Presidente: Pontorieri F. Estensore: Mazzacane V. Relatore: Mazzacane V. P.M. Scardaccione EV. (Diff.)
Asm Brescia Spa (Salvadori ed altri) contro Prov. Brescia (Storace)
(Cassa con rinvio, Trib. Brescia, 5 Febbraio 2003)
SANZIONI AMMINISTRATIVE - APPLICAZIONE - IN GENERE - Disciplina in tema di tutela delle acque dall'inquinamento - Normativa di cui al d.lgs. n. 152 del 1999 - Metodiche di prelievo dei campioni - Tassatività - Esclusione - Fattispecie.
In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, il metodo di campionamento ed analisi stabilito dal d.lgs. n. 152 del 1999 non ha valore precettivo assoluto, ma detta soltanto dei criteri di massima dai quali gli organi deputati agli accertamenti possono anche discostarsi previe adeguate valutazioni tecniche discrezionali che tengano conto della peculiarità del caso; l'inosservanza della indicazioni prescritte non determina la nullità dell'atto, non essendo prevista dalla legge come ipotesi di nullità.(Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da vizi la motivazione del giudice di merito che, tenuto conto della finalità di accertare l'aumento anche temporaneo dell'inquinamento delle acque, aveva ritenuto idonea una analisi su un campione ricavato mediante il prelievo di 20 litri di acqua di scarico versata in un unico recipiente, dalla quale erano stati ricavati due campioni in bottiglie della capacità di un litro, individuando così un liquido le cui caratteristiche organolettiche rendevano immediatamente percepibile la presenza di un fenomeno inquinante).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PONTORIERI Franco - Presidente -
Dott. MONSITIERI Alfredo - Consigliere -
Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere -
Dott. FIORE Francesco Paolo - Consigliere -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ASM BRESCIA SPA, in persona del suo Presidente pro tempore Dott. Ing. RENZO CAPRA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14 SC A INT. 4, presso lo studio dell'avvocato Gabriele Pafundi, difeso dall'avvocato Vito Salvadori, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
PROVINCIA BRESCIA, in persona del Presidente pro tempore Arch. ALBERTO CAVALLI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 20, difeso dall'avvocato Francesco Storace, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 361/03 del Tribunale di BRESCIA, depositata il 05/02/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/03/06 dal Consigliere Dott. MAZZACANE Vincenzo;
udito l'Avvocato Stefano Santarelli con delega dell'Avvocato Vito Salvadori, depositata in udienza difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato Paulucci Francesca, con delega dell'Avvocato Storace, depositata in udienza difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza del 20.6.2001 la Provincia di Brescia irrogava alla A.S.M. di Brescia la sanzione amministrativa del pagamento di Lire 4.000.000 per la violazione del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54 comma 4, per la mancata adozione delle misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento (D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 62, comma 12), con specifico riferimento alla accertata inosservanza dei limiti di accettabilità di cui alla tabella 3 allegato 5 dello scarico dell'impianto di depurazione con recapito nella Seriola S. Giovanna nonché dello scarico dello scolmatore di piena. Con ricorso del 17.7.2001 l'A.S.M. di Brescia proponeva opposizione avverso la suddetta ordinanza-ingiunzione asserendo:
a) anzitutto la ricorrente non aveva affatto la gestione del depuratore di Pralboino, atteso che attraverso la convenzione stipulata con il Comune di Pralboino del 13.10.1992 si era attribuita all'A.S.M. soltanto la manutenzione ordinaria dell'impianto posto a servizio della rete fognaria;
b) non vi era corrispondenza tra la iniziale contestazione della violazione del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 1 (superamento dei limiti tabellari) e la sanzione applicata ex D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4 (divieto di aumento dell'inquinamento);
c) il campione prelevato dalla ASL non poteva ritenersi rappresentativo in quanto riferito ad un arco temporale nemmeno precisato, mentre l'allegato 5 prevedeva, per il controllo degli scarichi di acqua reflue urbane, l'utilizzazione di un campione medio ponderato nell'arco delle 24 ore;
d) agli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane non erano applicabili taluni dei valori di cui alla tabella 3 allegato 5, dovendo invece applicarsi la tabella 1 che non prevedeva alcun limite per l'azoto ammoniacale.
