Come avrebbero potuto essere i depuratori e come potrebbero ancora essere.
di Luigi Antonio PEZONE
Pensando alla centenaria storia degli impianti di depurazione, ai vari tipi di sgrigliatori, dissabbiatori, decantatori, sedimentatori, percolatori, flocculatori; ai vari tipi di aerazione, ossidazione, pre e post nitrificazioni, pre e post denitrificazioni, pre e post precipitazioni chimiche, filtri biologici, filtri a membrana, bioreattori anaerobici e aerobici, SBR, ispessitori, biodischi, reattori biologici, sistemi di disidratazione e stabilizzazione dei fanghi, digestori a caldo e a freddo e alle varie macchine depuratici al servizio dei vari sistemi tuttora in competizione tra loro mi sembrava impossibile che fosse sfuggito qualcosa di importante nei sistemi depurativi. Eppure è successo. Mi è bastato guardare i depuratori dal punto di vista delle emissioni atmosferiche che è crollato tutto il castello costruito intorno ad essi, anche se nessuno vuole accettarlo per gli enormi interessi che si andrebbero a toccare.
Nessuno difende i depuratori, ma di fatto, si è scelto unanimemente e semplicemente di ignorare la proposta dei “depuratori coperti” e la depurazione globale che potrebbe consentire ai depuratori delle acque di assumere un ruolo importantissimo e inaspettato anche per migliorare l’aria e, probabilmente, diventare i protagonisti principali nella lotta contro il riscaldamento globale del pianeta. Ma i depuratori così come sono stati concepiti non vanno bene: sono completamente da rifare. I nostri predecessori hanno insistito soprattutto sugli impianti a fanghi attivi superando più o meno tutte le difficoltà con tantissime varianti. Ma i risultati non sono stati tra i migliori, se ancora oggi tutti i tecnici e i ricercatori sono concentrati soltanto sui depuratori che tra l’altro trattano pochissima acqua. Tutto ciò ci ha portato a trascurare la protezione ambientale. Non basta depurare solo una parte delle acque usate: è necessario anche proteggere i corpi idrici dalle immissioni inquinanti provenienti da altre fonti, evitare gli sversamenti di liquami non trattati, rimuovere sostanze inquinanti e ossigenare acque già inquinate presenti nei corpi idrici, ridurre la quantità di CO2 che al pari del fosforo e dell’azoto rappresenta un nutriente indesiderato. I depuratori attuali queste cose non sono in grado di farle. Eppure, ripensando alla storia dei depuratori c’è stato un momento in cui i depuratori coperti avrebbero potuto nascere a prescindere dagli attuali problemi globali. Mi riferisco al periodo intorno al 1915, quando con l’avvento dei primi sistemi di aerazione hanno preso forma gli impianti di depurazione, che hanno portato agli attuali sistemi depurativi con tutte le variabili possibili e immaginabili. E’ stato allora che si è fatta la scelta sbagliata o quanto meno si doveva seguire anche un’altra strada per poi decidere quale fosse quella migliore. Sarebbe bastato prendere in considerazione i risultati depurativi delle semplicissime fosse Imhoff, inventate nel 1904, che già allora, senza consumi energetici, da sole abbattevano il 35% del BOD e l’80 % dei solidi sospesi. Queste potrebbero essere considerate la prima versione di depurazione coperta. Se qualcuno avesse rapportato i costi della aliquota depurata con le fosse con quella nei depuratori a fanghi attivi si sarebbe accorto che bisognava insistere migliorando tecnicamente le fosse e cambiare strada per il processo a fanghi attivi. Invece sono state quasi eliminate le fosse perché nessuno ha saputo, o voluto, migliorarle e si è insistito sui processi a fanghi attivi a cielo aperto che emettono enormi quantità di gas serra e procedono ancora dopo cento anni, con grande fatica e grandi spazi occupati a nitrificare, denitrificare e a neutralizzare il fosforo. Tralasciando gli sversamenti che il sistema comporta per eccessive variazioni dei carichi. Se qualcuno avesse anticipato le attuali proposte del sottoscritto pensando di prolungare le fosse in altezza o in profondità, inserendo sopra al sedimentatore un bacino di ossidazione e sopra questo uno strato fisso galleggiante di fitoplancton per un’altezza di 1,5 – 2 m, avrebbe inventato un depuratore perfetto, risparmiando al mondo le macchine e i processi inventati successivamente per sedimentare, decantare, aerare, ispessire, nitrificare, denitrificare e precipitare il fosforo con gli incerti risultati che tuttora abbiamo. E’ questo quello che ho pensato quando mi è venuta questa idea, dopo aver proposto i depuratori coperti, i