L’ambiente marino nella Convenzione di
Barcellona
A cura di Cristian ROVITO
Con la promulgazione della legge n. 30 del 25/01/1979, l’Italia ha
trasposto nel proprio ordinamento giuridico le disposizioni elaborate nella
riunione degli Stati rivieraschi1 e della Comunità Europea,
concretizzatesi nella Convenzione di Barcellona sulla protezione del Mar
Mediterraneo dall’inquinamento.
La consapevolezza del valore
economico, sociale e culturale dell’ambiente marino di tale bacino e della sua
salute; il dovere di preservare un così grande patrimonio dell’umanità; la
prodromica conoscenza delle caratteristiche idrografiche ed ecologiche
particolari di tale dello stesso unite alla sua non meno trascurabile
vulnerabilità agli effetti dell’inquinamento, costituiscono la ratio che ha
spinto gli Stati costieri a creare uno strumento conforme al diritto
internazionale in grado di dettare i principi generali verso cui i medesimi
devono uniformare le proprie capacità di protezione e preservazione delle
risorse faunistiche e floristiche.
Inoltre, la necessità di una
stretta cooperazione fra gli Stati e le organizzazioni internazionali che li
concentri a livello regionale e locale, rappresenta un nuovo “modus operandi”
per il conseguimento di risultati soddisfacenti in termini di protezione,
preservazione e conservazione.
Geograficamente il Mar
Mediterraneo è inquadrato nelle acque marittime e dei golfi e dei mari compresi
tra un limite occidentale rappresentato dal faro di Capo Sparta, che segna
l’ingresso nello stretto di Gibilterra, ed un limite orientale, designato dal
meridiano ricadente nello stretto dei Dardanelli e compreso tra il faro di
Mehemetcik e Kumkale.
La Convenzione riprende del pari
la definizione d’inquinamento dettata dalla Convenzione sul diritto del mare
sottoscritta a Montegobay nel 1982. Un’ inevitabile rilevanza quindi ai fini
di un perfetto inquadramento del concetto inquinante nel grande alveo
ambientale, sulla cui definizione giuridica la disputa dottrinaria e
giurisprudenziale è tutt’altro che pacata.
Ebbene, la definizione de quo
puntualizza che con il termine di “inquinamento”, deve intendersi
l’immissione diretta o indiretta da parte dell’uomo, di sostanze o di
energia nell’ambiente marino, quando essa produce effetti nocivi come danni
alle risorse biologiche, rischi per la salute dell’uomo, impedimento alle
attività marittime ivi compresa la pesca, alterazioni della qualità
dell’acqua di mare dal punto di vista della sua utilizzazione e degradazione
dei valori massimi di concentrazione ammissibile.
Fornisce pertanto un campus
operativo piuttosto ampio e completo in quanto ben si comprende come in essa
possano perfettamente rientrare, a titolo puramente esemplificativo, la
disciplina sulle acque di balneazione, le attività di pesca e sfruttamento
delle risorse, il D.Lgs 152/99 “decreto acque”, essendo il mare un corpo
ricettore, il D.Lgs 22/97 “Decreto Ronchi”, ancora le normative
internazionali sulla sicurezza della navigazione e le norme comunitarie del
“Piano generale di protezione ambientale”.
Nella definizione ut supra, tra
l’altro, non può sottacersi come gli artt. 9 e 32 della nostra Carta
Costituzionale ben si collochino nel contesto così delineatosi. Ingranaggi
perfetti, a modo sincronizzati, di un meccanismo talvolta frustrante per
l’apparente ed aberrante produzione normativa o, purtroppo, sintomi perversi
di una burocrazia e trascuratezza infondate, verosimilmente difficile da
analizzare. Tuttavia un’attenzione che sia consuetudinaria ed al contempo
sempre aperta alle crescenti e diversificate problematiche degli ecosistemi
marini e delle risorse ivi presenti costituirebbe probabilmente un’essenziale
“conditio sine qua non” in termini di protezione, conservazione e
preservazione.
Gli obblighi dettati dalla
Convenzione di Bercellona si riassumono nel dovere plenario e diffuso di
adottare tutte le misure appropriate volte a prevenire, ridurre e combattere
l’inquinamento del Mar Mediterraneo o quantomeno migliorarlo.
Gli interventi ed i piani
operativi d’attuazione devono necessariamente interessare ogni partecipante
individualmente e congiuntamente, in un ottica bilaterale e multilaterale.
Si ritiene che le principali
fonti d’inquinamento del bacino siano individuabili nelle seguenti attività:
-
Operazioni di scarico eseguite da navi e aeromobili;
-
Inquinamento da navi;
-
Esplorazione e sfruttamento della piattaforma continentale, del fondo
marino e del suo sottosuolo:
-
Inquinamento d’origine tellurica;
La Convenzione consta di una
parte “generale” e di 6 protocolli, inerenti uno specifico aspetto della
protezione del mediterraneo, ovvero:
ü
Protocollo per la protezione del Mar Mediterraneo contro
l’inquinamento derivante da fonti ed attività terrestri (Protocollo LBS)2;
ü
Protocollo per la prevenzione e l’eliminazione
dell’inquinamento del Mar Mediterraneo derivante da scarichi di imbarcazioni
ed aerei o per incenerimento in mare (Protocollo Dumping)3;
ü
Protocollo relativo alle aree particolarmente protette e alla
diversità biologica nel Mediterraneo (Protocollo SPA e biodiversità)4;
ü
Protocollo per la protezione del Mar Mediterraneo contro
l’inquinamento derivante dall’esplorazione della piattaforma continentale,
del fondo marino e del suo sottosuolo5;
ü
Protocollo sulla prevenzione dell’inquinamento del Mar
Mediterraneo derivante da movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e dal
loro smaltimento (Protocollo rifiuti pericolosi)6;
ü
Protocollo riguardante la cooperazione nella lotta
all’inquinamento del Mar Mediterraneo in casi d’emergenza derivante da
petrolio e da altre sostanze pericolose (Protocollo sulle emergenze)7;
ü
Protocollo ICAM – Integrated Coastal Areas Management –
Gestione integrata delle aree costiere8;
I protocolli rappresentano nel
“modus operandi” ut supra i veri e propri strumenti operativi del sistema
introdotto nel 1976. Tuttavia deve sottolinearsi il fatto che non tutti sono
stati ratificati ed implementati, al fine di essere trasposti nelle legislazioni
nazionali di ogni “parte Contraente”. Infatti solo alcuni sono entrati in
vigore, essendo necessaria prima l’adozione e poi la ratifica.
