Cass. Sez. III Sent. 391 del 9 gennaio 2009 (Ud. 23 ott. 2008)
Pres. De Maio Est. Marmo Ric. Licciardi
Alimenti. Vendita di prodotti alimentari invasi da parassiti
In tema di tutela penale degli alimenti, il giudice del luogo ove ha sede la società acquirente è competente per territorio in ordine al reato di vendita di prodotti alimentari invasi da parassiti.
Pres. De Maio Est. Marmo Ric. Licciardi
Alimenti. Vendita di prodotti alimentari invasi da parassiti
In tema di tutela penale degli alimenti, il giudice del luogo ove ha sede la società acquirente è competente per territorio in ordine al reato di vendita di prodotti alimentari invasi da parassiti.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 23/10/2008
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 02145
Dott. MARMO Margherita - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 021476/2008
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) LICCIARDI CARLO, N. IL 18/10/1964;
avverso SENTENZA del 19/03/2008 TRIBUNALE di COSENZA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARMO MARGHERITA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DI POPOLO Angelo, che ha concluso per "l\'annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma delle statuizioni civili.
Udito, per la parte civile, l\'Avv. MARRANARO Marco quale sostituto processuale dell\'Avv. Herman Altomare nominato di fiducia il 23/10/2008.
Udito il difensore Avv.to CICOGNANI Ermanno.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pronunciata a seguito di opposizione a decreto penale di condanna il Tribunale di Cosenza dichiarava Carlo Licciardi responsabile: A) del reato di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, comma 1, lett. d), art. 6, comma 3, ultima parte perché, in qualità di legale rappresentante della ditta Louis Dreyfus Italia s.p. con sede in Ravenna, vendeva alla Molino Bruno s.p.a. di Montalto Uffugo una partita di grano tenero francese del peso complessivo di kg. 63.260 invasa da parassiti appartenenti alla classe dei coleotteri e, in particolare, alla specie "Rhizopherta Dominica" ed "Elaterio dei cereali" (in Mentalto Uffugo il 30 ottobre 2003) e, con la concessione delle attenuanti generiche, condannava l\'imputato alla pena di 3.000,00 Euro di ammenda, nonché al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili costituite Molino Bruno s.p.a. e Costabile Giuseppe da liquidarsi in separata sede (assegnando a queste ultime una provvisionale. La vicenda traeva origine dalla vendita, da parte della ditta Luis Dreyfus Italia s.p.a., con sede in Ravenna e di cui l\'imputato era legale rappresentante, alla Molino Bruno s.p.a., di una partita di grano tenero del peso complessivo di kg 63.260, invasa da parassiti e affidata per la consegna alla ditta di trasporti di Costabile Bruno.
Ha proposto ricorso per cassazione l\'imputato chiedendo l\'annullamento dell\'impugnata sentenza per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente esaminati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta l\'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ai sensi dell\'art. 66 c.p.p., lett. c, l\'inosservanza dell\'art. 8 c.p.p. e ss., in ordine alla individuazione del giudice territorialmente competente e la tempestività dell\'eccezione, con conseguente nullità della sentenza.
Deduce il ricorrente che il Tribunale di Cosenza aveva respinto l\'eccezione di incompetenza territoriale rilevando che il reato si sarebbe consumato in Montalto Uffuco, in Provincia di Cosenza, con l\'immissione in commercio del prodotto tramite l\'ingresso nella disponibilità dell\'acquirente.
Pertanto, rileva il ricorrente, sotto il profilo civilistico il passaggio della proprietà avviene con l\'individuazione della merce e qualora la stessa non avvenga preventivamente, con la consegna al vettore. Nel caso in esame il luogo dove il prodotto era stato detenuto per la vendita e commercializzato doveva ritenersi, (conformemente alla lettera delle norma e alla sua interpretazione più aderente), quello ove la merce era stata consegnata al vettore e pertanto la sede dei magazzini Solacem di Torre Annunziata dove la merce era stata consegnata al vettore.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 15 c.p. e L. n. 689 del 1981, art. 9, la violazione del principio di specialità e la mancata applicazione della L. n. 580 del 1967, come modificata dal D.P.R. n. 187 del 2001.
