Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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TAR Puglia (LE) Sez. I n. 228 del 13 febbraio 2024
Ambiente in genere.Sindacabilità della valutazione di incidenza ambientale - VINCA
La valutazione di incidenza ambientale (cd. “Vinca”), similmente alla valutazione di impatto ambientale (Via), si caratterizza quale giudizio di ampia discrezionalità oltre che di tipo tecnico, anche amministrativa, sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse all’esecuzione dell’opera. Il sindacato del giudice amministrativo, di conseguenza, è limitato alla manifesta illogicità, incongruità, travisamento o macroscopici difetti di motivazione o di istruttoria, diversamente ricadendosi in un inammissibile riesame nel merito con sostituzione della valutazione giudiziale a quella affidata dal legislatore all'amministrazione. È evidente, pertanto, come l’apprezzamento dell’amministrazione preposta alla tutela dell’habitat ambientale è sindacabile in sede giudiziale, solo sotto il profilo della manifesta illogicità, incongruità, della motivazione anche alla luce di una istruttoria incompleta.
Cass. Sez. III n. 9456 del 6 marzo 2024 (UP 19 gen 2024)
Pres. Aceto Rel. Corbo Ric. Marchetti
Urbanistica.Prescrizione del reato di lottizzazione abusiva e confisca
Non è ravvisabile, almeno relativamente alla confisca ex art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, alcuna differenza, idonea a giustificare un trattamento diverso in ordine alla tutela del soggetto destinatario della misura, tra l’ipotesi di ablazione disposta contestualmente ad una sentenza di prescrizione e l’ipotesi di ablazione disposta contestualmente ad una sentenza di condanna. In entrambe le ipotesi, infatti, ciò che conta per disporre la confisca è che vi sia stata una «sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva», come precisa appunto l’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001. Né l’art. 578-bis cod. proc. pen. contiene precisi elementi per ritenere che, a fronte delle medesime conseguenze pregiudizievoli connesse all’ablazione di un bene, debba essere trattata in modo deteriore la posizione di chi, in primo grado, è stato destinatario di sentenza di proscioglimento rispetto a quella di chi, in primo grado, è stato destinatario di sentenza di condanna. Va inoltre segnalato che, proprio in forza di quanto dispone l’art. 578-bis cod. proc. pen., secondo l’interpretazione datane dalla giurisprudenza, il giudice di appello ha il potere/dovere di procedere ad un pieno di accertamento dei presupposti per l’applicazione della confisca ex art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 anche quando in primo grado sia stata pronunciata sentenza di assoluzione e, nelle more del giudizio di appello, sia ormai decorso il termine di estinzione del reato per prescrizione.
Quando le case mobili sono in realtà strutture permanenti
di Stefano DELIPERI
TAR Puglia (LE) Sez. II n. 204 del 12 febbraio 2024
Rifiuti.Obblighi di bonifica e criteri di individuazione della responsabilità
Il D. Lgs. n. 152 del 2006 riconosce alla P.A. il potere di ordinare al privato di eseguire la bonifica attraverso l’emanazione dell’ordinanza ex art. 244, comma 2, che, tuttavia, può essere emanata solo nei confronti del responsabile della contaminazione. Le disposizioni in tema di responsabilità da inquinamento sono, peraltro, correlate al principio comunitario, espressamente richiamato dall’art. 239 del D. Lgs. n. 152 del 2006, secondo cui “chi inquina paga”. Sulla scorta delle indicazioni derivanti dalla Corte di Giustizia UE, deve escludersi l’applicabilità di una impostazione “penalistica” (incentrata sul “superamento del ragionevole dubbio”), trovando invece applicazione, ai fini della sussistenza del nesso di causalità tra attività svolta sull’area ed inquinamento dell’area medesima, il canone civilistico del “più probabile che non”; pertanto, l’individuazione del responsabile può basarsi anche su elementi indiziari, giacché la prova può essere data anche in via indiretta o indiretta, potendo in tal caso l’amministrazione avvalersi anche di presunzioni semplici di cui all’art. 2727 c.c.
Cass. Sez. III n. 9461 del 6 marzo 2024 (UP 19 gen 2024)
Pres. Aceto Rel. Corbo Ric. Bert
Rifiuti.Reato di inottemperanza ad ordine di rimozione
L’art. 255, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006, sanziona penalmente la condotta di «chiunque non ottempera all’ordinanza del Sindaco di cui all’art. 192, comma 3», e che, secondo quest’ultima disposizione, l’ordinanza del Sindaco deve essere emessa innanzitutto nei confronti del responsabile della condotta di abbandono o di deposito dei rifiuti, nonché del proprietario dell’area interessata e dei titolari dei diritti reali e personali di godimento sulla stessa, i quali sono obbligati «in solido» con il primo. Sulla base di questa disciplina, si è precisato che, in tema di smaltimento di rifiuti, l'obbligo di rimozione sorge sia in capo al responsabile dell'abbandono, quale conseguenza della sua condotta, sia nei confronti degli obbligati in solido, quando sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa, sia nei confronti dei destinatari dell'ordinanza sindacale di rimozione che sono obbligati in quanto tali e che, in caso di inottemperanza, ne subiscono, per ciò solo, le conseguenze se non hanno provveduto ad impugnare il provvedimento per ottenerne l'annullamento o non hanno fornito al giudice penale elementi significativi per l'eventuale disapplicazione. Si deve aggiungere, inoltre, che i destinatari dell’ordinanza di rimozione dei rifiuti non possono addurre, a giustificazione, di non avere la diretta disponibilità dell’area su cui intervenire.
Il rapporto tra parere ex art 32 della L. 47/1985 e la autorizzazione paesaggistica
di Antonio VERDEROSA
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