Consiglio di Stato Sez. IV n. 3204 del 8 aprile 2024
Ambiente in genere.Valutazione di impatto ambientale

La valutazione d'impatto ambientale non determina una generica verifica di natura tecnica in merito all'astratta compatibilità ambientale di un'opera implicando la stessa una complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto, alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa c.d. opzione-zero, il sacrificio imposto all’ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita


Pubblicato il 08/04/2024

N. 03204/2024REG.PROV.COLL.

N. 06197/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6197 del 2023, proposto da Mariano Strazzeri, Associazione di Volontariato Comitato di Quartiere Villaggio Pescatori, rappresentati e difesi dagli avvocati Paola Cairoli, Riccardo Salvini, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

contro

il Ministero della Cultura, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (ex Ministero della Transizione Ecologica), l’Istituto Superiore di Sanità, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

della ditta Sardinia Lng S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia e Mario Pagliarulo, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del prof. Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
delle ditte Zenit S.a.s., Non Solo Mare Soc. Coop., La Corte in Giorgino S.r.l., Sca.Fe. S.r.l., non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione terza, n. 5854 del 2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura, del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, dell’Istituto Superiore di Sanità e di Sardinia Lng s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2023 il Consigliere Emanuela Loria;

Uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La vicenda che viene in esame può essere così riassunta.

2. In data 13 giugno 2017, perfezionata il 16 giugno 2017, la ditta Isgas Energit Multiutilities s.p.a. presentava, ai sensi dell’art. 46, d.l. 159/07, (convertito con legge n. 222/07), istanza per la realizzazione di un impianto di stoccaggio e rigassificazione (terminale per il Gas Naturale Liquefatto; c.d. “GNL”) nel porto di Cagliari.

Il progetto contemplava la realizzazione di:

-una struttura in banchina per la connessione e lo scarico del GNL dalle navi metaniere;

- un complesso di tubazioni criogeniche per il trasporto del fluido nella zona impianto;

-un sistema di stoccaggio, pompaggio, e rigassificazione del GNL;

- una stazione di filtraggio, misura ed odorizzazione per la immissione del gas naturale in rete.

Il procedimento veniva avviato con la presentazione della istanza di autorizzazione alla direzione Generale per la Sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture energetiche del Ministero dello sviluppo economico (MISE), direzione successivamente trasferita al Ministero per la transizione Ecologia (MITE).

Seguiva l’indizione della conferenza di servizi asincrona da parte del MISE (nota del 3 luglio 2017 prot. n. 16031).

Per quanto riguarda i profili relativi alla sicurezza, il progetto otteneva il “nulla osta di fattibilità” con prescrizioni da parte del competente Ministero dell’interno (nota prot. n. U.000i047 del 24 gennaio 2018).

In data 5 luglio 2019 il Comitato Tecnico V.I.A. rilasciava parere, prot. n. 3057, con il quale riconosceva la compatibilità ambientale del progetto.

In data 2 dicembre 2020 con nota prot. n. 35244, il Ministero per i Beni Ambientali e Culturali esprimeva parere favorevole alla realizzazione dell’impianto.

Con decreto del 24 marzo 2021, prot. n. 103, il Ministero della Transizione Ecologica (d’intesa con il Ministro della Cultura) adottava il parere di compatibilità ambientale per il progetto ai sensi dell’art. 25 d.lgs. n. 152 del 2006.

Il progetto otteneva inoltre i pareri favorevoli di Enac, Agenzia delle Dogane e della Regione Sardegna.

In data 29 aprile 2021 Sardinia LNG s.r.l. (nel frattempo succeduta alla Isgas Energit Multiutilities s.p.a.) chiedeva al Ministero della Transizione Ecologica il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dell’opera, a conclusione del procedimento autorizzativo incardinato nella già menzionata conferenza dei servizi semplificata.

3. Ciò premesso, il signor Mariano Strazzeri, in proprio e in qualità di Presidente dell’Associazione di volontariato Comitato di Quartiere Villaggio Pescatori, impugnava dinanzi al T.A.R. per il Lazio il decreto n. 103/2021 adottato dal Ministero della Transizione Ecologica, di concerto con il Ministero della Cultura, recante il giudizio positivo di compatibilità ambientale reso ai sensi dell’art. 25, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, unitamente ai connessi pareri tecnici favorevoli.

