TAR Abruzzo (AQ) Sez. I n. 109 del 23 febbraio 2017
Urbanistica. Distanza minima tra pareti finestrate

Per poter applicare la regola della distanza minima di dieci metri posta dall'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 è necessaria l'esistenza di due pareti che si contrappongono, di cui almeno una deve essere finestrata. E ciò si desume inequivocabilmente dal disposto normativo che si riferisce testualmente alla distanza minima assoluta “tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”.


Pubblicato il 23/02/2017

N. 00109/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00406/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 406 del 2016, proposto da:
Ezio Vetrano, Ettore Vetrano, Cinzia Vetrano, rappresentati e difesi dall'avvocato Pietro Palozzo C.F. PLZPTR70P22A488Q, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Abruzzo in L'Aquila, via Salaria Antica Est N.27;

contro

Comune di Giulianova, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Michele Del Vecchio C.F. DLVMHL75L28F839H, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Abruzzo in L'Aquila, via Salaria Antica Est N.27;

nei confronti di

Galliano Marchionni, rappresentato e difeso dall'avvocato Gabriele Rapali C.F. RPLGRL59C27Z614S, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Abruzzo in L'Aquila, via Salaria Antica Est N.27;

per l'annullamento

del provvedimento dirigenziale del 10/03/2016 prot.n. 9770 emesso dal comune di Giulianova contenente l'autorizzazione unica abilitante i lavori per la realizzazione di un chiosco per attività di somministrazione di alimenti e bevande all'interno del Parco degli eucalipti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Giulianova e di Galliano Marchionni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2017 la dott.ssa Paola Anna Gemma Di Cesare e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso notificato in data 20 luglio 2016 e depositato il 16 settembre 2016 Ezio Vetrano, Ettore Vetrano, Cinzia Vetrano, premesso di essere proprietari di un immobile ad uso abitativo sito in Giulianova Lido alla via Lungomare Zara n.65, contraddistinto al catasto fabbricati del suddetto Comune al foglio 9, part. 513, sub 3, sub 5, sub 2, confinante, sul lato Nord, con il Parco degli Eucalipti, chiedono l’annullamento del provvedimento dirigenziale 10 marzo 2016, n.9770, con il quale il Comune di Giulianova ha rilasciato a Galliano Marchionni l’autorizzazione unica per la realizzazione, all’interno del Parco degli Eucalipti (Parco Franchi) di un chiosco da adibire ad attività di somministrazione di alimenti e bevande, su un’area rilasciata in concessione di mq 99,74, individuata in catasto al foglio 9, mappale 22, confinante con la proprietà dei ricorrenti.

Ad avviso dei ricorrenti il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per i seguenti motivi:

I) violazione delle norme imperative di legge in materia di distanza tra gli edifici dal confine; eccesso di potere sotto vari profili;

II) violazioni del regolamento comunale recante il piano chioschi;

III) violazione della prescrizione normativa in materia di altezza massima dei chioschi;

IV) contrasto tra l’atto di assegnazione del chiosco a Galliano Marchionni del 20 maggio 2013, n.667 e il successivo provvedimento di assegnazione del chiosco 20 gennaio 2014, n. 14, con cui, in accoglimento dell’istanza dell’interessato, la localizzazione del chiosco era spostata sul limite est del parco, al confine con il lungomare;

V) violazione di legge, violazione del p.r.g. comunale, in relazione alle prescrizioni imposte per la zona F4.

2.-Il Comune di Giulianova, costituitosi in giudizio per resistere al ricorso, ne chiede il rigetto affermando l’infondatezza del gravame nel merito.

3.- Si è costituito in giudizio, altresì, il controinteressato, il quale eccepisce l’inammissibilità del ricorso e l’infondatezza dello stesso nel merito.

4.- Con ordinanza 29 settembre 2016, n.246, è stata fissata ex art. 55, comma 10, c.p.a., l’udienza pubblica di merito.

5.- All’udienza pubblica del 25 gennaio 2017 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

6.- In via preliminare, il Comune eccepisce l’inammissibilità del ricorso, affermando che si verte in materia afferente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

L’eccezione è palesemente infondata.

