TAR Toscana, Sez. III, n. 1990, del 7 dicembre 2012
Urbanistica.L’apparecchiatura bancomat è un impianto tecnologico riconducibile al concetto di volume tecnico.

E’ illegittimo il diniego opposto dal Comune di Firenze alla prosecuzione dei lavori d’installazione di un bancomat con D.I.A. per l’inammissibilità dell’opera non riconducibile al concetto di volume tecnico. L’apparecchiatura bancomat, è un impianto tecnologico installato a esclusiva e migliore erogazione e fruizione dei servizi bancari nell’ambito dei locali dell’azienda bancaria e il piccolo spazio ricavato nella specie per la sua allocazione condivide quindi la funzione servente dell’impianto stesso, non potendo in alcun modo essere diversamente utilizzato come vano in relazione ad altri impieghi apprezzabili e quindi computabili dal punto di vista urbanistico-edilizio La natura dell’impianto tecnologico coperto da una blindatura non avrebbe natura di volume, ma costituirebbe solo un impianto il cui involucro di copertura è destinato a permanere solo fino a che permane la sportello Bancomat. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01990/2012 REG.PROV.COLL.

N. 03604/1996 REG.RIC.

N. 01961/1997 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3604 del 1996, proposto da: 
Soc. Credito Cooperativo Fiorentino Coop. a r.l., e in seguito Credito Cooperativo Fiorentino in Liquidazione Coatta Amministrativa, rappresentati e difesi dall'avv. Mario Pilade Chiti, con domicilio eletto presso Mario Pilade Chiti in Firenze, via Lorenzo il Magnifico n. 83; 
con il successivo intervento e costituzione in giudizio in qualità di cessionaria della ricorrente di Chiantibanca-Credito Cooperativo s.c., rappresentato e difeso dall'avv. Mario P. Chiti, con domicilio eletto presso Mario Pilade Chiti in Firenze, via Lorenzo il Magnifico n. 83;

contro

Comune di Firenze, rappresentato e difeso dagli avv. Francesca De Santis, Annalisa Minucci, con domicilio eletto presso Marco Selvaggi in Firenze, c/o Ufficio Legale Comunale;

sul ricorso numero di registro generale 1961 del 1997, proposto da: 
Soc. Credito Cooperativo Fiorentino s.c.r.l., in seguito Credito Cooperativo Fiorentino Soc. Coop in Liquidazione Coatta Amministrativa, rappresentati e difesi dall'avv. Mario Pilade Chiti, con domicilio eletto presso Mario Pilade Chiti in Firenze, via Lorenzo il Magnifico n. 83;
con il successivo intervento e costituzione in giudizio in qualità di cessionaria della ricorrente di Chiantibanca-Credito Cooperativo s.c., rappresentato e difeso dall'avv. Mario P. Chiti, con domicilio eletto presso Mario Pilade Chiti in Firenze, via Lorenzo il Magnifico n. 83;

contro

Comune di Firenze, rappresentato e difeso per legge dagli avv. Francesca De Santis, Annalisa Minucci, domiciliata in Firenze, Palazzo Vecchio - piazza Signoria;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 3604 del 1996:

del provvedimento (prot. n. 28621-96 del 10 giugno 1996) del settore funzionale 34 - edilizia privata del Comune di Firenze, a firma (per il Sindaco) dell'Assessore all'urbanistica e all'edilizia privata, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ancorché incognito al ricorrente..

quanto al ricorso n. 1961 del 1997:

dell'ordinanza del Sindaco di Firenze n.2217 del 24.3.1997 avente per oggetto. "Ordinanza di demolizione e rimessa in pristino ex art. 7 legge 47/85", a firma (per il Sindaco) dell'Assessore all'urbanistica e all'edilizia privata, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ancorché incognito al ricorrente, ed in particolare del provvedimento del settore funzionale 34 - edilizia privata del Comune di Firenze prot. n. 28621-96 del 10.6.1996 (già impugnato con ricorso R.G. n. 3604/96 - IIIsez.), del verbale del Corpo di Polizia Municipale prot. n. 96/W/620/01 del 29.6.1996, e del rapporto dell'U.O. Recupero Patrimonio Edilizio prot. n. 5952/96/31//1802/96 del 17.9.1996..