Con il primo motivo di gravame, la parte ricorrente lamentava la violazione della direttiva 2014/52/UE del 16 aprile 2014 nonché dell’articolo 22 del d.lgs. n. 152/2006 ed, in particolare, della disposizione contemplata al comma terzo, lettera d), secondo la quale lo studio di impatto ambientale, redatto dal proponente l’istanza di VIA ex art. 23 d.lgs. n. 152 del 2006, deve contenere “una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali”.

A tal proposito, evidenziava che l’analisi delle possibili alternative al progetto, riportata nello “Studio di impatto ambientale” predisposto dal proponente non appariva in linea con i requisiti richiesti dalla normativa di settore per la valutazione di dette alternative. Nello specifico, denunciava il carattere meramente formale dell’analisi svolta dal soggetto proponente, a suo dire, inidonea a soddisfare gli standard di valutazione richiesti dalla giurisprudenza amministrativa.

Con maggiore dettaglio, deduceva da un lato la genericità delle argomentazioni contenute nello Studio di impatto ambientale con riferimento al confronto tra i costi e i benefici per l’ambiente derivanti dalla realizzazione o meno dell’impianto; dall’altro lato, evidenziava l’erroneità della valutazione del presunto indotto economico che sarebbe conseguito alla realizzazione dell’impianto, perché basata su mere congetture e priva della necessaria considerazione degli effetti negativi che la realizzazione dell’opera avrebbe comportato nei confronti delle attività già presenti nell’area interessata e in particolare nei confronti del Villagio dei Pescatori, fungendo l’opera da deterrente alla valorizzazione del Villaggio, alla salubrità dei luoghi, nonché all’ulteriore sviluppo ed incremento delle attività economiche svolte in loco, con conseguenze in termini di ricadute economiche per i singoli residenti, nonché per quelle imprese, già presenti in loco, che determinano e contano su uno sviluppo economico produttivo dell’area sulla quale operano, al fine dell’implementazione della propria attività e con effetti sulla salubrità del luogo con violazione dunque dell’art. 32 della Costituzione.

Secondo la prospettazione della parte ricorrente la dedotta carenza sul piano motivazionale in ordine alla valutazione della c.d. opzione zero avrebbe viziato l’intero procedimento di VIA con conseguente illegittimità del decreto gravato.

3.1. Le medesime carenze motivazionali avrebbero riguardato anche l’analisi svolta con riferimento alle due opzioni alternative (ovvero l’“Alternativa CACIP” e l’“Alternativa banchina Ovest”) in quanto ritenute meramente fittizie e formalistiche. Sotto tale profilo, lamentava, in particolare, la collocazione di entrambe le aree – oggetto delle alternative prospettate – nel medesimo bacino territoriale del Porto Canale di Cagliari e alla stessa distanza (di soli 1.000 metri circa) dal sito prescelto per la realizzazione dell’impianto contestato.

4. Con il secondo motivo di gravame la parte ricorrente lamentava la sussistenza di vizi istruttori e di carenze motivazionali dell’intera procedura di VIA, integranti la violazione della normativa nazionale ed europea in materia di tutela ambientale nonché del principio, costituzionalmente rilevante, di libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione. 

A tal riguardo, l’istante prospettava, in particolare, tre specifici profili di criticità, assunti quali indici concreti dell’erroneità dell’apprezzamento condotto dalle varie Amministrazioni coinvolte nel procedimento in esame:

a) innanzitutto si sottolineava l’inidoneità dell’area prescelta ad ospitare un Terminal GNL, perché collocata in un contesto di estrema rilevanza ambientale, alla luce del tessuto economico-sociale preesistente, connotato dalla presenza di impianti produttivi essenzialmente relativi a servizi oltre che dalla vicinanza ad insediamenti abitativi e produttivi. Dalla premessa delle riferite inidoneità dei luoghi su cui realizzare l’impianto di rigassificazione la parte ricorrente faceva discendere anche i possibili rischi per la salute e la sicurezza pubblica, anche in ragione del concreto pericolo di una nube incendiaria correlato all’ipotesi di perdita di gas in fase di carico/scarico del GNL.

b) in secondo luogo, si lamentava l’evidente diversità delle condizioni di localizzazione del progetto di cui trattasi rispetto agli impianti similari già esistenti a livello europeo indicati come termini di confronto nell’ambito della medesima “Relazione generale” presentata dal soggetto proponente.

c) si evidenziava, inoltre, l’irreparabile pregiudizio per l’operatività commerciale degli utenti del Porto Canale sui terminali confinanti con la banchina dell’impianto GNL, tra cui gli stessi ricorrenti.

