TAR Lazio (RM) Sez II-quater n. 3365 del 10 marzo 2017
Urbanistica. Asservimento di un’area per lo sfruttamento edilizio di altra area

L’eventuale modificazione del piano regolatore, che prevede nuovi e più favorevoli indici di fabbricazione, non può che interessare, nell’ambito della zona del territorio considerata dallo strumento urbanistico, se non le sole aree libere, con esclusione, quindi, di tutte le aree comunque già utilizzate a scopo edificatorio, ancorchè le stesse si presentino fisicamente libere da immobili”, in quanto già asservite all’edificazione. L’esaurimento dell’attitudine edificatoria dell’area, implicato dal suo asservimento per lo sfruttamento edilizio di altra area, costituisce un effetto definitivo ed irrevocabile, derivante dalla realizzazione dell’intervento progettato, integrando, l’inedificabilità anzidetta, una qualità oggettiva del terreno asservito




Pubblicato il 10/03/2017

N. 03365/2017 REG.PROV.COLL.

N. 11623/2005 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11623 del 2005, proposto da:
Co.Ge.Bo. s.p.a. (Incorporante di Capogna Costruzioni s.r.l.) e Impresa Taranta Benedetto & Figli, rappresentate e difese dall'avvocato Alvise Vergerio Di Cesana, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G.P. Da Palestrina, 19;

contro

Comune di Marino, rappresentato e difeso dall'avvocato Giulio Lais, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Claudio Monteverdi, 20;

nei confronti di

Condominio il Pino, Condominio La Betulla, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall'avvocato Gianluca Piccinni, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G.G. Belli, 39;
Condominio via Vecchia di Grottaferrata, 19;

per l'annullamento del provvedimento di revoca del permesso di costruire n. 178/04 e per il risarcimento danni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Marino e dei Condomini il Pino e La Betulla;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2017 la dott.ssa Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il 16 novembre 2004 veniva rilasciato dal Comune di Marino alla Taranta Benedetto e Figli s.n.c. il permesso di costruire n. 178 per la realizzazione di un fabbricato in Marino via Belli loc. S. Rocco sul terreno identificato al catasto al foglio 22 particelle 1432, 1424, 746, 1428, 301, 1426, 300, 1430, 744, 1419. Il 24 marzo 2005 la società Taranta trasferiva il terreno alla Capogna Costruzioni s.r.l..

Il 15 aprile 2005 il Comune sospendeva il titolo edilizio rilasciato, essendo pervenute comunicazioni dai Condomini Il Pino e la Betulla che facevano riferimento ad un atto d’obbligo stipulato tra il Comune e i danti causa della impresa Taranta, che aveva asservito l’area oggetto del permesso di costruire per la realizzazione dei loro immobili.

Alla società Taranta la proprietà del terreno oggetto del permesso di costruire era pervenuta in parte con atto del 31 maggio 1991, in parte nel 1981, dalla impresa Marenco, che lo aveva acquistato l’11 ottobre 1968 da Ricciarelli, Laurenti, Cortesini. La società Taranta in tale data aveva acquistato dai signori Ricciarelli, Ermini, Cortesini, la parte del terreno su cui poi aveva realizzato gli edifici poi denominate Condominio il Pino e Condominio la Betulla, di cui poi aveva alienato i singoli appartamenti.

Il Comune verificava che effettivamente con l’atto d’obbligo dell’11 luglio 1968 i coniugi Raffaello Ricciarelli ed Erminia Laurenti e Gabriella Cortesini si erano vincolati all’asservimento di una area di metri quadri 13.195 a servizio delle cinque palazzine per cui il Comune aveva rilasciato le licenze edilizie, poi denominate condominio il Pino e Condominio La Betulla.

Il 12 maggio 2005 la società Taranta presentava osservazioni relative al provvedimento di sospensione, successivamente prorogato con atto del 31 maggio 2005.

Con nota del 13 giugno 2005 la Capogna s.r.l. comunicando l’avvenuto acquisto del bene chiedeva la revoca del provvedimento di sospensione.