Deduce il ricorrente che la L. 4 luglio 1967, n. 580, detta la disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari. Tale normativa, modificata dal D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187, regola la produzione e la commercializzazione di sfarinati e paste alimentari e sottrae la disciplina del commercio dei cereali all\'ambito della L. n. 283 del 1962. In proposito la L. n. 580 del 1967, art. 44, comma 3 prevede espressamente che "ai sensi dell\'art. 15 c.p. le disposizioni della presente legge sono speciali rispetto a quelle contenute nella L. 30 aprile 1962, n. 283 e L. 26 febbraio 1963, n. 411".
Secondo il ricorrente il Tribunale di Cosenza aveva erroneamente applicato una normativa che andava pacificamente esclusa sulla base del principio di specialità, mentre l\'unica normativa applicabile era soltanto quella speciale di cui alla L. n. 580 del 1967 e le successive modifiche, essendo applicabile soltanto ai fini della determinazione della pena la L. n. 283 del 1962.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l\'inosservanza del D.Lgs. n. 123 del 1993, art. 4 (attuazione della direttiva CEE n. 397 del 89) e la conseguente inutilizzabilità della analisi. Deduce il ricorrente che tale norma prevede che, effettuate le analisi su un\'aliquota del campione prelevato, in caso di non conformità del risultato delle analisi alla normativa, il responsabile del laboratorio provveda con tempestività a darne avviso all\'interessato, specificando giorno, luogo e ore in cui le analisi andranno ripetute.
Nel caso in esame tale avviso era stato omesso.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la mancanza e l\'illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del vizio lamentato.
Deduce in proposito il ricorrente che il quantitativo complessivo di grano relativo a quella singol partita era stato oggetto, nello stesso giorno e in quelli successivi, di numerosi ritiri da parte di altre ditte e che, secondo quanto dichiarato da due testimoni, non vi erano state contestazioni da tali ditte. In proposito il Tribunale non aveva motivato se non in maniera sommaria e con riferimento alla deposizione di uno solo dei due testi. Infine la sentenza impugnata era carente motivazione anche in ordine alla natura del grano e agli obblighi gravanti sui diversi soggetti del rapporto contrattuale. In ordine ai motivi preliminarmente il Collegio rileva che i fatti risalgono al 30 ottobre 2003, sicché, trattandosi di contravvenzione punibile anche con pena detentiva, trova applicazione il termine massimo di quattro anni e sei mesi, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 157 e 160 c.p.p. ante novellarti, più favorevole al reo. Tale termine, scaduto il 30 aprile 2008, pur prorogato di 2 mesi e quindici giorni per effetto del rinvio di udienza dal 18 luglio 2007 al 3 ottobre 2007 è definitivamente decorso il 15 luglio 2008.
Per quel che attiene al motivo pregiudiziale, avente ad oggetto l\'incompetenza per territorio del giudice di primo grado, a parte il fatto che la motivazione del Tribunale di Cosenza non risulta incongrua, l\'intervenuto decorso del termine di prescrizione, alla quale il ricorrente non ha rinunciato, non consentirebbe comunque a questa Corte di disporre il rinvio al giudice indicato dal ricorrente come competente. Tale rinvio sarebbe infatti in contrasto con il principio dell\'immediata declaratoria delle cause di non punibilità di cui all\'art. 129 c.p.p..
Non essendovi i presupposti per un\'immediata assoluzione dell\'imputato ai sensi dell\'art. 129 c.p.p., comma 2 deve quindi annullarsi, senza rinvio, la sentenza impugnata, per quel che attiene alle statuizioni di condanna penale, per essere il reato estinto per prescrizione.
Peraltro, in base al disposto di cui all\'art. 578 c.p.p., secondo cui "quando nei confronti dell\'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di Cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull\'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, nonostante l\'intervenuta estinzione del reato per prescrizione", i motivi di ricorso vanno analiticamente esaminati ai fini della responsabilità civile dell\'imputato. Per quel che attiene a tali effetti il Collegio rileva, in ordine al primo motivo di ricorso, che il reato deve ritenersi consumato nel luogo di immissione al commercio della merce, individuato in Montalto Uffugo, dove si trova la sede della società acquirente. In tal senso si è pronunciata questa Corte, anche se in relazione a fattispecie analoga, ritenendo che la competenza in ordine al reato di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. G si radica nel momento e nel luogo dove il prodotto venga posto in vendita al pubblico).