quali svolgono le stesse funzioni mediante l’affiancamento dei bacini, anziché la sovrapposizione che avverrebbe nelle fosse. Ma le nuove “fosse globali” fanno qualcosa in più essendo adatte anche ad elevati carichi organici, addirittura elevatissimi, occupando pochissimo spazio, se usate in serie realizzando più stadi di depurazione, riservando la fase di fotosintesi solo agli stadi secondari e terziari. A cento anni di distanza, con tutte le varianti apportate successivamente, i fanghi attivi non possono nemmeno avvicinarsi a quello che avverrebbe nelle fosse globali con l’introduzione dell’ossidazione e della fotosintesi: degradazione e digestione metanica dei fanghi, nitrificazione dell’ammoniaca, ossidazione del metano in CO2, neutralizzazione dei nitrati, fosfati e CO2 con produzione di ossigeno e materiale organico per mantenere in vita il processo stesso in regime di ossidazione endogena. Il tutto, senza emettere cattivi odori, fatto importantissimo allora come adesso perché in molti casi questi impianti devono essere installati direttamente nelle città se si vuole combattere seriamente anche l’inquinamento dell’aria. Per le grandi portate, non pensiamo alle fosse come siamo abituate a vederle ma soprattutto come moduli depurativi di grandissimi impianti globali, senza perdere un m3 di spazio utile e ricoperti di pannelli solari per non sottratte preziosi terreni all’agricoltura; contrariamente agli impianti che vediamo nelle foto aeree che occupano spazi enormi, trattano pochissima acqua, non possono essere coperti con pannelli solari, emettono gas nell’atmosfera. Ritornando al passato, dal punto di vista tecnico, pur non proponendosi la riduzione del CO2 che il riscaldamento globale del pianeta oggi ci impone, consumare una miscela di aria ad alta concentrazione di CO2 in bacini di Ossi-nitrificazione endogena al posto dell’aria pulita che contiene il 79% di gas inerti (azoto), ai fini del processo, sarebbe stato un affare anche nel secolo scorso, perché avremmo utilizzato una maggiore percentuale di ossigeno e sfruttato il prezioso contributo del carbonio nella nitrificazione dell’azoto ammoniacale. Gli stessi gas nocivi o tossici che accompagnano i processi passando e ripassando nel bacino di ossidazione endogena sarebbero stati neutralizzati. Se a questi vantaggi si fosse aggiunto anche un bacino di coltivazione del fitoplancton ottenuto tramite uno sbarramento superficiale dell’uscita dell’acqua per circa 1,5 - 2 m di altezza, con la conseguente possibilità di sfruttare le caratteristiche del ciclo di vita degli organismi coltivati i quali, esaurito il ciclo di vita, precipiterebbero nei fanghi che sarebbero consumati con l’ossidazione endogena, digeriti nel digestore sottostante, estratti e stabilizzati con calce, sembra evidente che non poteva esserci trattamento depurativo migliore, considerando che il fitoplancton non lo coltiviamo per piacere ma per consumare i nitrati, i fosfati e il CO2. Oggi alcuni regolamenti fognari per assicurare il funzionamento degli impianti a fanghi attivi ammettono in fogna carichi organici con BOD 1000 mg/l e richiedono grandi vasche di equalizzazione, mentre con i depuratori coperti e con la fotosintesi in modo naturale possiamo coltivare organismi vegetali chiamati anche autotrofi (in grado di auto generarsi nutrimento per la propria sussistenza) con un processo vecchio come il mondo che produce sostanze organiche da sostanze inorganiche e quindi potremmo consumare il CO2 contenuto nei fumi delle caldaie termiche e nello smog cittadino con un sistema da me descritto a parte. Problemi di dimensionamento per questi impianti non esistono, basta calcolare i volumi delle vasche di ossi-nitrificazione necessari in base ai tempi di ritenzione ed aggiungervi sopra il volume superficiale fisso ma ossidato per la fotosintesi, illuminato artificialmente o in modo naturale. Nemmeno si può dire che la fotosintesi avrebbe rallentato i processi depurativi con i tempi di riproduzione del fitoplancton, poiché lavorerebbe in parallelo agli altri processi. Infatti lo strato superficiale planctonico non sarebbe interessato al flusso dell’acqua ma alla circolazione dei gas prodotti, alla vita dei microrganismi galleggianti e allo scambio dei microrganismi migratori con la zona fanghi. Inoltre bisogna dire che questo processo (il migliore che la natura abbia inventato), trascurato da sempre nei depuratori, non comporta costi di alcun genere (contrariamente agli additivi chimici e alle macchine), se non quello di assicurare