Oggetto del ricorso è un provvedimento autorizzatorio, che incide sull’uso del territorio, sicché è proprio la riconducibilità della materia in questione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art.133, comma 1, lett. f, c.p.a.) che radica e conferma la giurisdizione di questo giudice.

6.1.- Va pure confutata l’eccezione del Comune di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, sull’assunto che i ricorrenti non hanno partecipato alla procedura ad evidenza pubblica per l’assegnazione in concessione di uno spazio di area pubblica per l’installazione del chiosco nel Parco Franchi.

Per pacifica giurisprudenza la legittimazione dei soggetti terzi, non direttamente destinatari del provvedimento, è riconosciuta in base al criterio cosiddetto della <<vicinitas>>, ovvero in caso di stabile collegamento materiale tra l’immobile del ricorrente e quello interessato dai lavori, quando questi ultimi comportino contra legem un’alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio. Non è pertanto necessario dimostrare da parte dei ricorrenti il pregiudizio della situazione soggettiva protetta, perché il danno è ritenuto sussistente in re ipsa per la violazione della normativa edilizia, in quanto ogni edificazione non conforme alla normativa e agli strumenti urbanistici incide se non sulla visuale, quanto meno sull’equilibrio urbanistico del contesto e l’armonico e ordinato sviluppo del territorio, a cui fanno necessario riferimento i titolari di diritti su immobili adiacenti, o situati comunque in prossimità a quelli interessati dagli abusi. Si considera, pertanto, attuale e concreto l'interesse di chi, come i ricorrenti, proprietari di un immobile confinante a quello oggetto dell’intervento contestato, ha interesse a ché il vicino edifichi regolarmente anche in presenza di una lesione potenziale o eventuale (tra le tante: Consiglio di Stato sez. VI 21 marzo 2016 n. 1156; Consiglio di Stato sez. VI 09 maggio 2016 n. 1861).

7.- Passando all’esame del ricorso nel merito, con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 2.7.5, comma 4, delle N.T.A., che, per le zone F4 (aree per spazi pubblici attrezzati a parco), ove rientra il parco degli eucalipti, le destinazioni d’uso ammesse sono, tra le altre, “le attrezzature complementari e di supporto”, purché però la distanza di tali strutture dai confini sia pari almeno a 5 metri”, requisito che, però, nel caso di specie non risulterebbe rispettato perché il basamento del chiosco, sporgente di un metro rispetto al limite della parete finestrata di nuova realizzazione, sarebbe posizionato ad una distanza di metri 4,18 (4,10 come risulta dalla perizia di parte dell’ing. Siro Matani) rispetto al confine. La parete finestrata del chiosco, invece, sarebbe collocata ad una distanza di metri 9, 05 dell’edificio dei ricorrenti.

E’ inoltre dedotta la violazione dell’art. 9 del d.m. 1444/1968, riprodotto nelle N.T.A. (art. 1.6.4, comma 2) del Comune di Giulianova, che impone che gli edifici di nuova costruzione vadano costruiti ad una distanza di 10 metri.

7.1.- Il motivo è infondato.

La tesi di parte ricorrente muove dall’erroneo presupposto che la distanza minima dal confine andava calcolata con riferimento al limite esterno della pedana.

Invero, per poter applicare la regola della distanza minima di dieci metri posta dall'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 e richiamata dalle norme tecniche di attuazione del Comune di Giulianova (art. 1.6.4 che a sua volta riferisce il computo della distanza alle “pareti finestrate”) è necessaria l'esistenza di due pareti che si contrappongono, di cui almeno una deve essere finestrata (Consiglio di Stato sez. IV 31 marzo 2015 n. 1670; Conferma T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, n. 1462/2014). E ciò si desume inequivocabilmente dal disposto normativo che si riferisce testualmente alla distanza minima assoluta “tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”.

