere (silenzio-rifiuto).
8.In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Nulla per le spese, non essendosi costituito il Comune appellato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte appellate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2025, tenutasi con modalità da remoto, con l'intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF
Davide Ponte, Consigliere
Maria Grazia Vivarelli, Consigliere
Francesca Picardi, Consigliere, Estensore
Roberto Michele Palmieri, Consigliere