In particolare, sotto quest’ultimo profilo la parte ricorrente censurava l’omessa considerazione e/o la sottovalutazione dei profili inerenti alle misure di sicurezza e di non avere analizzato la frequenza degli incidenti su impianti similari a quello di cui trattasi e delle correlate conseguenze.

A giudizio della parte ricorrente, la Valutazione di impatto sanitario (V.I.S.), su cui si basava il parere dell’Istituto superiore di sanità, che formava parte integrante del decreto di VIA, sarebbe illegittimo giacché basato su dati contraddittori ed illogici, che risultano affetti dal carattere dell’eventualità e della parzialità.

Tali carenze si rifletterebbero anche sul provvedimento finale di VIA sub specie di illegittimità per eccesso di potere.

5. Si costituivano nel giudizio di primo grado le amministrazioni intimate chiedendo che il ricorso fosse dichiarato infondato.

6. Si costituiva in giudizio anche la società controinteressata Sardinia Lng S.r.l, chiedendo in via preliminare che il ricorso fosse dichiarato inammissibile, per l’assenza in capo alla parte ricorrente delle condizioni dell’azione, e in ogni caso infondato.

7. Con sentenza n. 5854 del 2023 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio:

a) ha assorbito la trattazione delle questioni di rito;

b) ha respinto il ricorso nel merito;

c) ha dichiarato inammissibili le censure proposte con la memoria ex art. 73 c.p.a. di parte ricorrente depositata il 26 settembre 2022 riguardante il contrasto con il d.P.C.M. 29 marzo 2022 in quanto involgenti profili di doglianza introdotti nell’ambito del giudizio tramite memoria difensiva non notificata alle controparti.

d) ha compensato le spese del giudizio.

8. Avverso la suindicata sentenza è stato proposto il presente appello.

8.1. L’appellante contesta la pronuncia di primo grado, riproponendo e sviluppando i motivi del ricorso di primo grado, sia pure adattandoli alla sentenza impugnata.

9. Con maggiore grado di dettaglio, con il primo motivo l’appellante ripropone la censura della violazione, da parte dei provvedimenti contestati, dell’art 22, comma 3, lett. d) del d.lgs. n. 152 del 2006 e dei principi generali in materia di tutela ambientale, nonché il vizio di eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà e difetto di istruttoria, criticando le considerazioni con cui il T.A.R. ha escluso la sussistenza dei predetti vizi.

Ad avviso della società appellante, l’analisi delle alternative progettuali, condivisa dalla sentenza impugnata, sarebbe stata frutto di un’istruttoria carente in quanto limitata all’area del Porto Canale, mentre sarebbe stato necessario valutare la possibilità di localizzare l’impianto in ambiti territoriali diversi, nei quali i relativi effetti avrebbero potuto essere meno impattanti.

In particolare, l’inserimento nel progetto delle alternative e dell’alternativa-zero non potrebbe essere ridotta ad avere un carattere di pedissequo adempimento formalistico e ciò si desumerebbe, seppure non direttamente dal testo dell’art. 22, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006, dal senso stesso dell’obbligo imposto ex lege.

10. Con il secondo motivo di appello viene dedotta l’erroneità della sentenza impugnata per la ritenuta infondatezza del motivo di ricorso di primo grado col quale era stata denunciata la violazione del principio di tutela della salute e della sicurezza pubbliche.

11. Con il terzo motivo d’appello si censura il capo della sentenza di primo grado che ha dichiarato inammissibili le censure inerenti al contrasto degli atti impugnati con il sopravvenuto d.P.C.M. del 29 marzo 2022.

12. La controinteressata Sardinia Ing s.r.l. si è costituita in giudizio, sollevando plurime eccezioni di carenza di legittimazione e di interesse.

13. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero della Cultura e l’Istituto Superiore di Sanità, chiedendo la reiezione dell’appello.

In vista dell’udienza del 16 novembre 2023 le parti hanno depositato memorie e repliche con le quali hanno chiarito e ulteriormente argomentato la fondatezza delle rispettive posizioni difensive.

14. All’udienza del 16 novembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

15. Per ragioni di economia processuale e di sinteticità, il Collegio prescinde dall’esame delle eccezioni di carenza di legittimazione di interesse sollevate da Sardinia Ing s.r.l. poiché l’appello è infondato nel merito per le ragioni che seguono.