7.1.1.- Nella specie, non potendo configurare il basamento come una “parete finestrata” il rispetto della distanza minima tra costruzioni andava quindi verificato non con riferimento alla piattaforma del chiosco, ma con riferimento alla parete del chiosco, rispetto alla quale, come si desume dallo schema grafico allegato alla stessa relazione tecnica di parte ricorrente redatta dall’ing. Siro Matani, era rispettata la distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate.

7.1.2.- Con riferimento alla violazione dell’art. 2.7.5, comma 4, delle N.T.A., che, per le zone F4 (aree per spazi pubblici attrezzati a parco), ove rientra il parco degli eucalipti secondo quanto risulta dalla relazione tecnica illustrativa del responsabile del procedimento del Comune di Giulianova redatta il 12 gennaio 2015, le destinazioni d’uso ammesse sono, tra le altre, “le attrezzature complementari e di supporto”, purché però la distanza di tali strutture dai confini sia pari almeno a 5 metri.

Ora, dalle perizie di parte versata in atti è agevole rilevare la palese infondatezza della censura.

Sia dalla perizia di parte ricorrente redatta dall’ing. Matani, che calcola la distanza tra il chiosco e il confine in metri 5,10 sia dalla perizia dell’ing. Diego Vala, depositata dal controinteressato, il quale, con l’ausilio di strumentazione satellitare, calcola la medesima distanza dal confine in metri 5,16, si desume che il chiosco è stato realizzato nel rispetto della distanza minima di 5 metri dal confine.

8.- Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 3 della variante al piano chioschi adottata dal Comune, che, all’allegato A, pag. 18 prevede che “è vietato l’uso di piattaforme in cemento armato”. Secondo la prospettazione dei ricorrenti, il chiosco in questione poggerebbe “su una platea di fondazione in cemento armato”, che avrebbe ex se i caratteri della stabilità e durevolezza nel tempo non compatibili con la natura amovibile della struttura.

8.1.- Il motivo è fondato.

La disciplina di riferimento dei chioschi collocati su suoli pubblici, versata in atti, è costituita dalla variante al regolamento comunale per la collocazione di chioschi su aree urbane, approvata con deliberazione del Consiglio comunale 29 febbraio 2012, n.9.

L’art. 3 del citato regolamento comunale definisce chiosco: <<quel manufatto isolato, con struttura completamente amovibile, ma durevole, tradizionalmente concepito per la vendita di generi diversi, posato su suolo pubblico o privato, gravato di servitù di uso pubblico a seguito di concessione a titolo precario>>.

La “premessa” dell’allegato “A” della citata variante al piano chioschi prevede che: “l’intero chiosco dovrà essere totalmente amovibile”, ivi comprese “le soluzioni per le fondazioni di sostegno, diverse per tipologie diverse del sottosuolo”.

La disposizione rubricata “appoggio a terra”, dopo aver disposto che “il chiosco sarà posto su una piattaforma amovibile dotata di rampa di accesso allo stesso, progettata e realizzata secondo le normative per il superamento delle barriere architettoniche”, sancisce che: “è vietato l’uso di piattaforme in cemento armato. Tutto dovrà essere amovibile e tale soluzione dovrà essere dimostrata all’interno della documentazione necessaria alla presentazione del progetto>>.

In sintesi, la fonte normativa di rango regolamentare prevede che nella costruzione del chiosco:

a) ogni elemento dovrà essere amovibile, ivi comprese le fondazioni di sostegno, le piattaforme e ogni altra soluzione proposta per l’appoggio della struttura;

b) in ogni caso, è espressamente vietato l’uso di “piattaforme” in cemento armato;

c) sarà onere dell’istante corredare il progetto della soluzione tecnica adottata per garantire l’amovibilità di tutti gli elementi del chiosco, ivi comprese le fondazioni.

L’obiettivo del Comune è quello di garantire l’amovibilità dei chioschi da realizzare su suolo pubblico ed è quindi alla luce di tale obiettivo che deve essere valutato il progetto.