Il 21 giugno 2005 il Comune di Marino comunicava l’avvio del procedimento di annullamento del titolo edilizio alla società Taranta e al direttore dei lavori.

Con provvedimento del 1 agosto 2005 il permesso di costruire è stato annullato dal Comune di Marino, sulla base dell’atto d’obbligo del 1968.

Avverso l’annullamento del permesso di costruire hanno proposto il presente ricorso la Taranta e figli s.n.c. e la Capogna Costruzioni s.r.l. formulando le seguenti censure:

- eccesso di potere per travisamento dei fatti; illogicità manifesta, contraddittorietà dell’azione amministrativa; errore sui presupposti; erronea e falsa applicazione dell’atto d’obbligo del 1968 e violazione degli atti d’obbligo successivamente stipulati; erronea motivazione;

- violazione di legge per omessa partecipazione al procedimento della Capogna s.r.l.;

è stata proposta altresì domanda di risarcimento danni nonché una domanda di accertamento del mancato asservimento dell’area.

Si sono costituiti il Comune di Marino e i Condomini Il Pino e La Betulla contestando la fondatezza del ricorso.

Alla camera di consiglio del 26 gennaio 2009 è stata respinta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, in relazione alle previsioni dell’atto d’obbligo del 1968.

Il 3 agosto 2013 si è costituta a mezzo di un nuovo difensore la Cogebo s.p.a. quale società incorporante la Capogna Costruzioni s.r.l.

Con atto depositato il 26 gennaio 2017 la difesa ricorrente ha chiesto ai sensi dell’art. 89 c.p.c. la cancellazione di alcune frasi ritenute offensive negli atti della difesa dei condomini controinteressati.

All’udienza pubblica del 31 gennaio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Risulta, infatti, dagli atti di causa che l’11 ottobre 1968 i coniugi Raffaello Ricciarelli, Erminia Laurenti e la signora Gabriella Cortesini, proprietari di una area di terreno in località San Rocco del Comune di Marino, stipularono un atto d’obbligo con il Comune di Marino con cui, in relazione al rilascio delle concessioni edilizie per cinque palazzine, cedevano alcune aree gratuitamente al Comune per la realizzazione delle strade ed i servizi ed assumevano l’obbligo “di vincolare a servizio delle cinque palazzine” una area di 13.195 metri quadri. L’atto espressamente prevedeva: “il presente atto d’obbligo costituisce anticipazione del futuro piano particolareggiato in quanto articolato in osservanza del piano regolatore generale adottato dal Comune il 17 marzo 1967 e in considerazione di ciò sarà trascritto in favore del Comune di Marino”. I coniugi Raffaello Ricciarelli, Erminia Laurenti e la signora Gabriella Cortesini, l’11 ottobre 1968, hanno, altresì, venduto tale area in parte alla Taranta Benedetto e Figli s.n.c., che ha realizzato gli edifici, successivamente alienando i singoli appartamenti; una altra parte è stata venduta nel 1968 alla società Marenco che, anche essa ha realizzato gli edifici poi vendendo i singoli appartamenti; successivamente la società Marenco ha venduta l’area residua, quella interessata dall’asservimento, una parte con atto del 1981 , l’altra con atto del 1991 alla società Taranta.

Da tali circostanze di fatto risulta evidente che gli edifici per cui erano state rilasciate le relative licenze edilizie oggetto dell’atto d’obbligo sono stati, quindi, legittimamente realizzati in relazione al rispetto delle prescrizioni previste da quest’ultimo. L'atto di asservimento dei suoli comporta, infatti, la cessione di cubatura tra fondi contigui ed è funzionale ad accrescere la potenzialità edilizia di un'area per mezzo dell'utilizzo della cubatura realizzabile in una particella contigua e del conseguente computo anche della superficie di quest'ultima, ai fini della verifica del rispetto dell'indice di fabbricabilità fondiaria. Si tratta di un vincolo di inedificabilità di natura oggettiva, idoneo a permanere anche in caso di alienazione del fondo asservito. Tale vincolo non trova fondamento solo nel negozio a oggetto pubblico stipulato tra pubblica amministrazione e privato ma anche nella disciplina urbanistica che limita a una certa cubatura l'edificabilità dell'area e che risulterebbe violata qualora il soggetto acquirente del fondo asservito potesse sciogliersi dal vincolo derivante dall'asservimento (Consiglio di Stato n. 547 del 2016).