Costituendosi in giudizio la Provincia di Brescia contestava il fondamento dell'opposizione di cui chiedeva il rigetto. Con sentenza del 5.2.2003 l'adito Tribunale ha respinto l'opposizione rilevando anzitutto che la sanzione per cui è causa era stata correttamente applicata da un lato al titolare dello scarico (Comune di Pralboino) e dall'altro lato all'effettivo gestore dell'impianto (A.S.M. di Brescia), ed osservando poi che il fatto contestato, consistente nella accertata presenza di azoto ammoniacale (quanto allo scarico del depuratore comunale) nonché COD, azoto ammoniacale e tensioattivi (quanto allo scarico dello sfioratore di piena) in concentrazioni superiori a quelle consentite, era rimasto immutato sia quando la P.A. aveva contestato la violazione dell'art. 54 primo comma del D.Lgs. n. 152 del 1999 sia quando invece era stata irrogata la sanzione di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4. La sentenza impugnata ha poi affermato che le prescrizioni normative circa le modalità tecniche di prelievo del campione medio erano solo tendenziali e non tassative, essendo in facoltà dell'autorità di effettuare prelevamenti anche su tempi diversi, e quindi anche più brevi, in presenza di particolari esigenze, dandone adeguata motivazione; orbene nella specie la procedura seguita era adeguata, essendo stato effettuato un campionamento a metà strada tra l'istantaneo ed il medio adeguatamente rappresentativo dello scarico.
Inoltre il Tribunale di Brescia ha ritenuto che i limiti tabellari da rispettare erano stati correttamente indicati in quelli di cui alla tabella 3 allegato 5 del D.Lgs. n. 152 del 1999, trattandosi di scarichi di fognature convoglianti anche acque reflue industriali.
Per la cassazione di tale sentenza l'A.S.M. di Brescia ha proposto un ricorso articolato in sette motivi cui la Provincia di Brescia ha resistito con controricorso; la ricorrente ha successivamente depositato una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente, deducendo violazione degli artt. 1362, 1363, 1364 e 1366 c.c. nonché vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto che l'esponente fosse gestore dell'impianto comunale di depurazione del Comune di Pralboino.
La ricorrente rileva che il Tribunale di Brescia è giunto a tale conclusione sulla base del semplice riferimento alla intitolazione della convenzione stipulata tra l'esponente ed il Comune di Pralboino dove è richiamata appunto l'espressione gestione dell'impianto.
La A.S.M. di Brescia rileva l'estrema genericità di tale espressione ed assume che dal contenuto della convenzione medesima emerge che all'esponente sono attribuite soltanto attività di assistenza e di controllo della gestione e di alcune modeste attività marginali connesse a tali funzioni, mentre al Comune di Pralboino sono riservate tutte le attività collegate alla effettiva gestione dell'impianto.
La ricorrente aggiunge che nessun rilievo ai fini suddetti può essere attribuito alla circostanza che in base alla convenzione è stato conferito alla A.S.M. l'attività di prelievo e di analisi periodica degli scarichi previsti dal D.Lgs. n. 152 del 1999, posto che ogni valutazione dei risultati emergenti da tali esami è effettuata pur sempre dal Comune di Pralboino. La censura è infondata.
La sentenza impugnata all'esito di un esauriente esame del contenuto nelle sue varie articolazioni della convenzione intervenuta tra l'A.S.M. ed il Comune di Pralboino ha ritenuto che all'attuale ricorrente era stata devoluta la gestione degli impianti di depurazione e servizio di pubblica fognatura nell'ambito del territorio comunale.