La tesi di parte ricorrente, secondo la quale la pedana di appoggio incorrerebbe nel divieto previsto dal regolamento è meglio esplicitata nella perizia allegata al ricorso, redatta in data 6 luglio 2016 dall’ing. Siro Matani, il quale precisa quanto segue: “a vista, la pedana di appoggio a terra del manufatto risulta essere realizzata in calcestruzzo e … alla luce degli elaborati progettuali, si evince uno spessore di detta pedana, peraltro non quotato, tale da richiedere per coerenza tecnico costruttiva l’inserimento di armatura metallica, configurandosi in tal caso la realizzazione di un elemento costruttivo in cemento armato”.

In ordine alle caratteristiche costruttive della pedana di appoggio, il consulente tecnico nominato dal controinteressato, nella perizia depositata il 23 settembre 2016 chiarisce che: <<la fondazione dell’edificio è costituita da un basamento antisismico in calcestruzzo armato di spessore 30 cm, completamente interrato rispetto al piano di campagna preesistente, di dimensioni totali in pianta di 16,35 x6,10 m; il basamento è separato dal terreno di fondazione tramite l’interposizione di un telo di separazione impermeabile, in modo da facilitare un’eventuale futura rimozione dello stesso basamento”.

Al riguardo, osserva il Collegio, che la relazione tecnica allegata al progetto oggetto di autorizzazione e versata in atti non descrive le caratteristiche costruttive né della pedana né delle fondazioni, e ciò, nonostante le disposizioni regolamentari prevedessero l’onere dell’istante di corredare il progetto della soluzione tecnica adottata per garantire l’amovibilità di tutti gli elementi del chiosco, ivi comprese le fondazioni.

La descrizione del manufatto è quindi ricavabile solo dalle perizie depositate in atti.

Ciò premesso, dalla descrizione effettuata dal consulente tecnico di parte ing. Diego Valà e dalla relazione tecnica allegata al certificato di collaudo, sottoscritta sia dal direttore dei lavori ing. Diego Valà sia dal collaudatore ing. Emiliano Aloisi emerge che:

a) la soluzione progettuale non rispetta il requisito normativamente previsto della amovibilità del chiosco, atteso che, se, per un verso, il basamento del chiosco risulta separato dal terreno di fondazione tramite l’interposizione di un telo di separazione, al dichiarato fine di consentire la rimozione della struttura soprastante, non è altrettanto vero per la fondazione sottostante, la quale, in quanto costituita da un basamento antisismico in calcestruzzo armato di 30 cm di spessore, completamente interrato rispetto al piano di campagna preesistente, non può ritenersi amovibile; in altri termini, la costruzione del basamento con calcestruzzo gettato direttamente nel terreno, che costituisce un elemento costitutivo fondamentale del chiosco, priva la struttura nel suo complesso del requisito della amovibilità;

b) non risulta, pertanto, rispettata la prescrizione della variante al piano chioschi, contenuta nella premessa, secondo la quale “l’intero chiosco dovrà essere totalmente amovibile”, ivi comprese “le soluzioni per le fondazioni di sostegno, diverse per tipologie diverse del sottosuolo”; dalla relazione tecnica allegata al certificato di collaudo emerge, infatti, che la struttura dell’edificio è composta, tra i vari elementi, da una “intelaiatura di pilastri di sezione 12x12 cm, fissati sulla fondazione”, la quale, come confermato nella stessa relazione di collaudo “è costituita da una platea in calcestruzzo armato di spessore 30 cm”;

c) la costruzione di una “platea in calcestruzzo armato” determina la violazione delle prescrizione normativa contenuta nella variante al piano chioschi che vieta l’uso di “piattaforme” in cemento armato.

Giova peraltro precisare che, nella fattispecie, non è pertinente il richiamo della controinteressata alla pronuncia T.a.r. Abruzzo 12 maggio 2016, n. 301.

Tale decisione, era resa con riferimento ad uno stabilimento costruito sull’arenile del Comune di Martinsicuro, dove, veniva in rilievo una diversa disposizione delle norme tecniche di attuazione del predetto Comune, che prevedeva il divieto di utilizzazione del cemento armato solo con riferimento alle tamponature dell’edificio e non anche specificamente con riferimento alle fondazioni, come nel caso di specie.