Sebbene il risultato da
raggiungere sia quello di pervenire ad una completa e rapida attuazione di tutta
la normativa internazionale, la convenzione si trasfigura operativamente nel MAP,
il “Mediterranean Action Plan”, “Piano d’azione per il Mediterraneo”.
Nel 1975, solo tre anni dopo la
Conferenza Ministeriale di Stoccolma, istitutiva del “United Nations
Environment Programme (UNEP)”, “Piano sull’ambiente delle Nazioni
Unite”, 16 paesi del Mediterraneo e della Comunità Europea adottarono appunto
il MAP.
I suoi obiettivi principali sono
quelli di assistere gli Stati mediterranei nell’attività di controllo
dell’inquinamento marino, nell’attuazione di politiche protezionistiche, nel
miglioramento della capacità dei governi di trovare soluzioni plausibili ed
alternative al fine di ottimizzare lo sfruttamento delle risorse disponibili
garantendo contemporaneamente la biodiversità degli ecosistemi marini di questo
splendido patrimonio dell’umanità, il Mar Mediterraneo.
Cristian ROVITO
1I 22 Paesi Contraenti della
Convenzione di Barcellona sono:Albania, Algeria, Bosnia and Erzegovina, Croazia,
Cipro, Egitto, Comunità Europea, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano,
Libia, Malta, Monaco, Marocco, Serbia, Montenegro, Slovenia, Spagna, Siria,
Tunisia, Turchia.
2(Protocol for the Protection of the
Mediterranean Sea against Pollution from Land-Based Sources) Il protocollo per
la protezione del mar mediterraneo dall’inquinamento derivante dalle fonti e
attività terrestri è stato adottato il 17 maggio del 1980 ed è entrato in
forza il 17 giugno del 1983. In seguito emendato e aggiornato il 07 marzo 1996
non ha raggiunto ancora il numero previsto di ratifiche per entrare in forza.
3(Dumping Protocol - Protocol for the Prevention of Pollution in the Mediterranean Sea by Dumping from Ships and Aircraft) Il protocollo per la prevenzione dell’inquinamento derivante dallo scarico di navi e aeromobili è stato adottato il 16 Febbraio del 1976 ed è entrato in forza il 12 Febbraio del 1978. E’ stato in seguito emendato e riveduto come protocollo per la prevenzione e l’eliminazione dell’inquinamento nel mar mediterraneo derivate dallo scarico delle imbarcazione e degli aeromobili o per incenerimento in mare (Protocol for the Prevention and Elimination of Pollution in the Mediterranean Sea by Dumping from Ships and Aircraft or Incineration at Sea) il 10 giugno 1995. Non è stato ancora raggiunto il numero previsto di ratifiche per l’entrata in forza.
4(Spa
and biodiversity protocol - Protocol Concerning Specially Protected Areas and
Biological Diversity in the Mediterranean). Il protocollo riguardante la
protezione delle aree protette e la tutela della biodiversità è stato adottato
il 10 giugno 1995 ed è entrato in forza il 12 dicembre 1999 e riprende il
vecchio protocollo sulla protezione delle aree speciali entrato in forza nel
1982.
5(Offshore
Protocol - Protocol for the Protection of the Mediterranean Sea against
Pollution Resulting from Exploration and Exploitation of the Continental Shelf
and the Seabed and its Subsoil). Il Protocollo per la protezione del Mar
Mediterraneo contro l’inquinamento derivante dall’esplorazione della
piattaforma continentale, del fondo marino e del suo sottosuolo è stato
adottato il 14 ottobre 1994 e mancano le ratifiche sufficienti a farlo entrare
in forza
6(Hazardous wastes Protocol - Protocol
on the Prevention of Pollution of the Mediterranean Sea by Transboundary
Movements of Hazardous Wastes and their Disposal) Il Protocollo sulla
prevenzione dell’inquinamento del Mar Mediterraneo derivante da movimenti
transfrontalieri di rifiuti pericolosi e dal loro smaltimento è stato adottato
il 01 ottobre del 1996 e non è ancora entrato in forza per l’insufficiente
numero di ratifiche.
7(Prevention and emergency protocol -
Protocol Concerning Cooperation in Preventing Pollution from Ships and in cases
of Emergency, Combating Pollution of the Mediterranean Sea) Il protocollo
riguardante la cooperazione nella lotta all’inquinamento del Mar Mediterraneo
in casi di emergenza derivante da petrolio e da altre sostanze pericolose è
stato adottato il 25 gennaio 2002 ed è entrato in vigore il 17 marzo 2004.
Questo protocollo riprende quello vecchio entrato in vigore nel 1976.
8In occasione della 13^ riunione delle
Parti Contraenti alla Convenzione di Barcellona tenutasi a Catania del 2003 è
stato deciso di predisporre un nuovo protocollo volto alla creazione di un
sistema di gestione integrata delle aree costiere.