A tal riguardo il Tribunale di Brescia ha evidenziato l'attribuzione alla A.S.M. di ogni competenza inerente all'assistenza ordinaria ed alla manutenzione programmata dei suddetti impianti ed ha richiamato in particolare la previsione dello specifico compito di prelevare i campioni di acqua e di fanghi onde procedere allo svolgimento di analisi periodiche sulle acque in ingresso ed in uscita, elemento quest'ultimo rivelatore di pregnanti poteri di controllo costante della situazione delle acque.
Si è dunque in presenza di una interpretazione della convenzione menzionata frutto di un accertamento di fatto sorretto da motivazione congrua e priva di vizi logici, come tale immune dai profili di censura sollevati dalla ricorrente.
Con il secondo motivo la ASM Brescia, denunciando violazione degli artt. 3 e 24 Cost. e vizio di motivazione, evidenzia, anche sulla base della sentenza delle S.U. Penali di questa Corte 31.1.2002 n. 3798, la diversità in fatto delle due ipotesi di illecito previste rispettivamente dal D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 1 inizialmente contestata all'esponente e dallo stesso D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4 con riferimento al quale era stata poi irrogata la sanzione; in proposito la ricorrente rileva che la condotta prevista dalla prima disposizione sopra richiamata riguarda il superamento dei limiti tabellari di composizione dei reflui nell'effettuazione di uno scarico previsti dalla legge Merli, mentre la condotta sanzionata dalla seconda disposizione citata presuppone il raffronto di due dati non normativi ma qualitativi e quantitativi riferiti allo scarico e si concretizza, ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 62, comma 12 richiamato dal D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4, nell'aumento anche temporaneo dell'inquinamento indipendentemente dal superamento dei limiti tabellari suddetti; la ricorrente quindi deduce una lesione del suo diritto alla difesa, non essendole stato consentito di difendersi adeguatamente in relazione alla fattispecie addebitatale, diversa per la materialità del fatto rispetto a quella contestata inizialmente. Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4 e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere il Tribunale di Brescia erroneamente desunto la prova dell'aumento dell'inquinamento, logicamente presupponente la comparazione tra due dati cronologicamente distinti, da un unico prelievo, senza quindi l'indicazione di alcun termine di paragone da cui poter ricavare il dato fattuale di partenza, quest'ultimo non potendo essere individuato nel rispetto dei limiti tabellari di cui alla previgente legge Merli.
Le enunciate censure per ragioni di connessione devono essere esaminate congiuntamente anche se con esito diverso dei due mezzi di impugnazione.
Deve premettersi che il D.Lgs. n. 152 del 1999, riguardante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento, sostitutivo della precedente L. n. 319 del 1976 (cosiddetta legge Merli espressamente abrogata dal D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 63), al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 1 prevede e sanziona quale illecito amministrativo, salvi i casi costituenti reato, le condotte di chiunque, nella effettuazione di uno scarico, supera i limiti di emissione fissati nelle tabelle di cui all'allegato 5 (ovvero i diversi valori eventualmente fissati dalle regioni o da particolari autorità amministrative), mentre al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4, richiamante nel precetto il D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 62, comma 12, prevede una particolare fattispecie di illecito riguardante il regime transitorio degli scarichi durante il periodo di tre anni concesso per l'adeguamento degli impianti alla nuova normativa, secondo la quale viene sanzionata la condotta di quei soggetti che, già titolari alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 1999 di autorizzazione allo scarico rilasciata in base alla disciplina previgente, non adottino "le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento". Con la pronuncia del 31.1.2002 n. 3798 le Sezioni Unite penali di questa Corte, chiamate a comporre un contrasto insorto in ordine ai problemi interpretativi concernenti il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, hanno affermato, con espresso riferimento alle disposizioni transitorie (in particolare D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 62, comma 12) che la finalità perseguita dal legislatore è stata quella di evitare, durante il periodo di tempo entro cui gli scarichi preesistenti debbono adeguarsi alle nuove disposizioni, l'aumento, anche temporaneo, del fenomeno inquinatorio, imponendo a tale scopo un divieto generalizzato di aumento senza alcun riferimento a limiti e/o parametri; le Sezioni Unite hanno al riguardo rilevato che il concetto di aumento è di per sè relativo, e pertanto presuppone il raffronto tra due dati che secondo il chiaro tenore letterale della norma non sono normativi ma quantitativi e qualitativi e comunque, di fatto, riferiti allo scarico con la prescrizione che il dato fisico-chimico preesistente alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 1999 non può essere alterato "in pejus". Da tali considerazioni (che perfettamente si attagliano, "mutatis mutandis", alla parallela ed analoga fattispecie di illecito amministrativo di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4) la citata sentenza ha tratto l'ulteriore conseguenza che non è sufficiente accertare in un determinato momento il grado di inquinamento, occorrendo invece verificare l'andamento del fenomeno mediante raffronto tra due dati cronologicamente distinti, dei quali quello di partenza non può essere il mero dato normativo, ma deve essere individuato nella precedente situazione di fatto.