Peraltro, nella fattispecie esaminata in quella sede il T.A.R. aveva ritenuto che la struttura costruita avesse le caratteristiche della amovibilità, in quanto “le fondamenta costituite da tubi preconfezionati riempiti di cemento armato e poggiati sull’arenile” erano stati ritenuti di facile rimozione.

La fattispecie in esame, quindi, si differenzia da quella oggetto della sentenza n.301/2016, sia in punto di diritto che di fatto, atteso che:

a) la disciplina del Comune di Martinsicuro non prevedeva il divieto di strutture in cemento armato per le fondazioni, come invece previsto dal regolamento chioschi del Comune di Giulianova;

b) nel Comune di Martinsicuro erano stati realizzati “tubi preconfezionati riempiti di cemento armato e poggiati sull’arenile”, mentre nella fattispecie il basamento in cemento armato è stato “completamente interrato rispetto al piano di campagna preesistente” e quindi gettato direttamente nel terreno, con la conseguente non facile rimozione di tale basamento che priva tale elemento del carattere dell’ amovibilità.

9.- Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 2.7.5, comma 4 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. comunale perché l’altezza del chiosco sarebbe pari a 4 metri, quindi supererebbe l’altezza di 3,5 metri consentita nelle aree destinate a spazi pubblici attrezzati a parco.

Il motivo è infondato.

L’art. 1.3.3 delle norme tecniche di attuazione della variante generale del p.r.g. di Giulianova prevede che l’altezza di ciascun fronte del fabbricato è data dalla differenza tra la più bassa delle due quote, costituite dalla quota del marciapiede o del terreno sistemato circostante il fabbricato e la più alta delle quote rappresentate dall’ “intradosso dell’ultimo solaio nel caso di copertura orizzontale…”, dal “bordo inferiore della cornice di gronda in caso di sottotetti non praticabili…”.

Parte ricorrente si limita a sostenere la violazione della prescrizione del limite massimo di altezza previsto dall’art. 2.7.5, comma 4, delle norme tecniche di attuazione, senza però dimostrare che l’asserito superamento del limite di altezza non risulta conforme al criterio di calcolo delle altezze dei fronti disciplinato dalle norme tecniche di attuazione.

Al contrario, il consulente tecnico di parte ricorrente afferma che “l’altezza del chiosco da terra (dall’estradosso della pedana di appoggio) risulta pari a 3,50 al lordo della controsoffittatura” e che solo “tenendo conto dell’altezza del cornicione pari a m 0,50, l’altezza complessiva del manufatto è pari a m 4,00”.

L’ing. Diego Valà, consulente della controinteressata conferma che l’altezza esterna, calcolata al di sotto del cornicione è pari a 3,50 metri e che l’altezza comprensiva esterna raggiunge i 4 metri solo con il calcolo del cornicione.

Ne consegue il rispetto del limite dimensione di altezza di 3,5 metri, considerato che ai sensi dell’art. 1.3.3 delle norme tecniche di attuazione il calcolo dell’altezza va effettuato dal “bordo inferiore della cornice di gronda” o comunque dall’ “intradosso dell’ultimo solaio”.

10.- Con il quarto motivo di ricorso è dedotto il contrasto con la determina dirigenziale 20 maggio 2013, n.667, con la quale il sig. Marchionni era autorizzato a localizzare il chiosco all’interno del Parco Franchi, mentre successivamente, con delibera G.C. 20 gennaio 2014, n.14, la localizzazione è autorizzata sul limite est del parco, al confine con il prospiciente lungo mare, il che contrasta con i criteri di localizzazione fissati dall’art. 10 del piano chioschi, che preclude la realizzazione del chiosco “dove la sua presenza precluda in tutto o in parte visuali prospettiche attestate su monumenti o su composizioni spaziali di pregio”.