Inoltre, nell’atto di compravendita dell’11 ottobre 1968 da Ricciarelli, Ermini, Cortesi alla società Taranta l’atto d’obbligo è espressamente richiamato come è richiamato nei successivi atti di alienazione dall’Impresa Taranta agli acquirenti dei singoli appartamenti dei condomini (cfr. contratto del 19 dicembre 1973 depositato dalla difesa dei Condomini).

La difesa ricorrente non contesta tali circostanze, ma sostiene che l’atto d’obbligo del 1968 sarebbe stato però superato da successivi atti stipulati tra la società Taranta e il Comune di Marino il 19 dicembre 2002 e il 13 settembre 2004 relativi alla stessa area, in seguito, in base a tale ricostruzione difensiva, alla nuova attività di pianificazione urbanistica del Comune, che avrebbe attribuito maggiori capacità edificatorie all’area suddetta.

Tale tesi non può essere condivisa.

L’atto di asservimento costituito dall’atto d’obbligo del 1968 e dal rilascio delle licenze edilizie ha privato, infatti, la parte “asservita” della sua capacità edificatoria.

In tali ipotesi la giurisprudenza ritiene che tale vincolo rimanga cristallizzato nel tempo, trattandosi di una qualità oggettiva il cui contenuto consiste in un vincolo automatico imposto all'area in relazione alla volumetria dalla stessa espressa (Consiglio di Stato n. 3283 del 2011).

La difesa ricorrente con una argomentazione, peraltro, sviluppata solo nella memoria per l’udienza pubblica afferma che il nuovo piano regolatore generale di Marino consentirebbe una capacità edificatoria aggiuntiva dell’area non esaurita dalle costruzioni già realizzate.

Ritiene il Collegio di dover richiamare l’orientamento del Consiglio di Stato (sentenze n. 4134 del 2011; n. 3246 del 2016) per cui, poiché con il piano regolatore generale, ai sensi dell’art. 7 della l. 17 agosto 1942 n. 1150, il Comune disciplina l’assetto urbanistico dell’intero territorio comunale, in particolare prevedendo la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona, tali previsioni riguardano l’edificazione futura e non anche le costruzioni esistenti al momento dell’entrata in vigore del Piano o di una sua variante; ne deriva che lo strumento urbanistico, nel disporre le future conformazioni del territorio, considera le sole aree libere, tali dovendosi ritenere quelle disponibili al momento della pianificazione, e ancor più precisamente quelle che non risultano già edificate, ovvero quelle che, nel rispetto degli standard urbanistici, risultano comunque già utilizzate per l’edificazione, in quanto asservite alla realizzazione di fabbricati, onde consentirne lo sviluppo volumetrico. “L’eventuale modificazione del piano regolatore, che prevede nuovi e più favorevoli indici di fabbricazione, non può che interessare, nell’ambito della zona del territorio considerata dallo strumento urbanistico, se non le sole aree libere, con esclusione, quindi, di tutte le aree comunque già utilizzate a scopo edificatorio, ancorchè le stesse si presentino fisicamente libere da immobili”, in quanto già asservite all’edificazione. L’esaurimento dell’attitudine edificatoria dell’area, implicato dal suo asservimento per lo sfruttamento edilizio di altra area, costituisce un effetto definitivo ed irrevocabile, derivante dalla realizzazione dell’intervento progettato, integrando, l’inedificabilità anzidetta, una qualità oggettiva del terreno asservito (Consiglio di Stato n. 547 del 2016).

In ogni caso, anche a ritenere che le parti potessero successivamente modificare l’atto d’obbligo del 1968, una nuova manifestazione di volontà in tal senso non risulta negli atti d’obbligo del 2002 e del 2004, a cui si riferisce la difesa ricorrente, né una tale circostanza è stata presa in considerazione nella istruttoria relativa al permesso di costruire poi annullato.

