TAR Calabria (RC) Sez. dist. n. 787 del 18 ottobre 2021
Urbanistica.Modifica sostanziale della localizzazione quale variazione essenziale 

Rientra nel concetto di "modifica sostanziale della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza", e quindi di variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), del d. P.R. n. 380 del 2001, non solo lo spostamento del manufatto su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, ma anche ogni significativa traslazione dell'edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali, capace di incidere sul rispetto delle prescrizioni normative in tema di distanze minime


Pubblicato il 18/10/2021

N. 00787/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00500/2019 REG.RIC.

N. 00044/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 500 del 2019, proposto da
Bruno Fosso e Stefania Allegra, rappresentati e difesi dall'avvocato Gabriele D'Ottavio, con domicilio eletto presso il suo studio in Reggio Calabria, via Zecca n. 7;

contro

il Comune di Melito di Porto Salvo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Margherita Crocè, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale 44 del 2020, proposto da
Bruno Fosso e Stefania Allegra, rappresentati e difesi dall'avvocato Gabriele D'Ottavio, con domicilio eletto presso il suo studio in Reggio Calabria, via Zecca n. 7;

contro

il Comune di Melito di Porto Salvo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Margherita Crocè, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 500 del 2019:

dell’ordinanza n. 94 del 24.05.2019, notificata il 27.05.2019 , con cui il Responsabile del Comune di Melito P. Salvo ha ordinato ai ricorrenti la demolizione “di tutte le opere sopra descritte ubicate in località Gelsarelli, in catasto al fl. n.42 part. 3274 ed al ripristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni dalla notifica della presente avvertendo che in caso di inadempienza, si provvederà ai sensi del D.P.R. n. 380/91, ad acquisire gratuitamente al patrimonio del comune il bene e l’area di sedime”, nonché di tutti gli atti antecedenti, concomitanti, successivi, connessi e conseguenti.

quanto al ricorso n. 44 del 2020:

del provvedimento prot. n. 28833 del 26 ottobre 2019, notificato il 29 ottobre 2019, con cui il Responsabile dell’Ufficio Patrimonio Pianificazione e Gestione Territoriale - SUAP del Comune di Melito Porto Salvo ha comunicato ai ricorrenti il “Diniego Definitivo” del Permesso di Costruire in Sanatoria.



Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Melito di Porto Salvo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2021 la dott.ssa Agata Gabriella Caudullo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso ritualmente proposto i ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza di demolizione n. 94 del 24 maggio 2019 con cui il Comune di Melito Porto Salvo ha ingiunto loro di provvedere alla demolizione delle opere realizzate nella villetta unifamiliare identificata con il n. 7 nella planimetria generale di progetto, di proprietà dei coniugi Allegra Stefania … e Fosso Bruno, … accatastata al fg. N. 42, part. 3274, in corso di costruzione, piano: S1 – T- 1, così descritte:

- il piano interrato è stato trasformato in seminterrato, sollevando il piano di calpestio di circa cm 60;

- al piano seminterrato, sono state effettuate modifiche nella distribuzione interna, in progetto costituito da un unico ambiente, oggi, invece, risultano realizzati più ambienti modificando, pertanto, l’originaria destinazione d’uso di “cantina”;

- l’altezza interna del piano seminterrato è stata aumentata di circa cm 10, quella del piano terra/rialzato è stata diminuita di circa cm 10, così come è stata diminuita l’altezza media del piano primo di circa cm 20;

- l’altezza complessiva del fabbricato (ricavata dalla somma delle altezze interne e dei solai), rispetto al piano di campagna, risulta alla gronda di circa 6 ,80 ml anziché 6,00 ml, determinando pertanto un aumento della volumetria di circa 59,20 mc fuori terra e di circa 199,80 mc per cambio destinazione d’uso della cantina per un totale complessivo di mc 259,00;

- i prospetti risultano parzialmente modificati;

- il fabbricato risulta frontistante per circa m. 1,50 al fabbricato n. 8 per effetto di una traslazione, tra le pareti finestrate dei due fabbricati vi è una distanza di ml 5,30 ed una distanza dal confine inferiore a m. 5,00, in difformità al progetto assentito.

2. Parte ricorrente lamenta la illegittimità del gravato ordine demolitorio sotto i profili della violazione di legge e dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

Gli abusi contestati non costituirebbero variazioni essenziali rispetto al progetto approvato e, pertanto, non avrebbero potuto essere sanzionati con l’ordine demolitorio.

L’amministrazione comunale non avrebbe, peraltro, tenuto conto del fatto che la villetta è ancora in corso di esecuzione e non sono state ultimate le opere esterne che comporteranno un innalzamento del piano di campagna come da progetto. Le misurazioni da effettuarsi tenendo conto di ciò risultano del tutto corrispondenti a quelle previste nel progetto assentito.