Inoltre, la collocazione del chiosco collide con il decreto ministeriale 22 maggio 1964 che riconosce al lungomare di Giulianova notevole interesse pubblico per via sua importanza panoramica e paesistica “che offre degli eccezionali quadri naturali…”.

Conclude, quindi, parte ricorrente che la collocazione del chiosco in zona sottoposta a vincolo paesistico deturperebbe il contesto paesaggistico.

10.1.- Il motivo non merita accoglimento.

La Soprintendenza Belle arti e Paesaggio dell’Abruzzo, con provvedimento 5 novembre 2015, prot. 11060, ha esaminato il progetto oggetto dell’autorizzazione impugnata e ha rilevato che “il chiosco non interferisce in maniera rilevante con le visuali da e verso il mare”, ritenendo che “le opere previste nel progettato intervento…sono compatibili dal punto di vista paesaggistico, in quanto il chiosco all’interno del parco non altera in maniera significativa gli aspetti peculiari del contesto paesaggistico circostante, oggetto di tutela”.

Orbene, l’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, con provvedimento adottato autonomamente, in procedimento collegato, ma diverso rispetto al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica, ha rilasciato parere favorevole in relazione al progetto in questione, di talché il comune di Giulianova con provvedimento 30 novembre 2015 ha rilasciato a Galliano Marchionni l’autorizzazione paesaggistica n.127/2014.

Le censure mosse, dunque, avrebbero dovuto semmai essere dirette contro il parere favorevole della Soprintendenza ed il provvedimento di autorizzazione paesaggistica, che, tuttavia, non risultano impugnati.

11.- Con l’ultimo motivo di ricorso è prospettata la violazione dell’art. 2.7.5, comma 4, delle norme tecniche di attuazione del p.r.g., la quale per la zone “F4” (aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco dello sporte), in cui rientra il Parco degli eucalipti, le destinazioni d’uso ammesse, sono, tra le altre, “le attrezzature complementari e di supporto” purché la destinazione d’uso sia: quella del commercio al minuto di prodotti alimentari, bar, caffè, gelaterie, birrerie…”. Nel caso di specie, ad avviso dei ricorrenti, la destinazione d’uso del chiosco non sarebbe quella della vendita al minuto, ma si tradurrebbe in “attività alimentare e somministrazione di alimenti e bevande e generi di gastronomia”. Ciò si evincerebbe dalla presenza, in progetto, di un laboratorio per la preparazione di generi alimentari e dalle caratteristiche architettoniche e dimensionali del progetto.

11.1.- Il motivo è infondato.

L’art. 2.7.5, comma 4, delle norme tecniche di attuazione del p.r.g., nelle zone destinate a parco, consente la realizzazione di “attrezzature complementari e di supporto” destinate a: “commercio al minuto di prodotti alimentari; bar, caffè, gelaterie, birrerie; sedi espositive”.

Le norme tecniche di attuazione non consentono la realizzazione di un ristorante all’interno del parco, ma ammettono la possibilità di realizzare bar, caffè, gelaterie e birrerie, attività queste ultime che implicano logicamente la somministrazione di alimenti e bevande.

Né è indicativa, ai fini della dimostrazione che il progetto, in realtà, denoterebbe la realizzazione di un ristorante, la presenza di un laboratorio per la preparazione di generi alimentari, atteso che anche la preparazione di prodotti da bar, per poter essere realizzata nel rispetto dei requisiti igienico sanitari necessita della presenza di un apposito laboratorio. Ciò trova conferma nell’art. 7 del piano chioschi, che, in caso di preparazione di prodotti prevede la presenza di un laboratorio.

12.- Alla luce di tutte le considerazioni svolte, il ricorso merita accoglimento in relazione al secondo motivo di ricorso, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

13.- Le spese di lite, in ragione della parziale reciproca soccombenza, possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Amicuzzi, Presidente

Paola Anna Gemma Di Cesare, Primo Referendario, Estensore

Lucia Gizzi, Primo Referendario

         
         
L'ESTENSORE                                    IL PRESIDENTE
Paola Anna Gemma Di Cesare        Antonio Amicuzzi