La difesa ricorrente deduce, poi, alcune circostanze di fatto relative alla manutenzione e recinzione da parte della impresa Taranta dell’area asservita, nel corso degli anni trascorsi dall’edificazione dei Condomini, che, devono ritenersi irrilevanti rispetto alla presente vicenda che ad oggetto la legittimità dell’annullamento del permesso di costruire, non essendo contestata la proprietà dell’area. Propone, infine, censure relative alla mancata partecipazione al procedimento, in quanto il Comune nel provvedimento di annullamento si riferisce alla mancata presentazione delle osservazioni successivamente alla comunicazione di avvio del procedimento. La censura relativa alla mancata comunicazione al procedimento è stata dedotta, altresì, con riferimento alla Capogna s.r.l. .

Tali censure sono infondate.

Risulta dagli atti depositati in giudizio dalla difesa ricorrente che la società Taranta ha in effetti inviato osservazioni il 12 maggio 2005 e successivamente il 18 giugno 2005 a seguito della comunicazione della sospensione del permesso di costruire, e non dopo la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento inviata dal Comune con nota 21 giugno 2015.

La Capogna s.r.l. ha inviato proprie osservazioni al Comune il 13 giugno 2005, con ciò partecipando comunque al procedimento amministrativo in corso.

L’infondatezza del ricorso comporta il rigetto della domanda di risarcimento danni, peraltro formulata in ricorso in modo assolutamente generico e solo con riferimento alla posizione della ricorrente Taranta, nonchè della domanda di accertamento di non asservibilità dell’area.

Nella memoria per l’udienza pubblica è stata precisata la domanda di risarcimento danni, sempre con riferimento solo alla Taranta, in relazione all’affidamento ingenerato dal Comune con il rilascio del permesso di costruire successivamente annullato.

Ritiene il Collegio che tale domanda deve essere dichiarata inammissibile, trattandosi di un ampliamento del petitum, effettuato utilizzando lo strumento semplicemente illustrativo della memoria non notificata, senza quindi costituire un pieno ed integro contraddittorio sul punto con le controparti (Consiglio di Stato n.6233 del 2012).

Il ricorso è quindi infondato e deve essere respinto.

Devono essere respinte altresì la domanda di accertamento e la domanda di risarcimento danni.

Sulla richiesta presentata dalla difesa ricorrente, relativa alle cancellazione delle frasi offensive dagli scritti difensivi delle controinteressate, ai sensi dell’art. 89 c.p.c., ritiene il Collegio di non dovere provvedere, in relazione al consolidato orientamento della Corte di Cassazione, per cui la cancellazione delle espressioni offensive o sconvenienti va esclusa allorchè l'uso di tali espressioni non risulti dettato da un passionale e incomposto intento dispregiativo - rivelando un intento offensivo nei confronti della controparte - ma, conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive, sia preordinato a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni (sentenza n. 21031 del 2016; cfr., altresì, sentenza n. 26195 del 2011 che con riferimento all’uso dell’avverbio “ subdolamente", esclude la cancellazione, in quanto “ letto nella sua interezza ed in relazione anche alla vicenda sottostante, l'avverbio non risulta dettato da un passionale ed incomposto intento dispregiativo in considerazione del fatto che è ben possibile che nell'esercizio del diritto di difesa il giudizio sulla condotta reciproca possa investire anche il profilo della moralità, senza eccedere le esigenze difensive o colpire la scarsa attendibilità delle affermazioni della controparte”).

Nel caso di specie, ritiene il Collegio che ricorrano tali circostanze e che le frasi adoperate dalla difesa dei Condomini controinteressati nella memoria di replica attengano ad una diversa ricostruzione dei fatti che implica un comportamento negativo della controparte nella vicenda ma non sono espressione di un particolare scomposto intento dispregiativo.

In relazione alla complessità della situazione di fatto sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Rigetta le ulteriori domande proposte come da motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Leonardo Pasanisi, Presidente

Stefano Toschei, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Cecilia Altavista        Leonardo Pasanisi