TAR Veneto, Sez. III, n. 525, del 17 aprile 2014
Acque.Legittimità ordinanza ripristino scarico fognario

Un versamento di reflui fognari nel giardino costituisce oltre che un danno alla proprietà anche un evidente fenomeno di inquinamento ambientale in danno della collettività, a fronte del quale sorge l'obbligo di attivazione. Del resto dagli atti emerge chiaramente una indisponibilità reciproca all'effettuazione dei lavori, con un immobilismo contrapposto delle due parti private a fronte dell'acuirsi del fenomeno di inquinamento da liquami, con i rischi di contaminazione della falda acquifera e di proliferazione di ratti già da tempo evidenziata dalla competente autorità sanitaria, sicché l'adozione del provvedimento impugnato diviene ampiamente giustificata, posto che la ricorrente risulta destinataria dell'ordine non in quanto semplice proprietaria del sito inquinato ma in quanto corresponsabile dell'inerzia e della paralisi che si era verificata e che impediva la tutela dei superiori e preminenti interessi pubblici minacciati dall'affioramento dei liquami. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00525/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01186/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1186 del 2006, proposto da: 
Pujatti Teresa, rappresentato e difeso dagli avv. Franco Zambelli, Giorgio Bressan, con domicilio eletto presso Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;

contro

Comune di Treviso - (Tv), rappresentato e difeso per legge dagli avv. Antonello Coniglione, Giampaolo De Piazzi, domiciliata presso l’ufficio legale del comune di Venezia, in Venezia, S. Marco, 4136 -
U.L.S.S. N. 9 - Treviso;

nei confronti di

Ortica Giuseppe Costruzioni Edili Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Munari, Stefania Amadio, con domicilio eletto presso Antonio Munari in Venezia, Piazzale Roma, 464;

per l'annullamento

dell’ordinanza sindacale 28.3.2006, prot. n. 24528;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Treviso - (Tv) e di Ortica Giuseppe Costruzioni Edili Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2014 il dott. Riccardo Savoia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

La ricorrente espone in punto di fatto che a seguito dell'esecuzione dei lavori afferenti la realizzazione di una autorimessa interrata nella proprietà della controinteressata confinante riscontrava la formazione di consistenti ristagni d'acqua putrida che risaliva dai pozzetti collocati all'interno del giardino di sua proprietà. Eseguite le verifiche del caso la ricorrente scopriva l'esistenza di una canalizzazione di scolo sotterranea collocata a una quota inferiore rispetto a quella dei pozzetti al servizio della sua abitazione e di origine oltremodo risalente. La canalizzazione attraversava il giardino della ricorrente e proseguiva all'interno del fondo appartenente alla controinteressata.

Il diaframma dei garage realizzati nel sottosuolo aveva in sostanza creato un tappo di cemento che ostruiva la canalizzazione.

L'illecita occlusione veniva prontamente denunziata alla controinteressata, ma siccome questa rimaneva inerte, la ricorrente interessava le autorità competenti, sicché il Comune, all'esito del disposto sopralluogo, ordinava alla controinteressata di ripristinare la continuità dello scolo fognario entro 15 giorni.

La controinteressata dichiarava di non essersi avveduta nel corso dei lavori della presenza dello scolo fognario in questione, ma che comunque sarebbe stato possibile far defluire le acque dal medesimo riversate facendole risalire al livello dello scarico posta in opera l'anno prima perché defluissero con quelle del giardino della ricorrente.

La misura non era tuttavia sufficiente e il Comune, con un nuovo sopralluogo, accertava che le quote di scorrimento del manufatto interrotto e quelle delle nuove tubazione di scarico a servizio della proprietà Pujatti sono tra loro incompatibili, ordinando nuovamente alla controinteressata l'esecuzione dei lavori necessari al ripristino della funzionalità dello scolo fognario interrotto.

La società negava ogni addebito dichiarandosi estranea all'accaduto e anzi sostenendo che la modifica delle condotte effettuata l'anno precedente aveva addirittura migliorato il deflusso delle acque.

Seguiva poi uno scambio di missive fra le parti tutte indirizzate per conoscenza pure al Comune, il quale veniva sollecitato a un nuovo intervento: con l'ordinanza contingibile e urgente 6 marzo 2006 si ordinava alla ricorrente di rimuovere il tappo di ispezione del sifone della tubazione di scarico posto nella sua proprietà in modo da assicurare un provvisorio parziale deflusso delle acque fognarie che attualmente ristagnano sul terreno, sino all'emanazione di un provvedimento definitivo e comunque per un periodo non superiore a 120 giorni.