Le divisioni interne al piano interrato non avrebbero comportato, inoltre, una diversa destinazione d’uso della cantina trattandosi solo di locali tecnici (stireria e lavanderia).

La minor distanza rispetto alla distanza legale tra le due villette insistenti sui lotti 7 e 8 sarebbe, poi, da ascrivere esclusivamente agli abusi commessi dai proprietari della villetta n. 8 che avrebbero persino occupato il terreno adiacente per un fronte di circa 77 cm.

Assumono, altresì, i ricorrenti che l'incremento dell'altezza e del volume di un fabbricato, dovuta all'emersione fuori terra di volumi tecnici o di cubature accessorie, a seguito di una diversa ubicazione dell'edificio sul lotto, rispetto a quella in precedenza assentita, non comporta una variazione essenziale del progetto.

3. Parte ricorrente ha depositato in atti, unitamente al ricorso introduttivo, l’istanza di sanatoria ex art. 36 del DPR 380/2001 del 6 agosto 2019.

4. Si è costituito in giudizio il Comune di Melito Porto Salvo insistendo per il rigetto del ricorso.

5. Con ordinanza n. 210/2019 il Collegio, rilevato che parte ricorrente ha dichiarato di aver presentato in data 6 agosto 2019 istanza di sanatoria ai sensi degli articoli 36 e 46 del DPR 380/2001 e che, pertanto, l’ordinanza di demolizione impugnata è improduttiva di effetti dovendo l’amministrazione comunale provvedere al riesame dell'abusività dell'opera con l’adozione di un nuovo provvedimento, esplicito o implicito (di accoglimento o di rigetto), che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa (cfr. ex multis TAR Reggio Calabria 3.7.18 n.406; TAR Napoli sez. VIII 02.01.18 n.1)”, ha respinto la domanda cautelare.

6. Con autonomo ricorso notificato in data 30 dicembre 2019 e depositato il successivo 24 gennaio 2020 i ricorrenti hanno, altresì, impugnato il provvedimento avente ad oggetto la comunicazione del “Diniego Definitivo” del Permesso di Costruire in Sanatoria.

L’amministrazione comunale ha ritenuto di non poter rilasciare il richiesto permesso in sanatoria in quanto:

- La richiesta di sanatoria è parziale e riguarda solo per gli interventi di “diversa distribuzione al piano seminterrato” e “difformità prospettiche” e non tutti i punti elencati nell’Ingiunzione a Demolire” n. 04/2019”;

- Dal raffronto tra gli elaborati grafici dello “stato di fatto” e dalla variante in corso d’opera relativa alla realizzazione del piano interrato per la villetta n. 7 “, oltre alla diversa distribuzione interna al piano seminterrato, risulta anche una diversa distribuzione sia del piano terra che al piano primo, queste ultima non evidenziate nell’istanza di sanatoria né nella relazione tecnica”;

- La planimetria “stato di fatto” in scala 1:300 è incompleta in quanto non riportata in modo esaustivo i fabbricati limitrofi nonché le distanze tra questi ultimi ed il fabbricato in argomento;

- Gli elaborati tecnici allegati, non sono esaustivi in quanto manca la scheda urbanistica, le piante e le sezioni non sono adeguatamente quotate (mancano le quote perimetrali, quote altimetriche ecc.);

- Non c’è corrispondenza tra lo stato di fatto rappresentato negli elaborati grafici e la documentazione fotografica allegata, relativamente alla quota esterna, in corrispondenza delle aperture del piano seminterrato;

- Dal rilievo topografico, effettuato dal tecnico incaricato, geom. Venerando Puntorieri, risulta una distanza tra fabbricati (villetta n. 7 e villetta n. 8), pari a 5,30 metri, inferiore a 10 metri, dovuta alla traslazione di entrambi i fabbricati. Da evidenziare che la villetta n° 8 è stata oggetto di ingiunzione a demolire n. 10 del 09/04/2015;

- Nella relazione tecnica si contesta la trasformazione del piano interrato in piano seminterrato in quanto secondo il progettista i lavori non sono ancora definiti ed è previsto un innalzamento della quota esterna. Tale affermazione si contraddice con quanto riportato nell’oggetto nella relazione tecnica e negli elaborati grafici, dove si riporta la dicitura “piano seminterrato” e non “piano interrato” ed inoltre risultano realizzate aperture esterne;

- Da evidenziare inoltre che il fabbricato in argomento fa parte di un piano di lottizzazione a tutt’oggi non completato, la cui convenzione risulta scaduta da tempo”.

7. I ricorrenti lamentano la illegittimità del gravato diniego sotto i seguenti profili:

I. violazione delle garanzie procedimentali in relazione all’art 10 bis della L. n. 241/1990, in attuazione del giusto procedimento e del principio del contraddittorio, nonché eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento e di efficienza dell’azione amministrativa di cui agli artt.

97 Cost. 2 e 6 della legge 241/90, difetto di istruttoria, motivazione insufficiente ed incongrua e indicazione di cause ostative nuove.

II. Violazione dell’art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001, nonché dell’art. 51 del D.lgs. n. 159/2011, difetto di istruttoria, eccesso di potere per travisamento dei fatti e per violazione dei principi di buon andamento e di efficienza dell’azione amministrativa di cui agli artt. 97 Cost. 2 e 6 della legge 241/90, nonché per motivazione insufficiente ed incongrua e difetto di istruttoria.

L’amministrazione comunale non avrebbe tenuto conto delle osservazioni presentate dai ricorrenti a seguito della comunicazione del preavviso di diniego, tanto che il provvedimento definitivo di rigetto è motivato mediante un mero rinvio alla precedente comunicazione.

Sia in sede di presentazione della domanda di sanatoria che nelle controdeduzioni successivamente depositate, supportate da una relazione tecnica di parte con la quale sono stati analiticamente contestati tutti i rilievi formulati dal responsabile del procedimento, i ricorrenti avrebbero dimostrato la doppia conformità delle opere in difformità eseguite.

L’amministrazione comunale, tuttavia, nulla avrebbe rilevato in merito a tale aspetto che costituisce l’unico presupposto per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del DPR n. 380/2001.

Con particolare riferimento agli abusi contestati i ricorrenti hanno osservato quanto segue:

a) non vi sarebbe alcun innalzamento del piano di calpestio del piano interrato che risulterebbe perfettamente conforme a quanto previsto dal progetto di variante regolarmente approvato in data 28.03.2011;

b) la maggiore altezza del piano seminterrato, compensata dalle minori altezze del piano rialzato del primo piano, non si porrebbe in contrasto con la normativa urbanistica;

c) sarebbe errata l’affermazione secondo cui l’altezza complessiva del fabbricato è superiore a quella assentita;

d) irrilevanti sarebbero, inoltre, le modifiche apportate al seminterrato con la previsione di due locali da adibire a stireria e lavanderia, trattandosi di locali tecnici che non hanno comportato né un cambio di destinazione d’uso né aumento di volumetria;

e) la minor distanza dalla villetta n. 8 sarebbe da ascrivere esclusivamente alle opere abusive ivi realizzate dai proprietari;

f) neanche la scadenza del piano di lottizzazione costituirebbe valida ragione per il diniego di sanatoria trattandosi pur sempre di difformità rispetto al progetto assentito del tutto conformi allo strumento urbanistico vigente e quindi comunque sanabili;

g) anche qualora venisse confermato che le opere realizzate comportino un aumento di volumetria rispetto al progetto approvato, ciò non potrebbe valere a negare la sanabilità delle stesse tenuto conto del fatto che il fabbricato è ricompreso all’interno di un piano di lottizzazione già assentito in relazione al quale è rimasta inedificata una volumetria di mc 815,00.

8. Si è costituito in giudizio il Comune di Melito Porto Salvo osservando che l’area sulla quale insiste il fabbricato di proprietà dei coniugi Fosso Allegra, come evidenziato nell’ordinanza di demolizione del 24 maggio 2019, è sottoposta ai vincoli paesaggistico-ambientale e sismico. In mancanza di autorizzazione paesaggistica, pertanto, non solo l’ordine demolitorio costituisce atto dovuto, ma non può nemmeno essere rilasciato il permesso di costruire in sanatoria.

Trattandosi di area sottoposta a vincolo, inoltre, non è ammissibile alcuna modifica o aumento di volumetria anche qualora essi riguardino soltanto un volume tecnico.

La domanda di concessione edilizia in sanatoria riguarderebbe, poi, come correttamente evidenziato sia nel preavviso di diniego che nel successivo provvedimento di diniego definitivo, solo una parte degli abusi contestati e, in particolare, gli interventi di diversa distribuzione del piano seminterrato e le difformità prospettiche generate a causa di una diversa posizione degli infissi esterni in difformità dal permesso di costruire rilasciato il 9 dicembre 2008 e successiva variante in corso d’opera del 22 marzo 2011.

I ricorrenti, pertanto, pretenderebbero di sanare delle opere abusivamente realizzate su un’opera già abusiva risultando, a tal proposito, asseritamente non condivisibili i rilievi afferenti ad una pretesa conformità degli interventi non oggetto dell’istanza di sanatoria al progetto assentito.

9. All’udienza del 5 febbraio 2020, fissata per la trattazione della domanda cautelare, la parte ricorrente ha dichiarato di rinunciare alla stessa.

10. Con ordinanza n. 69 del 22 gennaio 2021, il Collegio – disposta la riunione delle due case per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva – ha ritenuto necessario disporre istruttoria nelle forme della consulenza tecnica d’ufficio ex art. 65 c.p.a., nominando C.T.U. l’ing. Alessandro Nunnari al quale sono stati sottoposti i seguenti quesiti:

1) Se, tenuto conto dell’attuale stato dei lavori nonché degli eventuali interventi ancora non effettuati sugli spazi esterni della villetta, il piano di calpestio del piano interrato/seminterrato, come contestato sia con l’ordinanza di demolizione n. 4 del 24 maggio 2019 che con il successivo diniego del permesso di costruire in sanatoria, risulti effettivamente innalzato rispetto a quanto previsto dal progetto assentito con la concessione edilizia n. prot. n. 22464 del 9 dicembre 2008 e con la variante successivamente autorizzata;

2) Se l’altezza complessiva del fabbricato, così come contestato dall’amministrazione comunale con i provvedimenti impugnati, risulti superiore a quella assentita;

3) Se la minor distanza tra i fabbricati insistenti sui lotti 7 e 8 rispetto alle distanze legali costituisca l’effetto della realizzazione sul lotto n. 8 delle opere abusive oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 10 del 29 aprile 2015 o di altre opere ivi realizzate in difformità dal permesso di costruire prot. n. 22464 del 9 dicembre 2008;

4) Se la minor distanza di cui al punto che precede sia dovuta (ancorché solo in parte e, in tal caso, in quale misura) ad una diversa collocazione o ad una traslazione del fabbricato all’interno del lotto n. 7 rispetto a quanto previsto dal progetto assentito.

Con la stessa ordinanza il Collegio ha, altresì, ordinato al Comune di Melito Porto Salvo, al fine di consentire al CTU l’espletamento del mandato, di mettere a disposizione dello stesso la concessione edilizia prot. n. 22464 del 9 dicembre 2008 relativa al maggior complesso edilizio di cui fa parte il fabbricato di proprietà dei ricorrenti e l’eventuale variante successivamente autorizzata nonché, ove richiesto, la documentazione afferente al fabbricato insistente sul lotto n. 8, ivi compresa l’ordinanza di demolizione n. 10 del 9 aprile 2015 richiamata in atti, nonché gli eventuali provvedimenti successivamente adottati.

Assegnati i termini per l’espletamento delle operazioni peritali e la trasmissione alle parti dello schema di perizia nonché per le eventuali osservazioni da parte dei consulenti di parte, la Sezione ha fissato, per la prosecuzione del giudizio, l’udienza pubblica del 22 settembre 2021.

11. In data 7 luglio 2021 il CTU ha versato in atti la relazione finale con cui ha adempito all’ordinanza collegiale istruttoria rispondendo ai quesiti ivi formulati e dando atto, altresì, delle osservazioni formulate dal consulente di parte ricorrente alle quali ha dato riscontro con apposito documento allegato alla relazione.

12. Con memoria depositata in data 20 luglio 2021 i ricorrenti hanno insistito per l’annullamento del diniego di sanatoria osservando come la consulenza tecnica d’ufficio abbia dato atto della doppia conformità delle opere realizzate che, dunque, contrariamene a quanto assunto dall’amministrazione comunale, sarebbero sanabili ai sensi dell’art. 36 del DPR n. 380/2001.

Non rileverebbe a tal fine che il consulente d’ufficio non abbia dato risposta ad una precipua richiesta di chiarimenti formulata in tal senso dal consulente di parte, ing. Balzetti, trattandosi comunque di un dato di fatto non oggetto di contestazione da parte dell’amministrazione comunale.

13. All’udienza pubblica del 22 settembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

14. Ritiene preliminarmente il Collegio di dover dichiarare la parziale improcedibilità del ricorso n.r.g. 500/2019 proposto contro l’ordinanza di demolizione n. 94 del 24 maggio 2019.

Così come rappresentato nel precedente § 3, successivamente alla notifica dell’ordinanza di demolizione, la parte ricorrente ha presentato una richiesta di sanatoria ex art. 36 del DPR 380/2001 in relazione solo ad alcuni degli abusi contestati con il provvedimento impugnato.

Più in particolare, a fronte di un ordine demolitorio con il quale sono stati contestati diversi abusi (così come sinteticamente indicati al precedente § 1), i ricorrenti hanno presentato richiesta di sanatoria per gli interventi di diversa distribuzione del piano seminterrato oltre alla difformità prospettiche generate a causa di una diversa posizione degli infissi esterni, in difformità dal permesso di costruire rilasciato in data 09/12/2008 prot. 22464 Pratica n. 77/08 e successiva variante in corso d’opera prot. n. 5728 del 22/03/2011.

Con la relazione tecnica allegata all’istanza di sanatoria l’ing. Balzetti, tecnico di parte ricorrente, si è limitato, invero, a rilevare l’infondatezza delle ulteriori contestazioni contenute nell’ordine demolitorio in relazione alle quali, pertanto, non è stata formulata alcuna formale richiesta di concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del DPR n. 380/2001 avendo il tecnico dedotto la insussistenza delle contestate difformità rispetto al progetto approvato in data 9 dicembre 2008 ed alla variante del 22 marzo 2011.

Il tecnico di parte ha dedotto, in particolare, nella suddetta relazione:

- “Il piano interrato è stato trasformato in seminterrato, sollevando il piano di calpestio del piano terra di circa 60 cm”.

La villetta è in corso di costruzione e pertanto gli spazi esterni non sono ultimati. La loro ultimazione comporterà l’innalzamento dell’attuale quota esterna di circa 40 cm mantenendo il dislivello tra il piano di campagna ed il piano di calpestio del piano terra/rialzato, già previsto in progetto.

- “L’altezza interna del piano seminterrato è stata aumentata di circa 10 cm, quella del piano terra/rialzato è stata diminuita di circa 10 cm, così come è stata diminuita l’altezza media del piano primo di circa 20 cm.”

Sarebbe stata realizzata solo una compensazione di volume tra il piano seminterrato ed il piano terra rialzato. La diminuzione dell’altezza del primo piano avrebbe determinato, invero, una riduzione del relativo volume.

- “L’altezza complessiva del fabbricato (ricavata dalla somma delle altezze interne dei solai), rispetto al piano di campagna, risulta alla gronda di circa 6,80 m anziché 6,00 m determinando pertanto un aumento della volumetria di circa 59,20 mc fuori terra e di circa 199,80 mc per cambio di destinazione d’uso della cantina per un totale complessivo di mc 259,00.”

Per quanto rilevato nei precedenti punti non vi sarebbe alcun aumento di altezza del fabbricato né conseguente aumento di volumetria.

- Sul rispetto delle distanze legali dal fabbricato n. 8.

La villetta di proprietà Fosso – Allegra sarebbe stata realizzata nel rispetto delle distanze legali. La minor distanza sarebbe, invece, dovuta all’ampliamento, in difformità dal progetto assentito, realizzato dal vicino che avrebbe, altresì, realizzato uno sconfinamento con l’apposizione della recinzione metallica.

A conclusione della sua relazione, l’ing. Balzetti ha altresì puntualizzato che non sono emersi né aumenti di superficie o volume né cambi di destinazione, ma solo lievi difformità prospettiche scaturite da una diversa distribuzione degli spazi interni scaturite dal miglioramento del confort abitativo. Tali difformità possono essere sanate ai sensi degli artt. 22 e 36 e 46, comma 5 del D.P.R. 380/2001 mediante la presentazione di un permesso di costruire in sanatoria.

Nessun dubbio, pertanto, può porsi in merito al fatto che l’istanza di sanatoria abbia interessato solo una parte degli abusi contestati, ovvero la diversa distribuzione del piano seminterrato e le difformità prospettiche.

Ne deriva che in relazione a tali abusi, la presentazione dell’istanza di sanatoria ha prodotto un effetto caducante sull’ordinanza di demolizione rendendola inefficace in parte qua.

Il ricorso n.r.g. 500/2019 proposto avverso l’ordinanza di demolizione è, pertanto, per questa parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, posto che il riesame dell'abusività provocato dall'istanza, sia pure al fine di verificare l'eventuale sanabilità delle opere, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento, esplicito o implicito (di accoglimento o di rigetto), che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa, in quanto la P.A. dovrà o emettere un nuovo ordine di demolizione, o comunque assegnare al privato un nuovo termine per adempiere spontaneamente all'ordine già dato (una volta che sia venuto meno quello assegnato in precedenza) (cfr. ex multis TAR Reggio Calabria 24 agosto 2019 n. 511; 17 settembre 2018, n. 559; 03 luglio 2018, n. 406).

15. Alla luce di quanto emerso dalla consulenza tecnica d’ufficio disposta da questo Collegio con ordinanza n. 69/2021, non sono meritevoli di positivo apprezzamento le censure sollevate da parte ricorrente avverso l’ordine demolitorio, nella parte non travolta dall’istanza di sanatoria.

15.1. Assumono i ricorrenti che l’attuale maggiore quota del piano di calpestio del pianterreno rispetto al piano di campagna è dovuta al fatto che le opere esterne non sono ancora ultimate e che il completamento delle stesse comporterà un aumento della quota di campagna pari a 40 cm.

Non vi sarebbe, pertanto, a lavori ultimati, alcuna difformità rispetto al progetto di variante approvato nel 2011.

Da ciò deriverebbe, altresì, l’erroneità dell’assunto secondo il quale il fabbricato avrebbe un’altezza complessiva superiore a quella prevista nel progetto autorizzato.

La minor distanza tra la villetta di loro proprietà e quella insistente sul lotto n. 8 sarebbe, poi, dovuta esclusivamente all’abusivo ampliamento realizzato dai proprietari di tale villetta.

15.2. Tali assunti non possono essere condivisi.

Rispondendo ai quesiti formulati con la sopra richiamata ordinanza istruttoria il Consulente tecnico d’ufficio, previa analitica e puntuale disamina degli elaborati progettuali nonché di tutta la documentazione in atti ed altresì a seguito di apposito sopralluogo ha chiarito:

1) in risposta al primo quesito: che il fabbricato risulta attualmente rialzato rispetto al terreno di una altezza variabile tra i 65 ed i 75 cm rispetto al progetto approvato nel 2011 (che – come rilevato a pag. 28 della relazione - prevedeva un dislivello tra la quota di calpestio del piano terra del fabbricato e la quota del terreno, pari a 30 cm, assorbiti del tutto o quasi dalla soletta posta tra il piano terra ed il piano seminterrato) e, anche nel caso in cui si fosse realizzata la sanatoria richiesta dai ricorrenti (aumento di 40 cm della quota del terreno), il piano di campagna sarebbe stato comunque più basso di 25 – 35 cm rispetto a quanto originariamente previsto;

2) in risposta al secondo quesito: che l’altezza complessiva del fabbricato nella realtà risulta alla gronda di 6,88/6,90, invece che di 6,00 previsti in progetto. Anche operando l’aumento di quota del terreno di 40 cm, come proposto nel progetto di sanatoria dell’ing. Balzetti, si otterrebbero le seguenti altezze: 6,48/6,49 m in corrispondenza dello spigolo sinistro della facciata; 6,49/6,50 m in corrispondenza dello spigolo destro della facciata. Con una maggiorazione di 48/50 cm rispetto a quanto autorizzato;

3) in risposta al terzo ed al quarto quesito: la minore distanza tra i due fabbricati è dovuta a due concause: la creazione della veranda abusiva sul lotto n. 8 e la posa della recinzione metallica che avrebbe fatto violare, in qualunque caso, la distanza tra il fabbricato dei ricorrenti ed il confine di proprietà; la reciproca traslazione dei due fabbricati (quello dei ricorrenti per 3,50 m verso sinistra e quello ricadente sul lotto n. 8 per 1,00 m verso destra). È dalla commissione di tali interventi che si è concretizzata la illegittima distanza tra pareti finestrate, poiché: senza la traslazione dei due fabbricati (o senza la traslazione del solo fabbricato dei ricorrenti), la creazione della veranda non avrebbe compromesso la distanza minima di 10,00 m; senza la costruzione della veranda, le reciproche traslazioni dei due fabbricati, o anche si uno solo di essi, non avrebbero compromesso le distanze legali.

Il consulente ha, altresì, riscontrato in modo analitico ed esauriente le osservazioni sollevate dal consulente di parte ricorrente e le conclusioni cui è giunto sono coerenti con l’iter logico esposto in modo chiaro e dettagliato.

Molteplici sono, inoltre, gli argomenti addotti a sostegno delle proprie conclusioni in senso difforme da quanto assunto dal consulente di parte, sia in sede procedimentale (cfr. relazione allegata all’istanza di sanatoria, controdeduzioni al preavviso di diniego ed al definitivo rigetto della sanatoria) che in sede di osservazioni allo schema di CTU.

Ritiene il Collegio che le sopra riportate conclusioni richiedano un’unica precisazione inerente all’improprio riferimento alla “sanatoria” contenuto nelle risposte ai primi due quesiti. Gli aspetti ivi esaminati (attinenti al dislivello tra la quota di calpestio del piano terra del fabbricato e la quota del terreno), invero, non hanno formalmente costituito oggetto dell’istanza di sanatoria ma sono confluiti nella relazione alla stessa allegata solo perché, in quella sede, il consulente di parte ha inteso controdedurre a quanto assunto dal Comune nell’ordinanza di demolizione, assumendo che nessuna difformità dal progetto assentito potesse ravvisarsi oltre alle lievi difformità prospettiche ed alla diversa distribuzione degli spazi interni.

15.3. Le analitiche e dettagliate risposte ai quesiti date dal CTU consentono, pertanto, di concludere nel senso della sussistenza di quelle difformità, in relazione ai profili ivi esaminati, delle opere rispetto al progetto assentito nel 2008 ed alla successiva variante autorizzata nel 2011 e di ritenere, conseguentemente, infondate le censure sollevate dalla parte ricorrente.

15.4. Alla luce di quanto emerso dalla CTU non è, altresì, condivisibile l’assunto secondo il quale gli abusi contestati non costituirebbero variazioni essenziali e non potrebbero essere, pertanto, sanzionati con l’ordine demolitorio, trattandosi di difformità che hanno comportato un aumento di volumetria (corrispondente alla maggior altezza del fabbricato, anche a prescindere dal mutamento di destinazione d’uso del piano interrato) in area sottoposta a vincolo paesaggistico (cfr. art. 32, comma 3, del DPR n. 380/2001).

Secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, inoltre, rientra nel concetto di "modifica sostanziale della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza", e quindi di variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), del d. P.R. n. 380 del 2001, non solo lo spostamento del manufatto su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, ma anche ogni significativa traslazione dell'edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali, capace di incidere, come è avvenuto nel caso di specie (v. conclusioni del CTU in risposta ai quesiti 3 e 4), sul rispetto delle prescrizioni normative in tema di distanze minime (Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 104 del 7 gennaio 2020).

15.5. Il ricorso n.r.g. n. 500/2019 è, in ragione di quanto esposto, in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e, per il resto, infondato.

16. È adesso possibile passare all’esame del ricorso n. r.g. 44/2020 avente ad oggetto il diniego di sanatoria.

16.1. Tale diniego si fonda, come già premesso al precedente § 6, su una pluralità di motivazioni, tra le quali il rilievo secondo cui la richiesta di sanatoria è parziale e riguarda solo gli interventi di “diversa distribuzione al piano seminterrato” e “difformità prospettiche” e non tutti i punti elencati nell’Ingiunzione a demolire” n. 4/2019.

Ritiene il Collegio che tale argomentazione sia di per sé idonea e sufficiente a giustificare la decisione di diniego oggetto d'impugnazione, in quanto profilo dirimente che rende ininfluente e irrilevante, ai fini della presente decisione, l’esame di qualsiasi altro motivo di ricorso, in applicazione anche del principio per cui ove il provvedimento impugnato sia sorretto da una pluralità di motivi autonomi, ai fini della legittimità dell’atto è sufficiente che uno solo di essi sia riconosciuto idoneo a sorreggere l'atto stesso (cfr. ex multis TAR Catania, 2 maggio 2011, n. 1079).

Dalla ricostruzione contenuta nei precedenti punti della presente motivazione risulta, invero, acclarato che:

a) che l’istanza di sanatoria ha riguardato solo gli interventi di diversa distribuzione del piano seminterrato oltre alle difformità prospettiche generate a causa di una diversa posizione degli infissi esterni, in difformità dal permesso di costruire rilasciato in data 09/12/2008 prot. 22464 Pratica n. 77/08 e successiva variante in corso d’opera prot. n. 5728 del 22/03/2011;

b) che, alla luce delle risultanze della CTU, il piano di calpestio del piano terra si trova ad una quota superiore rispetto a quanto previsto nel progetto assentito nel 2008 e nella successiva variante del 2011 (con la conseguenza che l’originario piano interrato è diventato un piano seminterrato), che l’altezza complessiva del fabbricato è superiore a quella assentita e che la minor distanza tra i fabbricati insistenti sui lotti n. 7 e n. 8 è determinata anche dalla traslazione del fabbricato dei ricorrenti di m. 3,5 verso sinistra;

c) che, pertanto, l’ordinanza di demolizione n. 94/2019, nella parte non travolta dalla successiva presentazione dell’istanza di sanatoria, resiste alle censure sollevate nel ricorso n. 500/2019 (v. precedente § 15) del quale è stata rilevata l’infondatezza in parte qua.

16.2. Ciò posto, è dirimente la circostanza che l’istanza di sanatoria abbia riguardato solo alcune delle difformità contestate dall’amministrazione comunale con l’ordine demolitorio. Ritiene, invero, il Collegio di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo cui "non è consentita la sanatoria parziale di un immobile abusivo, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate. Pertanto, non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono, per ritenerne sanabili singole porzioni della stessa (cfr T.A.R. Campania, Napoli, sez. I 08/01/2020 n. 110, T.A.R. Toscana, sez. III, 18/09/2019, n. 1247); è stato altresì condivisibilmente osservato che "in sede di sanatoria di un immobile abusivo, le singole parti di un fabbricato possono essere valutate, ai fini di una sanatoria parziale, soltanto se autonome e scindibili rispetto al corpo di fabbrica (cfr. T.A.R. Sardegna, sez. II, 17/09/2019, n. 740)” (T.A.R. Napoli, sez. II, sentenza n. 1466 del 21 aprile 2020).

Ciò posto, appare evidente come il Comune abbia correttamente ritenuto non accoglibile l'istanza in quanto afferente solo ad alcuni degli interventi eseguiti in difformità. Interventi che, insistendo sull’unico fabbricato del quale sono contestate, tra l’altro, una maggiore altezza complessiva ed una traslazione di 3,5 metri verso sinistra, non possono essere ritenuti autonomi e scindibili rispetto al manufatto nel suo complesso, ai fini di una parziale sanatoria.

Costituisce, invero, principio consolidato quello secondo il quale non è possibile, scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini della sanatoria di singole porzioni di essa (cfr. Cass., sez. III, n. 4752 del 30 gennaio 2018).

Né, del resto, l’amministrazione deve porsi la questione se una diversa istanza - in ipotesi - avrebbe potuto avere un esito diverso (Consiglio di Stato sez. VI, sentenza n. 4033 del 2 luglio 2018).

16.3. Risulta, conseguentemente, infondato anche il primo motivo di ricorso afferente ad una pretesa violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90 per avere l’amministrazione comunale omesso di tener conto, in sede di adozione del provvedimento di rigetto, delle osservazioni presentate dai coniugi Fosso-Allegra.

L’assunto ivi contenuto, secondo il quale l’istanza di sanatoria riguardasse tutti i punti elencati nell’Ingiunzione a Demolire n. 04/1994, non trova, invero, riscontro nella documentazione in atti dalla quale emerge, invero, la chiara intenzione di circoscrivere la richiesta di sanatoria alla diversa distribuzione al piano seminterrato e alle difformità prospettiche.

Non si ravvisa, pertanto, alcuna violazione del richiamato art. 10 bis atteso, peraltro, che il provvedimento impugnato dà atto delle osservazioni acquisite al protocollo comunale non ritenendole, tuttavia, esaustive e meritevoli di accoglimento.

16.4. Ne consegue che, poiché la motivazione del provvedimento impugnato in parte qua resiste alle dedotte censure, va richiamato il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui quando una determinazione amministrativa è fondata su di una pluralità di ragioni (c.d. atto plurimotivato), ciascuna delle quali idonea a supportarla in maniera autonoma, è sufficiente che anche una di esse resista alle censure mosse in sede giurisdizionale, perché sia respinta la domanda di annullamento senza necessità di esaminare, per carenza di interesse, le ulteriori doglianze (ex multis, Cons. Stato, V, 14 novembre 2019, n. 7833; IV, 30 marzo 2018, n. 2019; V, 14 giugno 2017, n. 2910).

16.5. Non assume, infine, alcun rilievo che quelle ulteriori difformità rispetto al progetto assentito siano sanabili ai sensi dell’art. 36 del DPR 380/2001 in quanto asseritamente conformi agli strumenti urbanistici vigenti all’epoca dell’approvazione dell’originario progetto di costruzione, nonché all’epoca dell’approvazione della variante e quindi all’epoca della presentazione della domanda di permesso in sanatoria, atteso che esse non hanno costituito, come più volte ribadito, oggetto dell’istanza di sanatoria.

17. In ragione di quanto esposto deve così concludersi:

17.1. Il ricorso n. 500/2019:

a) deve dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse nella parte relativa all’ordine demolitorio degli interventi abusivi successivamente interessati dall’istanza di sanatoria ex art. 36 del DPR 380/2001;

b) è, per il resto, infondato e deve, essere respinto.

17.2. Il ricorso n. 44/2020 è infondato e deve, pertanto, essere respinto.

18. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in favore dell’amministrazione comunale nella misura indicata in dispositivo.

19. Le spese della CTU sono definitivamente poste a carico della parte ricorrente e, vista la richiesta di liquidazione del compenso presentata dal consulente in data 7 luglio 2021, vengono liquidate, in ragione della oggettiva complessità della consulenza e dell'impegno del professionista nonché tenendo conto delle concrete attività d’indagine ed estimative, così come dettagliatamente descritte nella relazione, in € 2.231,48, oltre accessori di legge.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti:

a) dichiara in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso n. 500/2019 e per il resto lo respinge;

b) respinge il ricorso n. 44/2020;

c) pone a carico di parte ricorrente le spese della disposta CTU, liquidate in favore dell’ing. Alessandro Nunnari con studio in via Luigi Paladini n. 27, Pizzo (VV) – PEC Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., in € 2.231,48, oltre accessori di legge.

d) condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Melito Porto Salvo, delle spese di lite che liquida in € 1.500,00, oltre accessori se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Caterina Criscenti, Presidente

Agata Gabriella Caudullo, Referendario, Estensore

Andrea De Col, Referendario