Cass. Sez. III n. 986 del 10 gennaio 2025 (UP 18 dic 2024)
Pres. Ramacci Rel. Scarcella Ric. Novi
Rifiuti.Applicabilità art. 131-bis codice penale

Le condotte post delictum, ove normativamente imposte, anche se antecedenti al momento in cui è intervenuta condanna, in quanto solo anticipatorie di un effetto che sarebbe comunque conseguito ex lege, non rendono di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento della commissione del fatto, escludendo la riconoscibilità dell’art. 131-bis, cod. pen. Fattispecie relativa ad attività di trasporto e smaltimento di rifiuti non pericolosi consistiti in liquami appena prelevati dal pozzo nero di pertinenza di un’abitazione privata, in assenza della prescritta autorizzazione.


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 25 gennaio 2024, il Tribunale di Benevento dichiarava Domenico Novi colpevole del reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d. lgs. n. 152 del 2006, per aver effettuato, nella qualità di legale rappresentante della società Ecospecial s.r.l., con l’utilizzo di un autocarro dotato di autobotte, di proprietà della società, attività di trasporto e smaltimento di rifiuti non pericolosi consistiti in liquami appena prelevati dal pozzo nero di pertinenza di un’abitazione privata, in assenza della prescritta autorizzazione, con condanna del medesimo, con il concorso di attenuanti generiche, alla pena condizionalmente sospesa di euro 1.700 di ammenda, in relazione a fatto contestato come accertato in data 19/09/2019. 

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato, deducendo un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173, disp. Att., cod. proc. pen. 

2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di motivazione e quello di violazione di legge in relazione agli artt. 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., 24, comma 2 e 111, comma 6, Cost., con riferimento all’omessa motivazione sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis, cod. pen. 
In sintesi, si censura la sentenza impugnata per aver omesso di pronunciarsi sulla richiesta di riconoscimento della speciale causa di non punibilità del fatto di particolare tenuità, nonostante la difesa, in sede di conclusioni, ne avesse chiesto l’applicazione con richiesta subordinata a quella principale. L’omessa motivazione sul punto avrebbe impedito all’imputato di comprendere le ragioni poste a fondamento del diniego dell’art. 131-bis, cod. pen., nonché l’iter logico seguito dal giudice per mezzo del quale è pervenuto al risultato enunciato, così venendo meno all’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali sancito anche dall’art. 111, Cost. e, nel contempo, violando anche il diritto di difesa dell’imputato, riconosciuto dall’art. 24, Cost. In particolare, la censura si appunta sul fatto che il giudice, negando l’applicazione della speciale causa di punibilità, non avrebbe valutato se la condotta posta in essere dal ricorrente fosse idonea a superare la soglia minima di punibilità, in considerazione dell’avvenuto ripristino dello stato dei luoghi con l’eliminazione di ogni effetto negativo delle conseguenze del reato contestato, della sua incensuratezza e del suo corretto comportamento processuale. Sussistevano, infatti, tutti i requisiti oggettivi e soggettivi per ritenere positivo il giudizio sull’applicabilità della speciale causa estintiva, anche alla luce del comportamento ripristinatorio posto in essere dal ricorrente. 

3. In data 29/11/2024 sono state trasmesse a questo Ufficio le conclusioni scritte del Procuratore generale, con cui chiede dichiararsi la inammissibilità del ricorso. In sintesi, secondo il procuratore generale, il ricorso è manifestamente infondato: nessuna carenza di motivazione appare sussistente alla luce della compiuta valutazione di “moderata gravità del fatto” che esclude chiaramente, al di là di una espressa dichiarazione, il presupposto della “particolare tenuità” di cui all’art. 131-bis cod. pen. 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, trattato cartolarmente in assenza di richiesta di discussione orale, è inammissibile perché manifestamente infondato. 

2. Ed invero, al di là del giudizio di “moderata gravità del fatto” espresso dal giudice – che esclude in radice, a seguito della predetta valutazione espressa dal giudice di merito, l’applicabilità della speciale causa di non punibilità del fatto di particolare tenuità, posto che l’aver qualificato il fatto in termini di “moderata gravità” equivale ad aver ritenuto senz’altro superata la soglia di particolare tenuità imposta dall’art. 131-bis, cod. pen. – ciò che rileva nel caso di specie è l’assenza di elementi idonei a sussumere la vicenda nell’alveo della previsione normativa. 
Premesso, infatti, che in tema di particolare tenuità del fatto, il disposto di cui all'art. 131-bis cod. pen. individua un limite negativo alla punibilità del fatto medesimo la prova della cui ricorrenza è demandata all'imputato, tenuto ad allegare la sussistenza dei relativi presupposti mediante l'indicazione di elementi specifici (Sez. 3, n. 13657 del 16/02/2024, Rv. 286101 – 02), ciò che rileva in senso ostativo alla riconoscibilità del fatto di particolare tenuità, nel caso di specie, è la circostanza che il comportamento susseguente al reato, valorizzato dalla difesa, è consistito nell’aver provveduto al ripristino dello stato dei luoghi, non è frutto di una spontanea rivisitazione della propria iniziale condotta da parte del ricorrente, quanto, piuttosto, conseguenza di un doveroso adempimento alle prescrizioni impartite dall’organo accertatore ai sensi dell’art. 242, d. lgs. n. 152 del 2006, volte a far rimuovere i liquami sversati, prescrizioni alle quali era seguito l’affidamento da parte del ricorrente dell’incarico relativo alla ditta GEISA s.r.l. 

3. Dunque, non si è trattato di una condotta susseguente al reato, manifestazione di resipiscenza e di una spontanea volontà di rimediare alla propria originaria condotta illecita (peraltro denotante particolare insidiosità, atteso che il ricorrente era stato visto sversare i rifiuti liquidi - prelevati dalla fossa settica posta sul fondo dei committenti - utilizzando un tubo lungo che passava attraverso un’autocisterna, sul loro stesso fondo in zona incolta), senza l’intervento delle autorità preposte, ma solo a seguito dell’adozione di prescrizioni finalizzate alla bonifica dello stato dei luoghi. 
In definitiva, un comportamento susseguente al reato che, pur valutando la predetta condotta in sintonia con la novella introdotta dal D.lgs. n. 150 del 2022, di per sé solo non poteva né può considerarsi dirimente in senso favorevole al riconoscimento della speciale causa di non punibilità. Del resto, questa stessa Corte, all’indomani della predetta novella, ha avuto modo di affermare che ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell'art. 131-bis cod. pen. ad opera dell'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Rv. 284497 – 01). 

4. In sintonia con tale esegesi giurisprudenziale, cui il Collegio ritiene di dover dare continuità, ne discende, pertanto, che non può essere valorizzata in senso favorevole al ricorrente una condotta susseguente, volta al ripristino dello status quo ante, che sia frutto di un comportamento necessitato perché conseguente all’adempimento di prescrizioni imposte dall’organo accertatore, e non espressione di una spontanea volontà di rimediare alla propria originaria condotta illecita. 
Principio, questo, che si pone in un’ideale linea di continuità con quello, già affermato da questa stessa Sezione, secondo cui “Le condotte post delictum, ove normativamente imposte, anche se antecedenti al momento in cui è intervenuta condanna, in quanto solo anticipatorie di un effetto che sarebbe comunque conseguito ex lege, non rendono di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento della commissione del fatto, escludendo la riconoscibilità dell’art. 131-bis, cod. pen.” (Sez. 3, n. 46231 del 14 novembre 2024, Nesca ed altro, non mass.). 

5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 18/12/2024