la luce sulla superficie dell’acqua in modo naturale o artificiale. Tuttavia, questo sistema si presterebbe meglio dei sistemi attuali ad essere integrato con eventuali precipitazioni chimiche, soprattutto in fase di pretrattamento per la verticalità del processo che separa immediatamente i sedimenti dalle acque. Naturalmente, oltre alla fotosintesi intensiva (poiché in serra), sono state trascurate anche altre opportunità di prevenzione ambientale nelle case e nelle fogne, di cui chi scrive parla in altri articoli, che avrebbero consentito di ridurre i carichi organici e le degenerazioni dei liquami per consentire più facilmente questo tipo di depurazione. Per utilizzare il CO2 che aumenta il rendimento dell’ossidazione, della nitrificazione e della fotosintesi non è necessario andare ad acquistarlo con alti costi dai produttori, come un gas tecnico, come fanno attualmente gli impianti che lo utilizzano per correggere l’alcalinità delle acque e come si acquista l’ossigeno puro per chi lo usa negli impianti più delicati. Il CO2 è gratuito, essendo 1,5 volte più pesante dell’aria è facile convogliarlo nei bacini, stratifica sull’acqua da sempre in attesa che qualcuno lo aspiri e lo inserisca o reinserisca nelle acque ( che dovranno essere adeguatamente alcalinizzate per ottimizzare i rendimenti). Se cento anni fa per motivi tecnici, indipendenti dall’attuale riscaldamento globale, almeno una parte del mondo avesse fatto questa scelta depurativa, certamente, con le successive messe a punto, questa soluzione avrebbe avuto il sopravvento su tutte le altre essendo infinitamente più economica, funzionale e meno ingombrante. Oggi saremmo infinitamente avvantaggiati nella lotta contro il riscaldamento globale. Ma evidentemente chi governava l’ambiente allora tecnicamente non ha saputo proporre niente di meglio dei fanghi attivi pur avendo a portata di mano la fotosintesi e le fosse Imhoff. Lo stesso ha fatto chi gli è succeduto. Chi governa tecnicamente l’ambiente adesso sta facendo gli stessi errori con una sola differenza: le proposte ci sono ma non vengono prese in considerazione. I vertici mondiali si propongono obiettivi minimi e fanno di tutto per non raggiungerli. Che cosa è la riduzione del 20% di CO2 della quota di emissioni antropiche di fronte all’acidificazione oceanica? Meno di niente. Se ci fosse orgoglio professionale nelle categorie che progettano e gestiscono i depuratori ci sarebbe una maggiore partecipazione ai sistemi di depurazione globale che propongo. Non è più gratificante progettare e gestire impianti che depurano l’acqua depurando contemporaneamente anche l’aria? Nessuno risponderà a questa domanda. Sotto il vestito niente. E’ il titolo di un famoso film giallo che si addice ai vertici regionali, nazionali, e mondiali dell’ambiente. Oggi, oltre a fare la qualità nelle depurazioni, ammesso che riusciamo a farla, dobbiamo fare la quantità perché solo attraverso le acque il CO2 può essere neutralizzato in modo ecocompatibile e solo trattando molta acqua possiamo ridurre l’acidificazione oceanica. A chi lo ha dimenticato bisogna ricordare che le acque ricoprono i due terzi della terra e quelle che vi immettiamo essendo tutte più o meno inquinate non sono più in grado di portare agli oceani la quantità di carbonati necessari a ripristinare l’equilibrio alcalino. Per proteggere e depurare i corpi idrici esistono nuove soluzioni con le fosse globali che sempre per la legge del silenzio nessuno vorrà approfondire. Le pubblicherò ugualmente. Chi ha snobbato la depurazione globale e non ha voluto parlarne a Cancun e continua a lavorare per il progetto C.C.S., si è assunto grosse responsabilità morali. Il mondo non ha bisogno di altri disastri ecologici, li abbiamo già visti tutti, compresa la improvvisa fuoriuscita di CO2 da una sacca del sottosuolo sotto il lago Nyos (Camerun). Il 21 agosto 1986 il lago emise una enorme nuvola di CO2, che provocò la morte per soffocamento di oltre 1800 persone e di 3500 capi bestiame nei villaggi adiacenti (fonte Wikipedia). Non facciamoci condizionare dalle multinazionali dell’ambiente che non propongono nulla per il risanamento globale se non macchine di cui gli impianti sono saturi e, come abbiamo visto, non servono, come non servono gli stessi impianti. Utilizziamo la tecnologia sviluppata in questi anni per impianti di potabilizzazione e dissalazione, visto che per il 2040 si prevede una crescita della popolazione mondiale fino a 9 miliardi e concentriamoci sulla depurazione globale per proteggere l’ambiente.