A tali principi non risulta essere conforme la sentenza impugnata, che ha ritenuto sussistente nella fattispecie il fenomeno di alimento dell'inquinamento per aver riscontrato il superamento dei valori-limite di emissione di sostanze inquinanti con riferimento ai parametri azoto, COD e tensioattivi secondo la disciplina in vigore al tempo della legge Merli. Il diverso assunto della controricorrente Provincia di Brescia si basa su di una accezione rigorosamente normativa del fenomeno dell'inquinamento, cosicché sarebbe sufficiente anche un unico accertamento successivo alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 1999, evidenziante il superamento dei limiti di concentrazione di cui alle previgenti tabelle per integrare gli estremi dell'aumento dell'inquinamento di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 62, comma 12 da parte dei titolari degli scarichi precedentemente autorizzati. Tale tesi, peraltro, si risolve nell'ammissione di una proroga temporanea delle disposizioni sulla composizione dei reflui di cui alla L. n. 219 del 1976 esclusa dalla menzionata pronuncia delle Sezioni Unite penali sul rilievo, tra l'altro, della non coincidenza tra limiti tabellari previsti nelle due normative avvicendatesi nel tempo; inoltre deve aggiungersi che, se il legislatore avesse voluto mantenere in vigore in blocco e sotto comminatoria di sanzioni, in via transitoria ed in vista dell'adeguamento degli impianti a suo tempo autorizzati alle nuove prescrizioni, i limiti tabellari già previsti dalla normativa precedente, avrebbe chiaramente espresso questo intendimento senza far riferimento al fenomeno costituito dall'alimento dell'inquinamento. La norma di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 62, comma 12 è quindi finalizzata alla preservazione dello "status quo ante", quale che esso fosse, imponendo ai titolari degli impianti già autorizzati, per un periodo transitorio concesso al fine di renderli adeguati alle nuove e più rigorose prescrizioni, l'obbligo di mantenere lo stato di efficienza in cui di fatto si trovavano alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo più volte citato, con il limite imprescindibile di non peggiorare il dato chimico preesistente all'entrata in vigore di tale nuova normativa.