Preliminarmente si richiama quale precedente conforme ex art. 88, comma 2, lett. d) c.p.a., la sentenza di questa stessa Sezione n. 6280 del 27 giugno 2023 resa sul ricorso in appello r.g.n. 1509 del 2023.

15.1. La questione principale all’esame del Collegio attiene in particolare alla legittimità della valutazione di impatto ambientale (VIA) rilasciata ex art. 25 d.l.gs. n. 152/2006 con specifico riguardo:

i) da un lato, all’esame delle “alternative ragionevoli” inclusa la c.d. opzione zero, quale elemento necessario dello Studio di impatto ambientale elaborato dal proponente a corredo dell’avanzata istanza di VIA;

ii) dall’altro, alla considerazione degli effetti del progetto su molteplici fattori involgenti i diversi interessi coinvolti (pubblici e privati), riconducibili in particolare ai possibili rischi per la salute della popolazione e per la sicurezza pubblica, nonché alle ricadute pregiudizievoli sugli interessi privati connessi all’esercizio delle attività economiche già presenti nell’area portuale.

15.2. Prima di passare ad esaminare il merito delle censure dedotte con l’appello principale, è necessario ricostruire brevemente il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento per la presente controversia.

In linea generale, in relazione al potere esercitato con la Valutazione d’impatto ambientale, si osserva che la costante giurisprudenza, alla stregua dei principi euro-unitari e nazionali, ha affermato che:

a) la VIA si sostanzia non già in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell'opera programmata, bensì in un giudizio sintetico globale di comparazione tra il sacrificio ambientale imposto e l'utilità socio-economica procurata dall’opera medesima, tenendo conto anche delle alternative possibili e dei riflessi della c.d. opzione zero. Essa non è un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico-amministrativo, con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale) e privati (Cons. Stato, sez. VI, n. 4484 del 2018; sez. IV, n. 1240 del 2018; sez. V, n. 4928 del 2014; sez. V, 361 del 2013; sez. V, 3254 del 2012; sez. IV, n. 4246 del 2010);

b) l’ampia latitudine della discrezionalità (istituzionale, amministrativa e tecnica) esercitata dall’amministrazione in sede di VIA, in quanto istituto finalizzato alla tutela preventiva dell’ambiente inteso in senso ampio, è giustificata alla luce dei valori primari ed assoluti coinvolti (Cons. Stato, sez. II, n. 3938 del 2014; Cons. Stato, sez. IV, n. 36 del 2014; sez. IV, n. 4611 del 2013; sez. VI, n. 3561 del 2011; Corte giustizia UE, 25 luglio 2008, causa C-142/07; Corte cost., n. 367 del 2007);

c) in materia ambientale l’ampia ammissibilità di clausole prescrittive trova fondamento nell’ampia discrezionalità dei provvedimenti in tema di VIA (Cons. Stato, sez. IV, n. 1240 del 2018; sez. IV, n. 1392 del 2017; sez. V, n. 263 del 2015);

d) un progetto che ricomprende vasta parte del territorio comunale non può che comportare la sua sottoposizione ad una serie ampia di prescrizioni a tutela di tutti quei beni che possono essere incisi dalla sua realizzazione (Cons. Stato sez. IV, n. 6862 del 2020; sez. VI n. 1 del 2004).

15.3. Quanto al tipo di sindacato esercitabile da parte del giudice amministrativo, l’orientamento della giurisprudenza è nel senso che:

a) la relativa valutazione di legittimità giudiziale, escludendo in maniera assoluta il carattere sostitutivo della stessa, debba evidenziare la sussistenza di vizi rilevabili ictu oculi, a causa della loro abnormità, irragionevolezza, contraddittorietà e superficialità.