 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Firenze e di Comune di Firenze;

Visto l’atto di costituzione di Chiantibanca – Credito Cooperativo s.c.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2012 il dott. Maurizio Nicolosi e uditi per le parti i difensori A. Vergine delegata da M.P. Chiti e F. De Santis A. Vergine delegata da M.P. Chiti e F. De Santis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1) Con atti ritualmente notificati e depositati, la nominata società Cooperativa ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati, relativi al diniego di installazione di un volume per alloggiamento di sportello Bancomat e all’ordine della sua rimozione, chiedendone l’annullamento previa, nel secondo gravame, sospensione dell’ordine di demolizione (la relativa istanza è stata respinta con ordinanza n. 744 del 1997, ma accolta in appello con ordinanza n. 135 del 24.1.1998 della Sez. V^ del Consiglio di Stato).

La pratica edilizia riguardante l’installazione di tale sportello automatico era stata presentata per il nulla osta paesaggistico, ma la C.E.I. con parere n. 907 in data 1.4.1996 riteneva l’intervento non soggetto ad autorizzazione, sicché la stessa pratica era stata restituita con l’invito ad utilizzarla per la DIA ai sensi dell’art. 9 del d.l. 154 del 1996. Ciò era stato fatto, ma il comune di Firenze opponeva il divieto di prosecuzione dei lavori per l’inammissibilità dell’opera non riconducibile al concetto di volume tecnico.

Nel primo ricorso (n. 3604/96) avverso il provvedimento comunale che vieta la prosecuzione dei lavori di installazione del Bancomat si deduce nei due motivi:

che la natura dell’impianto tecnologico coperto da una blindatura non avrebbe natura di volume, ma costituirebbe solo un impianto il cui involucro di copertura è destinato a permanere solo fino a che permane la sportello Bancomat. Non si comprenderebbero, quindi, le ragioni per le quali l’Amministrazione, in difformità al parere favorevole reso dalla Commissione edilizia, abbia qualificato l’opera non conforme alla normativa vigente. Anche a volerlo considerare volume, l’impianto avrebbe le caratteristiche di volume tecnico e quindi assentibile;

che sarebbe anche incomprensibile il provvedimento ove si osservi che nella nota assessoriale del maggio 1996 veniva indicato che l’opera era realizzabile previa DIA ai sensi dell’art. 9 del dcr. lgs 154 del 1996 senza il nulla osta paesaggistico, avendo ritenuto il Comune che l’opera in parola non fosse soggetta ad autorizzazione ex art. 7 legge 1497 del 1939.

Con decreto n. 572 del 10.8.2011 il ricorso è stato dichiarato perento, ma a seguito di presentazione di apposita istanza tale atto è stato revocato con decreto n. 392 del 16.3.2012.

Nel secondo ricorso (1961/97), avverso il provvedimento che ordina la rimessa in pristino, vengono dedotti, sotto il profilo dell’illegittimità derivata, i medesimi motivi di cui al primo ricorso.

Con decreto n. 1504 del 16.11.2011 il ricorso è stato dichiarato perento, ma a seguito di presentazione di apposita istanza tale atto è stato revocato con decreto n. 411 del 23.3.2012.

L’Amministrazione comunale si è costituita in ambedue i giudizi depositando una memoria unica con la quale ha eccepito l’improcedibilità del primo ricorso per carenza sopravvenuta di interesse e l’infondatezza nel merito dei motivi dedotti in entrambi i ricorsi.