Tale principio risulta del resto applicato da questa Corte anche in relazione al reato più generale di frode in commercio di cui all\'art. 515 c.p., in quanto è stato ritenuto che tale reato si consuma non nel luogo in cui il venditore si libera della propria obbligazione ai sensi dell\'art. 1510 c.c. con la consegna della merce al vettore o spedizioniere, (come ritiene il ricorrente nel caso in esame), ma in quello in cui avviene la materiale consegna della stesa merce all\'acquirente. È infatti al momento suddetto che l\'acquirente, ottenuta la disponibilità della cosa, viene a trovarsi nella possibilità di verificare la corrispondenza di essa a quella pattuita o dichiarata dal venditore (v. per tutte Cass. pen. sez. 1, sent. 19 febbraio 2003, n. 8383).
Deve quindi concludersi che il Tribunale ha correttamente respinto l\'eccezione di incompetenza.
Per quel che attiene al secondo motivo deve ritenersi corretta la motivazione del primo giudice, secondo cui il grano, al di là del prevalente utilizzo attraverso la macinazione, (con conseguente applicazione della legge speciale indicata dal ricorrente), costituisce comunque, anche in sè, sostanza alimentare che può essere consumata mediante semplice cottura.
Va quindi ritenuto applicabile la L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. D), secondo cui "e vietato impiegare nella preparazioni di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione". In ordine al terzo motivo il Collegio rileva che con fax del 29 novembre 2003, foglio 88, la Dreyfus Italia s.p.a. risulta essere stata avvisata delle analisi.
Giova comunque ricordare, in ordine a tale motivo, che, come ha precisato questa Corte (v per tutte Cass. sez. 3, sent. 8 marzo 2006, n. 11567), "in materia alimentare il mancato invio dell\'avviso del risultato delle analisi effettuate sul campione di sostanza alimentare non integra una violazione del diritto di difesa, atteso che tale comunicazione rileva al solo fine della decorrenza del termine per la presentazione dell\'istanza di revisione, decorrente, in assenza del predetto avviso, dall\'atto successivo avente valore equipollente".
Per quel che attiene al quarto motivo, trattasi di rilievi di natura generica ed inconferenti al fine del decidere, essendo irrilevanti le mancate doglianze di altri acquirenti del grano venduto dall\'imputato.
Va quindi confermata la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili, con conseguente condanna dell\'imputato alle spese sostenute dalla parte civile presente nel grado, liquidate nella misura che si reputa congrua di complessive Euro 2.500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili. Liquida alla parte civile, per le spese sostenute nel grado, complessivi Euro 2.500,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2009
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 23/10/2008
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 02145
Dott. MARMO Margherita - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 021476/2008
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) LICCIARDI CARLO, N. IL 18/10/1964;
avverso SENTENZA del 19/03/2008 TRIBUNALE di COSENZA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARMO MARGHERITA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DI POPOLO Angelo, che ha concluso per "l\'annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma delle statuizioni civili.
Udito, per la parte civile, l\'Avv. MARRANARO Marco quale sostituto processuale dell\'Avv. Herman Altomare nominato di fiducia il 23/10/2008.
Udito il difensore Avv.to CICOGNANI Ermanno.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pronunciata a seguito di opposizione a decreto penale di condanna il Tribunale di Cosenza dichiarava Carlo Licciardi responsabile: A) del reato di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, comma 1, lett. d), art. 6, comma 3, ultima parte perché, in qualità di legale rappresentante della ditta Louis Dreyfus Italia s.p. con sede in Ravenna, vendeva alla Molino Bruno s.p.a. di Montalto Uffugo una partita di grano tenero francese del peso complessivo di kg. 63.260 invasa da parassiti appartenenti alla classe dei coleotteri e, in particolare, alla specie "Rhizopherta Dominica" ed "Elaterio dei cereali" (in Mentalto Uffugo il 30 ottobre 2003) e, con la concessione delle attenuanti generiche, condannava l\'imputato alla pena di 3.000,00 Euro di ammenda, nonché al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili costituite Molino Bruno s.p.a. e Costabile Giuseppe da liquidarsi in separata sede (assegnando a queste ultime una provvisionale. La vicenda traeva origine dalla vendita, da parte della ditta Luis Dreyfus Italia s.p.a., con sede in Ravenna e di cui l\'imputato era legale rappresentante, alla Molino Bruno s.p.a., di una partita di grano tenero del peso complessivo di kg 63.260, invasa da parassiti e affidata per la consegna alla ditta di trasporti di Costabile Bruno.