Invero, il giudizio di compatibilità ambientale quand'anche reso sulla base di criteri oggettivi di misurazione, pienamente esposti al sindacato del giudice amministrativo, è attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse all'esecuzione dell'opera, con la conseguenza che le scelte effettuate dall'Amministrazione si sottraggono al sindacato del giudice amministrativo ogniqualvolta le medesime non si appalesino come manifestamente illogiche o incongrue (Cons. Stato, sez. IV, n. 1240 del 2018; sez. IV, n. 1392 del 2017; sez. IV, n. 6190 del 23 giugno 2023);

b) non è ammissibile la sostituzione, da parte del giudice amministrativo, della propria

valutazione a quella riservata alla discrezionalità dell’amministrazione costituendo ipotesi di sconfinamento vietato della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla p.a., quand’anche l’eccesso in questione sia compiuto da una pronuncia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell’area dell’annullamento dell’atto (Cass. civ., 14

sez. un., nn. 2312 e 2313 del 2012; Corte cost., n. 175 del 2011; Cons. Stato, sez. VI, n. 871 del 2011);

c) in base al principio di separazione dei poteri sotteso al nostro ordinamento costituzionale - la cui declinazione nel processo amministrativo in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio si coglie nella tassatività dei casi di giurisdizione di merito sanciti dall’art. 134 c.p.a. (Cons. Stato, sez. IV, 3892 del 2023; Ad. plen. n. 5 del 2015; Cass. civ., sez. un., n. 19787 del 2015) - solo l’amministrazione è in grado di apprezzare, in via immediata e diretta, l’interesse pubblico affidato dalla legge alle sue cure e conseguentemente il sindacato sulla motivazione delle valutazioni discrezionali) deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti e non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa.

16. Operata tale necessaria premessa, il primo motivo è infondato.

Con il primo motivo dell’appello principale viene censurata la sentenza impugnata nella parte in cui ha reputato immune da vizi l’esame delle alternative ragionevoli (inclusa la c.d. opzione zero), contenuto nel progetto preliminare.

Ad avviso della parte appellante, l’esame delle alternative ragionevoli, inclusa la c.d. “opzione zero” postulerebbe la necessità di valutare la localizzazione dell’impianto in ambiti territoriali diversi rispetto a quelli prescelti per la realizzazione del progetto da autorizzare. Di qui l’erroneità della sentenza impugnata che non avrebbe fatto altro che recepire pedissequamente le insufficienti valutazioni dell’istruttoria procedimentale. In particolare, risulterebbe, secondo l’appellante “non adeguato l’ordito motivazionale della sentenza nel respingimento del motivo finalizzato ad evidenziare il “carattere fittizio e formalistico” delle predette valutazioni.

L’assunto non trova riscontro nel diritto positivo.

L’art. 22, comma 3, lett. d), del d.lgs. n. 152/2006, nel descrivere il contenuto dello studio di impatto ambientale predisposto dal soggetto proponente, include tra le informazioni minime da riportare “una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali”.

L’art. 25, comma 1, del d.lgs n. 152 del 2006, a sua volta prevede che “L'autorità competente valuta la documentazione acquisita tenendo debitamente conto dello studio di impatto ambientale” – includente l’indicazione dei profili sopra menzionati – oltre che “delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente, nonché dai risultati delle consultazioni svolte, delle informazioni raccolte e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma degli articoli 24 e 32”.

Dalla piana lettura delle riportate disposizioni emerge che lo studio di impatto ambientale deve valutare alternative, inclusa l’opzione zero, senz’altro ragionevoli e adeguate al progetto, ma non anche, come di converso pretenderebbe l’appellante, necessariamente da collocare in ambiti territoriali diversi rispetto a quello in cui si vorrebbe realizzare il progetto.

In generale lo studio di impatto ambientale deve contenere: a) la descrizione della localizzazione del progetto, con l'indicazione degli eventuali vincoli e delle tutele presenti; b) la descrizione delle caratteristiche fisiche complessive del progetto, con la precisazione degli eventuali lavori di demolizione che si rendessero necessari e delle esigenze di utilizzo del suolo in fase di costruzione e/o di esercizio; c) la descrizione delle principali caratteristiche della fase di esercizio dell'opera progettata (processo produttivo, consumo di energia, natura e quantità di risorse impiegate); d) la stima dei rifiuti prodotti in fase di costruzione e di esercizio, nonché dei residui prodotti e delle emissioni attese (inquinamento dell'acqua, dell'aria, del suolo e del sottosuolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione); e) la descrizione della tecnica prescelta per prevenire le emissioni degli impianti e per ridurre l'utilizzo delle risorse naturali, in rapporto alle best practices di settore.