Ha proposto atto di intervento e di costituzione in entrambi i giudizi Chiantibanca – Credito Cooperativo s.c. che, producendo il relativo contratto, dichiara di avere acquistato le attività e le passività costituenti l’azienda bancaria, ivi compresi i relativi beni mobili e immobili, i rapporti contrattuali, nonché ogni altro rapporto o sopravvenienza attiva o passiva inerenti l’attività stessa dal Credito Cooperativo Fiorentino in liquidazione coatta amministrativa. La società cooperativa subentrante ha prodotto, altresì, memoria con la quale ha ulteriormente sviluppato gli argomenti difensivi dedotti nei ricorso contestando le argomentazioni dell’Amministrazione resistente.

Anche il Credito Cooperativo Fiorentino in liquidazione coatta amministrativa si è costituito in giudizio chiedendo con successivo atto, depositato in data 10 ottobre 2012, l’estromissione dai giudizi pendenti.

Ulteriori memorie di replica sono state depositate da Chiantibanca e dal comune di Firenze.

2) I due ricorsi di cui in epigrafe vanno riuniti per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva per essere decisi con un’unica sentenza.

2.1. Nel dare, poi, atto dell’atto di intervento e costituzione in giudizio svolto dal Chiantibanca- Credito Cooperativo s.c. il Collegio deve occuparsi della richiesta di estromissione dal giudizio stesso formulata dal Credito Cooperativo Fiorentino in liquidazione coatta amministrativa successivamente alla sua costituzione in giudizio. Tale società cooperativa basa la sua richiesta sul disposto dell’art. 92, comma 9, del dcr. lgs 385 del 1993 che, nei casi di cessione ai sensi dell'articolo 90, comma 2, del medesimo decreto danno facoltà ai commissari liquidatori di chiedere di essere estromessi, su propria istanza, dai giudizi relativi ai rapporti oggetto della cessione nei quali sia subentrato il cessionario.

Avuto riguardo al contenuto della disposizione legislativa richiamata e alla costituzione in giudizio del cessionario, va quindi dichiarata l’estromissione dal giudizio del Credito Cooperativo Fiorentino – società cooperativa in liquidazione coatta amministrativa.

2.2. L’eccezione di improcedibilità frapposta dal comune di Firenze nel primo ricorso è da disattendere. Il provvedimento inibitorio dell’attività di cui alla DIA del 17.5.1996, non è assimilabile all’atto di sospensione di lavori edilizi, che è atto cautelare emesso in attesa dei provvedimenti definitivi e, quindi, di durata limitata nel tempo, bensì un provvedimento inibitorio definitivo che rende direttamente abusivo l’intervento edilizio eventualmente portato a termine nonostante il divieto imposto dall’Amministrazione. Ne è conferma proprio l’ordinanza di demolizione successivamente adottata dall’Amministrazione a sanzione del manufatto realizzato ritenuto in contrasto con le norme del p.r.g. vigente.