Ha proposto ricorso per cassazione l\'imputato chiedendo l\'annullamento dell\'impugnata sentenza per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente esaminati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta l\'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ai sensi dell\'art. 66 c.p.p., lett. c, l\'inosservanza dell\'art. 8 c.p.p. e ss., in ordine alla individuazione del giudice territorialmente competente e la tempestività dell\'eccezione, con conseguente nullità della sentenza.
Deduce il ricorrente che il Tribunale di Cosenza aveva respinto l\'eccezione di incompetenza territoriale rilevando che il reato si sarebbe consumato in Montalto Uffuco, in Provincia di Cosenza, con l\'immissione in commercio del prodotto tramite l\'ingresso nella disponibilità dell\'acquirente.
Pertanto, rileva il ricorrente, sotto il profilo civilistico il passaggio della proprietà avviene con l\'individuazione della merce e qualora la stessa non avvenga preventivamente, con la consegna al vettore. Nel caso in esame il luogo dove il prodotto era stato detenuto per la vendita e commercializzato doveva ritenersi, (conformemente alla lettera delle norma e alla sua interpretazione più aderente), quello ove la merce era stata consegnata al vettore e pertanto la sede dei magazzini Solacem di Torre Annunziata dove la merce era stata consegnata al vettore.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 15 c.p. e L. n. 689 del 1981, art. 9, la violazione del principio di specialità e la mancata applicazione della L. n. 580 del 1967, come modificata dal D.P.R. n. 187 del 2001.
Deduce il ricorrente che la L. 4 luglio 1967, n. 580, detta la disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari. Tale normativa, modificata dal D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187, regola la produzione e la commercializzazione di sfarinati e paste alimentari e sottrae la disciplina del commercio dei cereali all\'ambito della L. n. 283 del 1962. In proposito la L. n. 580 del 1967, art. 44, comma 3 prevede espressamente che "ai sensi dell\'art. 15 c.p. le disposizioni della presente legge sono speciali rispetto a quelle contenute nella L. 30 aprile 1962, n. 283 e L. 26 febbraio 1963, n. 411".
Secondo il ricorrente il Tribunale di Cosenza aveva erroneamente applicato una normativa che andava pacificamente esclusa sulla base del principio di specialità, mentre l\'unica normativa applicabile era soltanto quella speciale di cui alla L. n. 580 del 1967 e le successive modifiche, essendo applicabile soltanto ai fini della determinazione della pena la L. n. 283 del 1962.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l\'inosservanza del D.Lgs. n. 123 del 1993, art. 4 (attuazione della direttiva CEE n. 397 del 89) e la conseguente inutilizzabilità della analisi. Deduce il ricorrente che tale norma prevede che, effettuate le analisi su un\'aliquota del campione prelevato, in caso di non conformità del risultato delle analisi alla normativa, il responsabile del laboratorio provveda con tempestività a darne avviso all\'interessato, specificando giorno, luogo e ore in cui le analisi andranno ripetute.
Nel caso in esame tale avviso era stato omesso.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la mancanza e l\'illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del vizio lamentato.
Deduce in proposito il ricorrente che il quantitativo complessivo di grano relativo a quella singol partita era stato oggetto, nello stesso giorno e in quelli successivi, di numerosi ritiri da parte di altre ditte e che, secondo quanto dichiarato da due testimoni, non vi erano state contestazioni da tali ditte. In proposito il Tribunale non aveva motivato se non in maniera sommaria e con riferimento alla deposizione di uno solo dei due testi. Infine la sentenza impugnata era carente motivazione anche in ordine alla natura del grano e agli obblighi gravanti sui diversi soggetti del rapporto contrattuale. In ordine ai motivi preliminarmente il Collegio rileva che i fatti risalgono al 30 ottobre 2003, sicché, trattandosi di contravvenzione punibile anche con pena detentiva, trova applicazione il termine massimo di quattro anni e sei mesi, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 157 e 160 c.p.p. ante novellarti, più favorevole al reo. Tale termine, scaduto il 30 aprile 2008, pur prorogato di 2 mesi e quindici giorni per effetto del rinvio di udienza dal 18 luglio 2007 al 3 ottobre 2007 è definitivamente decorso il 15 luglio 2008.