Assume particolare rilievo, nell'ambito dello studio di impatto ambientale, l'esigenza che vengano descritte le alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, rispetto alle scelte progettuali e localizzative adottate, ivi inclusa la cosiddetta opzione zero. Risulta, infatti, ineludibile dimostrare la convenienza economico-sociale e ambientale di un progetto, attraverso la misurazione del suo contributo al benessere collettivo, quantificando puntualmente i benefici socioeconomici generati e le residue esternalità ambientali che la collettività dovrà sopportare. In tale contesto, la valutazione dell'opzione zero consente di stabilire se il progetto è in grado di produrre benefici socio-economici idonei a marginalizzare il sacrificio dei valori ambientali, rendendolo accettabile (rectius sostenibile).

La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che lo studio di impatto ambientale deve contenere almeno la descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto e alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali.

Seguendo tale consolidato indirizzo interpretativo, come già in parte dianzi ricordato, la valutazione d'impatto ambientale non determina una generica verifica di natura tecnica in merito all'astratta compatibilità ambientale di un'opera implicando la stessa una complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto, alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa c.d. opzione-zero, il sacrificio imposto all’ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita (cfr. ex pluribus Consiglio di Stato, Sezione II, n. 1902/2021).

Quanto alla metodologia redazionale, il c. 5 dell’art. 22, d.lgs. n. 152 del 2006, stabilisce che il proponente deve tenere in considerazione le conoscenze e i metodi di valutazione disponibili derivanti da altre valutazioni, nonché i dati conservati dalle pubbliche amministrazioni; ciò significa che può essere assunta a parametro di riferimento la valutazione relativa a impianti simili a quello progettato per tipologia e per tecnologia adottata, nonché la valutazione attinente a uno specifico contesto localizzativo, al fine di estrapolare dati sovrapponibili rispetto a quelli oggetto dello studio di impatto ambientale da redigere.

16.1. Alla stregua di tali consolidati precedenti giurisprudenziali, deve essere vagliata la consistenza degli addebiti mossi nell’atto di appello allo studio di impatto ambientale presentato dalla società.

Reputa il Collegio, conformemente a quanto rilevato dal giudice di primo grado, che lo studio di impatto ambientale predisposto dal soggetto proponente contenga l’espressa ed esaustiva indicazione delle alternative prese in esame, quali, in particolare, l’opzione zero e due soluzioni progettuali alternative parimenti insistenti sulla zona del Porto Canale (rispettivamente, al lato Nord e a quello opposto sul fronte Ovest), unitamente alla relativa analisi, includente, da un lato, il confronto dei vantaggi e svantaggi correlati all’ipotesi di mancata realizzazione dell’intervento, dall’altro le criticità connesse alla diversa localizzazione dell’impianto (nei due siti alternativi considerati) rispetto alla realizzazione e alla conseguente gestione dell’opera.

Il Collegio rileva ulteriormente sul punto che, contrariamente a quanto ritenuto nell’atto di appello, sono state adeguatamente esplicitate dal proponente le ragioni alla base dell’individuazione del Porto Canale di Cagliari, quale ambito territoriale in cui sono state identificate le soluzioni progettuali alternative.

È stato, infatti, ragionevolmente evidenziato che il Porto Canale costituisce l’unico porto della Sardegna incluso tra i 14 porti italiani “core” delle reti trans-europee di trasporto (Reti TEN-T di cui al Regolamento UE 1315/2013) individuati per garantire la “disponibilità di combustibili puliti alternativi”. Inoltre, è stato ulteriormente sottolineato che il Porto Canale è posto in un’area complessivamente limitrofa al tracciato delle reti di trasporto del gas GPL (Gas Petrolio Liquefatto) esistenti a servizio dell’area vasta di Cagliari ( con conseguente agevolazione del collegamento del progetto di terminal GNL alla rete già esistente a servizio dell’area vasta di Cagliari) oltre che collocato in prossimità al luogo di ubicazione del progetto di metanodotto (vicino alla dorsale Sarroch/Oristano/Porto Torres).

Con specifico riferimento all’analisi delle soluzioni alternative, nel parere della Commissione tecnica (all. n. 4 fascicolo primo grado contro interessata dep. 21 giugno 2021, parere n. 3057 del 2019, pag. 20) si legge plausibilmente che “Per quanto riguarda la localizzazione sono state considerate tre alternative progettuali sviluppate attraverso l’attenta analisi di tutte le criticità legate alla realizzazione e alla conseguente gestione dell’opera nonché dell’ambiente in cui l’opera stessa si inserisce (Soluzione progettuale adottata, area CACIP, banchina ovest rinfuse).”