Nel controricorso la Provincia di Brescia richiama a sostegno del suo assunto la parte finale del testo originario del dodicesimo comma del D.Lgs. n. 152 del 1999 secondo la quale i titolari delle vecchie autorizzazioni sono tenuti ad osservare le norme locali eventualmente emanate dalle competenti autorità regionali ed amministrative "in quanto compatibili ...con quanto già previsto dalla normativa previgente"; in proposito si rileva che la riserva di compatibilità dettata dal legislatore costituisce solo un limite che, nel periodo transitorio, le autorità non statali devono rispettare nell'emanazione di eventuali discipline locali e non un obbligo direttamente imposto ai titolari delle vecchie autorizzazioni; a tale riguardo deve poi evidenziarsi l'intervento chiarificatore legislativo apportato dal D.Lgs. n. 258 del 2000 che, nell'aggiungere al comma anzidetto la locuzione finale "sono fatte salve in ogni caso le disposizioni più favorevoli introdotte dal presente decreto", elimina ogni dubbio in ordine alla ipotizzata ultrattività delle vecchie tabelle. In definitiva, quindi, esclusa ogni rilevanza, diretta o indiretta, ai fini del riscontro dell'aumento dell'inquinamento sanzionato dal D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4 in relazione al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 62, comma 12, dell'obbligo non più vigente di osservanza delle tabelle allegate alla legge Merli, deve ritenersi che il primo termine di paragone non può desumersi, con presunzione legale "iuris et de iure", dalla pregressa rispondenza dello scarico ai previgenti limiti tabellari, ma deve essere accertato in concreto sulla scorta di adeguati e specifici elementi, di fatto o documentali, non necessariamente costituiti da un precedente prelievo, che denotino inequivocabilmente la sussistenza, nello scarico in questione, di sostanze inquinanti sia pur non contemplate tra quelle oggi tabellamente applicabili alla categoria di appartenenza, in concentrazioni inferiori a quelle riscontrate nel successivo prelievo compiuto dopo l'entrata in vigore della nuova normativa e costituente il secondo termine di paragone, così da poter accertare l'avvenuto aumento dell'inquinamento.
Sulla base delle esposte argomentazioni deve accogliersi quindi il terzo motivo di ricorso.
Deve invece essere rigettato il secondo motivo di ricorso, considerato che il mutamento dei termini della contestazione intervenuta durante il procedimento amministrativo sanzionatorio ha riguardato soltanto la qualificazione giuridica del fatto oggetto dell'accertamento (ovvero la rilevata presenza di azoto ammoniacale, quanto allo scarico del depuratore comunale, nonché di COD, azoto ammoniacale e tensioattivi, quanto allo scarico dello sfioratore di piena, in concentrazioni superiori a quelle consentite), sulla scorta del quale la Provincia di Brescia ha ritenuto di passare dalla originaria contestazione dell'illecito di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 1 a quella di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4, senza tuttavia porre a fondamento del rettificato addebito alcun fatto nuovo; pertanto deve ritenersi insussistente la dedotta violazione del diritto di difesa, avendo avuto l'ASM di Brescia la possibilità di contestare l'addebito in relazione a quell'unico fatto materiale accertato nel rispetto delle garanzie del contraddittorio. Con il quarto motivo la ricorrente, denunciando violazione dell'allegato 5 D.Lgs. n. 152 del 1999 e D.Lgs. n. 258 del 2000 e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto non obbligatorio il metodo di prelievo e campionamento che nella fattispecie avrebbe dovuto riguardare una media giornaliera; l'ASM di Brescia rileva l'erronea applicazione alla fattispecie, concernente uno scarico di acque reflue urbane, delle diverse disposizioni relative agli scarichi industriali (che appunto prevedono la possibilità di effettuare un campionamento su tempi diversi) ed evidenzia che il D.Lgs. n. 258 del 2000, cui si è richiamata la sentenza impugnata applicandolo nel caso di specie, è entrato in vigore successivamente all'epoca del campionamento in questione. La censura è infondata.
La sentenza impugnata, nel ritenere l'utilizzabilità del prelievo effettuato anche se non rigorosamente eseguito in conformità alle indicazioni contenute nell'allegato al D.Lgs. n. 152 del 1999, si è attenuta al prevalente indirizzo della giurisprudenza penale di legittimità (vedi Cass. 16.2.2000 n. 1773) secondo il quale le disposizioni in questione non hanno valore precettivo assoluto ma indicano soltanto dei criteri direttivi di massima dai quali gli organi deputati agli accertamenti possono anche discostarsi previe adeguate valutazioni tecniche discrezionali che tengano conto della peculiarità del caso, la cui motivazione può essere anche implicita, con efficacia probatoria comunque sottoposta al prudente apprezzamento del giudice, non essendo dette disposizioni dettate sotto comminatoria di nullità.
