Pres. Papa Est. Cordova Ric. Vilonna
Acque. Campionamento
Il metodo di campionamento ha carattere procedimentale e non integrativo della fattispecie penale, in quanto la scelta di eseguire quello istantaneo potrebbe essere determinata dalle caratteristiche non continue dello scarico che renderebbero difficoltosa l’esecuzione di controlli "a sorpresa"
Svolgimento del
processo
Vilonna Raffaele Antonio, nella sua qualità di responsabile dell’impianto di trattamento della società Metalli Preziosi s.p.a., veniva condannato dal Tribunale di Monza - Sezione distaccata di Desio - in ordine al reato ci cui all’art 59, comma quinto, in relazione all’art. 20 del d.lgs 152/99, alla pena di due mesi di. arresto, sostituita con curo 2.280 di ammenda, per avere effettuato nella pubblica fognatura uno scarico di acque reflue industriali contenente sostanze pericolose che superavano i valori di cui al citato d.lgs.: reato accertato il 27 novembre 2002.
Il Tribunale riteneva la sussistenza della colpevolezza in quanto dall’analisi dei campioni prelevati a valle dell’impianto di depurazione ed immediatamente prima del luogo di scarico era risultata la presenza di una concentrazione di cadmio pari a 0,07 mg/l, contro il limite di 0,02.
Proponeva appello l’imputato, eccependo quanto segue:
a) il campione era stato prelevato da acqua in ristagno, non durante l’attività di scarico, e secondo il criterio istantaneo anziché medio, nonché da due pozzetti, uno dei quali sito nel punto di immissione nella fognatura, che aveva dato un valore conforme ai limiti di legge, e l’altro in un secondo pozzetto immediatamente a valle dell’impianto, che aveva dato risultati superiori a tali limiti;
b) in tale pozzetto lo scarico non era in atto da diverso tempo e l’acqua rimasta ristagnante si trovava ben al di sotto del limite inferiore di scarico;
c) essendo il cadmio più pesante delle molecole dell’acqua, si era accumulato in fondo al pozzetto, donde l’elevata concentrazione;
d) il punto 1.2 dell’allegato 5 al d.l.gsl. 152/99 prevedeva la preferenza al campionamento medio, con l’obbligo di motivare una diversa scelta;
e) il Consorzio Idrico Acque Nord Milano non era abilitato ad attività di controllo con valenza penalistica, ma solo a verifiche amministrative;
f) l’eccessività della pena e la mancata concessione del beneficio della non menzione.
L’impugnazione veniva rigettata dalla Corte d’appello di Milano, ed anche avverso tale sentenza proponeva ricorso il difensore di Vilonna, eccependo:
I) la violazione dell’art.
II) per il punto 1.2 dell’all. 5 al d.lgsl. 152/99 deve di norma effettuarsi il prelevamento di un campione medio nell’arco di tre ore, cui si può derogare solo con motivazione espressa qualora lo giustifichino particolari esigenze, laddove nel esso di specie si era operato in un impianto produttivo fermo ed a scarico non attivo da tempo;
III)
la violazione dell’art. 606
c.p.p. comma I, lett. e) per
illogicità e contraddittorietà della motivazione
in base alla testimonianza di
Cribio, atteso che la constatazione di uno
scarico discontinuo ma ad intervalli ripetuti non poteva che indurre ad
un
prelievo plurimo, che sarebbe stato più
idoneo a rappresentare la qualità dello scarico, evitando i dubbi
sull’attendibilità di un
accertamento
fatto su acqua ristagnante;
IV) la mancata risultanza a verbale da quanto tempo lo scarico fosse inattivo e l’esclusione di qualsiasi tipo di evaporazione e concentrazione;
V) la mancata motivazione sul differente esito analitico risultante dal prelevamento nel pozzetto finale, del cui contenuto non si é neppure accertato un eventuale processo di diluizione mediante scarichi diversi da quelli industriali;
VI) la carenza ed illogicità della motivazione sulla legittimazione del Consorzio Idrico, che non poteva avere gli stessi poteri dell’A.R.P.A., al cui controllo era soggetto, altrimenti la sovraordinazione di questo ente sarebbe stata inutile: laddove l’attività dell’ente gestore era di vigilanza sotto il profilo amministrativo, e non di rilevanza penale, anche perché mancherebbe il requisito dell’imparzialità, essendo quello in esame una società pur azioni, cioè un soggetto giuridico che perseguiva fini imprenditoriali per il conseguimento di utilità patrimoniali, a parte che ha proceduto al prelevamento ed all’analisi dei campioni inaudita altera pane, e per di più senza comunicare l’iniziativa all’A.R.P.A.. che avrebbe potuto effettuare altri controlli mediante proprio personale tecnico;
VII)
peraltro il
Consorzio non aveva poteri di polizia giudiziaria,
tant’è vero che il recente
d.lgs. 152/06
dispone che, alla tutela delle acque
ed all’accertamento degli illeciti, provvede il Comando Carabinieri Tutela Ambiente, e possono
altresì
intervenire il Corpo Forestale,
e
VIII) la carenza ed illogicità della motivazione nella mancata concessione del beneficio della non menzione, quanto meno per la non gravità del fatto alla luce delle circostanze sopra illustrate, tanto più che esso doveva associarsi alle attenuanti generiche.