Per quel che attiene al motivo pregiudiziale, avente ad oggetto l\'incompetenza per territorio del giudice di primo grado, a parte il fatto che la motivazione del Tribunale di Cosenza non risulta incongrua, l\'intervenuto decorso del termine di prescrizione, alla quale il ricorrente non ha rinunciato, non consentirebbe comunque a questa Corte di disporre il rinvio al giudice indicato dal ricorrente come competente. Tale rinvio sarebbe infatti in contrasto con il principio dell\'immediata declaratoria delle cause di non punibilità di cui all\'art. 129 c.p.p..
Non essendovi i presupposti per un\'immediata assoluzione dell\'imputato ai sensi dell\'art. 129 c.p.p., comma 2 deve quindi annullarsi, senza rinvio, la sentenza impugnata, per quel che attiene alle statuizioni di condanna penale, per essere il reato estinto per prescrizione.
Peraltro, in base al disposto di cui all\'art. 578 c.p.p., secondo cui "quando nei confronti dell\'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di Cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull\'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, nonostante l\'intervenuta estinzione del reato per prescrizione", i motivi di ricorso vanno analiticamente esaminati ai fini della responsabilità civile dell\'imputato. Per quel che attiene a tali effetti il Collegio rileva, in ordine al primo motivo di ricorso, che il reato deve ritenersi consumato nel luogo di immissione al commercio della merce, individuato in Montalto Uffugo, dove si trova la sede della società acquirente. In tal senso si è pronunciata questa Corte, anche se in relazione a fattispecie analoga, ritenendo che la competenza in ordine al reato di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. G si radica nel momento e nel luogo dove il prodotto venga posto in vendita al pubblico).
Tale principio risulta del resto applicato da questa Corte anche in relazione al reato più generale di frode in commercio di cui all\'art. 515 c.p., in quanto è stato ritenuto che tale reato si consuma non nel luogo in cui il venditore si libera della propria obbligazione ai sensi dell\'art. 1510 c.c. con la consegna della merce al vettore o spedizioniere, (come ritiene il ricorrente nel caso in esame), ma in quello in cui avviene la materiale consegna della stesa merce all\'acquirente. È infatti al momento suddetto che l\'acquirente, ottenuta la disponibilità della cosa, viene a trovarsi nella possibilità di verificare la corrispondenza di essa a quella pattuita o dichiarata dal venditore (v. per tutte Cass. pen. sez. 1, sent. 19 febbraio 2003, n. 8383).
Deve quindi concludersi che il Tribunale ha correttamente respinto l\'eccezione di incompetenza.
Per quel che attiene al secondo motivo deve ritenersi corretta la motivazione del primo giudice, secondo cui il grano, al di là del prevalente utilizzo attraverso la macinazione, (con conseguente applicazione della legge speciale indicata dal ricorrente), costituisce comunque, anche in sè, sostanza alimentare che può essere consumata mediante semplice cottura.
Va quindi ritenuto applicabile la L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. D), secondo cui "e vietato impiegare nella preparazioni di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione". In ordine al terzo motivo il Collegio rileva che con fax del 29 novembre 2003, foglio 88, la Dreyfus Italia s.p.a. risulta essere stata avvisata delle analisi.
Giova comunque ricordare, in ordine a tale motivo, che, come ha precisato questa Corte (v per tutte Cass. sez. 3, sent. 8 marzo 2006, n. 11567), "in materia alimentare il mancato invio dell\'avviso del risultato delle analisi effettuate sul campione di sostanza alimentare non integra una violazione del diritto di difesa, atteso che tale comunicazione rileva al solo fine della decorrenza del termine per la presentazione dell\'istanza di revisione, decorrente, in assenza del predetto avviso, dall\'atto successivo avente valore equipollente".
Per quel che attiene al quarto motivo, trattasi di rilievi di natura generica ed inconferenti al fine del decidere, essendo irrilevanti le mancate doglianze di altri acquirenti del grano venduto dall\'imputato.
Va quindi confermata la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili, con conseguente condanna dell\'imputato alle spese sostenute dalla parte civile presente nel grado, liquidate nella misura che si reputa congrua di complessive Euro 2.500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili. Liquida alla parte civile, per le spese sostenute nel grado, complessivi Euro 2.500,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2009