Per quanto concerne l’opzione zero, l’organo tecnico ha rilevato che la mancata realizzazione dell’opera non consentirebbe l’impiego di GNL, con conseguente perdita dei benefici che ne deriverebbero in termini di riduzione delle emissioni atmosferiche su più ampia scala.

L’organo tecnico ha, inoltre, posto in evidenza gli importanti benefici scaturenti dalla realizzazione del progetto, tra cui, in particolare:

-la creazione di alternative energetiche nel territorio;

-l’aumento della flessibilità del servizio di fornitura energetica;

-la riduzione delle tariffe alle utenze attraverso il passaggio in rete del metano a luogo dell’aria propanata;

-la riduzione dell’impatto ambientale attraverso l’impiego di fonti di energia alternative a quelle fossili quali i derivati del petrolio e il carbone.

È stato altresì evidenziato che, poiché la Regione Sardegna risulta ancora caratterizzata dall’assenza di una rete di trasporto del gas naturale, la mancata realizzazione di una struttura in grado di ricevere, stoccare e distribuire GNL alle utenze locali si tradurrebbe in una mancata opportunità di impiego e di sviluppo di una rete di distribuzione in ambito regionale di una fonte energetica a basso impatto ambientale, quale il GNL, con conseguente ampliamento del ricorso alle fonti fossili tradizionali e maggiormente inquinanti.

Sotto il profilo dell’impatto ambientale, la Commissione ha evidenziato, a pag. 21 del parere n. 3057 del 2019, che “il Terminal GNL comporta l’emissione di inquinanti in atmosfera dovuta prevalentemente al traffico marittimo, determinato dalle navi metaniere in arrivo per lo scarico di GNL, delle bettoline adibite alla distribuzione via mare e dai relativi rimorchiatori di supporto, e terrestre, causato dalle autocisterne per la distribuzione del GNL via terra”, è, tuttavia, altrettanto vero che “la mancata realizzazione dell’opera non consentirebbe l’impiego di GNL, con tutti i benefici che ne derivano in termini di riduzione delle emissioni atmosferiche su più ampia scala. Le caratteristiche chimico-fisiche del GNL rispetto agli altri combustibili fossili consentono di ipotizzare un contributo al miglioramento della qualità dell’aria, nell’ambito regionale in cui lo stesso verrebbe distribuito al posto deicombustibili fossili tradizionali. Inoltre, il progetto comporterebbe benefici in termini socioeconomici sia su vasta scala che in ambito locale. Su vasta scala, per l’incremento della sicurezza e della diversificazione degli approvvigionamenti e, quindi, della fornitura energetica, favorendo gli utenti finali in termini di potenziale riduzione delle tariffe per effetto dei meccanismi di concorrenza. In ambito locale, in quanto il progetto darebbe impulso alle attività produttive portuali e all’indotto occupazionale che ne consegue”.

Il provvedimento di VIA, nel recepire integralmente il contenuto del parere reso dalla Commissione tecnica di verifica ha dato, peraltro, conto della valutazione comparativa in concreto effettuata nonché della articolata istruttoria svolta nell’ambito del procedimento posto in essere ai sensi degli artt. 23 e 24 d.lgs. n. 152/2006.

Tanto appare sufficiente, ad avviso anche di questo Collegio, per escludere la sussistenza dei vizi lamentati dalla parte appellante e per ritenere che lo studio di impatto ambientale ed il successivo provvedimento di VIA si uniformino agli standard motivazionali richiesti dal consolidato formante giurisprudenziale in precedenza riportato.

Alla luce, inoltre, del ricordato orientamento interpretativo, relativo al sindacato giudiziale ammissibile sugli apprezzamenti discrezionali e tecnici sottesi alla valutazione di impatto ambientale, reputa la Sezione che le valutazioni operate dall’amministrazione nel caso di specie sono immuni dai macroscopici vizi della funzione amministrativa censurati con l’atto di appello.

17. Con il secondo motivo di appello viene dedotta l’erroneità della sentenza impugnata per il mancato rilievo della violazione del principio di tutela della salute e della sicurezza pubblica ex art. 32 Cost, nonché dell’eccesso di potere che inficerebbe il decreto di V.I.A.

L’assunto non trova in effetti corrispondenza negli atti processuali.

È sufficiente a tal riguardo osservare che l’assenza di rischi è comprovata dal Nulla osta di fattibilità 23 del 24 gennaio 2018, prot. 00001047, rilasciato dal Ministero dell’Interno (Vigili del fuoco). Le valutazioni contenute nel predetto parere, oltre che intrinsecamente attendibili e non adeguatamente scalfite dalle considerazioni di segno contrario di parte appellante, sono da ritenersi non più contestabili alla luce della circostanza per cui il Nulla osta di fattibilità non è stato impugnato.