La ricorrente dava immediata esecuzione all'ordinanza sindacale, pur nella consapevolezza che il rimedio sarebbe stato del tutto insufficiente in caso di precipitazioni atmosferiche.

Con nota 14 marzo il Comune informava la ricorrente delle soluzioni tecniche prospettate dalla controinteressata, contestate dalla ricorrente che insisteva per l'adozione dell'unica soluzione già prospettata.

Seguiva il provvedimento impugnato con cui il Comune ordinava alla ricorrente e all’impresa in solido tra loro il ripristino della funzionalità dello scarico fognario incriminato e la presentazione di idoneo elaborato grafico e sintetica relazione sull'intervento di ripristino da realizzare.

Nelle more la ricorrente ha provveduto alla esecuzione dell'intervento di ripristino, da qualificarsi tuttavia come mera esecuzione dell'obbligo scaturente dall'ordinanza senza che ciò costituisca acquiescenza alcuna ai provvedimenti impugnati, visto che la soluzione provvisoria in esame, consistente nella realizzazione di una canalizzazione di collegamento tra la condotta interrotta e un diverso pozzetto, ha comportato la realizzazione di un percorso sotterraneo differente più lungo di quello preesistente, il che ha provocato un ingiustificato e illegittimo aggravio della servitù sul fondo di proprietà della ricorrente.

Va dunque disattesa la eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, persistendo invece l'interesse della ricorrente a che sia riconosciuta la totale estraneità della stessa alla causazione dell'evento che ha condotto l'adozione dell'ordinanza contingibile e urgente.

La quale tuttavia si appalesa legittima in quanto la nota inviata al Comune con la quale la ricorrente lamentava gli affioramenti di liquami risale all'aprile del 2005 quando già a novembre 2004 era stata interessata la società confinante relativamente all’avvenuto affioramento.

Quindi è vero che già dalla fine del 2004 la ricorrente aveva una inequivoca percezione del fenomeno di inquinamento, e da tale data , pur essendo soggetto danneggiato e non autore dell'illecito, su essa incombeva un onere di attivarsi o di porre in essere le dovute opportune cautele finalizzate a impedire l'aggravamento dell'evento illecito subito, come si evince dal principio di diritto ricavabile dell'articolo 1227 del codice civile, posto che l'odierna ricorrente avrebbe ben potuto agire utilizzando gli strumenti approntati dall'ordinamento per dirimere le controversie tra privati, così come avrebbe anche potuto attivarsi in proprio autonomamente per risolvere il problema, salvo poi ovviamente agire nei confronti della controinteressata per ottenere la ripetizione dei costi sostenuti e il risarcimento del danno occorso.

Invece la ricorrente era rimasta inerte senza considerare che un versamento di reflui fognari nel suo giardino costituisce oltre che un danno alla sua proprietà anche un evidente fenomeno di inquinamento ambientale in danno della collettività, a fronte del quale sorgeva l'obbligo di attivazione.

Del resto dagli atti emerge chiaramente una indisponibilità reciproca all'effettuazione dei lavori, con un immobilismo contrapposto delle due parti private a fronte dell'acuirsi del fenomeno di inquinamento da liquami, con i rischi di contaminazione della falda acquifera e di proliferazione di ratti già da tempo evidenziata dalla competente autorità sanitaria, sicché l'adozione del provvedimento impugnato diviene ampiamente giustificata, posto che la ricorrente risulta destinataria dell'ordine non in quanto semplice proprietaria del sito inquinato ma in quanto corresponsabile dell'inerzia e della paralisi che si era verificata e che impediva la tutela dei superiori e preminenti interessi pubblici minacciati dall'affioramento dei liquami.

Ai fini della responsabilità in questione è comunque pur sempre necessario il rapporto di causalità tra l'azione (o l'omissione) dell'autore dell'inquinamento e il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti di contaminazione, in coerenza col principio comunitario "chi inquina paga", principio che risulta espressamente richiamato dall'art. 15 della direttiva n. 91/156, di cui il D.Lgs. del 1997 costituisce recepimento.

Il ricorso deve dunque essere respinto, pur potendosi compensare le spese del giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Riccardo Savoia, Consigliere, Estensore

Stefano Mielli, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/04/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)