Chiedeva l’annullamento delle sentenza impugnata per insussistenza del fatto o perché il fatto non costituiva reato, o comunque annullarla con le conseguenti determinazioni, o, ancora, con la concessione del beneficio della non menzione.
Motivi della decisione
La Corte territoriale aveva motivato nei seguenti termini:
1) come più volte si era pronunziata questa Corte di Cassazione, nulla rilevava che lo scarico fosse inattivo al momento del campionaento;
2) il metodo di campionamento ha carattere procedimentale e non integrativo della fattispecie penale, in quanto la scelta di eseguire quello istantaneo è dovuta dalle caratteristiche non continue della scarico, per cui sarebbe stato difficile effettuare controlli “a sorpresa” ed anche in tal senso si è già pronunziata questa Corte;
3) il teste Cribio, che aveva effettuato i prelevamenti, spiegò nel dibattimento che l’acqua trovata nel pozzetto non poteva essere che quella scaricata dall’impianto, essendo immediatamente a valle di esso, ed avendo detto impianto un sistema di accumulo a monte, per cui lo scarico non era direttamente influenzato dalle operazioni svolte nei reperti, ma tra questi e detto scarico vi era un impianto che accumulava, trattava, riaccumulava e scaricava i rifiuti, per cui il campione istantaneo era rappresentativo di una condizione media pari al tempo di ritenzione di detto impianto: in altri termini, la campionatura media veniva già fatta dall’impianto, che raccoglieva i diversi tipi di scarico provenienti dai vari reparti, li riaccumulava e poi li scaricava ad pozzetto, nel cui contenuto si poteva quindi trovare un campione rappresentativo;
4)
il terzo comma
dell’art. 28 d.l.vo n. 152/99 prescrive che per le sostanze
di cui alla tabella 5
dell’allegato 5
il campione cui fare riferimento
è quello immediatamente
a valle dell’impianto di trattamenti
delle acque industriali, a nulla rilevando
i campioni prelevati
immediatamente
a monte del punto di immissione nel corpo ricettore:
ed anche tale giudizio
è
pienamente condivisibile, atteso che, con lo sversamento dei reflui di detto pozzetto in
quello direttamente collegato al ricettore, le acque inquinate contenute nel primo sarebbero comunque state immerse
nella pubblica fognatura;
5) il predetto Cribio aveva riferito di aver accertato che, contrariamente
a quanto asserito dall’appellante,
uno
scarico era stato effettuato proprio quel pomeriggio (il campione ere
stato prelevato verso le ore
17), e che il livello dei reflui all’interno del
pozzetto era al limite inferiore del condotto di scarico,
e non sotto tale
limite: e
ciò deve ritenersi
una corretta
eliminazione della consistenza dell’asserita concentrazione
ed evaporazione dl
cui ai motivi d’appello;
6) i poteri di controllo del Consorzio idrico erano stabiliti dall’art. 49 del d.lgs. n 152/99, donde l’inapplicabilità dell’art. 223 disp. att. c.p.p., trattandosi dl attività ispettive e di vigilanza prevista dalla normativa, e non di polizia giudiziaria;
7) la pena era adeguata, essendo state concesse le attenuanti
generiche, sostituita quella detentiva
con la pecuniaria, attestata sui
valori minimi;
8) la richiesta del beneficio della non menzione non era motivata, e, comunque, non era dovuta per il livello dell’inquinamento, superiore ad oltre tre volte il limite, peraltro già altre volte superato in occasione di precedenti accertamenti.
Da quanto sopra discende che la motivazione della Corte territoriale ricomprende compiutamente tutti i punti oggetto dell’impugnazione, è corretta in diritto ed è immune da vizi logici, donde l’insussistenza di alcuno dei vizi di cui all’art. 606 del c.p.p.
Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenze di legge.