Correttamente, pertanto, il T.A.R. ha respinto siffatte censure evidenziando che le stesse non trovano alcuna corrispondenza nel complesso degli atti procedimentali e segnatamente negli atti di verifica dell’impatto ambientale e di valutazione del SIS e nel Nulla Osta di fattibilità 23 del 24 gennaio 2018, rilasciato dal Ministero dell’Interno.

Peraltro, l’analisi del rischio – a seguito di richiesta di integrazioni del Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Cagliari prot. n. 20503 del 13 novembre 2017 - è stata effettuata e depositata agli atti del giudizio di primo grado (all. n.1 fascicolo controinteressata, deposito del 21 giugno 2021), da società specializzata con assunzione di responsabilità su quanto ivi rassegnato.

Come dianzi ricordato, la giurisprudenza di questa Sezione è costante nel ritenere che: «nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l'amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti» (Cons. Stato, sez. IV, 14 marzo 2022, n. 1761).

Da ciò discende, come più sopra rammentato, che il relativo sindacato giudiziale, al fine di assicurare il rispetto del principio costituzionale di separazione dei poteri, è consentito soltanto quando risulti violato il principio di ragionevolezza.

Nella fattispecie in esame, l’appellante non ha dedotto alcun elemento idoneo a dimostrare tale violazione, in quanto la censura prospettata è una censura di merito finalizzata a contestare una scelta tecnica che può essere opinabile ma non irragionevole.

17.1. In relazione alla VIS e al parere reso dall’Istituto Superiore di Sanità, le censure sono infondate poiché – come correttamente rilevato dal giudice di primo grado – ai sensi dell’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006 (lettera b-bis introdotta dal d.lgs. n. 104 del 2017 di recepimento della direttiva europea 2014/52/UE), la Valutazione d’impatto sanitario è caratterizzata da una natura di tipo previsionale ed ex ante dei potenziali effetti per la salute umana in relazione all’attività di determinati impianti.

Nel caso in esame, il decreto impugnato richiama espressamente le prescrizioni e le condizioni poste dal parere dell’Istituto superiore di sanità, che pertanto dovranno essere rispettate sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio dell’impianto in questione.

Di qui l’assenza dei vizi prospettati con il secondo motivo di appello.

18. Con il terzo motivo l’appellante si duole in relazione al capo della sentenza di primo grado che ha dichiarato inammissibili le censure dedotte con la memoria di primo grado ex art. 73 c.p.a. non notificata alla controparte.

Il contenuto della memoria avrebbe dovuto essere esaminato poiché recante rilevanti controdeduzioni in relazione all’intervenuta, nelle more del giudizio, emanazione del d.P.C.M. 29 marzo 2022, che avrebbe modificato il quadro normativo di riferimento ai fini della legittimità dei provvedimenti oggetto del presente contenzioso, comportando l’illegittimità sopravvenuta dell’atto adottato l’anno precedente.

18.1. In disparte la conferenza del richiamo, il motivo è comunque infondato.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, sono inammissibili le censure dedotte in memoria, non notificata alla controparte, sia quando esse siano completamente nuove e non ricollegabili ad argomentazioni espresse nel ricorso introduttivo, ma anche quando, pur richiamandosi ad un motivo già ritualmente dedotto, introducano elementi nuovi, ovvero in origine non indicati, con conseguente violazione del termine decadenziale e del principio del contraddittorio.

Questo perché la ratio sottesa allo strumento della memoria difensiva è quella di affidarvi il compito di mera illustrazione esplicativa dei precedenti motivi di gravame e non anche quella di ampliamento del “thema decidendum” (cfr. Cons. Stato, sent. sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5385 e 10 agosto 2004, n. 5513, quest’ultima con richiamo a Consiglio di Stato, sent. Ad. plen., 20 maggio 1980 n. 18), come in concreto sarebbe avvenuto in quanto con la ricordata memoria non notificata è stata contestata la localizzazione dell’impianto sulla base dell’indicato sopravvenuto d.P.C.M.

19. In conclusione, per le esposte motivazioni, l’appello deve essere respinto.

20. La complessità delle questioni giuridiche affrontate giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti costituite le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore