Cass. Sez. III n. 57849 del 28 dicembre 2017 (Ud 30 mag 2017)
Presidente: Savani Estensore: Gentili Imputato:Brocato
Rifiuti.Legislazione speciale ed ordinaria

La violazione della lettera d) del comma 1 dell’art. 6 del dl n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, con legge n. 210 del 2008, consiste nella condotta di chi effettui un’attività di “raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti” in mancanza dei necessari titoli autorizzatori o, comunque, delle formalità previste dalla norma; essa, salva la sua diversa qualificazione giuridica in termini di delitto e non di contravvenzione, costituisce, come è agevole rilevare, il doppione, applicabile nei territori caratterizzati dalla emergenza rifiuti e con riferimento alle condotte realizzate nel periodo in cui è stata dichiarata, della generale disposizione sanzionatoria prevista dal comma 1 del dlgs n. 152 del 2006.



RITENUTO IN FATTO

La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 20 ottobre 2016, ha confermato la decisione con la quale, il precedente 3 febbraio 2015 il Tribunale di Termini Imerese aveva dichiarato la penale rdesposabilità di Brocato Paolo in relazione al reayo di cui all’art. 6, comma 1, letterad), della legge n. 2010 del 2008 per avere depositato un numero ingenti di autoveicoli in disuso nonché accessori di questi, compresi oli easausti, all’interno di un terreno di sua proprietà, e lo aveva, pertanto, condannato alla pèena di giustizia.
Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione il Brocato, contestando, in primo luogo, sotto il profilo della violazione di legge nonché del vizio di motivazione, la qualificazione della condotta a lui ascritta entro il paradigma di cui all’art. 6, comma 1, lettera d), della legge n. 210 del 2008, laddove sarebbe stata più appropriata la qualificazione di essa entro i parametri dell’art. 6, lettera a), ovvero lettera c), della medesima disposizione legislativa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Osserva, infatti, il Collegio che il reato contestato al Brocato, cioè la violazione della lettera d) del comma 1 dell’art. 6 del dl n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, con legge n. 210 del 2008, consiste nella condotta di chi effettui un’attività di “raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti” in mancanza dei necessari titoli autorizzatori o, comunque, delle formalità previste dalla norma; essa, salva la sua diversa qualificazione giuridica in termini di delitto e non di contravvenzione, costituisce, come è agevole rilevare, il doppione, applicabile nei territori caratterizzati dalla emergenza rifiuti e con riferimento alle condotte realizzate nel periodo in cui è stata dichiarata, della generale disposizione sanzionatoria prevista dal comma 1 del dlgs n. 152 del 2006.
Essa, peraltro, si distingue dalla ipotesi di cui alla lettera a) della medesima disposizione in quanto quest’ultima sanzione esclusivamente la condotta di chi, in termini di assoluta occasionalità, abbandoni, scarichi o depositi rifiuti, aventi, peraltro determinate caratteristiche dimensionali o di peso (cfr. Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 novembri 2013, n. 46712), in modo incontrollato ovvero presso siti non autorizzati, e dalla successiva ipotesi di cui alla lettera c) in quanto quest’ultima sanziona le condotte di cui alla lettera a), se commesse da determinati soggetti nell’esercizio di un’impresa o nelle svolgimento di compiti connessi alla conduzione di altra tipologia di soggetti impersonali, con colpa e non con dolo.
Nel caso in esame la Corte palermitana, facendo corretta applicazione della predetta normativa e con motivazione esaustivamente logica, ha ritenuto ricorrere gli estremi del reato contestato, e non delle descritte alternative qualificazioni giuridiche già prospettate dalla difesa del Brocato in sede di gravame, in ragione della ingenza della quantità dei rifiuti stessi, la quale per un verso faceva ragionevolmente escludere la natura solamente colposa del reato commesso e, per altro verso, portava a ritenere la esistenza non di una semplice condotta dismissiva dei rifiuti, caratteristica del mero deposito od abbandono di essi, ma dello svolgimento di una, sia pur elementare, attività di gestione dei medesimi, consistente, quanto al caso in questione, nella loro preordinata raccolta in un unico sito.
Il ricorso, essendo risultato manifestamente infondato, oltre che sostanzialmente riproduttivo di argomenti già adeguatamente scrutinati dal giudice del gravame, deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile e pertanto, visto l’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di ero 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000 in favore della Cassa delle ammende.
        Così deciso in Roma, il 30 maggio 2017