Nella fattispecie, in cui il giudice merito ha tenuto conto che la finalità del prelievo era quella di accertare l'aumento anche temporaneo dell'inquinamento, il campione è stato ricavato mediante prelievo di una aliquota di litri 20 di acqua di scarico poi versata in un unico recipiente da cui è stato tratto il campione riempiendo 2 bottiglie da un litro, ricavando così un liquido le cui caratteristiche organolettiche rendevano immediatamente percepibile la presenza di un fenomeno inquinante;
pertanto la motivazione in proposito resa dal giudice di merito è adeguata e priva di vizi logici, come tale incensurabile in questa sede. Con il quinto motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 28 e della tabella 3 allegato 5 del D.Lgs. n. 152 del 1999 nonché vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto di natura anche industriale invece che soltanto urbana gli scarichi in questione agli effetti dell'applicazione delle prescrizioni tabellari, che per gli scarichi di acque reflue urbane non prevedono nessun limite per l'azoto ammoniacale.
La censura è assorbita dall'accoglimento del terzo motivo di ricorso, essendosi rilevato a tale riguardo che ai fini della responsabilità di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4 in relazione al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 62, comma 12, dovendo essere provato il fenomeno dell'inquinamento raffrontando il dato di partenza, costituito dallo stato dello scarico prima della entrata in vigore della nuova normativa, con quello accertato dopo tale data, le prescrizioni tabellari non integrano di per sè il precetto della fattispecie di illecito sanzionata (come invece agli effetti del diverso illecito di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 1), ma possono spiegare rilievo soltanto quali elementi di riferimento delle situazioni di inquinamento in concreto esistenti nei due diversi momenti rilevati ai fini del raffronto da operare in conformità dei dettami di cui alla citata sentenza delle Sezioni Unite Penali per l'accertamento dell'andamento del fenomeno.
Da tale premessa consegue che, essendo il dato di partenza da riferire alla situazione accertata e non presunta durante la vigenza della L. n. 319 del 1976, quando le sostanze in questione erano contemplate dalla tabella A applicabile agli uni ed agli altri scarichi, ed essendo la disposizione transitoria di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 62, comma 12 finalizzata al mantenimento dello "status quo ante", di fatto esistente all'atto dell'entrata in vigore della nuova normativa, poco o nulla rileva la riconducibilità dello scarico in questione alla categoria di quelli urbani o, in ragione della composizione mista, a quelli industriali, essendo invece necessario accertare se, di fatto, le sostanze inquinanti già all'epoca presenti nei reflui abbiano successivamente superato i valori di concentrazione precedentemente rilevati con il conseguente aumento del fenomeno dell'inquinamento sanzionato dal D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4.
Con il sesto motivo la ricorrente, deducendo violazione o falsa applicazione della delibera 4.2.1977 del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento, della L.R. Lombardia n. 62 del 1985, art. 12 e D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 4 nonché vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto correttamente irrogata all'esponente la sanzione amministrativa anche con riferimento allo scaricatore di piena. Tale motivo è inammissibile.
Invero, non avendo la ricorrente censurato l'affermazione del Tribunale di Brescia secondo cui tale questione non era stata elevata a specifico motivo di impugnativa, la questione stessa deve essere ritenuta nuova in questa sede e come tale
inammissibile.
Con il settimo motivo la ricorrente, deducendo violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 1999, allegato 5 e D.Lgs. n. 258 del 2000 e vizio di motivazione, assume che il giudice di merito non ha tenuto conto della disposizione di cui al punto del suddetto allegato che ammette in ogni caso almeno un prelievo non conforme all'anno.
La censura è inammissibile in guanto solleva una questione, che implica un accertamento di fatto, che non risulta trattata nella sentenza impugnata; pertanto la ricorrente aveva l'onere, in realtà non assolto, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, per dar modo a questa Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa.
In definitiva il ricorso deve essere accolto per quanto di ragione, la sentenza impugnata deve quindi essere cassata e la causa deve essere rinviata per un nuovo esame ad altra sezione del Tribunale di Brescia che provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione del Tribunale di Brescia. Così deciso in Roma, il 14 marzo 2006.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2007