2.3. Nel merito i motivi, identici, dedotti nei due ricorsi sono fondati.

L’installazione di un’apparecchiatura bancomat è da ritenere assimilabile, in applicazione di un criterio analogico collegato ad parametro di equivalenza della natura dell’impianto in questione da seguire necessariamente in una interpretazione dinamica ed evolutiva delle disposizioni normative e di pianificazione urbanistica adottate in un periodo temporale nel quale erano inesistenti i più moderni apparati tecnologici ad ausilio di edifici e attrezzature preesistenti, a quella di un impianto tecnologico. Va sul punto chiarito che rispetto agli altri impianti tecnologici di tradizionale accezione, quali le centrali termiche, le cabine elettriche ed altri, gli sportelli bancomat non erano ancora di ampia diffusione negli anni in cui il comune di Firenze si è dotato delle proprie norme di pianificazione urbanistica con le delibere approvative delle n.t.a., donde allo spazio necessario alla loro installazione non può essere dato rilievo urbanistico- edilizio diverso da quello di volume tecnico rientrante in tutto nella previsione dell’art. 9, comma, 7, del d.l. 154 del 1996 e dall’art. 3 e 9 delle n.t.a. della delibera n. 604/93. L’art. 3, nel punto “Su”, indica fra le superfici da escludere dal computo della superficie utile lorda i locali strettamente necessari per gli impianti tecnologici, dandone un’elencazione che è da ritenere non esaustiva, ma esemplificativa come è dato desumere dalla locuzione “e simili”; analogamente come accade nella definizione di volume tecnico - al punto “vt” del medesimo art. 3 - nella quale all’elencazione della tipologia degli impianti tecnici segue un ecc., che conferma il carattere meramente esemplificativo dell’elencazione stessa. Non contrasta con tale interpretazione, ma anzi alle prime semmai va adeguata nella logica evolutiva cui prima si accennava, la lettura dell’art. 9, lett. a) ultimo capoverso e b) delle n.t.a. che contengono, ad avviso del Collegio, un’elencazione anch’essa non tassativa da comparare in ogni caso con quella dell’art. 3 citato. L’apparecchiatura bancomat, del resto, è un impianto tecnologico installato a esclusiva e migliore erogazione e fruizione dei servizi bancari nell’ambito dei locali dell’azienda bancaria e il piccolo spazio ricavato nella specie per la sua allocazione (dalle foto allegate è dato evincere che seppure l’installazione all’esterno dei locali della Banca ha richiesto l’ampliamento di un’apertura nel muro di cinta esterno prima chiusa da un cancelletto, lo spazio ricavato è stato occupato dall’apparecchiatura senza creazione di un vano interno chiuso calpestabile accessibile ai clienti dalla strada) condivide quindi la funzione servente dell’impianto stesso, non potendo in alcun modo essere diversamente utilizzato come vano in relazione ad altri impieghi apprezzabili e quindi computabili dal punto di vista urbanistico-edilizio. Da ciò consegue che non può ritenersi la realizzazione di tale vano in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti.

Sull’irrilevanza sotto il profilo urbanistico – edilizio si era espressa la C.E.I. che aveva ritenuto, alla luce dell’art. 1, comma 8, della legge 431 del 1985 non soggetto all’autorizzazione ex art. 7 della legge 1497 del 1939 e lo stesso Assessore, nel comunicare tale parere, aveva dato indicazioni coerenti rispetto all’ulteriore procedura da seguire a mezzo DIA, donde la fondatezza anche del vizio di contraddittorietà dedotto nel secondo motivo.

L’illegittimità del provvedimento di inibizione impugnato con il primo ricorso, trae seco, per illegittimità derivata, l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione impugnata, per gli stessi motivi, con il secondo ricorso

Non resta, in conclusione, che accogliere i ricorsi con l’annullamento degli atti impugnati.

Le spese seguono la soccombenza secondo la liquidazione operata nel dispositivo quanto al rapporto processuale fra Chiantibanca – Credito Cooperativo s.c. e il comune di Firenze, mentre vanno compensate, avuto riguardo alle ragioni dell’estromissione dal giudizio dell’originaria Società cooperativa ricorrente, per il resto.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sui due ricorsi, come in epigrafe proposti, riuniti preliminarmente gli stessi, estromette dal giudizio il Credito Cooperativo Fiorentino – società cooperativa in liquidazione coatta amministrativa; accoglie i ricorsi stessi e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il comune di Firenze al pagamento, in favore della Chiantibanca – Credito Cooperativo s.c., delle spese di giudizio che liquida in complessivi euro 3000,00 oltre accessori di legge. Spese compensate nei confronti del Credito Cooperativo Fiorentino – società cooperativa in liquidazione coatta amministrativa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente, Estensore

Eleonora Di Santo, Consigliere

Silvio Lomazzi, Primo Referendario

 

 

 

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/12/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)